10 marzo 2013

iRadio, lo streaming deve attendere. Apple contratta (al ribasso) sulle royalties

Difficilmente la discesa di Apple nella stessa arena della musica in streaming oggi guidata da brand come Pandora o dall'arrembante Spotify (appena sbarcato in Italia) verrà annunciata prima dell'estate. La nascita di un servizio Apple "iRadio", in cui la musica in streaming possa prendere il posto del modello download ormai desueto rivitalizzando in questo modo le revenues di iTunes, era stato anticipato dai media americani alla fine dello scorso anno. Sembrava che l'avvento della radio online di Cupertino fosse imminente (segni premonitori erano stati individuati nascosti nellle pieghe di iOS 6), e invece il New York Post ha rivelato l'altro giorno che Apple non riesce a mettersi d'accordo con le case discografiche sul prezzo dei diritti. Secondo il quotidiano newyorkese il negoziatore di Apple, Eddy Cue, vorrebbe strappare un prezzo di 6 centesimi ogni 100 canzoni trasmesse in streaming, contro i 12 che Pandora starebbe pagando. Servizi in abbonamento come Spotify arriverebbero a pagare anche 32 centesimi per 100 canzoni e le medie di mercato si attestano sui 21, 22 centesimi (questo per esempio il prezzo pagato dalle stazioni del circuito Clear Channel iHeart Radio, che riunisce i flussi streaming delle radio che operano principalmente in modalità tradizonale, on air. 
Certamente l'arrivo di Apple nel settore potrebbe scombinare molte carte, per la forza intrinseca che il marchio può scatenare anche nell'acquisire, con la sua piattaforma mobile iAd, i clienti pubblicitari. Il dominio di Pandora, che vanterebbe 67 milioni di utenti, non è accompagnato da una posizione finanziaria molto solida. Il suo anno fiscale 2013, appena chiuso, mostra un ottimo aumento di fatturato (427 milioni di dollari, 375 milioni dei quali da pubblicità, una performance che fa paura alle radio commerciali americane) ma il risultato operativo netto è ancora negativo. In borsa, in compenso, il titolo di Pandora sta segnando livello record sui 12 mesi, anche grazie alle aspettative che si sono accese alla notizia delle dimissioni del CEO, Joe Kennedy, dopo 14 anni di governo dell'azienda. 
Spotify dal canto suo gode di un grande momento di popolarità qui in Italia dopo il lancio coinciso con la manifestazione Sanremese, che il neonato ufficio milanese dell'azienda anglo-svedese, guidato da una giovanissima Veronica Diquattro, ha saputo sfruttare molto abilmente. Proprio in questi giorni Spotify ha anche inaugurato la nuova modalità di accesso basata non più sulla applicazione da scaricare a parte ma direttamente su Web. Per ora il Web Player di Spotify è disponibile solo nel Regno Unito e il suo corredo funzionale è ancora incompleto (qui la recensione di Spotify su Web pubblicata da TechRadar), a differenza di un concorrente forse meno blasonato ma decisamente interessante come Rdio, che guarda caso ha appena avviato una aggressiva strategia di internazionalizzazione ed è sbarcato persino in Italia. Notizia che merita senz'altro un approfondimento...

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