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17 novembre 2013

I consigli di Mentor, il progetto italiano che personalizza l'ascolto musicale

Ho intervistato Eugenio Tacchini, informatico e economista emiliano, specializzato in algoritmi di recommendation e autore di una interessante sperimentazione sullo streaming musicale: una piattaforma, Mentor.fm, che genera un flusso sulla base di un profilo musicale individuale costruito, artificialmente, attraverso i "like" sui social network e altre informazioni. Mentor.fm utilizza proprio il database musicale di Deezer, il quale rende accessibile la propria libreria musicale ad applicazioni esterne non commerciali. Per accedere al servizio è necessario essere iscritti a Deezer (a sua volta accessibile con Facebook). 

Come nasce Mentor.fm?

Da un'sperienza molto lunga. Nel mio dottorato di ricerca terminato l'anno scorso mi sono occupato di recommendation system per prodotti e contenuti ed essendo appassionato di musica mi sono focalizzato sulla recommendation musicali. Ho voluto validare il modello realizzando una emittente online, in cui si ascoltasse veramente, non solo generando playlist. Il progetto, concepito a livello accademico è stato ripreso quest'anno e trasformato in un servizio vero e proprio. Da qui nasce la seconda versione di Mentor, oggi beta pubblica in dieci paesi, e in altri circa 180 in beta privata. Siamo a ridosso del lancio ufficiale, ci sono delle cose da affinare ma sostanzialmente stiamo aspettando solo la confezione del video promozionale, che secondo me è venuto molto bene. Avere un video per un servizio Web vuol dire molto.

E come mai proprio la musica?

Ad aver dato il la al mio impegno accademico in realtà è una esigenza personale, quella di disporre di un sistema super semplice che permetta, senza interagire alla tastiera, di accendere un flusso e ascoltare la musica che ti piace, senza il filtro della ricerca. Come appassionati di musica vogliamo a volte ascoltare specifici brani, ma ci sono altri momenti in cui non si vuole neanche pensare di cercare ma avere una fonte da ascoltare: la vecchia radio farcita di tecnologia insomma. Il Normal mode di Mentor è quello che ho raccontato, ti creo un Dna musicale basato sul tuo profilo social e ti faccio ascoltare qualcosa che ti piace. Il Surprise me mode è più rischioso, punta a traghettare l'utente verso mondi musicali che non sono quelii a lui più congeniali. Non è il discovery tradizionale, che funziona per genere… Se per esempio tu non ascolti mai jazz ma secondo il mio algoritmo il jazz potrebbe piacerti, allora te lo faccio ascoltare.

C'è soltanto software in azione?

Sì è un puro algoritmo software. Nella presentazione delle novità di Deezer parlavano di editor musicali che selezionano per genere e sottogenere. Questa cosa la faccio anch'io ma in modo automatico. Parlare di generi è riduttivo, ci sono altri modi per far somigliare due artisti anche di genere lontani. L'approccio è l'esatto opposto di Pandora, analizzare un brano musicale (manualmente) mettere in corrispondenza due tracce sulla base di questi parametri. Alla base di Mentor c'è invece un modello di collaborative filtering. I systemi di raccomandazione si dividono in base a due categorie, nel collaborative filtering due artisti sono simili se hanno la stessa audience, nell'approccio content based si analizza invece il contenuto. La maggior parte di piattaforme attuali è di tipo collaborativo, Deezer e Spotify combinano i due approcci. Mentor si pone per adesso come collaborativo puro, non ho intenzione di usare al momento l'analisi di contenuto. Oggi il metodo dà risultati validi. 

Da dove parte il meccanismo di profilatura musicale?

Nel momento in cui ti colleghi e ti registri come nuovo utente quasi tutto è basato sul profilo Facebook, i like che hai fatto sugli artisti, già con una decina di like posso ottenere un risultato attendibile. Per adesso tutto è legato al tuo profilo di FB e al comportamento come utente di Mentor, cioè su due input. Ma in cantiere ci sono altri input, quello di Deezer e altri. Per adesso Mentor però non chiede di accedere al tuo wall, sto ragionando se aggiungere questa possibilità ma capisco che da parte dell'utente ci possa essere qualche remora. Tanti utenti che pensano di avere un profilo poco ricco, in realtà accumulano dei like negli anni di fruizione di FB! Nella prima versione avevo 15 like per utente in media. D'altra parte ci sono quelli con zero like musicali e allora ci si deve affidare solo al comportamento su Mentor.

Da quali altre fonti potrebbero arrivare i dati per il profiling?

Sono convinto che anche da altri domini si possano estrarre informazioni sul profilo musicale. Ci sono mille correlazioni esterne, se uno ama molto la musica indie difficilmente andrà a vedersi un cinepanettone. Cinema e musica vanno di pari passo, quanto meno sull'essere inclini al mainstream o viceversa alla nicchia. Da un film puoi capire se sei appassionato per esempio di rock. 

Qual è il business model di Mentor?

Oggi non ho un vero business model, anche se la mia non è ricerca pura perché ho voluto creare un servizio che avesse un potenziale commerciale. I costi per farlo funzionare sono molto basi, voglio metterlo sul mercato, vedere che cosa succede e agire di conseguenza. Un discorso da fare è la mancata presenza negli USA. Deezer non copre quel territorio ma da quanto ho visto gli utenti americani sono molto più disposti a pagare. Voglio affrontare in modo più approfondito l'aspetto business quando potrò sbarcare negli Stati Uniti. Se in Europa non generassi ricavi, questo non mi tratterrebbe dal provarci da quelle parti. Il fattore business è quello con i punti di domanda principali, sono aperto a veder quel che succede. 

La piattaforma di Deezer prevede la possibilità di creare dei plug-in agganciati alla sua interfaccia, perché hai deciso di non seguire questa strada?

Ho seguito una strada diversa perchè non volevo che Mentor si perdesse dentro a Deezer. Un modello simile lo offre anche Spotify che forse è ancora più popolare. Sistemi in streaming ce n'erano da anni, ma quando è uscito Spotify ha saputo conquistarsi una notevole fama, sono stati molto bravi. Ora Deezer guadagna terreno e spero che Mentor possa approfittare della popolarità di Deezer e viceversa, sono due cose tra loro correlate. Chiunque può entrare in partnership con Deezer, allo stato delle cose utilizzi Deezer come provider di musica in streaming e puoi farlo gratuitamente alla condizione che tu non eroghi un servizio commerciale. In questo momento non potrei far pagare Mentor, non perché Deezer mi chiederebbe una parte di soldi ma perché proprio non si può fare, credo per vincoli contrattuali con le case discografiche. L'accordo funziona così, puoi usare librerie musicale gratuitamente ma l'utente deve essere iscritto a Deezer (con la speranza di farlo diventare pay). Con una app esterna puoi aderire al programma di affiliation per cui se un utente diventa premium per merito tuo hai diritto a una delle mensilità versate. 

Qual è il tuo parere sui servizi pay e sull'economia della musica liquida?

Da questo punto di vista vorrei un ecosistema più semplice, in cui pagare sempre ma molto poco e in cui non ci fosse pubblicità o altro. Il fatto che Internet ci abbia abituati ad avere tutto gratis ora rende complicato tornare indietro, non si ha la percezione del fatto che un album musicale costa molta fatica. Non pagare è bello ma ci ha disabituati all'idea del lavoro che c'è dietro a quello che consumi. In America è diverso, Netflix ha un sacco di abbonati. 

Ma qui in Europa facciamo fatica ad adottarne il modello.

Anche per la scarsa conoscenza del mondo da parte di chi è seduto su certe poltrone. Per le serie tv ci sarebbero tantissime persone disposte a pagare. 

Chi è Eugenio Tacchini e quanta fatica è costata il lavoro per Mentor?

Ho due lauree, in Economia e Informatica, e un dottorato in Informatica. Per così dire ho i piedi in due scarpe, ma  la vera passione è informatica. Per Mentor ho lavorato da solo, tranne che per l'interfaccia grafica. Sul video promozionale di cui parlavo hanno lavorato quattro persone e io ho sviluppato il concept e lo script. 

Prima di Mentor, c'è stato un progetto chiamato Dadabik, un innovativo sistema per lo sviluppo di database per il Web partendo da db come MySQL.


Dadabik risale a tantissimi anni fa, il primo concetto risale al 2000. La prima versione fu pubblicata nel 2001 è stato per anni un progetto open source, è cresciuto tantissimo, per anni è stato il più importante e l'anno scorso l'ho trasformato in un progetto commerciale. Adesso funziona molto bene perché tanti anni di volontariato hanno dato dei frutti, la community è grandissima, è stato usato nei modi più disparati. I paganti sono un sottoinsieme ridotto degli utenti di quando Dadabik era GPL ma è sufficiente per generare un certo business. È scritto in Php ma è più evoluto di tool come PHPMyAdmin e non è "as a service", lo si scarica per sviluppare applicazioni da mettere su Web server o su un server Intranet. Infatti è presente sia sulle intranet, sia su siti pubblici. 

Deezer, il pioniere globale dello streaming musicale, punta sulla "discovery" e lancia una app per i "music lover"

 Ho seguito qualche giorno fa in Web streaming da Londra, dal mitico Ronnie Scott's Jazz Club, la conferenza stampa mondiale del Ceo di Deezer, Axel Dauchez (il suo keynote è disponibile in differita a questo indirizzo). 
Deezer, fondato dal "wunderkind" Daniel Marhely è un servizio in streaming musicale davvero pionieristico, sette anni di grande avventura ha detto Dauchez, 300 persone che lavorano, una presenza davvero internazionale (182 nazioni, con la vistosa eccezione degli Stati Uniti). Un'avventura di successo, con 5 milioni di abbonati paganti, una cifra raddoppiata in soli due anni, che possono ascoltare liberamente, anche in mobilità (anzi, lo streaming via smartphone oggi è il 75% del totale), una biblioteca di 30 milioni di brani.
La particolarità di Deezer è la combinazione di algoritmi di raccomandazione e selezione guidata da una agguerrita redazione di esperti di musica. Secondo Dauchez Deezer quest'anno ha lavorato molto sul potenziamento di questa redazione, oggi di cinquanta persone (da trenta che erano) e sull'organizzazione del "sapere" musicale pop in ben 300 generi e sottogeneri. Chi entra in Deezer può affidarsi ai suoi suggerimenti automatici, ai consigli della redazione o alle ricerche volontarie in questa labirintica geografia del suono.
Tutto l'intervento di Dauchez si è incentrato sul senso della "discovery", sulla capacità di una piattaforma streaming di portare i suoi ascoltatori e abbonati alla scoperta di nuovi autori e stili musicali. È un motore essenziale per convincere i musicisti a sposare la filosofia dello streaming, dopo che già il concetto del download musicale aveva rivoluzionato l'industria (su questo tema e sulle conseguenze economiche della musica digitale vi segnalo un recente articolo di Tiziano Bonini su DoppioZero, "Non sentirsi in colpa con Spotify")
Per rendere ancora più efficace la discovery con Deezer sono stati introdotte diverse novità in una interfaccia rinnovata che esce proprio in questi giorni. Il nuovo Deezer prevede due pulsanti inediti, Hear this e Explore. Il primo è un live stream dove vengono proposti nuovi contenuti da provare, con la possibilità di seguire le raccomandazioni dell'editor che consiglia i vari brani, anche attingendo alle playlist degli altri editor. On top sulle "editor recommendation" ci sono anche quelle puramente basate sugli algoritmi di raccomandazione di Deezer. Per evitare un livello eccessivo di percentuali di brani "rifiutati" dall'ascoltatore, nel mix entreranno però forti dose degli autori e brani preferiti.
La funzione Explore, si rivolge a chi è nel mood di voler scoprire da solo nuove cose, per genere, per regione geografica, per etichetta musicale, per data di rilascio degli album. Insomma un motore di ricerca musicale molto potente dedicato a chi è più esperto o ha gusti musicali più definiti.
A proposito di esperti, Dauchez ha concluso il suo intervento con un'altra novità espressamente pensata per i veri "music lover", quelli che hanno un culto assoluto per la loro libreria di brani e non sentono il bisogno di rivolgersi a una piattaforma streaming anche perché molto del loro tempo viene dedicato alla cura della propria discoteca e al passaggio dei file da un dispositivo di ascolto all'altro. Daniel Merhely, ha detto il Ceo di Deezer, oggi vuole costruire un ponte tra i music lover e lo streaming, con un nuovo servizio in beta chiusa per il momento disponibile solo sottoforma di applicazione per MacOS. La Deezer app mescola le normali funzionalità di Deezer e l'accesso alla sua libreria attraverso un player molto compatto e leggero, a un servizio di "cloudizzazione" dei propri brani musicali, che vengono catturati sul disco e replicati sui server di Deezer (il meccanismo è simile a quello di Google Music o Apple iTunes Match). L'obiettivo è quello di spingere l'appassionato a usufruire della sua discoteca personale in modalità streaming, offrendo però l'opportunità di agganciarsi a Deezer per la scoperta di nuovi brani. Dauchez ha assicurato che la app verrà rilasciata entro fine anno e sarà affiancata anche dalla versione per Windows. 

24 settembre 2013

MEI 2.0, a Faenza la musica libera cerca spazio tra Web, radiofonia e concerti live

Parte a Faenza il 27 settembre l'edizione 2013 del salone della musica indipendente. Quest'anno il Meeting degli Indipendenti ha aggiunto un "2.0" al suo marchio per sottolineare i profondi cambiamenti di un settore molto diverso, anche per i cantanti e i gruppi meno commerciali e mainstream. Un tempo l'obiettivo di certi autori musicali di rottura o ricerca era quello di farsi conoscere in una industria discografica dominata dalle grandi etichette. Nell'era della musica liquida la visibilità è un problema per tutti, ma per l'indipendente non è certo facile cercare di farsi spazio tra le iniziative multimediali e le campagne professionali che sostengono i nomi di maggior successo. Anche gli obiettivi sono cambiati: non si tratta più di vendere dischi fisici e neppure di raggiungere i canali del download o dello streaming. Un certo tipo di musica oggi punta tutto sul concerto, l'evento live, la partecipazione del pubblico ed eventualmente gli acquisti di dischi e altri materiali da parte dei fan. 
Anche per questo motivo il MEI non ha celato il suo appoggio alle ultime iniziative per la deregulation della musica dal vivo, un movimento di pressione nato dall'ex assessore alla cultura del Comune di Milano Stefano Boeri (che ha promosso una petizione online) e rilanciato dal ministro Massimo Bray, che da Boeri aveva ricevuto una lettera aperta. L'iniziativa punta a rimuovere gli ostacoli di natura burocratica e economica che chiunque oggi voglia fare musica in pubblico in Italia deve superare per colpa di regolamenti anacronistici e della filosofia monopolistica e centtralizzatrice della SIAE. «Sono molti anni che il mondo della musica italiana ha proposto al legislatore di sostenere il vasto mondo della produzione, della formazione e della promozione musicale attraverso provvedimenti organici e puntuali senza, purtroppo, avere l’attenzione necessaria - scrivevano MEI e AudioCoop a luglio, salutando la presa di posizione ministeriale. Non è un mistero che la musica dal vivo, pur rappresentando uno degli ambiti più dinamici ed interessanti del patrimonio culturale del nostro Paese, stia attraversando un periodo difficile, che necessita di essere rilanciato anche rilanciando tutta la filiera della musica del nostro paese. Schiacciato da normative obsolete o esageratamente complesse, da costi in continuo aumento, dalla mancanza di una politica organica, dal calo della capacità di spesa degli spettatori, il settore è in grande difficoltà.» 
Sfogliando il ricco programma del Meeting 2.0,  ho individuato per sabato 28 e domenica 29 settembre, alle 9 e alle 14, due convegni che analizzeranno l'attuale offerta di piattaforme Web per la promozione musicale e la creazione di interconnessioni più o meno automatiche con il mondo della radiofonia musicale e degli eventi. A "Music Lab, dall'autoproduzione all'autopromozione"(alle ore 9 del 28 e 29)e successivamente a "Le startup musicali del web", interverranno esperti di marketing e comunicazione e gli esponenti di varie iniziative di crowdsourcing e edizione musicale "partecipativa". 





03 giugno 2013

Fatto l'accordo con Warner, Apple scalda i motori per iRadio alla WWDC

Con un accordo dell'ultimissima ora, Apple sembra aver strappato a Warner Music Group un atteso OK al lancio del suo nuovo servizio musicale in streaming, noto come iRadio (sarà anche il nome ufficiale?). La casa discografica, secondo il Financial Times, riceverà royalties più sostanziose rispetto a quelle concesse da piattaforme come Pandora, ma in cambio Apple forse riuscirà a presentare iRadio a San Francisco in occasione dell'atteso evento per gli sviluppatori, la WorldWide Developers' Conference. Lo stesso quotidiano afferma che c'è anche la possibilità di un accordo sul filo di lana con Sony, ma voci ufficiali come sempre non ce ne sono.
Apple iRadio è un'idea in forte ritardo rispetto a una concorrenza iniziata con Pandora, proseguita con Spotify, Deezer, Rdio e culminata si può dire pochi giorni fa con l'annuncio di Google e del suo servizio - per ora solo americano - All Music Access. Il grosso scoglio per Apple, oltre alla forza del suo brand, è il successo di iTunes e del modello musicale in download, che piace molto alle case discografiche. Probabilmente il Financial ha ragione nell'ipotizzare per iRadio uno stretto collegamento con iTunes per l'acquisto dei brani ascoltati in streaming e un sistema di raccomandazione che attinge alle "conoscenze" accumulate attraverso l'analisi delle raccolte musicali degli utenti, che Apple conserva già da tempo in cloud. Ritardo o non ritardo, l'arrivo di Apple nella realtà emergente dello streaming sarà un punto di svolta determinante.


Apple’s iRadio plans warm up
di Andrew Edgecliffe-Johnson eTim Bradshaw
Apple is looking more likely to launch its long-awaited music streaming service at its Worldwide Developers Conference, which begins on June 10, after agreeing terms with Warner Music’s recorded music and music publishing divisions for the service known as “iRadio”.
Warner, the third largest global music company, became the first music publisher to agree a deal for iRadio, people close to the negotiations said, after Apple agreed to pay its songwriters 10 per cent of advertising revenue, more than double the 4 per cent rate it currently earns from Pandora, the US-based internet radio service with more than 70m “active listeners”.

20 maggio 2013

La musica digitale nel mondo e l'arrivo di Twitter, Google e - presto - Apple sul mercato dello streaming


Il presidente della FIMI Enzo Mazza mi segnala la disponibilità sul sito Web della Federazione dell'industria musicale italiana della traduzione del Digital Music Report 2013, rilasciato pochi mesi fa dalla IFPI (che riunisce a livello mondiale le associazioni di categoria come la Fimi). Il report si può scaricare a questo indirizzo e se proprio volete l'originale potete fare riferimento a questa pagina del sito IFPI, ma in quest'ultimo dovrete rinunciare agli interessanti approfondimenti sul mercato italiano proposti nella versione della FIMI. Con lo sbarco in Italia dei grandi nomi dello streaming (o "abbonamento") musicale - Deezer, Spotify, Rdio - anche la nostra nazione affronta la transizione della musica digitale dal modello "download" inaugurato da Apple iTunes. Nel mondo, sui 5,2 miliardi di dollari di fatturato della musica digitale per il 2012 4,3 erano ancora attribuibili al download, cioè al vero e proprio acquisto privo di supporto fisico. Ma il 10% del mercato è già fatto di consumo in streaming, fisso e mobile, e nazioni come la Svezia e la Francia, proprio grazie a Spotify e Deezer, gli abbonamenti superano, come numero di consumatori, i download.

Ovviamente la vera svolta arriverà quando il pioniere del download, Apple, annuncerà l'atteso servizio streaming. Nel frattempo Cupertino si è fatta superare, per tempestività, da Twitter che ha presentato in anteprima un servizio più simile alla "music discovery" (ovvero alla possibilità di scoprire nuovi gruppi e cantanti facendo leva sulle proprie conoscenze social) e soprattutto da Google, che nel corso della sua conferenza per sviluppatori, Google I/O ha chiamato Chris Yarga a presentare il suo nuovo servizio streaming Google Music "All Access" (dal minuto 39 del filmato con tutti i keynote dell'evento). Se Twitter Music sembra aver parzialmente deluso i primi recensori, Google Music All Access sembra essere più in linea con il resto del gruppo degli streamer e anzi non fa che confermare un mio sospetto: non sarà facile per nessuno, neanche per i big (a eccezione forse della stessa Apple, il cui marchio è noto anche ai sassi) imporsi nel mercato che Spotify, Deezer, Pandora e più recentemente Rdio, si sono in pratica inventato. Anche per All Access i primi commenti non sembrano entusiasti e anzi i recensori mettono in risalto qualche limite del nuovo servizio in streaming lanciato dal motore di ricerca. Il costo degli abbonamenti mobili non si discosta da quello dei concorrenti, che hanno a loro vantaggio prezzi più bassi per il consumo della musica dal desktop e al contrario di Google offrono una parte di contenuti free. Le quattro sezioni di Google All Access - Genres, Recommended, Featured, New Releases - permettono di abbinare l'ascolto puro alla discovery basata su raccomandazioni automatiche ma anche sulla selezione ragionata dei brani, integrandosi al servizio Google Music che già oggi offfre la possibilità di "streamizzare" la musica che risiede sui nostri computer e dispositivi personali.

Il punto è sempre lo stesso: l'economia della musica liquida sarà sul lungo termine più ricca di quella che ruotava intorno ai dischi, fatta la tara delle rispettive forme di pirateria? Oggi la musica digitale vale poco più di un terzo (esattamente il 34%) del mercato della musica "registrata" in generale, che a sua volta mostra timidi segnali di ripresa (16,8 miliardi di dollari nel 2010, 16,3 nel 2011, circa 16,5 nel 2012). La sensazione quindi è che la crescita dei consumi digitali legali abbia comunque un effetto positivo, anche perché la grande diffusione di dispositivi come gli smartphone non può che portare a un allargamento della base di potenziali ascoltatori/consumatori di contenuti musicali.

28 marzo 2013

La musica emergente di Zimbalam anche su Blackberry 10


I normali canali di intermediazione che permettevano di stabilire un contatto tra gli artisti musicali e i loro fan non potevano restare gli stessi davanti al fenomeno della digitalizzazione della musica, che come bene commerciale vive ormai a ciclo completo - dalla composizione al consumo - sul computer e su Internet. Zimbalam è uno dei nuovi canali più interessanti, perché si rivolge esclusivamente ai musicisti emergenti indipendenti proponendosi come una sorta di etichetta discografica virtuale. Il modello è abbastanza semplice e si ispira a quello che era il normale lavoro di un editore discografico. Il musicista "carica" le sue canzoni - Zimbalam propone due formule "single" e "album" per caricare rispettivamente 1/2 brani o una playlist - e da questo punto in poi la musica entra in circuito di partner che comprende store online come iTunes e Amazon, piattaforme streaming come Spotify e Deezer, mobile store come Nokia Music, e persino stazioni radio, Web radio (molto forte per esempio il legame con le Web radio universitarie di Uniradio) ma anche siti di informazione musicale e festival specializzati come il MEI. Anche X Factor ha una partnership e gli artisti hanno la possibilità di integrare il player di Zimbalan anche nei loro spazi su MySpace o Facebook. In cambio del fee di distribuzione Zimbalam riconosce ai musicisti una percentuale molto elevate delle royalties corrisposte dai vari partner ed è sempre l'artista che sceglie dove far arrivare i suoi brani e come promuoverli.
Il progetto Zimbalam nasce nel 2009 dalla società francese Believe Digital (un aggregatore di contenuti musicali a sua volta nato cinque anni prima su inziativa di Denis Ladegaillerie, ex Vivendi Universal) ed è già presente in altre nazioni, tra cui l'Italia, dove è affidata a Luca Stante. In questi giorni è stato annunciato l'accordo con  BlackBerry per aprire l'access allo store virtuale BlackBerry World. Un altro segno dei tempi, considerando che un tempo Blackberry si vantava di essere totalmente immune da usi e contenuti non strettamente professionali, ma forse in questo caso anche a Zimbalam interessa arrivare a un tipo di cliente diverso.
Gli artisti - si legge nel comunicato ufficiale, potranno gestire le loro vendite grazie alla semplice e intuitiva interfaccia di Zimbalam e ai report di vendite giornalieri. Il customer support e il formato di distribuzione vengono adattati alla lingua e al Paese dell’artista. “La finalità di Zimbalam è di permettere ad artisti senza contratto di far arrivare la loro musica sulle piattaforme digitali e di trovare il loro pubblico. Siamo entusiasti di lavorare con BlackBerry, che darà agli artisti accesso a una diversa fan base contribuendo alla scoperta della loro musica” afferma Denis Ladegaillerie, CEO di Zimbalam.
Ecco il responsabile italiano Luca Stante durante  apresentazione di Zimbalam  al MEI 2009:


10 marzo 2013

Arriva in Italia Rdio, la musica in streaming dai "papà" di Skype


Ho scoperto la cosa del tutto casualmente ma è una gran bella scoperta: Rdio, il servizio musicale in streaming fondato da Janus Friis con Niklas Zennström - sì, proprio loro, la coppia che hanno lanciato Kazaa, il network musicale peer-to-peer, e la telefonia IP di Skype - è arrivato in Italia. Anzi, anche in Italia si può usufruire dell'offerta promozionale gratuita lanciata a gennaio (allora in una quindicina di paesi, ma evidentemente l'azienda, che ha la sede a San Francisco, deve aver sottoscritto accordi anche per l'Italia e per un totale che raggiunge oggi le 23 nazioni). Nell'arco di sei mesi, a seconda di quanti brani si ascoltano, è possibile ascoltare la musica custodita nelle teche di Rdio senza pagare una lira. In questo periodo si ha a disposizione una certa dotazione di brani da ascoltare per il mese in corso. Esaurita la scorta mensile si deve aspettare che la ricarica abbia luogo per il mese successivo. Immagino che al termine del semestre di "free ride"- e in ogni caso se si vuole ascoltare musica in mobilità - si debba sottoscrivere una delle due formule di abbonamento: 4,99 euro per l'ascolto illimitato via Web o con le desktop applications o 9,99 euro al mese per un ascolto che comprende anche lo smartphone e il tablet (con possibilità di sincronizzare i brani da ascoltare in assenza di connessione Internet) incluso lo streaming verso sistemi hi-fi e tv "connessi" come Roku o Sonos, o gli altoparlanti wireless come Jawbone Jambox. Su smartphone, Rdio è presente su iPhone, Android, Windows Phone e Blackberry.
I 18 milioni di brani di Rdio si possono ascoltare in quattro modalità, tutte legate ai propri gusti musicali (basta condividere con Rdio i brani custoditi nel proprio computer) e al sistema di relazioni su Facebook e Twitter: Heavy Rotation permette di seguire i brani accumulati complessivamente, Recent Activity mostra la musica man mano che questa viene inserita nelle collezioni e playlist, Top Charts contiene ovviamente le segnalazioni di brani e album più popolari e infine New Releases offre uno spaccato sulle ultime novità, curate da esperti. Il flusso dei brani può essere organizzato ulteriormente nella collezione e nelle playlist. Una caratteristica molto particolare di Rdio è che queste strutture possono essere aperte alla "collaborazione" degli amici e volendo è possibile seguire le playlist condivise dalla comunità di utenti. La condivisione è un'altra specialità, volendo si può integrare il player di Rdio nel proprio blog, oltre che annunciare i brani ascoltati sui social network, "scrobblare" la musica verso Last.fm
Last... but not least, Rdio include anche in alcune sue "viste" (Heavy Rotation, Collections e singoli artisti), il pulsante con l'icona della radio portatile. Cliccandoci sopra parte lo stream di brani casuali attinti a una delle tre categorie. I canali radiofonici si possono personalizzare visualizzando la coda dei brani e rimuovendo quelli meno graditi.
Una curiosità appena apparsa sul blog della piattaforma in streaming, è la collaborazione tra Rdio e The Echo Nest, una startup che sta sviluppando un incredibile ecosistema di servizi e applicazioni a supporto dell'industria musicale online. Echo Nest ha appena messo online una Web app (residente sul cloud di Amazon) chiamata Talk Radio. È basata sulle Web Speech API integrate nel browser Google Chrome a partire dalla release 25 e come si intuisce facilmente permette di richiedere a voce l'esecuzione di un brano. La richiesta "suonami un brano di Michael Jackson" (ovviamente detto in inglese) viene catturata dal browser, interpretata dal server di Echo Nest e inoltrata - attraverso le Rdio API - alle librerie di Rdio che eseguono i brani richiesti. Nell'immagine che ho appena catturato, ho chiesto, a voce, a TalkRadio di eseguire un brano di Sting ed ecco il risultato.
Come si vede, Rdio un servizio estremamente completo e flessibile, che rivaleggia con Spotify per ricchezza delle librerie di brani, funzionalità e ascolto social del musica. Il fatto che entrambi oggi siano disponibili in Italia rende sempre più stimolante l'accesso alle modalità di consumo in streaming di un contenuto fino a pochi anni fa ancora blindato all'interno del mercato, al confronto angusto, del compact disc venduti nei negozi. Sull'altro versante, quello della scoperta di gruppi, cantanti e brani ancora sconosciuti, l'armata degli Spotify, Rdio e Pandora sta incalzando in modo sempre più aggressivo le stazioni radio musicali, che in Italia bisogna ammettere, non si sono mai contraddistinte - a parte rare eccezioni - per inventiva e capacità di distinguersi.  

iRadio, lo streaming deve attendere. Apple contratta (al ribasso) sulle royalties

Difficilmente la discesa di Apple nella stessa arena della musica in streaming oggi guidata da brand come Pandora o dall'arrembante Spotify (appena sbarcato in Italia) verrà annunciata prima dell'estate. La nascita di un servizio Apple "iRadio", in cui la musica in streaming possa prendere il posto del modello download ormai desueto rivitalizzando in questo modo le revenues di iTunes, era stato anticipato dai media americani alla fine dello scorso anno. Sembrava che l'avvento della radio online di Cupertino fosse imminente (segni premonitori erano stati individuati nascosti nellle pieghe di iOS 6), e invece il New York Post ha rivelato l'altro giorno che Apple non riesce a mettersi d'accordo con le case discografiche sul prezzo dei diritti. Secondo il quotidiano newyorkese il negoziatore di Apple, Eddy Cue, vorrebbe strappare un prezzo di 6 centesimi ogni 100 canzoni trasmesse in streaming, contro i 12 che Pandora starebbe pagando. Servizi in abbonamento come Spotify arriverebbero a pagare anche 32 centesimi per 100 canzoni e le medie di mercato si attestano sui 21, 22 centesimi (questo per esempio il prezzo pagato dalle stazioni del circuito Clear Channel iHeart Radio, che riunisce i flussi streaming delle radio che operano principalmente in modalità tradizonale, on air. 
Certamente l'arrivo di Apple nel settore potrebbe scombinare molte carte, per la forza intrinseca che il marchio può scatenare anche nell'acquisire, con la sua piattaforma mobile iAd, i clienti pubblicitari. Il dominio di Pandora, che vanterebbe 67 milioni di utenti, non è accompagnato da una posizione finanziaria molto solida. Il suo anno fiscale 2013, appena chiuso, mostra un ottimo aumento di fatturato (427 milioni di dollari, 375 milioni dei quali da pubblicità, una performance che fa paura alle radio commerciali americane) ma il risultato operativo netto è ancora negativo. In borsa, in compenso, il titolo di Pandora sta segnando livello record sui 12 mesi, anche grazie alle aspettative che si sono accese alla notizia delle dimissioni del CEO, Joe Kennedy, dopo 14 anni di governo dell'azienda. 
Spotify dal canto suo gode di un grande momento di popolarità qui in Italia dopo il lancio coinciso con la manifestazione Sanremese, che il neonato ufficio milanese dell'azienda anglo-svedese, guidato da una giovanissima Veronica Diquattro, ha saputo sfruttare molto abilmente. Proprio in questi giorni Spotify ha anche inaugurato la nuova modalità di accesso basata non più sulla applicazione da scaricare a parte ma direttamente su Web. Per ora il Web Player di Spotify è disponibile solo nel Regno Unito e il suo corredo funzionale è ancora incompleto (qui la recensione di Spotify su Web pubblicata da TechRadar), a differenza di un concorrente forse meno blasonato ma decisamente interessante come Rdio, che guarda caso ha appena avviato una aggressiva strategia di internazionalizzazione ed è sbarcato persino in Italia. Notizia che merita senz'altro un approfondimento...

11 febbraio 2013

Cubomusica, in attesa della guerra con Spotify ecco lo streaming con gli artisti sanremesi

L'arrivo di Spotify in Italia avrà sicuramente un forte impatto sul nascente settore della musica in streaming, inaugurato nei nostri confini da pionieri come Deezer e Rara e popolato da provider locali come Buongiorno, con Playme, e Cubomusica di Telecom Italia, affiancati da iniziative ibride come Nokia Music, che proprio a fine gennaio ha annunciato la disponibilità di Nokia Music+ un servizio in streaming che sarà gratuito nella sua versione di base per tutti gli acquirenti di smartphone Nokia Lumia ma offrirà anche una versione premium che con un abbonamento di 3,99 euro al mese consente per esempio la possibilità di scaricare le playlist sui terminali, usufruire di una migliore qualità attraverso le connessioni wi-fi e di accedere anche ai testi delle canzoni. Sarà interessante capire come l'esperienza di Spotify (appena scelta da Fastcompany come una delle dieci imprese musicali più innovative del mondo) riuscirà a far presa su un mercato ricco di connotazioni locali e forse viziato da un certo provincialismo. Basti solo pensare che un player globale come Last.fm ha recentemente deciso di limitare moltissimo la sua presenza in streaming fuori da geografie ormai consolidate. 
Quale che siano le strategie adottate dal gruppo anglo-svedese oggi arriva la notizia di Cubomusica.it, pronta a cavalcare lo show musicale sanremese con una diretta in streaming quotidiana  che darà ampie possibilità di interazione agli spettatori/ascoltatori. Ricordo che Cubomusica permette di accedere alle anteprime di svariati milioni di brani e di ascoltarli integralmente e senza limiti in streaming a partire da 3 euro al mese, ma immagino che lo streaming sia accessibile anche a chi si è semplicemente registrato gratis sul sito. 
La diretta che la piattaforma di Telecom Italia dedicata alla musica digitale dedica al FEstival di Sanremo coinvolgerà i protagonisti della manifestazione. Dal 13 al 17 febbraio a partire dalle 15 su cubomusica.it sarà possibile conoscere e porre domande a molti degli artisti in cartellone, grazie ad un approfondimento condotto da Carolina di Domenico che intervisterà i suoi ospiti nello studio allestito nei pressi del Teatro Ariston. Sono previsti, tra gli altri, Modà, Marco Mengoni, Chiara, Malika Ayane, Maria Nazionale, Annalisa Scarrone, Daniele Silvestri, Almamegretta, Il Cile, Irene Ghiotto, Andrea Nardinocchi, Max Gazzè, Simone Cristicchi, Raphel Gualazzi, Simona Molinari & Peter Cingotti, Antonio Maggio, Ilaria Porceddu, Blastema, Paolo Simoni, Renzo Rubino, Marta sui Tubi, oltre alla partecipazione di Asaf Avidan in esclusiva per la live chat.

Gli artisti che interverranno nello spazio “Cubomusica Live”, saranno invitati a proporre la loro playlist esclusiva che sarà poi resa disponibile sulla piattaforma digitale.  I fan potranno interagire anche attraverso i social network con i propri artisti preferiti e per condividere le loro impressioni sulla pagina Facebook di Cubomusica e su Twitter #WeLikeMusic. Questo è il primo di una serie di appuntamenti che vedrà la presenza di Cubomusica in molte altre città italiane per offrire, attraverso la rete, incontri con le star preferite, scoprendo insieme a loro aneddoti e curiosità in modalità live. 

24 dicembre 2012

Due idee italiane per lo streaming radiomusicale social e partecipativo



Sono nate in questi ultimi giorni due piattaforme di streaming musicale a carattere social, condiviso e partecipativo, entrambe italiane: AiRJB e Radio A Palla. Niente di straordinariamente nuovo, ma l'idea di AirJB, concepita da Nibble, sviluppatore software genovese, potrebbe essere interessante. AirJB è un jukebox esclusivamente per iOS con cui è possibile creare liste di brani (non è ben chiaro se con la propria musica o da una libreria royaltyfree) e condividerle con altri attraverso Web o via altre forme di streaming (compreso Apple Airplay, forse). Secondo i suoi creatori si può usare nei viaggi in macchina, in ufficio , nei club/bar, alle feste di compleanno o nelle cene con gli amici. Le playlist si condividono attraverso i social network e sono partecipative.


Diversamente dall'appena citato AirJB, Radio A Palla propone la formula dell'ascolto condiviso delle radio via Web, voglio dire stazioni radio vere, network pubblici e privati presenti on air e online, ascoltate attraverso il player Web di Radio A Palla (immagino che ci saranno anche delle app mobili ma per il momento non ne ho viste). L'ascolto ovviamente non è solitario, l'idea è di sfruttare al contempo le funzioni social di FB per segnalare e commentare i brani ascoltati con gli amici, dedicare un brano a qualcuno e così via (per il login su Radio A Palla potete utilizzare il vostro account FB). Interessante il fatto che il player Web estrae le informazioni sui brani musicali trasmessi e permette di sintonizzarsi sulle stazioni che stanno mettendo in onda la canzone. Non so se i team che ha sviluppato i due progetti hanno anche avuto modo di dare un'occhiata ad altre piattaforme di social streaming e ascolto condiviso di Internet radio - penso a due casi recenti come Serendip o Do it yourself FM (ne avevo parlato su Radiopassioni), la piattaforma della Radio Svizzera che permette di costruirsi una stazione radio su misura "componendola" con tutti i programmi preferiti diffusi dai vari canali SRG-SSR. Ma ci sono molti altri esempi di player Web based che consentono di accedere a stream radiofonici esterni e  condividere questo ascolto sui social network (un caso su tutti quello di TuneIn, ma anche Turntable.fm, Myxer.fm, che però non sono accessibili in Italia). Radio A Palla è per il momento puro ascolto condiviso e intelligente uso dei metadati relativi alla musica trasmessa, ma il concetto aspetta solo di crescere e di espandersi. Un punto critico - e qui mi permetto di suggerire a Radio A Palla di non rimuovere i logotipi originari dai canali radio intercettati, indicati al momento solo per nome - potrebbe essere quello legato all'impiego di streaming che originano da altri editori.

13 dicembre 2012

Last.fm sopprime quasi ovunque i "canali radiofonici". Restano - a pagamento - solo in 8 nazioni

Cambiamento di policy in casa Last.fm, che sopprime per la stragrande maggioranza delle Nazioni del mondo, Italia inclusa, la funzione dei canali in streaming personalizzati, le cosiddette "radio stations" finora riservate solo agli abbonati (gratuitamente in USA, UK e Germania). A partire dal prossimo 15 gennaio 2013, anche gli utenti in queste tre nazioni dovranno pagare 3 dollari al mese per accedere alle stazioni radio, mentre la feature dei contenuti in streaming resterà accessibile (sempre a pagamento) in Canada, Irlanda, Brasile, Australia e Nuova Zelanda). In tutti gli altri Paesi, tra cui appunto l'Italia, i "canali radiofonici" di Last.fm spariranno. Per gli utenti paganti italiani resta una formula di abbonamento a 3 euro al mese che consente di accedere ai servizi di "music discovery" in una modalità preferenziale. In pratica l'esplorazione dei vari generi musicali con i suggerimenti su nuovi autori non prevede l'ascolto di annunci pubblicitari. In più l'abbonato dispone di amenities come la visualizazzione dei visitatori del profilo personale e l'accesso a un'area "vip" con classifiche e grafici esclusivi e altre novità dai Last.fm Labs. Elena Brescacin, che ringrazio per avermi segnalato una notizia che sta passando un po' sotto silenzio - mi fa capire che 36 euro all'anno per tutto questo sono una somma spropositata e in effetti non posso darle torto. Chiaramente i nodi della musica legale in streaming stanno venendo al pettine: il sistema delle royalties rende insostenibili anche i servizi a pagamento, almeno ai livelli di prezzo molto contenuti che caratterizzano le offerte attuali. C'è veramente da chiedersi che cosa abbiano in mente le case discografiche e i titolari dei diritti che si ostinano a rendere difficilissima (o salatissima) la vita di chi non vuole ricorrere a mezzi illegali ma non può essere costretta a sborsare somme spropositate per consumi musicali che sono comunque imponenti. Ha senso continuare a trattare la musica digitale come se fosse cocaina?

04 dicembre 2012

Apple iTunes 11, ormai imminente il servizio in streaming musicale?

Ho trovato una definizione molto efficace della radio digitale nell'ultimo numero (dicembre 2012, con in copertina una storia tutta da leggere su MPEG-DASH, o "Dynamic Adaptive Streaming over HTTP") di Tech-i, la rivista tecnologica dell'EBU di Ginevra. "La radio digitale non è una tecnologia. E' un prodotto editoriale." Efficace ma semplicissima, come vedete. E' anche molto vera e come spesso accade completamente ignorata dai più. Di radio digitale, anzi di prodotti editoriali centrati sulla musica, si parla moltissimo in questo momento, dopo che Apple ha reso disponibile l'undicesima versione di iTunes.
Se si parla tanto di un software che non rappresenta una vera e propria novità, è perché secondo parecchi osservatori (CNET cita per esempio il blog - chiuso ai lettori che non si siano preregistrati utilizzando un dominio aziendale - della società di brokeraggio e analisi di mercato BTIG) Apple sarebbe pronta al varo del suo nuovo servizio musicale in streaming. In streaming, si badi bene: un modello che ha preso il posto, nel cuore e nelle abitudini di molti utenti di Internet, del tradizionale download musicale inaugurato proprio da Apple con la prima versione di iTunes.
Le speculazioni, che parlano di un possibile debutto all'inizio del 2013, si fondano anche su una accurata analisi della nuova interfaccia di iTunes, in cui il menu Radio (una funzione presente fin dall'iTunes 1.0) appare in una nuova barra di opzioni disposta orizzontalmente, non più solo verticalmente nella finestra del programma. Il pulsante Radio continua ad attivare il solito elenco alfabetico di servizi musicali in streaming, ma questo non esclude la possibilità che Apple stia studiando un prodotto all'altezza di concorrenti come Pandora e Spotify. Tra i tanti commenti mi piace riportare qui quello pubblicato da RadioTech, la newsletter tecnologica del NAB, l'associazione dei broadcaster radiofonici americani. Colpiscono in particolare le parole sulla possibile integrazione del servizio "Apple iRadio" (un nome puramente fittizio, del resto iRadio è una app venduta da uno sviluppatore italiano attraverso Apple Store) con nuovi strumenti pubblicitari geolocalizzati e applicazioni come Passbook, una applicazione iOS 6 che permette di conservare e ricevere varie forme di coupon e tagliandi offerti da locali, linee aeree, musei e negozi. Un ingrediente che potrebbe avere molti agganci con una campagna pubblicitaria a metà tra radiofonia e online.
Staremo a vedere come andrà a finire, ma è chiaro che l'ingresso di un nome come Apple nel segmento dello streaming potrebbe avere implicazioni notevoli. Nessuno nega che la musica in streaming Web attira moltissimi ascoltatori più o meno appassionati, ma c'è un problema economico, di sostenibilità, che getta una luce un po' inquietante sui destini ultimi di operatori come Pandora (che dopo la quotazione non sta andando granché bene). Apple non solo ha montagne di cash da spendere ma è un'azienda che sopporta male i fallimenti e potrebbe rincorrere la profittabilità con più testardaggine di quanto abbiano fatto le varie Spotify, Pandora, Rdio e via elencando (rimando al post sulla music discovery). Se Apple decide che lo streaming debba essere sostenibile e lucroso, lo streaming rischia davvero di diventarlo.


Speculation Grows over Apple’s “iRadio” Launch 
In the new media world, Apple is notorious for not tipping its hand on upcoming products. As a result, handicapping (if not outright guessing about) Apple’s next move has become something of a cottage industry.
So it should come as no surprise that there is plenty of buzz regarding a rumored streaming radio service from Apple soon. This has recently accelerated due to analysis of last week’s iTunes update release (v11).
Even diehard Apple fans have long criticized the iTunes client interface for failing to live up to Apple’s normally high standards of elegant operation. iTunes 11 is more comprehensive than other recent increments, but may not soothe all the software’s critics. In fact, it has already created new ones who don’t like the new design, but in reality, iTunes 11 is not that radical a redesign under the hood, and doesn’t differ significantly in its current look and feel from other online media stores.
Like some of those other popular online stores, iTunes now offers TV shows and movies for either download or streaming, with the latter option called “iCloud.” Probably the most important changes in iTunes 11 are new features that further integrate the iCloud service into the iTunes client. For example, the iTunes player now offers a cloud bookmarking feature, by which users can now stream a piece of content, stop it in progress, and rejoin it later, picking up where they left off.
So far, Apple hasn’t done much with music content in iCloud, but given the growing competitive context of streaming music services, the iTunes 11 set of new cloud-related features has fueled speculation that Apple is positioning iTunes to enable the launch of a new streaming music “radio” service of its own soon.
Of course, iTunes has offered streaming radio since its earliest days, but only as a means of finding and linking to existing Internet radio streams provided by third parties. In fact, iTunes has long been a popular Internet radio aggregation site, categorizing all streams by genre, and listing the data rate of each stream. Getting listed on the site has been free to any broadcaster or webcaster. Many Internet radio streams made their first connections to their subsequent fans via the site, including some radio stations that connected to listeners outside their broadcast coverage areas via listing their online stream on iTunes. Since then, however, other more interesting and sophisticated Internet radio aggregation sites have emerged (e.g., iHeartRadio, TuneIn), making the purely text-based iTunes listings seem a bit outdated – and version 11 does little to change this.
But the new service expected from Apple is quite different. Called “iRadio” by speculators (since Apple has made no announcement of what it will be called, or when it will emerge, if at all), the service is likely to be an original streaming music service offered by Apple itself, including personalization features similar to Pandora or Spotify. Whether Apple would continue its aggregation listings for third-party radio streams after the launch of “iRadio” is also unknown at present.
The new service could also integrate other features of the iOS platform for a rich and unique service. Apple forecasters have suggested that geo-location features in iOS might inform the ‘”Radio” app of the user’s current location, allowing the app to insert advertising (in the audio stream and/or on the device’s screen) from nearby businesses, and provide maps to their locations. Similarly, the system clock could generate insertion of time-based advertising opportunities.
The iOS’s new Passbook app might also play a role. Introduced in iOS 6, Passbook allows users to download or scan in and organize previously physical tokens of commerce, such as event tickets, boarding passes, retail coupons and store/loyalty cards. The app is also time and location-aware, so items can be set to pop up at appropriate times and places, such as whenever the user walks into a particular store or venue. Apple can also send notifications to update users about their stored items (e.g., gift-card balance adjustments). Such platform personalization and cloud commerce features could be coupled with the “iRadio” service to enable new advertising possibilities.
This sort of integration could differentiate an Apple music-streaming service from competitors like Pandora, but also make the service more directly competitive with local radio. It is interesting to note that Apple has activated FM receivers on a device that does not directly connect to the Web (e.g., iPod Nano), but not to those that do (e.g., iPod Touch, iPhone, iPad).
Whatever forecasters expect, Apple usually confounds them with something other (either greater or less) than what they expected, so stay tuned.

09 novembre 2012

HP: un anti-iTunes per lanciare Windows 8 a suon di musica

Lancio in grande stile, per HP, della nuova famiglia di dispositivi notebook/tablet progettata per il nuovo Windows 8. Un lancio che prevede addirittura un servizio musicale in download/streaming (incluso un certo numero di canali webradiofonici tematici) offerto da oggi in Europa in collaborazione con Universal Music Group. Con il chiaro obiettivo di fare concorrenza al mondo Mac/iPad con iTunes.
HP Connected Music è stato sviluppato dagli esperti di Meridian Audio, una azienda britannica di apparecchiature Hi-Fi. Purtroppo non riesco a capire come funziona il servizio utilizzando un Mac. HP Connected Music, a differenza di iTunes, è disponibile solo per Windows 8. Sono previste formule di download e ascolto in streaming dei brani, ma anche l'ascolto della radio via Web e persino lo streaming di eventi musicali dal vivo (una opportunità che ha fatto il suo debutto con il concerto dei No Doubt organizzato per l'evento parigino con cui HP ha varato il servizio qui in Europa). Gli acquirenti dei prodotti HP con Windows 8 annunciati in questi giorni potranno usufruire gratuitamente di un periodo di prova. Ecco il comunicato con qualche dettaglio aggiuntivo, sulle modalità di accesso e sui prodotti associati alla nuova piattaforma musicale.

HP lancia HP Connected Music in collaborazione con Universal Music Group
Gli utenti di tutta Europa potranno accedere a esclusivi contenuti musicali, a partire dal concerto dei No Doubt
 
Parigi, 7 novembre 2012 — HP annuncia i dettagli sulla propria collaborazione nell’area EMEA (Europe, Middle East and Africa) con Universal Music Group, la più grande azienda musicale al mondo. Per celebrare il lancio di HP Connected Music, il nuovo servizio che assicura premi e contenuti esclusivi per gli utenti, le due società hanno organizzato un evento speciale, un concerto privato dei No Doubt che ha avuto luogo a Parigi presso la Maison de la Mutualité. Organizzato per il lancio del nuovo album degli artisti, si tratta dell'unico spettacolo dal vivo del gruppo in Europa per quest'anno e del primo evento nato dalla partnership tra HP e Universal Music.
 
Disponibile in tutti i nuovi PC desktop e portatili HP con Microsoft® Windows 8 nell'area EMEA1, HP Connected Music offre agli amanti della musica un nuovo modo per ascoltare alcuni degli artisti più popolari del mondo. 
 
Il concerto dei No Doubt è il primo di una serie di eventi privati programmati da HP con altri artisti della Universal Music in tutta Europa. La piattaforma HP Connected Music nei PC consumer HP con Windows 8 consentirà agli utenti di vivere esperienze esclusive e offrirà loro l'opportunità di partecipare, nel corso del prossimo anno, a eventi con alcuni degli artisti più noti.
 
Grazie a contenuti esclusivi e all'accesso al vasto catalogo di Universal Music, questo accordo mette la musica al centro dei più recenti PC HP destinati all’utenza consumer.
 
Un'esperienza musicale completamente nuova
 
Tramite l'applicazione HP Connected Music inclusa nei PC consumer HP con Windows 8, gli utenti possono accedere agli esclusivi pacchetti HP Music Rewards, che includono:
· Eventi privati HP: accesso a contenuti selezionati con spettacoli dal vivo degli artisti Universal Music.
· Esperienze musicali: possibilità di vincere esperienze uniche, come incontri in esclusiva, visite agli studi di registrazione o opportunità di incontrare gli artisti.
· Pacchetti VIP: esclusive opportunità di conoscere gli artisti.
 
Quanti acquisteranno i nuovi PC HP con Windows 8 avranno inoltre accesso a un elenco unico di servizi tramite HP Connected Music, incluso lo streaming gratuito dall'intero catalogo di Universal Music per 90 giorni e, per i possessori dei nuovi PC HP Spectre e HP Envy con Windows 8, fino a 10 download gratuiti per 30 giorni per la durata della promozione (90 giorni).

08 settembre 2012

Dopo la falsa partenza di Lala.com, Apple insegue nello streaming musicale.



E' bastato un articolo del Wall Street Journal sulle trattative che Apple avrebbe in corso con le case discografiche (obiettivo: un nuovo servizio musicale in streaming), per scatenare una corsa al ribasso delle azioni di Pandora, la piattaforma streaming che ha avuto un impatto stravolgente sulle abitudini dei consumatori americani in fatto di musica e ascolto della radio. Pandora è quotata in borsa da 15 mesi e non ha mai dato la sensazione di sfondare. Ma al diffondersi della notizia sul possibile ingresso di Golia Apple, venerdì 7 settembre il titolo di Davide Pandora ha perso in una sola seduta il 17% del valore, ritornando a quota 10 dollari. A Golia le cose sono andate meglio, ha guadagnato lo 0,6%. Se vi sembra poco, ricordate che l'azione Apple viaggia sopra i 680 dollari e al momento non si vede il tetto.

Qual è la ragione che sta spingendo la regina di iTunes a cambiare modello, o comunque ad affiancare anche una modalità di consumo in streaming (una modalità più ampia rispetto all'attuale Apple Music Match, che si limita a duplicare sul cloud la musica che il cliente di iTunes conserva sui suoi dischi fisici)? Il motivo è molto semplice: dopo tanti anni il rivoluzionario concetto di iTunes sta mostrando la corda. Apple ha contribuito più di tutti al declino del CD audio rendendo facile e immediato acquistare album e singoli brani direttamente online. Ma oggi il download sta passando rapidamente di moda e servizi come Pandora, Spotify, Rdio, non solo lo rimpiazzano ma lo superano anche. Con Pandora la musica che ti piace non devi neppure sceglierla, è la piattaforma a suggerirtela. Proprio come se fosse il DJ di una stazione radio dalla discoteca praticamente infinita. In un colpo solo Pandora ha mandato in crisi il disco, il download e le stazioni radio musicali. Apple non poteva certo restarsene con le mani in mano.
Quello che stupisce in tutto questo non è tanto la probabilissima decisione di Cupertino (in genere il Wall Street Journal non sbaglia), bensì il fatto che questa decisione era già stata presa tre anni fa quando Apple annunciò l'acquisto di Lala.com.

Lala era una startup di Palo Alto nata in un momento di grande fervore per il modello streaming. Il suo modello era basato su un grande archivio di brani e su un sistema di raccomandazione misto, con suggerimenti algoritmici o formulati da altri utenti. La prossimità a Cupertino deve aver stimolato la curiosità di Apple, che comperò la piccola società nel dicembre del 2009 solo per fermare completamente il servizio pochi mesi dopo. Forse la tecnologia non era abbastanza robusta, o forse Apple era troppo distratta dalla cattiva salute di Steve Jobs. Ora, anche grazie all'esperienza del sistema di raccomandazione di iTunes, Genius, l'azienda più capitalizzata dell'universo ha capito che per lo streaming è scattata l'ora X. Vengono in mente in questo momento le tante illazioni formulate sull'assenza, sull'iPhone, di una funzione per l'ascolto della radio on air e, viceversa, sulla rapida diffusione delle app per l'ascolto della radio in streaming. Secondo ogni evidenza, Apple non può permettersi di restare tagliata fuori da questo settore per non rischiare di essere penalizzata dal tramonto del download. Ma dovrà muoversi con particolare abilità perché per la prima volta in tantissimi anni Apple insegue una posizione di dominio in un ambito che non è stato inventato dal suo magic team.

24 maggio 2012

Feezy, Emi, Sony, Universal e Warner lanciano una nuova piattaforma musicale streaming


Sarà lo Spotify italiano? Tra un'ora a Roma inizia il party inaugurale di Feezy, nuova piattaforma musicale streaming, per una volta non di importazione come Deezer o Rara. Interessante la struttura dei prezzi, basata su un modello freemium che prevede la possibilità di ascoltare 15 ore di musica al mese gratis. Abbonamento mensile a 3.99 e formula "unlimited" a prezzo da annunciare (possibilità di ascolto in mobilità con smartphone, anche in situazione dove non c'è connettività). Dietro ci sono quattro big discografici come Emi, Sony, Universal e Warner, la libreria messa insieme comprende 11 milioni di brani. Particolarità curiosa: la tecnologia è Microsoft, PlayReady il Digital Rights Management di Windows 7 su Silverlight. Tanto che per usufruire della prova gratuita del servizio bisogna scaricare una applicazione separata (per Win/Mac), registrandosi su Web. Le versioni a pagamento prevedono app per iPhone/Android. Ho scaricato tutto, installato e l'applicazione Mac funziona. Ma mi sa che il servizio non è ancora partito. Intanto ecco il testo del comunicato, restate sintonizzati per ulteriori dettagli.

Emi, Sony, Universal e Warner scommettono su Feezy, nuovo servizio italiano di musica digitale

Roma, 16/05/2012 – Undici milioni di brani da ascoltare in streaming su computer e mobile in accordo con le major discografiche Emi, Sony, Universal e Warner. Questo è Feezy, il nuovo servizio italiano di musica digitale arrivato a maggio nel nostro Paese. Nato dall'amore per la musica e dalla voglia di renderla sempre disponibile per tutti, Feezy è stato sviluppato da One Italia (multinazionale che opera nel mercato del Web e del Mobile) e Televideocom (affermata Internet Company specializzata nei settori ICT e Networking). “Sony Music ha fortemente voluto la nascita di un servizio come Feezy - sostiene Lino Prencipe, Direttore Digital & Business Development Sony Music Italy - che rappresenta un punto di partenza fondamentale per lo sviluppo di una innovativa fruizione della musica in Italia. Contiamo sul commitment e sulle sinergie da creare con un’azienda come One Italia, da anni un punto di riferimento in questo settore, che propone un'offerta che risponde alle esigenze del mercato e dei consumatori”.

Il servizio ha già lanciato importanti collaborazioni con affermate realtà del Web quali Angolo Testi e Musictory, oltre ad aver ottenuto l'appoggio delle principali major discografiche mondiali che hanno messo a disposizione il loro catalogo musicale: “EMI Music si associa con entusiasmo alla sfida di Feezy, una realtà italiana con una visione internazionale - afferma Enrico Pugni, Digital Sales & Brand Partnership Manager di EMI Music Italia - Siamo felici di rendere disponibile il catalogo dei nostri successi su una piattaforma accessibile da tutti i dispositivi e fortemente orientata al mondo social, che veicola finalmente anche in Italia la fruizione legale in streaming della musica”.

E' da questa voglia di proporre tutti insieme una nuova esperienza musicale che è nata l'idea di creare uno spazio di scambio e collaborazione chiamato “Amiamo la musica!”, un marchio che d'ora in poi promuoverà un ascolto responsabile: legale, in alta qualità e a basso costo. Feezy, infatti, integra in un unico servizio lo streaming, la mobilità e la condivisione proponendo un modello alternativo di fruizione della musica, che grande successo sta avendo in altri Paesi: niente più acquisti di singoli brani o album da scaricare ma accesso in abbonamento all'intero catalogo. “Questo progetto - conferma Marco Taricco, Head of Digital Department di Warner Music Italia - basa la sua forza sullo streaming che trasforma il concetto di musica da singolo contenuto a servizio musicale dove, attraverso una piattaforma semplice, fruibile da tutti i terminali e perfettamente integrata ai principali social network, gli utenti possono accedere e ascoltare illimitatamente tutta la musica che vogliono”.

Oltre ai brani distribuiti dalle quattro major, Feezy permetterà di ascoltare la musica di centinaia di etichette indipendenti, con un catalogo in costante crescita. Strumento principe per vivere questa nuova esperienza diventano i dispositivi mobili (Smartphone e Tablet) che si trasformano in music player di nuova generazione. L'integrazione con i Social permette poi di condividere in maniera facile e veloce i propri gusti musicali, creando uno spazio in cui sarà possibile proporre le proprie playlist e conoscere nuovi artisti suggeriti da chi ci sta intorno. “Il mercato della musica digitale in Italia ha fortemente bisogno di un salto di qualità – sottolinea Fabio Riveruzzi, digital Manager di Universal Music Group - Per crescere ai ritmi dei paesi più sviluppati necessita di realtà che investano sull’offerta di servizi in streaming, declinabili in particolare su mobile e social: One Italia mostra tutte le intenzioni di voler contribuire a questo con il lancio del servizio Feezy, a cui Universal Music ha subito aderito con impegno e fiducia”.

Tra le novità che presto faranno parte dell'offerta Feezy c'è la possibilità di visualizzare i testi delle canzoni che si stanno ascoltando, grazie alla collaborazione con Angolo Testi che è il primo sito italiano ad aver siglato un accordo con gli editori musicali detentori dei diritti. Inoltre la parthership con Musictory, uno dei più noti siti del settore, permetterà di trovare informazioni sempre aggiornate sugli artisti. Si è inoltre da poco conclusa una promozione riservata ai clienti dell'operatore 3 Italia che tra febbraio e aprile hanno potuto provare gratuitamente una versione beta di Feezy.

Il rinnovato entusiasmo nei confronti della musica digitale è supportato anche dai numeri che indicano come nel 2011 i servizi di musica digitale in abbonamento abbiano visto gli utenti aumentare del 65%, raggiungendo la quota di 13 milioni di clienti nel mondo (Fonte: IFPI Digital Music Report 2012). "L'annuncio del lancio di Feezy e l'adesione delle principali case discografiche italiane - spiega Enzo Mazza, Presidente di FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) - è un segnale importante di crescita e di sviluppo di nuovi modelli di business legati alla musica digitale, che a livello mondiale ha fatto registrare nel 2011 un fatturato superiore ai 5 miliardi di dollari, raggiungendo il 32% del totale mercato. In Italia, secondo i dati Deloitte del primo trimestre del 2012, la musica liquida ha superato il 30% del totale mercato, mostrandosi come una delle realtà più vivaci ed interessanti nell'ampio panorama dei contenuti digitali legali".

Il servizio è attualmente disponibile in una versione gratuita da scaricare su Pc e Mac attraverso il sito www.feezy.it: questa permette agli utenti di conoscere il prodotto e ascoltare musica per 15 ore al mese senza dover sottoscrivere un abbonamento. Sarà possibile eliminare questo limite attivando un abbonamento Feezy Plus a 4,99 euro al mese (3,99 euro fino al 30 giugno). Prossimamente arriverà la versione Feezy No Limits utilizzabile su Smartphone, Tablet e Smart Tv anche in assenza di una connessione Internet, grazie alla modalità off-line.

Il servizio utilizza la tecnologia PlayReady di Microsoft che garantisce la distribuzione di contenuti multimediali protetti da DRM nel pieno rispetto dei diritti d'autore. Quindi musica legale ma anche in altissima qualità, grazie alla bassa compressione dei file ed al player integrato Silverlight, considerato uno dei migliori sul mercato.

27 gennaio 2012

Sperimentato su Facebook un mentore musicale nato nell'università italiana


Francesco De Lucia mi segnala un nuovo servizio musicale streaming apparentemente nato in Italia, che ricalca il modello, quello di Pandora, Spotify e diversi altri, del canale radiofonico all music basato su algoritmi che cercano di ricostruire i gusti dell'ascoltatore. Mentor.FM in realtà afferma di essere un progetto accademico e in effetti nella breve presentazione viene citato il nome di un docente del DTI di UniStatale Milano come supervisore. In questo momento il servizio non accetta nuovi alpha-tester e quindi posso solo riportare quello che ho trovato su Facebook e su GHacks.net ma mi sembra di poter dire che Mentor riesce a unire un elemento ormai consolidato, quello della recommendation automatica, a parecchie novità.
Tanto per cominciare il servizio è strettamente correlato a Facebook, ci si deve registrare attraverso il proprio account FB e da quanto capisco il funzionamento si basa sulle informazioni di carattere musicale che vengono scambiate nell'ambito della propria community di amici, in particolare i like musicali che vengono cliccati. Si tratta appunto di un esperimento di durata limitata partito verso la fine del 2011 e il motore di raccommandazione utilizza i dataset di Óscar Celma e, in parte, le API di Last.FM. Celma è un ricercatore catalano che dopo una lunga permanenza nel Music Technology Group dell'Università Pompeu Fabra di Barcellona oggi lavora per Gracenote, il big della "music discovery and recommendation" (le sue tecnologie vengono utilizzate da iTunes). La musica free, che viene riprodotta nell'ambito di Facebook grazie al supporto di tecnologie HTML5 e Flash, è quella fornita da 7Digital, uno dei brand che contano in materia di download e streaming musicale legale.
Come vedete un misto di cose non nuove con però parecchi risvolti inediti, per una piattaforma che forse in futuro potrebbe uscire dalle pareti del laboratorio di computer science.

27 dicembre 2011

Dopo Rara ecco Deezer: lo streaming musicale pay prende quota anche in Italia



Si era parlato di un debutto pre-natalizio, ma Deezer ci ha messo qualche giorno in più. In questo momento però il servizio musicale streaming freemium nato in Francia diversi anni grazie a un pionieristico contratto con le major discografiche, è attivo anche in Italia. Ci si può iscrivere con Facebook (anzi, a quanto vedo il primo sign in passa obbligatoriamente per Facebook, anche se poi viene assegnata una password per l'accesso con la mail associata all'account FB) e si ha immediato accesso a una discoteca molto ben fornita. In home page ho subito notato che Fabrizio De André è al terzo posto della classifica degli autori (davanti a Rihanna), ecco uno screendump del player Web (disponibili anche le versioni mobili e una app per l'ascolto da Facebook, oltre a una applicazione che consente agli abbonati di effettuare la sincronia delle playlist sul proprio computer, per un ascolto offline):


Per il resto c'è tutto: possibilità di acquistare brani e album, funzioni di condivisione/raccomandazione social, playlist personalizzate, ascolto di "canali radiofonici" tematici. Quest'ultima sezione del sito Deezer mi sembra molto accattivante.


Quella che sto provando è la versione Premium+ di Deezer, che a quanto sembra al momento dell'iscrizione viene attivata per quindici giorni di prova gratuita. Successivamente dovrebbe entrare in vigore il regime freemium: gli iscritti che non pagano alcuna quota possono ascoltare preview di 30 secondi di ogni brano, con Premium è possibile effettuare la sincronia dei brani ascoltati con il pc o lo smartphone e con Premium+ si ha diritto anche a una qualità di streaming da 320 bps. Comincia insomma a riscaldarsi anche qui da noi il clima intorno agli abbonamenti musicali in streaming. Deezer arriva dopo Rara.com, di cui ho parlato recentemente e si aggiunge a servizi come la nuova radio online di Play.me, il servizio di Dada.net, brand rilevato quest'anno da Buongiorno.
Vi ricordo anche che tramite Radiopassioni potete richiedere un mese di prova gratuita su Rara.com, che ha debuttato in Italia poche settimane fa, precedendo Deezer. Le prime dieci richieste all'indirizzo radiopassioni(at)rara(dot)com riceveranno il loro bonus.