18 marzo 2013

Lettere aperte sulle onde medie chiuse


La pubblicazione del piano di ristrutturazione degli impianti di diffusione radiofonica in onde medie della RAI sull'annuario tecnico del suo braccio infrastrutturale RaiWay, "Comunicare Digitale multilinguaggi & multischermi" diventa lo spunto per il sindacato UIL Comunicazione  per scrivere una lunga lettera aperta alla stessa RaiWay per lamentare il drastico sfrondamento di quello che nell'epoca d'oro della modulazione d'ampiezza era un glorioso network di decine di impianti - alcuni dei quali molto potenti - distribuiti su tre canali nazionali. Uilcom lamenta anche il fatto che la presunta digitalizzazione delle onde medie di cui parla la rivista sembra essersi già arrestata con lo spegnimento dei test che erano in corso da Milano Siziano su 693 kHz. Purtroppo la lettera aperta viene alquanto vanificata per aver sventolato un po' a vanvera l'argomento secondo il quale in altre nazioni europee le onde medie stanno andando fortissimo. Apprendo per esempio con una certa sorpresa che la vicina Svizzera "illumina" il suo intero territorio con un impianto OM da 600 kW. 
I miei dati, e quelli di tutti gli esperti europei del settore, dicono tutto il contrario. A me risulta che la Svizzera ha spento da tempo i tre impianti nelle sue principali aree linguistiche  e lo ha fatto proprio per risparmiare soldi e problemi di manutenzione. Lo spegnimento di Radio Monteceneri su 558 kHz ha avuto molte ripercussioni anche in Italia, dove la radio svizzera aveva ancora parecchi ascoltatori. Per un po' di tempo la frequenza era stata affittata ai programmi internazionali della Voce di Russia, ma persino l'amico Putin ha avviato un piano di risparmio che prevede forti tagli alla modulazione di ampiezza. Il sindacato italiano cita anche il Regno Unito, parlando di numerosi impianti ancora in essere. La cosa è in parte vera, anche se le potenze citate da Uilcom sono semplicemente fuori range. Ma è anche vero che la BBC ha sta già valutando la possibilità di spegnere gli impianti in onde medie locali sovrapposti alla più moderna copertura in FM e alcune frequenze sono già state sacrificate. Per non parlare del fatto che la Gran Bretagna si sta concretamente avviando verso lo spegnimento di buona parte della radio analogica, FM compresa. Proprio oggi la newsletter Southgate Amateur Radio News cita due report che il governo di Sua Maestà  ha rilasciato a febbraio - Impact of a Radio Switchover on the Government’s Emergency Communications Policy e Switchover Communications Plan - da cui si evince che difficilmente la modulazione di ampiezza in Gran Bretagna resisterà dopo il 2016.  Stessa cosa per un'altra nazione citata nella lettera aperta Uilcom, la Germania, dove diversi impianti di una certa potenza sono stati recentemente chiusi dalle emittenti regionali, mentre resistono - ma fino a quando? - quelli del nazionale Deutschlandfunk
Anch'io appartengo alla schiera di coloro che osservano con perplessità il rapido declino di infrastrutture che hanno costruito il mito della radio come primo mezzo di comunicazione di massa, ma non riesco a far finta di ignorare la realtà dei fatti. Mantenere in vita impianti in modulazione d'ampiezza a copertura regionale o addirittura nazionale oggi è insensato, soprattutto a causa di un inquinamento elettrico che negli agglomerati urbani ha reso impraticabile la ricezione su queste frequenze. L'uso locale di impianti a frequenza mediobassa potrebbe, nei casi più fortunati, essere un altro discorso e le onde medie andrebbero a mio parere liberalizzate per le emittenti microlocali no profit, ma stiamo comunque parlando di un uso ampiamente alternativo rispetto alle finalità cui le onde medie assolvevano fino a qualche lustro fa. Su tutto il comparto della modulazione di ampiezza pesa una perdita di visibilità che ha reso praticamente sconosciuta l'esistenza delle onde medie fuori dalla fascia degli over-50. La radio analogica in generale andrà incontro inevitabilmente all'assalto da parte di un modello digitale che sta finalmente mietendo i primi successi. Non sarà un assalto incruento per noi ascoltatori, perché nessuno dei fautori anche governativi del radio digitale DAB sembra capire che le frequenze in gioco - caratterizzate non per caso da modalità di ricezione con antenne rooftop - qualche serio problema di ascolto indoor lo danno. Qualunque ipotesi di switchoff rischia di rendere la radiofonia europea complessivamente più difficile da sintonizzare.
Se la modulazione di frequenza comincia solo adesso a starnutire, per la modulazione d'ampiezza la respirazione è già assistita da un bel pezzo. I nostalgici del mezzo devono rassegnarsi, non solo le onde medie sopra i 10 kW sono vecchie: sono soprattutto terribilmente costoso per nazioni che fanno fatica a dare i soldi agli impiegati pubblici e i sussidi ai disoccupati. In Italia - commentava poco fa il nostro ottimo Chris Diemoz, giornalista che con Radio Rai ci lavora e che con il quale discutevamo a proposito dei documenti segnalati da Southgate - la RAI perde 200 milioni a semestre. Con quali risorse dovrebbe salvare le onde medie tanto care a qualche migliaio di ascoltatori? All'epoca della roventi manifestazioni di piazza la Grecia aveva annunciato un piano di abbattimento delle onde medie che in seguito è in parte rientrato, senza che per questo il futuro dell'emittenza pubblica in Grecia, come altrove, ci debba apparire più roseo. Non mi stupirei se da qui a un anno la lettera aperta alla RAI la scriveremo perché ci tenga in piedi due o tre impianti in FM per Radio 2 e Radio 3. 

1 commento:

Anonimo ha detto...

La RAI potrebbe tenere attivo, anche a bassa potenza ,almeno un trasmettitore storico come Caltanisetta ( quando fu costruita era la torre più alta in europa) e perché no farne un centro museale sulla storia delle radiocomunicazioni