26 settembre 2012

Finlandia, il DX estremo viaggia in Jaguar


La passione dell'ascolto di stazioni radio molto lontane, il "DXing" è un hobby molto particolare e difficile da raccontare. Anche se non condividiamo certe manie, è abbastanza facile capire il fascino di molte forme di collezionismo. Ma con la radio? Non se ne ascoltano abbastanza semplicemente girando una rotellina o premendo un pulsante? E anche concedendo qualcosa all'esotico della lunga distanza, come è possibile emozionarsi per una debole trasmissione ascoltata a fatica - e per pochi secondi - tra fruscii, rumori e starnazzamenti vari, magari in una lingua che ci è totalmente sconosciuta? Quando la scimmia della radio si accomoda sulla nostra spalla, però, è quasi certo che incontreremo, anche in un hobby solipsista che si pratica addirittura con la cuffia in testa, una straordinaria antropologia, ormai molto simile (il radioascolto impegnato è un hobby sempre più tecnologico) ai "computer geek" che vivono di pizza e software. Dietro al progetto Jaguar c'è un'antropologia di questo tipo. 

Jaguar è un software per Windows sviluppata da un gruppo ristretto dei DXer più estremi del pianeta, i finlandesi. Nel nord delle tre nazioni scandinave, Norvegia, Svezia e Finlandia, le condizioni astronomiche di bassa insolazione invernale rendono possibile la ricezione di tutte le emittenti in onde medie del mondo, senza distinzione alcuna. Le stazioni locali, spesso con meno di un migliaio di Watt di potenza, proiettano i loro deboli segnali verso nord, lungo la linea d'ombra del sole  su tracciati molto lunghi. Se le condizioni geomagnetiche lo permettono questi segnali arrivano  oltre i 65 gradi di latitudine nord dal Cile come dalla Nuova Zelanda, dalle Hawaii come dalla California. Per riceverli i nostri colleghi DXer nordici devono attrezzarsi con antenne molto lunghe e direzionali e soprattutto devono operare in condizioni climatiche davvero estreme. Le postazioni più esclusive in Finlandia e Norvegia sono prossime ai 70 di latitudine, dove il termometro può scendere a meno 20 già in ottobre, quando la luce del sole comincia a scarseggiare molto.
In queste situazioni i canali che costituiscono la banda delle onde medie (separati di 9 kHz in Europa, Asia e Pacifico e di 10 kHz nelle Americhe), possono trasformarsi in un autentico juke-box. Su ciascuna frequenza, a seconda delle fasce di insolazione in cui si trovano le emittenti, si possono ascoltare interi cluster di stazioni, alcune più deboli e rare di altre. E' uno dei motivi per cui i DXer estremi del nord hanno accolto con tanto entusiasmo la nuova generazione di ricevitori "software defined", in particolare il made in Italy di Perseus, un dispositivo che permette di digitalizzare 2 MHz di banda riversandoli sul disco del computer, in modo da "congelare" tutte le stazioni ricevute dall'antenna nell'intervallo di tempo registrato e consentire il successivo riascolto.
Jaguar è un tool concepito da un piccolo team di DXer, alcuni dei nomi più rispettati della comunità internazionale, proprio per facilitare l'analisi dei segnali e l'identificazione delle stazioni. Il programma visualizza mappe interattive con l'indicazione di tutte le stazioni ricevibili su una data frequenza (un database complessivo di 15 mila stazioni, praticamente tutto quello che resta da ascoltare, nel mondo, sulle onde medie) e dispone di tutta una serie di tool grafici e DSP per distinguere le tracce spettrali delle stazioni ricevute (la precisione è di mezzo Hz, sufficiente per identificare una emittente semplicemente dal suo offset rispetto alla frequenza nominale) e per ricavare spezzoni audio il più possibile puliti dalle registrazioni o dall'ascolto real time sul Perseus. Insomma, un software molto specializzato, progettato dai DXer "top notch" per i DXer più bravi. 
Fin qui non c'è nulla di strano. In un hobby così tecnico, basato su apparecchiature pesantemente digitali (restano giusto le antenne e i primissimi stadi dei ricevitori, tutto il resto ha praticamente abbandonato i componenti analogici), ci sono decine e decine di progetti SDR e DSP altrettanto evoluti, sia in versioni commerciali, sia in public domain. Ma in questo Jaguar è una anomalia assoluta. Nasce per iniziativa di un piccolo gruppo di persone, viene sviluppato dal "Team LURX" guidato da Ilpo Parviainen, con un framework (Playlite) anche lui autocostruito (non vorrei sbagliarmi ma mi è parso di aver capito così). L'interfaccia utente è molto innovativa e essenziale, ma dalle schermate pubblicate sul sito ci si può fare un'idea delle varie funzioni. Nello screenshot che ho scelto potete vedere la linea spettrale di una manciata di stazioni nordamericane ricevute nello spazio di pochi Hertz. Il progetto Jaguar avrebbe circa un anno di vita ed è completamente chiuso. Jaguar non è un freeware, non vuole essere un prodotto commerciale. Secondo quanto si legge sul sito è un "noware", un software esclusivo che circola solo tra i suoi utenti-sviluppatori. Finora solo un famoso DXer americano ha avuto la possibilità di provarlo. A quanto pare per il momento la situazione non cambierà, Jaguar continuerà a essere un software a circolazione molto ristretta, simbolo di un modo di "fare DX" molto elitario ed esclusivo, comprensibile se consideriamo che le condizioni di ascolto sono assolutamente uniche al mondo e difficili da raggiungere anche per chi abita nella Finlandia meridionale. Gli autori di Jaguar stanno discutendo sull'opportunità di rilasciare una versione più o meno aperta del loro fantastico strumento, ma al momento non è stata fissata alcuna data. 
Dobbiamo accontentarci di qualche screenshot e di quattro brevi spezzoni audio ottenuti grazie ai filtri audio di Jaguar, resi gentilmente disponibili dal Team LURX insieme ai commenti delle stazioni che hanno confermato, grazie a queste registrazioni, l'avvenuta ricezione. Per chi apprezza il genere, si tratta di registrazioni davvero incredibili per chiarezza e robustezza dell'audio. Non sono tutte stazioni della parte ovest degli Stati Uniti, ma trasmettono su frequenze molto critiche e con potenze ridotte, qui in Italia ci vorrebbe un miracolo per sentirle:

KWLM 1340
WNTD 950
WHBL 1330
WITY 980

22 settembre 2012

Rai, semestre in rosso e morìa delle onde medie: ora tocca a Caltanissetta.

Non passano 48 ore dalla notizia dello spegnimento dell'impianto Radio RAI di Napoli-Marcianise, che il quotidiano La Sicilia annuncia, sull'edizione del 21 settembre, anche lo smantellamento dell'antenna di Caltanissetta, l'imponente traliccio di oltre 280 metri da cui venivano irradiati i programmi dell'onda lunga (spenti nel 2004). Da allora a Caltanissetta sono in funzione solo i 567 kHz dell'onda media, ma immagino che con la dismissione dell'impianto (che si trova su uno dei tre colli della città, all'indirizzo di via Antenna) anche questa frequenza cesserà di trasmettere, a meno che - ma l'ipotesi mi sembra poco verosimile - la struttura da abbattere sia quella della vecchia onda lunga e i 567 non proseguano in servizio su un'altra antenna.


Che dire? Forse sulla decisione pesa anche la collocazione dell'impianto nel pieno del circondario urbano e le solite considerazioni di inquinamento elettromagnetico. Ho discusso sulla questione onde medie con gli amici della RAI in occasione del Prix Italia e da quanto mi sembra di capire il piano di graduale dismissione proseguirà, fino a lasciare in attività in Italia una quindicina di antenne in onde medie (in alcuni casi si tratta di strutture piuttosto nuove). Difficile dire se a quel punto il percorso di allontanamento dall'infrastruttura in onda media si arresterà, ma ho idea che quella sarà solo una tappa intermedia. Per quanto possiamo essere convinti che le onde medie della RAI possano ancora svolgere una funzione utile e malgrado l'indubbia presenza di uno zoccolo duro di ascoltatori fissi e mobili, sono troppi i fattori di obsolescenza di una tecnologia sempre più "vecchia" (almeno nella sua concezione di antenna molto potente e bacino di ascolto molto esteso, soprattutto di notte). Poi c'è il non trascurabile aspetto della situazione economica dell'azienda pubblica e dell'Italia in generale. Proprio mentre ero a Torino i dipendenti della RAI ricevevano con la mail una copia della relazione semestrale chiusa al 30 giugno (la trovate qui grazie a Prima Comunicazione). I risultati, anche a fronte dell'impegno per gli Europei di calcio (oltre 100 milioni di spesa), sono pessimi. Il risultato operativo netto vede una perdita di 129 milioni, la posizione finanziaria netta è negativa per 168 milioni. Malgrado una crescita delle entrate da canoni e una riduzione dei costi esterni, il crollo della pubblicità (meno 14%) e le altre spese, sportive o meno, hanno determinato un forte peggioramento rispetto al primo semestre 2011. C'è da scommettere che sull'offerta RAI si concentreranno in questi mesi le attenzioni dei "revisori della spesa". La radiofonia, intesa come programmi e infrastruttura, farà per forza la fine del vaso di coccio. Cominciamo a dire arrivederci alle ambizioni del DAB (un argomento sconosciuto ai più e privo di ogni peso elettorale) e prepariamoci ad assistere a nuovi, spiacevoli tagli.

21 settembre 2012

L'Europa dirà basta al DAB in banda-L?

La situazione attuale per la banda L, finora appannaggio del broadcast
Quel che resta del "partito" della radio digitale in Italia - un obiettivo sempre più in forse - ha sempre contato sulla dualità tra banda III delle VHF e banda L delle UHF per attenuare o risolvere il problema della scarsità di banda che ostacola la migrazione verso il DAB. Ma il DAB all'italiana ha lasciato che il tempo passasse. Troppo tempo. Il mondo è radicalmente cambiato rispetto a un'epoca in cui era settore radiotelevisivo a influire pesantemente sulle scelte in materia di gestione dello spettro radio. E i nuovi signori delle frequenze, gli operatori telefonici, stanno premendo, in Europa, affinché la famosa banda L diventi ufficialmente il terreno di pascolo per futuri servizi broadband mobili. Uno di questi servizi si chiama Direct Air to Ground Communication, D2AGC e potrebbe utilizzare 20 MHz della banda dei 1.400 MHz per portare Internet agli aerei in volo, ma di applicazioni non-broadcast ce ne sono altre. Le decisioni sono imminenti e si stanno concretizzando in seno all'Electronic Communications Committee (ECC), uno dei tre "bracci" (insieme a CERPT per la regolamentazione postale e COM-ITU per le relazioni con l'ITU) del CEPT, la European Conference of Postal and Telecommunications Administration, mentre i rappresentanti italiani che partecipano alle riunioni del gruppo di lavoro FM 50 (frequency management) dell'ECC cercano di far passare una clausola che assicuri almeno un margine di autonomia alle amministrazioni dei singoli Stati e salvare le ormai scarse prospettive di espansione del nostro DAB.
Ci vorrà un po' di tempo per allestire un degno reportage delle tante cose che ho ascoltato mercoledì 19 a Torino, nel Palazzo della Radio, in occasione della conferenza EBU "Multimedia meets radio 2012". La conferenza si è conclusa questa mattina (purtroppo non sono riuscito a presidiare quest'ultima parte dell'evento ma come vedrete seguendo altri post ho impegnato il tempo in modo fruttuoso) ed è stata estremamente ricca di spunti tecnologici e contenutistici. Di "radio digitale" non si è parlato, nella stretta accezione che in genere si presuppone riferita a tecniche trasmissive come il DAB o il DRM. Ma la radio dell'era digitale è stata la vera protagonista di una discussione in cui i partecipanti, quasi tutti addetti ai lavori, hanno vissuto una istruttiva full immersion nei modi di produrre una radio multi- e transmediale e nelle tecnologie Internet che favoriscono questa contaminazione. Nell'attesa che io riesca a digerire la mole di informazioni acquisite e che gli organizzatori rendano disponibili i materiali utilizzati dai relatori, potete seguire la traccia che ho lasciato su Twitter attraverso l'hashtag #mmr12. Conversando con i partecipanti italiani nel cofee break della conferenza EBU, sono tuttavia venuto a conoscenza dei lavori del comitato FM 50 (FM sta ovviamente per frequency management), che dal maggio 2011 si riunisce per finalizzare un rapporto intitolato "ECC Report on the Future Harmonised Use of 1452-1492 MHz in CEPT". In questi meeting l'ECC discute i destini di una porzione di 40 MHz (1452-1492 kHz) di banda molto pregiata per gli operatori broadband. Una finestra che oggi è sostanzialmente riservata alla diffusione di servizi broadcast fissi come il T-DAB o il DAB via satellite.
Sono andato a controllare sul sito del CEPT e ho scovato una bozza del rapporto risalente alla riunione di fine giugno (il prossimo meeting è stato fissato a Minsk per una riunione dell'intero working group "FM", tra cui i sottocomitati 48 e 50, che si stanno occupando di tali questioni). Tra i vari candidati che ambiscono all'uso della banda L, che verrebbe ripartita in otto blocchi di 5 MHz ciascuno, non c'è solo la larga banda per gli aerei in volo, ma anche il cosiddetto Mobile Supplemental Downlink, una specie di "stampella" radio che consentirebbe agli operatori di telefonia di alleggerire la loro infrastruttura impegnando antenne supplementari e separate per l'invio di grandi volumi di dati. Qualcomm, uno dei principali fautori di questa tecnologia ha già fatto sapere che la sperimenterà in Francia, insieme a Ericsson e a Orange, già a partire dal prossimo anno. La proposta italiana è di continuare a autorizzare il DAB nelle Nazioni che lo vorranno, in base agli accordi MA02revCO07 che a livello CEPT erano stati fissati nel 2007 per reolamentare il T-DAB. I nuovi accordi potrebbero compromettere seriamente i piani per una eventuale radiofonia digitale satellitare che le analisi dell'FM 50 giudicano ormai avviati all'obsolescenza. 


19 settembre 2012

La telegrafica tastiera di David Hughes

Devo ringraziare il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano e Microsoft - che ieri al museo ha presentato Windows Server 2012, il CloudOS per la nuvola privata in ambiente Microsoft - per l'accattivante scoperta del telegrafo cablato di David Hughes, sorta di anello di congiunzione tra telegrafo di Morse e telescrivente di Baudot.

Brevettato nel 1856 da David Hughes, questo dispositivo telegrafico era in grado di stampare direttamente i messaggi alfanumerici grazie a un ingegnoso sistema che abbinava la trasmissione di impulsi elettrici a una meccanica a orologeria che azionava una testina rotante di stampa simile a quella che più di un secolo dopo avremmo ritrovato in una stampante "a margherita". Al posto del tasto utilizzato per le righe e i punti del codice Morse, Hughes pensò, da bravo musicista qual era (oltre che pioniere della radio), di utilizzare una tastiera di tipo musicale, su cui a ogni tasto corrispondeva una lettera o un numero. Azionando i tasti il telegrafo non produceva una combinazione Morse, ma un semplice impulso, lo stesso impulso per ogni tasto in effetti. E allora come funzionava la trasmissione di uno specifico carattere? La genialità dell'invenzione consisteva in uno schema per cui le rotelle alfanumeriche dell'apparato trasmittente e del ricevitore erano sempre sincronizzate: gli impulsi viaggiavano in corrispondenza della posizione della lettera selezionata, in pratica con una modulazione dell'informazione basata sulla diversa posizione della lettera nell'intervallo di tempo richiesto per la rotazione della "margherita" tra un carattere del messaggio e quello successivo.
Il modello in possesso del Museo della Scienza è di fabbricazione italiana, viene dalla fabbrica dell'Ing. Clemente Diena di Torino e risale alla fine dell'800. Hughes ebbe un ruolo importante negli anni che precedettero gli esperimenti Marconiani e fu addirittura un precursore di Heinrich Hertz. Pochi decenni dopo, nel 1874, Émile Baudot creò un sistema ancora più sofisticato, in cui ogni carattere era rappresentato da un treno di 5 simboli (impulso/zero impulsi) ottenuto facendo girare due ruote, anch'esse sincronizzate, contro una spazzola con un massimo di cinque contatti. In suo onore venne coniato il termine Baud rate, che nel caso della trasmissione digitale a 2 simboli (0 e 1), coincide con il bit rate. La codifica di Baudot ha resistito nel tempo per tutto il ciclo di vita della rete Telex ed è ancora oggi utilizzato per la radiotelegrafia, in applicazioni meteorologiche, marittime e radioamatoriali.


17 settembre 2012

Onde medie RAI: spegne anche Napoli. Verso la dismissione totale?

Dopo la chiusura di Bologna Budrio - una postazione che risaliva all'epoca marconiana ed è invischiata in una complessa vicenda legata alla pianificazione edile del comune nel bolognese - un altro impianto di Radio RAI in onde medie sarebbe in fase di imminente dismissione, quello di Napoli Marcianise su 657 kHz (tra l'altro una delle frequenze deputate a restare accese 24 ore su 24 per trasmettere quel che resta del Notturno dall'Italia). Radio 1 Napoli dovrebbe chiudere i battenti entro due giorni secondo fonti che hanno annunciato la notizia sulla pagina di Facebook dedicata alla memoria della storica frequenza locale di Radio Bari (l'attuale impianto pugliese in onde medie di Ceglie del Campo a Bari - a proposito di chiusre - ha cessato di operare alcuni mesi fa su 1116 kHz a causa dei danni subiti nel corso di un raid dei ladri di rame). L'antenna del casertano, oggi ridotta probabilmente a 50 kW dagli oltre 100 originari, era stata inaugurata nel 1948 dal presidente De Nicola e sorge su un terreno che fu proprietà della famiglia Croce (sì, quella del filosofo).
Ormai è del tutto evidente l'intenzione - mai apertamente dichiarata, al di là delle solite voci di corridoio - di mettere fine all'infrastruttura a onde medie della radio pubblica, in una fase in cui le varie "sperimentazioni" da parte di operatori privati apparse nella stessa banda negli ultimi mesi hanno subito una battuta d'arresto a causa dell'esplicito atteggiamento repressivo assunto dai guardiani del Ministero dello sviluppo economico (trasmettere sulle onde medie in Italia non è esplicitamente "illegale" ma non è nemmeno legale). Il quadro, per coloro che su queste frequenze trovano a volte una soluzione ai problemi di copertura e interferenza delle stazioni RAI in FM, è abbastanza desolante. Se l'emorragia non si arresterà, Radio RAI resterà presto senza stazioni in onde medie e anche le speranze di poter un giorno vedere approvata una normativa che favorisca l'uso di impianti a bassa potenza a scopi associativi e formativi non sono obiettivamente molto concrete. Del resto la tendenza al "phase out" delle frequenze broadcast sotto i 1602 kHz domina un po' dappertutto in Europa, dove tutti gli impianti, da quelli su scala nazionale fino alle low power locali, subiscono vistosi tagli di budget finendo per essere soppressi. Bisogna dire che nella percezione del pubblico inteso in senso generalizzato le possibilità di ascolto in onde medie sono praticamente sconosciute, un po' a causa dell'ormai affermato predominio della modulazione di frequenza e secondariamente a causa delle condizioni sempre più degradate in termini di rumori di fondo, specie nelle aree densamente urbanizzate. Qui da me in città, per esempio, spesso non riesco ad ascoltare niente sotto i 5 MHz.
Una conservazione e un rilancio della nostra infrastruttura in modulazione di ampiezza è possibile, oltre che auspicabile, ma bisognerebbe elaborare un vero e proprio piano, inclusivo di un inquadramento normativo che renda più accessibili la nascita di emittenti low power, su modello di simili legislazioni in Europa e negli Stati Uniti. Al momento, a parte le emittenti di Radio RAI superstiti, si possono ascoltare le trasmissioni irregolari di Challenger Radio su 1368 e, su 1566 della religiosa Radio Kolbe (udibile di notte anche a Milano) e di Radio Melody, che nell'estate ha riacceso, in Romagna, un trasmettitore che era stato segnalato l'ultima volta nel 2010.

16 settembre 2012

FunCube Dongle Pro diventa Plus, copertura LF-2GHz e 192 kHz di banda

La messa in liquidazione della società scozzese Elonics, produttrice del chip E4000, un tuner di RF utilizzato per la produzione di stick USB per la ricezione televisiva, sta avendo un forte impatto nella comunità radioamatoriale. Le chiavette USB a basso costo sono al centro di molti importanti progetti di software per applicazioni SDR, ma soprattutto l'E4000 è stato il protagonista del successo della chiavetta FunCube Dongle, un dispositivo progettato dai radioamatori britannici esperti di comunicazioni satellitari per consentire la sperimentazione low cost della ricezione nelle bande VHF-UHF, possibile sui normali ricevitori SDR solo con stadi di conversione verso la banda HF. Il FunCube si chiama così perché il progetto originario puntava alla realizzazione di semplici ricevitori per i satelliti radioamatoriali di classe "cubesat", microsatelliti cubici di 10 centimetri. Pur essendo meno economico delle chiavette televisive, il Dongle ha caratteristiche molto più avanzate, che gli hanno permesso di conquistare una solida base di utenti tra radioamatori e ascoltatori specializzati.
Ora che le scorte di chip E4000 sembrano tuttavia destinate a esaurirsi (ne esisterebbero ancora diverse decine di migliaia ma le vendite sono congelate in attesa dell'esito dell'asta sulla proprietà intellettuale Elonics, che è stata messa all'incanto) i progettisti del Dongle sono stati costretti a elaborare una strategia alternativa. Il frutto del loro lavoro è stato presentato a fine agosto in occasione del Colloquium dell'associazione AMSAT, dove sono state annunciate le caratteristiche e i prezzi del nuovo FunCube Dongle Pro Plus (o Pro+).
Per ragioni di non disclosure agreement ancora non si conosce la marca e il modello di tuner RF che ha preso il posto dell'E4000, ma il chip è sicuramente più potente (tra l'altro l'elettronica funziona a 3,3 volt contro gli 1,5 del Dongle originario), perché consente di coprire anche le frequenze LF della banda amatoriale dei 134 kHz, tutte le bande HF e dei 6 metri fino a una frequenza di 250 MHz. Dopo un gap tra 250 e 400, la copertura riprende per arrivare a ben 2 GHz, o come si dice in gergo "dalla corrente continua alle frequenze della luce". Raddoppia anche la larghezza di banda esplorabile con i software di demodulazione SDR, da 96 a 192 kHz e questa è una novità molto interessante per gli appassionati di FM DX perché offre possibilità molto più estese per la ricezione tra 88 e 108 MHz. Altra novità è costituita da un front end equipaggiato con filtri SAW (surface acoustic wave) per una migliore selettività. Credo di aver capito che ce ne sono undici, inclusi due ad altissima selettività per le bande amatoriali dei 2 metri e i 70 centimetri. Dongle Pro+ passa da un centinaio a 250 componenti discreti e utilizza entrambi i lati di una board a sei strati complessivi.
Pur con tutto questo corredo aggiuntivo, il prezzo resta abbordabile: 156 euro. E' già possibile registrare il proprio interesse sullo shop online accessibile a questo indirizzo. Un filmato con la presentazione completa curata dal capo progetto Howard Long, G6VLB è disponibile sul sito BATC.tv, sezione Film Archive. Selezionare la categoria AMSAT 2012 e confermare cliccando su "select category" e in seguito selezionare lo stream 02-FunCube PRO PLUS, confermando con "select stream". Il filmato in formato Flash può essere anche scaricato a questo indirizzo.

15 settembre 2012

L'immaginazione al Prix Italia. Il ruolo (passato?) della radio nella musica contemporanea

Come l'arte contemporanea, anche la musica del nostro tempo - in particolare nelle sue articolazioni elettroniche e digitali - vive imprigionata tra i falsi miti di due scontate estremizzazioni, la presunta inaccessibilità («è troppo difficile» si dice di Pollock, «vuoi mettere Giorgione?»; «è una accozzaglia cervellotica di suoni disordinati» si commenta su Nono, «io mi tengo il mio Mozart») o una arrogante sottovalutazione («ma così disegnerebbe un bambino!» davanti a un Klee, «la chiamano musica, per me è solo rumore» detto di Sciarrino). Peccato che entrambi i miti siano assurdi. Pur ospitando timbricità e ritmi spesso "sgradevoli", oltre a essere concepita come arte meno elitaria rispetto a una produzione nata in contesti assai più esclusivi, la musica contemporanea non è certo frutto di casuale, infantile improvvisazione, ma di studio lungamente coltivato e ragionato.
Dovrebbero saperlo più di tutti gli italiani, che dopo aver ceduto un secolo abbondante di primato musicale europeo per assecondare un genere operistico a volte troppo condiscendente nei confronti della più nazional-popolare delle melensaggini melodiche, hanno avuto modo di riscattarsi ampiamente nella seconda metà del secolo scorso ridefinendo, con compositori come Luciano Berio e Bruno Maderna, il concetto stesso di avanguardia musicale. A questa fertile produzione, l'editore milanese Die Schachtel in collaborazione con Rai Trade e con il Prix Italia che si sta aprendo a Torino ha presentato ieri al Museo degli strumenti musicali del Castello Sforzesco il cofanetto "L'immaginazione in ascolto. Il Prix Italia e la sperimentazione radiofonica".
Curato da Maddalena Novati, instancabile cantrice e catalogatrice del mitico Studio di Fonologia della sede RAI di Corso Sempione, e dalla musicologa Angela Ida De Benedictis (la quale a partire dal 24 settembre racconterà le vicende e i contenuti di questa meritoria opera editoriale per la trasmissione "I maestri cantori", ogni giorno su Radio 3 alle 13), il volume di 400 pagine è accompagnato da sei CD audio estremamente rappresentativi. Si tratta infatti di una accurata selezione di lavori musicali che hanno partecipato o vinto al Prix Italia tra gli anni '50 e '80. Molti dei compositori prescelti ebbero direttamente a che fare con lo Studio di Fonologia e testimoniano della qualità e notorietà raggiunte allora proprio in virtù di un uso sperimentale e colto del mezzo radiofonico. Ecco una lista di materiali che "L'immaginazione in ascolto" consente di tornare ad apprezzare (tra parentesi l'anno del debutto al Prix Italia):

Bruno Maderna – Don Perlimplin (in concorso, 1961)

Bruno Maderna – Ritratto di Erasmo (su commissione, 1969)

Bruno Maderna – Ages (vincitore, 1972)

Luciano Berio - Diario immaginario (vincitore, 1975)

Nino Rota – La notte di un Nevrastenico (vincitore, 1959)

Niccolò Castiglioni - Attraverso lo specchio (vincitore, 1961)

Salvatore Sciarrino – La voce dell’Inferno (in concorso, 1981)

Al breve convegno organizzato per la presentazione milanese hanno partecipato insieme alle curatrici, Mimma Guastoni, che ha lavorato a lungo con l'editore Ricordi proprio sulla musica contemporanea; il compositore Michele Dall'Ongaro, l'ultimo vincitore del Prix Italia 2008 con "Musica nascosta" (musiche di Michele Tadini su testi di Tiziano Scarpa, in catalogo sul nostro Elencone mp3); la segretaria del Prix Giovanna Milella; Bruno Stucchi, che con Fabio Carboni dirige Die Schachtel; e il musicologo Enzo Restagno in veste di coordinatore dell'evento.
E' stata un'ora abbondante di intelligenti considerazioni sul ruolo che le tecnologie e la radiofonia hanno avuto e continuano ad avere nello sviluppo di nuovi linguaggi musicali ma soprattutto nel lento processo di costruzione di un diverso gusto nell'ascoltatore, una diversa consapevolezza nei confronti della creazione musicale. Le riflessioni in materia, ha ricordato Enzo Restagno, risalgono addiritturao a Theodor W. Adorno, con il fondamentale "Corrente di musica" frutto della partecipazione del filosofo tedesco, fuggito dalla Germania nazista, al Princeton Radio Project, (1937-39) il primo tentativo di analisi approfondita delle potenzialità del nuovo mezzo sul piano della creazione letteraria e musicale. Una potenzialità che non si estrinseca semplicemente attraverso il nuovo armamentario che l'elettronica offre al compositore per liberarsi dai limiti timbrici ed esecutivi degli strumenti musicali tradizionali, ma che apre la strada a dimensioni di produzione e fruizione inedite, come la forte spazialità resa possibile dal suono multicanale. Interrogandosi sul ruolo che la radio deve assumere nel contesto creativo attuale, i partecipanti al dibattito hanno infine discusso dell'eredità lasciata da istituzioni ormai scomparse come lo Studio di Fonologia. Una delle ipotesi formulate è che oggi, grazie alla disponibilità di tecnologie di trattamento del segnale a bassissimo costo e alta accessibilità, la composizione musicale dovrebbe essere più diffusa e ancora meno vincolata alla presenza di veri e propri laboratori. Ma tra gli esperti c'è stato chi ha lamentato la politica di sostanziale disarmo creativo portata avanti - complice la crescente esiguità di fondi - dagli enti radiofonici pubblici come la RAI, colpevole di aver abdicato alla propria funzione aggregatrice e catalizzatrice di talenti rinunciando anche alla sua capacità di committente.
La speranza è che iniziative come questa promossa da Bruno Stucchi e Fabio Carboni risveglino anche un'altra consapevolezza: quella per cui seppellire in un archivio impenetrabile quel passato di attualissima potenza creativa sarebbe un delitto per il futuro di un'intera collettività.
L'audio del convegno può essere prelevato qui.

Cultura in mp3: i software anti-pirateria minacciano la libertà di condivisione

Cominciano a venire al pettine i nodi di una politica di tutela del copyright digitale ottusa e attenta solo agli ingenti profitti di una casta di produttori di contenuti audiovisivi, in genere più attenti alle aspettative di grosse folle di consumatori che alla qualità della "merce" venduta. I broadcaster televisivi e le case cinematografiche e discografiche combattono il fenomeno della pirateri digitale con armi e azioni indiscriminate, che incidono poco sull'industria della copia illegale ma penalizzano e criminalizzano gli individui che attraverso Internet promuovono la cultura e la creatività collettiva.
Sapete che da molto tempo cerco di dare il mio supporto ai gruppi di appassionati che condividono i podcast delle emittenti radiofoniche culturali, letture ad alta voce e altri contenuti di alto livello, come conferenze, interviste, audiodocumentari e progetti di sound art. Non sto parlando di pirati delle registrazioni musicali colte, ma di semplici cultori della radio e dei contenuti audio (non a caso con una elevata percentuale di chiechi e ipovedenti) che faticherebbero comunque a trovare spazi e soprattutto non generano, dopo la messa in onda, alcun provento da vendita pubblicitaria o diretta. L'equivalente culturale delle tonnellate di cibo mandate ogni giorno a un vergognoso macero.
Il frutto più importante del mio modesto supporto è il catalogo di contenuti mp3 che Mariù, la più instancabile e appassionata tra questi instancabili appassionati, tiene continuamente aggiornato, aggiungendo senza sosta nuovi link. Si tratta per lo più di podcast scaricati dai siti delle emittenti, con qualche contributo quasi sempre registrato dal vivo, con mezzi tecnici non professionali, in occasione di presentazioni di libri, convegni e altri eventi culturali.
Tutto questo lavoro, che costa tempo e denaro e non porta a un centesimo di guadagno (ma neppure a perdite per gli eventuali titolari di copyright, considerando che il grosso dell'"Elencone di mariu" è una semplice aggregazione di materiali gratuitamente disponibili pensata semplicemente per facilitare l'accesso a un patrimonio ignoto ai più), l'impegno di anni di abnegazione disinteressata rischia di andare perduto o di subire un drastico rallentamento. I servizi di "cloud storage", i dischi virtuali messi a disposizione da provider come Mediafire, Rapidshare e molti altri, sono da tempo nel mirino delle norme antipirateria. Il caso più eclatante, quello di Megaupload, ha colpito duramente i depositi di serial televisivi e film.
Nessuno contesta il diritto alla tutela dei contenuti audiovisi da parte dei "proprietari". Peccato che questi ultimi si servano di tecnologie messe a punto da società come Attributor o LeakId (posseduta, per ironia della sorte, da una celebre personalità della radio commerciale francese), strumenti che funzionano come un motore di ricerca passando al setaccio le varie Mediafire per individuare i contenuti sospetti e sparare in automatico raffiche di contestazioni. Come nella pesca a strascico, insieme alle prede più pregiate - le copie effettivamente illegali di CD e DVD e le registrazioni pirata delle serie TV più popolari - nelle maglie dei controlli finiscono anche semplici copie personali, registrazioni di programmi di nicchia e anche diversi file riportati nel nostro amato Elencone. Alcuni dei miei amici condivisori hanno ricevuto dei minacciosi cartellini gialli dai provider utilizzati per salvare letture ad alta voce e programmi radiofonici. I link smettono di essere attivi e quel che è peggio su tutti grava la minaccia di rimozione generalizzata degli account e di tutti i file associati. Ma la cosa più intollerabile è che in tutti i casi che mi sono stati segnalati in queste ore i vari poliziotti-software attribuiscono i contenuti ai titolari sbagliati. In questo modo i podcast prodotti da Radio RAI diventano ex officio "di proprietà" di una emittente televisiva francese o di una casa editrice americana. Errori tanto più gravi perché legalmente supportati da dichiarazoni "in buona fede" ma generiche di avvocati legali rappresentanti che in pratica ottengono la sospensione di un diritto individuale con formule di rito quali "ho ragione di credere che il file in questione sia di proprietà del mio cliente...".
Ho fatto qualche ricerca in giro e il fenomeno sta assumendo dimensioni preoccupanti. Già nel 2010 Hals Report segnalava la pericolosità della "censura" di fatto esercitata da Attributor e colleghi, ma ora moltissimi professionisti e individui che non commettono alcuna violazione si trovano costretti a far valere i propri diritti fondamentali presso i provider che per evitare guai peggiori rendono esecutiva qualsiasi richiesta di rimozione dei contenuti e sospensione degli account. Un caso recente è quella di Sheilah Thomas Davis, una psicologa specialista in ipnosi che si è vista rimuovere contenuti formativi prodotti e caricati in proprio. Proprio in questi giorni le cronache registrano la clamorosa disavventura che ha colpito Mila Parkour, grande esperta di virus informatici, che ha avuto il proprio account Mediafire sospeso per colpa di una denuncia automatica di LeakId. La Parkour è riuscita a dimostrare che i suoi file contenevano copie di "patch" (software di riparazione) destinate a rimediare gli errori di programmazione in pacchetti software commerciali, non copie illegali di programmi della Microsoft e altri produttori. Ma per ottenere giustizia Mila ha dovuto depositare una controdenuncia e sostenere un impegnativo dialogo a distanza con Mediafire. Cose impensabili per un semplice ascoltatore di Radio 3 che mette sul proprio disco virtuale l'ultimo podcast di "Uomini e profeti".
È inaccettabile che uno spazio di libertà e condivisione ceda il passo a un alveare di gabbie in cui l'unico diritto esercitabile sia quello del pubblico pagante. La normativa sul copyright deve cambiare, e in fretta, in un senso meno generalmente restrittivo, più uniforme e più rispettoso delle esigenze di chi vorrebbe tutelare la crescita culturale dell'individuo insieme ai diritti degli autori e ai profitti degli editori. Non lo penso solo io: pochi giorni fa la responsabile della Digital Agenda europea Neelie Kroes ha pronunciato un appassionato discorso al Creative Industries The 2012 Intellectual Property and Innovation Summit, in margine alla presentazione di uno studio del The Lisbon Council sulla proprietà intellettuale. In attesa che qualcosa cambi si potrebbe se non altro porre un freno alla libertà d'azione degli strumenti software utilizzati oggi per la lotta alla pirateria digitale. Mi rendo conto che queste tecnologie sono indispensabili per chi deve affrontare un problema su scala così vasta, ma non accetto l'idea che un meccanismo automatico ma fallace possa portare alla illegittima sospensione del mio diritto all'ascolto intelligente.

12 settembre 2012

Ancora una volta niente radio per iPhone


Scommetto che nessuno ci contava più. E infatti Apple non ha deluso i disillusi: i nuovi iPhone 5 sono bellissimi e potenti, ma ancora una volta non sono in grado di sintonizzarsi sulle stazioni radio in FM. La tradizione è stata pienamente rispettata, malgrado i rumors (abbastanza timidi) che si erano diffusi nel recente passato, quando negli archivi dell'ufficio brevetti americano è stato scoperto un sistema sviluppato da Apple per implementare un software capace di visualizzare su una mappa le stazioni radio ricevibili in una zona e si era persino detto che iPhone prima o poi avrebbe ricevuto anche la radio satellitare.
Altrettanto puntuale, tuttavia, è arrivato il premio di consolazione rappresentato dal ricevitore FM integrato nella nuova versione di iPod Nano (si fa per dire, visto che lo schermo è più grande), anch'esso annunciato oggi. Da tempo la versione Nano dell'iPod monta uno stadio FM con funzionalità di Live Pause, che in pratica consente di riprendere l'ascolto di un programma dopo una breve sospensione grazie a un buffer di memoria di circa un quarto d'ora.
Il dubbio sorge spontaneo: che cosa costerebbe a Apple implementare questa funzione anche nell'iPhone, considerando che almeno nelle versione dalla 2 alla 4 lo smartphone utilizzava un chip Bluetooth multifunzione con stadio FM? La risposta è molto semplice: Apple non vorrà mai compromettere le forti relazioni intrecciate con il mondo degli operatori, per i quali è vitale che i flussi informativi diretti all'iPhone passino per infrastrutture come la rete cellulare o il Wi-Fi. In questi modi gli operatori potranno ricavare un certo mark up su questi flussi. Un ricevitore di un servizio broadcast integrato a bordo significherebbe perdere la quota di traffico che un utente di iPhone non genererebbe mettendosi ad ascoltare la musica alla radio e ignorando iTunes. Sappiamo da rumors forse più consistenti che Apple sta cullando l'idea di lanciare una piattaforma radio online molto simile a Pandora, figuriamoci se adesso iPhone si mette a ricevere la radio FM. Apple iPhone sarà uno dei primi dispositivi per telecomunicazoni massmarket dotato di circuiti LTE, il cellulare di 4 generazione, con capacità di trasporto da decine di megabit al secondo. LTE in prospettiva è sicuramente in grado di dare del filo da torcere alle stazioni broacast, almeno nella distribuzione di contenuti di nicchia, podcast, Web radio e quant'altro. Ci stiamo avvicinando cioà al momento in cui broadband e brodacast avranno una sorta di confronto finale dopo una lunga convivenza vantaggiosa per entrambi. Con LTE il broadband sta per diventare molto veloce e, immagino, a buon mercato rispetto a un broadcast che sarà giustificabile utilizzare solo su bacini d'utenza molto estesi o un piena mobilità.

Onde corte: il Bangladesh le potenzia, il Pakistan (forse) le sopprime

Con il processo di dismissione degli impianti trasmissivi in onde corte dei grandi broadcaster internazionali, solo le nazioni che rivestono un ruolo di potenza regionale hanno mantenuto nel corso del tempo il loro interesse verso questo mezzo, a volte addirittura potenziando le infrastrutture che in passato vivevano all'ombra dei potenti segnali delle varie BBC, VOA, Radio Mosca, operando sulle onde corte verso target linguistici e geografici più limitati. Oggi però anche i broadcaster regionali cominciano a dare segni di sfiducia nei confronti delle vecchie onde corte, dando vita a situazioni anche contraddittorie, come il caso di Bangladesh e Pakistan, due entità geopolitiche che a partire dal 1947 sono state addirittura congiunte in uno stesso "dominio".
Proprio ieri mi è arrivata per posta tradizionale la conferma a un "rapporto di ricezione" che avevo inviato, mentre ero in vacanza al mare, al servizio per l'estero di Radio Bangladesh, o per meglio dire "Bangladesh Betar" (in bengali betar significa radio, senzafili). In pieno periodo estivo il Bangladesh ha messo in funzione una serie di nuovi impianti che servono evidentemente a migliorare l'ascolto delle sue trasmissioni rivolte a un pubblico asiatico e non solo asiatico. In questa fase di sperimentazione ha esplicitamente chiesto l'aiuto della comunità internazionale degli ascoltatori per poter valutare meglio l'entità dei segnali e gli eventuali problemi di interferenza. Da cui lo scambio di rapporti di ricezione che arrivano dagli ascoltatori e di "conferme di ricezione" (in gergo radioamatoriale si usa la combinazione "QSL", con cui i primi marconisti confermavano la corretta ricezione di un messaggio). Avevo ascoltato il segnale del nuovo trasmettitore di Bangladesh Betar letteralmente sulla spiaggia, con un piccolo ricevitore portatile e avevo inviato il rapporto in diretta per posta elettronica, con il telefonino. Dopo qualche settimana, quando ormai non ci pensavo più (e senza che la stazione confermasse semplicemente via mail, come ero convinto che avrebbe fatto), ecco arrivarmi, dentro a una busta con esotici francobolli, una lettera cortese e dettagliata insieme a una di quelle cartoline-QSL, così comune nell'epoca dorata dei broadcaster grandi e piccoli, che mi hanno riportato indietro nel tempo.
Quasi contemporaneamente, mi è arrivata anche una notizia che mi ha subito riportato al triste clima di declino dell'epopea della radio internazionale. Sembra infatti che il governo pakistano voglia sopprimere il servizio in onde corte di Radio Pakistan. Lo afferma la stampa locale, che rivela anche un brutto retroscena di speculazione ediliza. Secondo il sito di The News International, il sito delle antenne di Radio Pakistan a Rawat, pochi chilometri a sud est di Rawalpindi. La decisione, secondo il giornale, sarebbe stata presa con effetto immediato, un po' perché le onde corte non hanno più molto seguito rispetto a Internet e al satellite, ma soprattutto a causa della ingente valutazione dei terreni oggi occupati dai tralicci delle antenne, che potrebbero essere ceduti per 50 miliardi di rupie pakistane. Nei giorni successivi alla pubblicazione di questa notizia il monitoraggio delle frequenze pakistane avrebbe confermato che alcune trasmissioni non risultavano ricevibili, ma altre sono state confermate, lasciando spazio all'ipotesi di una chiusura parziale ma non totale delle attività sulle corte. Mentre scrivo questo post, sto ascoltando i dieci minuti di notiziario in inglese (il resto del programma è in urdu) che l'emittente indirizza verso l'Europa alle 19 ora italiana. Le due frequenze di 11575 e 15265 kHz generano un audio alquanto distorto, ma il segnale è piuttosto robusto e la comprensibilità molto buona. Le liste riportano alla stessa ora anche una trasmissione in lingua farsi, ma le rispettive frequenze non sembrano attive.
Vedremo l'evoluzione nei prossimi giorni, ma è strano che mentre il Bangladesh - nazione un tempo conosciuta come provincia "nazionale" dell'East Pakistan e indipendente dal 1971 - investe in un rilancio del mezzo commissionando nuovi impianti per una migliore copertura internazionale, il Pakistan sembra invece disposto a rinunciare all'opportunità di fare ascoltare la propria voce in una regione in profondo e perenne conflitto e dove sicuramente i ricevitori a onde corte non mancano (non so quanto si possa dire lo stesso delle connessioni Internet).
L'argomento dei broadcaster regionali asiatici potrebbe essere esteso al caso di Sri Lanka Broadcasting Corporation (che arriva mentre scrivo su 11750 kHz in sinhala) o delle Filippine (Radio Pilipinas si ascolta in tagalog in questo momento, le 19:45 italiane, su 15190 kHz e penso che per molti filippini di Milano potrebbe essere simpatico ascoltare i vivaci notiziari senza essere costretti a sedersi davanti a un televisore ben equipaggiato con impianto satellitare).

11 settembre 2012

La radio della setta. L'epopea delle onde corte nella storia trasmettitore spento da 15 anni.

Mi sono sentito con Andrea Borgnino per mettermi d'accordo sul Prix Italia di Torino e dal dialogo scaturisce anche una di quelle storie tipiche di un mondo oggi in evidente declino ma ancora denso di episodi e personaggi che solo le grandi epopee possono vantare. Per più di mezzo secolo le trasmissioni sulle onde corte hanno occupato uno spazio molto importante della storia recente, a partire dalla propaganda che ha condizionato gli anni precedenti alla Seconda Guerra e fino al crollo del muro di Berlino, quando il concetto di "audience internazionale" ha cominciato a migrare definitivamente verso i mezzi di comunicazione considerati più propriamente "di massa". La storia che abbiamo ripercorso con Andrea è questa.
Nel 1998 quando la Svizzera decide, prima tra i grandi broadcaster, di chiudere l'impianto di Schwarzenburg


i trasmettitori Brown Boveri da 250 kW vengono smantellati. Quattro o cinque anni prima due dei trasmettitori della Radio Svizzera Internazionali erano finiti in Corea del Nord (!), ma uno di quelli decommissionati nel '98 finirà invece un paio di anni dopo negli Stati Uniti, nelle mani di una setta religiosa molto controversa, le Assemblee di Yahwè, un gruppo cristiano convinto della stretta continuità tra Antico e Nuovo testamento e per questo convinto che Dio dev'essere chiamato Yahwè e Gesù, Yehoshua. Il culto è stato fondato da Jacob O. Meyer negli anni 60 e si è sviluppato, a Bethel, in Pennsylvania, soprattutto intorno alle trasmissioni in onde corte prima con il programma Sacred Name Broadcaster poi con un proprio impianto in onde corte, WMLK, a partire dagli anni 80. (Mayer è mancato nell'aprile del 2010).
Oggi il segnale distorto di WMLK non lo si sente più. Da più di dieci anni la stazione sta cercando di mettere in funzione il trasmettitore rilevato dagli svizzeri, finora senza successo. Andandosi a leggere la cronaca raccontata dall'ingegnere della stazione, Gary McAvin (altro nome controverso, non ultimo per varie accuse di abusi), si scopre però che la setta ha acquistato il suo apparato in Italia, dove i pezzi del trasmettitori erano stati stoccati in previsione di una messa in funzione proprio sul nostro territorio. Ma chi all'inizio del nuovo millennio poteva pensare di attivare una stazione a onde corte da 250 kW proprio in Italia?
Sulle prime io e Andrea non ricordavamo nulla. L'imbeccata è arrivata da Roberto Scaglione, altro enciclopedico cronista della radiofonia nazionale e internazionale, che ci ha richiamato alla mente il progetto di un'altra organizzazione religiosa, Adventist World Radio, che ancora oggi trasmette in lingua italiana, ogni domenica, il programma informativo di Scaglione e che fino al 2002 aveva nei dintorni di Forlì, una piccola stazione che operava sui 41 metri con una bellissima antenna log periodica (attualmente in vendita). AWR l'organizzazione religiosa della "Chiesa avventista dei santi del settimo giorno" fu il primo acquirente di uno dei trasmettitori di Schwarzenburg dopo la dismissione voluta dal governo confederale. L'apparecchiatura doveva servire per realizzare in Italia, ad Argenta nel ferrarese, il nuovo polo trasmissivio europeo di Adventis World Radio, che era presente soprattutto in Asia Pacifico. Il sito era stato identificato e i contatti con le autorità erano stati avviati. Ma per diverse ragioni alla fine non se ne fece nulla e il trasmettitore di Argenta (descritto in questa vecchia pagina del sito di AWR) non venne mai attivato. Forse i dubbi degli abitanti di Argenta in relazione a un apparato che avrebbe generato un sacco di elettrosmog e i grossi problemi e i costi dell'alimentazione elettrica influirono sul naufragio del progetto. O molto più semplicemente la Chiesa Avventista aveva capito che già allora era molto più pratico affittare uno spaio on air su trasmettitori a onde corte gestiti da altri.
Tutta l'elettronica venne così impacchettata a spedita in Pennsylvania, dove ancora attende di tornare in vita per diffondere il messaggio, inquietante ma salvifico della setta del reverendo Meyer. La triste metafora di un mondo che ormai non possiamo più salvare se attraverso il ricordo. Per meglio corroborarlo nella non facile materia della lunga storia della tecnologia delle onde corte, c'è l'imprescindibile guida di Ludo Maes sugli "SW countries", un catalogo ragionato degli impianti trasmissivi che sono o sono stati in funzione nel mondo. Il sito compagno, Transmitters.be, contiene tutti i dettagli dei trasmettitori a onde corte e dei loro produttori.

10 settembre 2012

Dieter Rams Vs Jonathan Ives, le radici radiofoniche del design Apple

Proprio mentre dagli Stati Uniti si diffonde il rumor di una piattaforma musicale "radiofonica" che Apple intenderebbe lanciare online in contrapposizione a Pandora e altri servizi in streaming, i giornali rispolverano le fotografie di alcuni lavori del grande designer tedesco Dieter Rams, oggi conservati al Moma di New York, presentati come vere e proprie "fonti di ispirazione" se non di plagio, dei successivi progetti firmati per Apple da Jonathan Ives. Tra gli esempi mostrati c'è una radiolina a transistor disegnata da Rams nel 1958 per la tedesca Braun, che in effetti ricorda molto le linee grafiche e l'interfaccia utente del primo iPod


Le dimensioni della radiolina, 15 x 8 x 4 cm, sono leggermente più ampie dell'iPod originale (il lato più lungo era di circa 11 cm), ma la ghiera per la sintonia risulta molto simile. L'ovvia, fondamentale diffrenza è che la Braun T3, al contrario di quel primo iPod, serviva per ricevere le stazioni radio in onde medie. Le cifre colorate non si riferiscono all'FM come qualcuno sarà indotto a pensare, bensì alle onde lunghe, che alla fine degli Anni 50 avevano ancora molto importanza (il commutatore tra le due bande è sul retro del ricevitore). Ecco qualche dettaglio tecnico sull'apparecchietto progettato, esternamente, da Dieter Rams. Non mi esprimo sul giudizio relativo alla somiglianza tra i due dispositivi o alla volontarietà e "legittimità" delle motivazioni che più quarant'anni dopo animarono le scelte progettuali della Apple. Ives, peraltro, è sempre stato esplicito sulla propria ammirazione nei confronti del suo padre spirituale tedesco (oggi ottantenne) Per la vostra curiosità ecco il link all'articolo con cui quattro anni fa Gizmodo rivelò il filo rosso che sembra unire il passato della Braun al futuro della Apple. Cinque anni dopo il T3, nel 1963, Rams progetto anche una "radio portatile mondiale" modello T1000, con onde corte e FM, forse il più autorevole contributo a una categoria di apparecchi che ebbe parecchio seguito per i successivi vent'anni, in attesa che la tv satellitare diretta prima e il Web poi, spazzassero via la vecchia idea delle onde corte come mezzo autenticamente di massa.

L'Unione: l'Europa ha bisogno di uno spettro radio più condiviso

Un bell'intervento di Guido Scorza, cybergiurista, a proposito di politiche di gestione dello spettro radio è apparso sul blog di Guido su Wired ed è stato ripreso da diverse altre fonti.
Tutto parte dalla raccomandazione "Promuovere l’uso condiviso delle risorse dello spettro radio nel mercato interno" che Bruxelles ha inviato agli Stati membri dell'Unione per stimolare un dibattito sulla creazione di regole comuni a favore di una gestione più condivisa e smart (nel testo si parla ovviamente di "tecnologie che migliorano la radio cognitiva, la condivisione dinamica e l’aggregazione dello spettro", ma anche di white spaces e altri concetti trattati qui sul mio blog). Al centro della raccomandazione c'è il documento "Perspectives on the value of shared spectrum access", uno studio commissionato dall'unione alla SCF Associates (ci ha lavorato anche l'amico Robert Horvitz) sui vantaggi, anche economici, che deriverebbero impiego più condiviso di risorse spettrali che sono per definizione scarse ma possono essere ottimizzate grazie a tecnologie come appunto la radio cognitiva. L'ambizione dei dirigenti europei è ovviamente quella di adeguare le normative a uno scenario di assoluto dominio delle cosiddette RadioLAN e della banda larga wireless, un tema che seguo molto da vicino per le implicazioni su un settore della radiofonia (e dell'intera industria editorial-musicale associata ai contenuti radiofonici) che si sta sempre più polarizzando tra sistemi di distribuzione tradizionali e online.
Guido Scorza alla fine si chiede se l'Italia è pronta ad accettare la sfida, a rendere più dinamici i processi decisionali e regolamentari in materia. La domanda però suona parecchio retorica e sembra anticipare una risposta negativa. In ogni caso sono documenti molto interessanti da leggere, facendo finta di vivere in un paese normale.




08 settembre 2012

Dopo la falsa partenza di Lala.com, Apple insegue nello streaming musicale.



E' bastato un articolo del Wall Street Journal sulle trattative che Apple avrebbe in corso con le case discografiche (obiettivo: un nuovo servizio musicale in streaming), per scatenare una corsa al ribasso delle azioni di Pandora, la piattaforma streaming che ha avuto un impatto stravolgente sulle abitudini dei consumatori americani in fatto di musica e ascolto della radio. Pandora è quotata in borsa da 15 mesi e non ha mai dato la sensazione di sfondare. Ma al diffondersi della notizia sul possibile ingresso di Golia Apple, venerdì 7 settembre il titolo di Davide Pandora ha perso in una sola seduta il 17% del valore, ritornando a quota 10 dollari. A Golia le cose sono andate meglio, ha guadagnato lo 0,6%. Se vi sembra poco, ricordate che l'azione Apple viaggia sopra i 680 dollari e al momento non si vede il tetto.

Qual è la ragione che sta spingendo la regina di iTunes a cambiare modello, o comunque ad affiancare anche una modalità di consumo in streaming (una modalità più ampia rispetto all'attuale Apple Music Match, che si limita a duplicare sul cloud la musica che il cliente di iTunes conserva sui suoi dischi fisici)? Il motivo è molto semplice: dopo tanti anni il rivoluzionario concetto di iTunes sta mostrando la corda. Apple ha contribuito più di tutti al declino del CD audio rendendo facile e immediato acquistare album e singoli brani direttamente online. Ma oggi il download sta passando rapidamente di moda e servizi come Pandora, Spotify, Rdio, non solo lo rimpiazzano ma lo superano anche. Con Pandora la musica che ti piace non devi neppure sceglierla, è la piattaforma a suggerirtela. Proprio come se fosse il DJ di una stazione radio dalla discoteca praticamente infinita. In un colpo solo Pandora ha mandato in crisi il disco, il download e le stazioni radio musicali. Apple non poteva certo restarsene con le mani in mano.
Quello che stupisce in tutto questo non è tanto la probabilissima decisione di Cupertino (in genere il Wall Street Journal non sbaglia), bensì il fatto che questa decisione era già stata presa tre anni fa quando Apple annunciò l'acquisto di Lala.com.

Lala era una startup di Palo Alto nata in un momento di grande fervore per il modello streaming. Il suo modello era basato su un grande archivio di brani e su un sistema di raccomandazione misto, con suggerimenti algoritmici o formulati da altri utenti. La prossimità a Cupertino deve aver stimolato la curiosità di Apple, che comperò la piccola società nel dicembre del 2009 solo per fermare completamente il servizio pochi mesi dopo. Forse la tecnologia non era abbastanza robusta, o forse Apple era troppo distratta dalla cattiva salute di Steve Jobs. Ora, anche grazie all'esperienza del sistema di raccomandazione di iTunes, Genius, l'azienda più capitalizzata dell'universo ha capito che per lo streaming è scattata l'ora X. Vengono in mente in questo momento le tante illazioni formulate sull'assenza, sull'iPhone, di una funzione per l'ascolto della radio on air e, viceversa, sulla rapida diffusione delle app per l'ascolto della radio in streaming. Secondo ogni evidenza, Apple non può permettersi di restare tagliata fuori da questo settore per non rischiare di essere penalizzata dal tramonto del download. Ma dovrà muoversi con particolare abilità perché per la prima volta in tantissimi anni Apple insegue una posizione di dominio in un ambito che non è stato inventato dal suo magic team.

07 settembre 2012

Firefox OS per dispositivi mobili, anteprima sulla radio app
























Mi hanno mandato degli screenshot in anteprima del nuovo sistema operativo Firefox Mobile OS, per dispositivi mobili, scritto interamente in HTML5 e ormai prossimo al lancio. Quei bravi ragazzi di Mozilla ci hanno messo la radio FM, evidentemente. Nei dispositivi Android (leggi "non Apple iOS") è una feature molto comune. Grafica efficace, complimenti.

06 settembre 2012

Un Prix Italia all'insegna della sobrietà tra la benedizione laica di Michelangelo Pistoletto e la radio multimediale

La qualità dei contenuti in concorso sarà verosimilmente all'altezza di tutte le edizioni precedenti ma non riesco a sfuggire alla sensazione che il 64esimo Prix Italia in programma nell'ormai stabile sede di Torino dal 16 al 21 settembre sarà un po' sottotono, in linea con una congiuntura fatta di austerità e generale diffidenza nei confronti di una istituzione pubblica come la RAI. Tra le cose che l'Europa sta ridiscutendo da tempo c'è un'invenzione molto europea come l'ente radiotelevisivo "di Stato". Macchine di cultura, educazione e promozione sociale indubbiamente efficaci per decenni nell'era della ricostruzione e della modernizzazione seguita al conflitto di metà Novecento, gli enti pubblici hanno svolto tutti in qualche modo un ruolo di rappresentanza politica e creazione di consenso. Al prezzo di un costo economico che nessun governo, progressista o conservatore che sia, ritiene opportuno sostenere. E visto che chiudere una redazione o un servizio radiotelevisivo locale è una misura più facile da eseguire rispetto alla lotta a sprechi molto più ingenti ma anche più indiretti o politicamente sensibili, i broadcaster pubblici hanno dovuto tutti, senza eccezioni, tirare pesantemente la cinghia.
Il Prix Italia resta una istituzione prestigiosa e per quanto risicati, i margini per fare buona radio e persino buona tv ci sono ancora, come pure l'interesse da parte di un pubblico che sembra essersi stancato di modelli falsamente "attuali" da Drivein all'Isola dei famosi (ma potrei fare anche parecchi esempi radiofonici). Ci sono quindi tutte le ragioni per attendersi ottimi risultati, considerando poi che in eventi del genere, sempre un po' circensi e caciaroni, un occhio alla sobrietà non guasta certo. Non credo che sia completamente casuale la scelta di chiamare Michelangelo Pistoletto, il quasi ottantenne artista contemporaneo esponente della cosiddetta "arte povera", a tenere una lectio magistralis dedicata al "Terzo Paradiso", più recente fase di una carriera artistica partita proprio da Torino, nel 1960, con la prima personale. Terzo Paradiso è una sorta di esplorazione del simbolismo che ha trovato anche una articolazione multimediale nel progetto itinerante RAM Radioartemobile (a Firenze fino a domenica è possibile visitare l'installazione del Palcoscenico Verticale, cui ha partecipato anche Gianna Nannini). Qui comunque c'è tutto il programma della manifestazione.
Gli spazi che in tutte le recenti edizioni del Prix erano occupati dall'evoluzione della radio tra Internet e le trasmissioni digitali, quest'anno viene in pratica requisito dall'EBU, European Broadcasting Union e dagli organizzatori di Multimedia Meets Radio 2012. Diversi sono i protagonisti che la sapiente regia di Mike Mullane, responsabile News, sports and new media dell'EBU e vera anima di "MMR", farà convergere nello splendido Palazzo della Radio di via Verdi a Torino. Spiccano per esempio i casi di Soundcloud, Spotify e del team di Apple iTunes che parteciperà a un incontro sul podcasting moderato da Andrea Borgnino. Ecco anche per Multimedia Meets Radio l'agenda completa.

05 settembre 2012

La confusa questione della radio digitale "più verde"

Come si è visto in questi anni di dibattito, uno degli argomenti portati avanti a favore dell'adozione delle tecniche numeriche di modulazione radiofonica - insieme alla qualità del suono - è il rapporto più favorevole tra area di copertura e potenza impegnata. La radio digitale, si dice in sostanza, è più "ecologica" perché a parità di bacino di ascolto consuma meno energia. Per il DAB dovrebbe in teoria valere anche il principio del minor numero di impianti, perché questo sistema riesce a sfruttare le risorse di banda impegnate per veicolare in un solo canale un certo numero di singoli programmi e servizi. Ma è davvero così?
Nei vari report pubblicati sulla base delle sperimentazioni in corso si possono leggere molte cifre. Strumentalmente, il confronto tra impianti analogici e digitali sembra spesso favorire i secondi. Mi permetto di utilizzare questa formula generica perché ora come ora non potrei fornire link a documenti precisi. So che questo in uno spazio di discussione che pretende di essere tecnico non si dovrebbe fare, ma l'argomento di cui sopra si basa proprio su questi studi, dicisamo che mi prendo il lusso di una semplificazione, anche se volendo posso cercare un po' di letteratura a supporto.
Le mie esperienze personali con la ricezione in digitale non sono però altrettanto incoraggianti. Gli impianti DAB che ascolto senza problemi seduto accanto alla finestra risultano non più sintonizzabili se mi siedo in poltrona vicino alla porta che dà sul corridoio interno (mentre l'FM analogica non dà mai problemi). Nel caso del DRM la decodifica audio avviene solo al di sopra di soglie di rapporto S/N molto elevate (mentre la comprensibilità di un segnale AM è più che discreta parecchi dB più in basso). Mi sono sempre spiegato certe discrepanze tirando in ballo quello che potremmo chiamare lo "specs, o specifications factor". In sede di standardizzazione delle varie tecniche di modulazione sonora in ambito broadcast, vengono adottati livelli di guardia teorici che sui libri e i laboratori sembrano perfettamente realistici, ma che dispiegati sul campo cominciano a zoppicare. I test necessariamente vengono fatti sulla base di strumentazione di laboratorio e anche quando le misure avvengono sul campo, non tengono mai conto del fatto che l'ascoltatore della radio utilizza apparecchi commerciali, non level meters di classe professionale. Andate un po' a leggervi le recentissime polemiche sui problemi che angustiano gli spettatori della televisione digitale DVB-T e vi renderete conto che il tanto decantato "green digital" forse non è più verde dell'erba del vicino analogico.
Il vantaggio energetico del DAB viene ripreso anche in un documento di MCDT – Marketing and Consulting for Digital Broadcasting Technologies il consorzio che sta dietro il non trascurabile successo della radio digitale DAB in Svizzera. In pochi anni questa estate la Svizzera ha superato la fatidica boa del milione di apparecchi DAB venduti, per una audience complessiva di 2,4 milioni di persone. Una cifra considerevole per una nazione che ha meno abitanti della Lombardia (meno di 8 milioni contro più di 10). In questo senso direi che andrebbero ridimensionati i toni del comunicato con cui Commercial Radio Australia celebra, il 10 agosto, il terzo compleanno del DAB+ australiano. Nella nazione-continente vivono oltre 22 milioni di persone che in tre anni sono riuscite ad acquistare poco più di 900 mila apparecchi. Non mi pare un risultato così entusiasmante.
In Svizzera invece gli attuali livelli di penetrazione del DAB e l'imminente passaggio (22 ottobre prossimo) dalla prima generazione del digitale alle codifiche del DAB+ fanno dire all'MCDT che l'FM analogica è praticamente destinata allo switchoff (come in Norvegia e come, parzialmente, per il Regno Unito):

DAB+ will replace FM in the long term. This will benefit broadcasters and their listeners alike, because transmission costs for digital radio stations are only around 20% of those for FM services. Digital radio is also better for the environment along the entire value chain. Each station needs only 10 percent of the energy consumed by FM radio listening, partly because only 210 transmitters are needed for 18 stations in Switzerland. By comparison, 853 are currently needed for just four FM stations.

Da parte dei fautori del digitale l'ottimismo è d'obbligo, anche perché molti dei progetti di digitalizzazione della radiofonia hanno finito per coincidere, sul piano temporale, con la peggiore crisi economica globale dell'ultimo secolo, crisi che è andata a colpire duramente, ovunque, il modello dei servizi radiotelevisivi a finanziamento pubblico. È proprio di oggi la lettera-appello che l'EBU, l'Unione dei broadcaster (pubblici) europei ha inviato al primo ministro portoghese Pedro Manuel Passos Coelho per esortarlo a rivedere il suo progetto di totale privatizzazione dell'ente di Stato RTP.
In questa situazione abbastanza confusa, da cui potrebbero tuttavia emergere decisioni epocali per i sistemi radiofonici di molte nazioni (e in ultima analisi di tutta Europa), spicca ancora una volta la scarsa familiarità che i fautori del sistema DRM Digital Radio Mondiale sembrano nutrire nei confronti della realtà delle cose. In occasione del salone IBC che inizia dopodomani ad Amsterdam, il consorzio DRM organizza in collaborazione con Nautel (che ha adeguato l'impianto in onde lunghe danese di Kalundborg su 243 kHz) un test digitale:

The DRM Consortium and Nautel are pleased to announce a special digital DRM broadcast schedule during the International Broadcasting Convention (IBC) in Amsterdam. Courtesy of transmission infrastructure provider Teracom A/S, DRM transmissions will be heard during IBC on 243 kHz throughout much of Northern Europe carrying BBC programming. Teracom installed a DRM capable Nautel NX50 transmitter at the Kalundborg (Denmark) site in 2011, with this being the first DRM broadcast of this transmitter type on longwave.
Ruxandra Obreja, Chair of the DRM Consortium is very pleased to offer this service during IBC and said: “We welcome this opportunity to demonstrate how efficient, DRM AM digital broadcasts can be. All those interested will be able to experience a high quality listening experience”.
On Sunday, 9th September, during Nautel’s DRM event (stand #8. C61) 15:00-17:00, a brief recording of the broadcast will be played so attendees can hear the clarity of a DRM broadcast over AM.
Hal Kneller, European Sales Manager from Nautel and member of the Executive Committee of the DRM said: “We are very pleased to co-sponsor the DRM broadcasts during the IBC Show from the historic 1927 Kalundborg transmitter site”.
Transmitting just 10 kW of DRM provides equal or more coverage than the normal 50 kW of analogue transmission from Kalundborg. The BBC content will be a variety of music and speech, allowing DRM listeners to hear the full breadth of FM-like sound quality, available over the very wide coverage area of longwave transmissions, free of static and fading, as well.

Secondo le ultime indiscrezioni il test dovrebbe consistere nel programma della BBC "The Strand", ritrasmesso in loop su 243 kHz tra il 6 e il 12 settembre, prima delle 05:35, tra le 09:20 e le 11:35 e dopo le 18.30 CET. Ancora una volta leggiamo che grazie alla modulazione digitale 10 kW ssaranno sufficienti ad assicurare la stessa copertura oggi ottenuta in AM con 50 kW. Non si capisce però perché il DRM Consortium e Nautel invitano a partecipare a un evento che consisterà nell'ascolto di una registrazione di questa trasmissione... 10 kW in onde lunghe sono davvero pochi e a mio modesto parere in condizioni di ascolto reali (non strumentali) tutta questa efficienza non la si può dimostrare con un comunicato stampa e una registrazione "ricevuta" allo stand di una fiera.

03 settembre 2012

Radio digitale DAB, il punto in 30 nazioni firmato WorldDMB

Fresca di stampa elettronica per i tipi della WorldDMB, l'associazione che promuove a livello industriale, normativo e commerciale gli standard della "famiglia" DAB per la radio digitale, arriva la consueta edizione del Global Digital Radio Broadcasting Update 2012. Una quarantina di pagine che fanno il punto della radio digitale "della banda III" nelle nazioni che l'hanno adottata o la stanno sperimentando (eternamente, in Italia).
I lettori assidui di questo blog non troveranno novità sostanziali, ma la guida può essere utile per ricercatori, tecnici e ascoltatori interessati al futuro della radio. Rimando in particolare alle schede per Regno Unito e Norvegia, dove la possibilità che la radiofonia analogica in modulazione di frequenza venga spenta in modo parziale o definitivo è più concreta. Leggendo in questi giorni le aspre (e fondate) critiche rivolte, almeno in Italia, alla televisione digitale che ha preso il posto di quella analogica, penso che l'eventuale switchoff della radio che conosciamo meriti un approccio un po' più meditato.

01 settembre 2012

HD Radio all-digital? Perplessità negli USA. Il DRM abbandona IFA, che parla solo DAB

La National Association of Broadcasters americana starebbe pensando di lanciare una iniziativa per promuovere sulle onde medie la sperimentazione della radio digitale basata su un impiego completamente numerico del sistema ibrido Ibiquity, che oggi viene utilizzato per trasmettere simultaneamente una componente numerica e una analogica del segnale. L'obiettivo di questi test sarebbe quello di affermare la maggiore robustezza del segnale all-digital (agli effetti di una maggiore copertura anche in onde medie) e di limitare al tempo stesso il problema delle interferenze recate alle stazioni che operano alle frequenze limitrofe. Un segnale ibrido IBOC (in band-on channel) del sistema HD Radio occupa un totale di 30 kHz perché la componente digitale deve essere collocata ai lati dello spettro analogico. Sopprimendo quest'ultimo l'occupazione è di 20 kHz.
Qualche test all digital su scala temporale limitata è già stato effettuato nel 2012 e i suoi risultati sono stati pubblicati in questo report. Ora però l'idea consiste nell'operare stazioni puramente digitali su archi di tempo abbastanza estesi. In pratica Ibiquity/HD Radio propone di dimenticare la natura ibrida di questo sistema (natura che ha reso possibile la sua adozione da parte di stazioni che non hanno dovuto rinunciare alle loro audience solo-analogiche) e di sfruttare la maggior efficienza della trasmissione all-digital per "rilanciare" un medium, lo spettro "AM", che ha perso molta della sua originaria importanza. Una scommessa azzardata perché i test costringerebbero le stazioni AM coinvolte a farsi ascoltare solo dagli acquirenti di un ricevitore digitale e negli USA finora questi acquirenti sono stati molto pochi. Se fossimo in un ospedale e le onde medie fossero un paziente sarebbe la classica cura "alla va o la spacca". Se la cura funziona il paziente guarisce, se non funziona il paziente muore. Niente di quello che è accaduto nel mondo alla radio digitale in generale fa pensare che le probabilità di successo siano molto consistenti.
Leggendo i commenti alla notizia pubblicata in origine su Radio World leggo che di fronte alla proposta di una HD Radio non più ibrida c'è anche chi si chiede se a questo punto non sarebbe il caso di sperimentare negli Stati Uniti, sulle onde medie, un sistema come il DRM. Forse i giornalisti americani non sono molto preparati sul sostanziale flop di uno standard che proprio quest'anno è stato abbandonato da diversi broadcaster nelle onde corte e che ha perso anche nelle onde medie europee parecchie, se non tutte, delle già poche stazioni sperimentali. Mi sembra abbastanza indicativo il fatto che alla fiera berlinese IFA quest'anno non ci sia traccia di una presenza del DRM Consortium o di eventuali fabbricanti di chipset e ricevitori, mentre si annuncia una presenza molto marginale del DRM all'IBC di Amsterdam. All'IFA si parla praticamente solo di radio digitale DAB dove tra gli highlights troviamo un annuncio Frontier Silicon e Mediabroadcast sul TPEG, il sistema di informazione sul traffico basato appunto sulla radio digitale DAB.
Tornando a HD Radio, entro quest'anno dovrebbero partire i piani di adozione del sistema IBOC in Messico, dove IMER, Istituto Mexicano de la radio, quello che tanti anni fa gestiva sulle onde corte il servizio internazionale di La Voz de Mexico (oggi ascoltabile solo su Internet). Ironia della sorte, i piani di dispiegamento di HD Radio prevedono che il canale internazionale diventi uno dei canali digitali secondari sulla frequenza di 105.7 di IMER a Città del Messico dove nove frequenze FM complessive dovrebbero accendere il multicasting analogico-digitale entro questo dicembre.