09 gennaio 2008

Variazioni su un canone

Beh è un discorso un po' televisivo (chissà?), ma vi suggerirei una attenta lettura di quello che scrivono Roo Reynolds - autoproclamato "metaverse evangelist" autore del blog "What's Next?" - e Ashley Highfield direttore di BBC Future Media and Technology a proposito dell'annosa questione del canone televisivo ("Thoughts on tv licensing", "iPlayer doesn't require a tv license... Yet")
Reynolds, che aveva parlato di iPlayer, il software per l'accesso ai contenuti on demand della BBC, ha confessato di essersi poi trovato di fronte a una difficoltà. Sulle prime si era dichiarato molto contento di poter utilizzare questo nuovo strumento, lui che aveva rinunciato alla televisione se non come terminale per la console Wii e per la visione dei DVD. I contenuti televisivi via Internet gli sembravano molto comodi ed esentati dal pagamento del canone (license). Poi i lettori del suo blog gli avevano fatto osservare che no, nel 2004 la legge sul canone televisivo britannico era cambiata e che il pagamento della licenza era stato esteso a ogni tipo di dispositivo in grado di visualizzare un programma televisivo, computer incluso. A questo punto Reynolds si è messo a spulciare i testi dei regolamenti e ha scoperto che in effetti la legge non parla di semplice accesso ai contenuti televisivi: la licenza è un obbligo di tutti coloro che guardano o/e registrano una trasmissione live, incluso uno streaming digitale di un programma che viene in quello stesso momento diffuso in televisione. Una differenza molto sottile che però ha una conseguenza fondamentale su iPlayer. Il quale, essendo un software per il consumo di contenuti on demand residenti su un server, quindi già trasmessi o comunque non diffusi live in simulcast, è - almeno per il momento (!) del tutto esente dal pagamento di licenza. Il pagamento del canone sarà obbligatorio quando iPlayer potrà sintonizzarsi sui programmi live della BBC (in effetti lo potrà fare presto).

You do not need a television licence to watch television programmes on the current version of the BBC iPlayer.
You will need to be covered by a TV licence if and when the BBC provides a feature that enables you to watch ‘live’ TV programmes on any later version of BBC iPlayer, which has this option.

La questione, osserva Ashley Highfield, solleva un punto importante. iPlayer finirà per erodere le entrate generate dal canone?

This raises the next question: "so is the iPlayer undermining the licence fee?".
Well, the number of homes that currently have no television licence, but that do have broadband subscription is currently estimated to be infinitesimally small. The chances are if you want to watch BBC TV programmes via catch-up over the web, you are also watching some BBC programmes at other times, live or time-shifted, via a TV set, and will already have a TV licence.
If we saw, over time, that some people stopped receiving live broadcasts at all, stopped paying their licence fee, but continued to consume televison programmes, solely on-demand through the iPlayer (or other players), then we might have to consider talking to the Government about Part 4 of the Communications Act 2003 and the Communications (Television Licensing) Regulations 2004, so that they can then consider whether on-demand tv viewing might be brought within its aegis.

La risposta per adesso è "no", le abitazioni che oggi in Gran Bretagna sono connesse a larga banda la licenza la pagano perché in qualche modo non rinunciano del tutto a guardarsi la tv live. Certo che se il consumo di contenuti on demand dovesse aumentare sensibilmente spingendo la gente a rinunciare alla diretta (perché di questo si tratta), potrebbe essere inevitabile un adeguamento delle norme. Roo Reynolds si chiede per esempio se non sia il caso di spostarsi da un modello license based a uno pay per view:

I can actually imagine that a great many non-UK residents (who tend to like and respect the beeb) would indeed pay for a licence/’subscription’ or even micropayments to get access to a decent streaming and/or download service that didn’t block them. It would be an another possible model, and perhaps a more long-taily, future-looking alternative to the current system of selling content into other geographies for broadcast distribution.

A questo punto una domanda me la pongo io. Qual è il modo migliore per pagare questi benedetti contenuti digitali? Voglio dire, abbiamo lottato per anni per avere le tariffe flat per la connettività, continuiamo a guardare con estremo sospetto gli scatti alla risposta. Poi però ci piace molto l'idea della SIM prepagata, della partita in tv da acquistare con il gratta e paga. E via col pay per use.
Insomma, abbonamento o micropagamento? Io personalmente trovo gli abbonamenti una cosa fantastica. E' anche una questione di entropia, tutti questi micropagamenti e biglietti di ingresso costano un fottio di microsoldi (che messi insieme...), comportano comunque un "costo di trattamento". Senza contare un altro aspetto: il pagamento "upfront" sottoforma di licenza o abbonamento forse riduce anche il rischio delle frodi, delle copie non autorizzate, di consumo a sbafo di contenuti per i quali si dovrebbe pagare un singolo biglietto.
La mia può anche essere una questione oziosa, molto probabilmente siamo condannati al regime misto. Anche perché la medie delle persone non potrebbe cumulare troppi abbonamenti, pena la bancarotta. Dovremmo magari prevedere delle forme di rateizzazione del totale degli abbonamenti che versiamo per usufruire dei vari contenuti (di fatto la rateizzazione di una cosa inventata per pagare in una volta sola). O magari delle formule di abbonamento "composito", multiutility, per cui all'inizio dell'anno io stanzio una somma che mi permetterà di consumare dodici numeri del mensile che mi piace, cento programmi televisivi on demand, cento film, cinquecento minuti di telefonino senza scatto e almeno tre pizze al mese, anche analogiche.

3 commenti:

meristemi ha detto...

Se non ricordo male la lettera di accompagnamento al bollettino del canone RAI specifica che il pagamento è dovuto, oltre in caso di possesso della TV, anche qualora si detengano apparecchi "atti alla ricezione di programmi televisivi" o una cosa del genere. In teoria, in Italia, la situazione già imporrebbe il pagamento obbligatorio a possessori di videofonini e computer.

Andrea Lawendel ha detto...

Corretto. Il canone in Italia deve essere pagato da chi possiede un computer. Segnalavo la discussione su iPlayer non per un confronto diretto tra la nostra situazione e quella in Gran Bretagna, ma per il curioso piccolo vuoto legislativo in cui è incappata la (libera) visione di contenuti on demand, contro quella di trasmissioni in diretta.
Che poi il mondo dei contenuti digitali debba portare a profondi ripensamenti dei modelli di business e pagamento, è già un fatto acquisito.

Fabrizio ha detto...

Cerco di riassumere il mio punto di vista.
Il sistema attuale del canone obbligatorio per la tv pubblica è il sistema che è stato creato nel 1922 per il Regno Unito per la radio, successivamente gli altri Paesi europei hanno copiato quel modello.
Oggi, con l'offerta mediale che aumenta (aumenta molto di quantità e aumenta poco di qualità), quel sistema inizia a non reggere più. Da un punto di vista "filosofico", ritengo che il canone non sia legittimato dal fatto che l'hanno chiamato "tassa" ma dai dati di ascolto: nonostante le chiacchiere "io non vedo mai la rai" se andate a pag. 533 di televideo rai scoprite che quasi il 50% di share va alle 3 reti rai. Il giorno (tra 3 anni? tra 5 anni?) in cui i dati di ascolto dovessero calare, allora anche la ragion d'essere del canone rischierebbe di morire.

Per il futuro, immagino una rai più snella che diventi una pay-tv facoltativa (oggi è una pay-tv "obbligatoria"): chi vuole pagare avrà una scheda per il digitale terrestre (come quelle attuali per mediaset premium) per vedere la rai, chi non vuole pagare non potrà vedere la rai. E tutti saranno felici e contenti. Che ne pensate?