Per otto volte, rivela il New York Times, l'amministrazione Bush ha chiesto al Congresso di imporre cospicui tagli ai finanziamenti destinati alle stazioni radiotelevisive del servizio pubblico. E per sette volte il Congresso ha detto no, quei tagli non si devono fare. L'ultimo colpo di forbici non è trascurabile. Bush chiede di ridurre a 200 i 400 milioni di dollari già assegnati per l'anno fiscale 2009 e a 220 da 420 milioni i fondi assegnati per il 2010. C'è chi giustifica i tagli dicendo chel'offerta mediatica è cambiata, che certi contenuti si trovano dappertutto. Specie sui servizi via cavo. A pagamento.
L'economia liberista non ama le sovvenzioni, ma rimane sempre da chiedersi perché la cultura o la buona informazione debbano essere in questo senso penalizzate rispetto ai missili. La guerra in Irak è davvero più amica degli interessi nazionali rispetto a un buon programma sul teatro o su un libro? Si potrebbe obiettare che la difesa di una nazione è comunque più costosa di una stazione radio, che quest'ultima può affidarsi al mercato e alle donazioni dei singoli. Così vuole la razionalità liberista. La controobiezione è che anche nell'economia della coda lunga il famoso mercato si muove sempre in direzione dei grandi numeri. E cultura e qualità sono sempre state lontane dalle folle. Chiedere alla folla un piccolo contributo alla fonte non mi sembra un'idea così antiliberista. Tutto si riduce, ancora una volta, al tema - un po' retorico, lo ammetto - degli obiettivi che si vuole porre una collettività. Missili o libri?
Forse gli elettori americani si stanno piuttosto chiedendo missili o sanità? E non hanno tutti i torti. Personalmente ritengo che sanità e libri sarebbe una combinazione ideale e perfettamente compatibile con i principi del liberismo (anche perché un popolo sano e colto di solito ha più voglia di spendere sia in generi di prima necessità sia in beni voluttuari, una pacchia per l'economia di mercato). Secondo il quotidiano newyorkese, i soldi tolti dalle tasche delle stazioni PBS/NPR non incidono per più del 15% sui singoli bilanci. Per la stazione KALW-FM di San Francisco, il cui direttore è andato in onda lunedì per spiegare che cosa sta accadendo al Congresso, si tratterebbe di rinunciare al 10% di un bilancio annuo di 1,6 milioni. «Possono fare la differenza su un sacco di cose che facciamo,» ha detto Matt Martin.
February 6, 2008
Public Broadcasters Prepare to Fight Federal Budget Cuts
By ELIZABETH JENSEN
It’s a familiar dance: for eight straight years, the Bush administration has proposed deep cuts in federal funds for public broadcasting, and seven times so far, Congress has restored them. But the magnitude of the proposed cuts put forth this week — Patricia Harrison, president of the Corporation for Public Broadcasting, called them “draconian” — still sent public broadcasters scrambling.
Matt Martin, general manager of KALW-FM in San Francisco, went on the air Monday night to tell listeners about the effects of the proposed budget, which would cut in half the $400 million allocated in advance by Congress for fiscal year 2009 and cut $220 million from the $420 million already planned for 2010.
In addition, President Bush proposed eliminating advance funds for 2011, along with any additional funds in 2009 for stations to convert to digital transmission, which is federally mandated. They are the deepest cuts yet proposed by the administration.
KALW relies on federal funds for just under 10 percent of its $1.6 million annual budget, but that is money “that can make or break a lot of things we do,” Mr. Martin said. He added that he was particularly concerned about relying on contributions to make up any potential shortfall, given the state of the economy.
Critics of public funds for public broadcasting have long held that educational and other public-interest programming is increasingly available elsewhere, including on cable.
[...]
The proposed cuts for public broadcasting come just as local public television station executives are set to descend on Washington next week for a day of lobbying. They will be asking not just for the cut funds to be reinstated but also for an increase, which they eventually got last year, said John Lawson, president and chief executive of the Association of Public Television Stations.
[...]
But others are not so sure. Ken Stern, chief executive of National Public Radio, said in an interview that even though public broadcasters had been successful in fighting off past proposed cuts, this year could be different. “I worry that this gets lost in a whole lot of other issues,” he said, acknowledging that it was also “an incredibly tight budget year.”
[...]
In a statement, Ms. Harrison of the Corporation for Public Broadcasting, which administers the federal money, noted that the proposed cuts “would work to degrade a 40-year partnership the American people overwhelmingly support and their elected representatives in Congress have repeatedly voted to strengthen.”
(continua)
L'economia liberista non ama le sovvenzioni, ma rimane sempre da chiedersi perché la cultura o la buona informazione debbano essere in questo senso penalizzate rispetto ai missili. La guerra in Irak è davvero più amica degli interessi nazionali rispetto a un buon programma sul teatro o su un libro? Si potrebbe obiettare che la difesa di una nazione è comunque più costosa di una stazione radio, che quest'ultima può affidarsi al mercato e alle donazioni dei singoli. Così vuole la razionalità liberista. La controobiezione è che anche nell'economia della coda lunga il famoso mercato si muove sempre in direzione dei grandi numeri. E cultura e qualità sono sempre state lontane dalle folle. Chiedere alla folla un piccolo contributo alla fonte non mi sembra un'idea così antiliberista. Tutto si riduce, ancora una volta, al tema - un po' retorico, lo ammetto - degli obiettivi che si vuole porre una collettività. Missili o libri?
Forse gli elettori americani si stanno piuttosto chiedendo missili o sanità? E non hanno tutti i torti. Personalmente ritengo che sanità e libri sarebbe una combinazione ideale e perfettamente compatibile con i principi del liberismo (anche perché un popolo sano e colto di solito ha più voglia di spendere sia in generi di prima necessità sia in beni voluttuari, una pacchia per l'economia di mercato). Secondo il quotidiano newyorkese, i soldi tolti dalle tasche delle stazioni PBS/NPR non incidono per più del 15% sui singoli bilanci. Per la stazione KALW-FM di San Francisco, il cui direttore è andato in onda lunedì per spiegare che cosa sta accadendo al Congresso, si tratterebbe di rinunciare al 10% di un bilancio annuo di 1,6 milioni. «Possono fare la differenza su un sacco di cose che facciamo,» ha detto Matt Martin.
February 6, 2008
Public Broadcasters Prepare to Fight Federal Budget Cuts
By ELIZABETH JENSEN
It’s a familiar dance: for eight straight years, the Bush administration has proposed deep cuts in federal funds for public broadcasting, and seven times so far, Congress has restored them. But the magnitude of the proposed cuts put forth this week — Patricia Harrison, president of the Corporation for Public Broadcasting, called them “draconian” — still sent public broadcasters scrambling.
Matt Martin, general manager of KALW-FM in San Francisco, went on the air Monday night to tell listeners about the effects of the proposed budget, which would cut in half the $400 million allocated in advance by Congress for fiscal year 2009 and cut $220 million from the $420 million already planned for 2010.
In addition, President Bush proposed eliminating advance funds for 2011, along with any additional funds in 2009 for stations to convert to digital transmission, which is federally mandated. They are the deepest cuts yet proposed by the administration.
KALW relies on federal funds for just under 10 percent of its $1.6 million annual budget, but that is money “that can make or break a lot of things we do,” Mr. Martin said. He added that he was particularly concerned about relying on contributions to make up any potential shortfall, given the state of the economy.
Critics of public funds for public broadcasting have long held that educational and other public-interest programming is increasingly available elsewhere, including on cable.
[...]
The proposed cuts for public broadcasting come just as local public television station executives are set to descend on Washington next week for a day of lobbying. They will be asking not just for the cut funds to be reinstated but also for an increase, which they eventually got last year, said John Lawson, president and chief executive of the Association of Public Television Stations.
[...]
But others are not so sure. Ken Stern, chief executive of National Public Radio, said in an interview that even though public broadcasters had been successful in fighting off past proposed cuts, this year could be different. “I worry that this gets lost in a whole lot of other issues,” he said, acknowledging that it was also “an incredibly tight budget year.”
[...]
In a statement, Ms. Harrison of the Corporation for Public Broadcasting, which administers the federal money, noted that the proposed cuts “would work to degrade a 40-year partnership the American people overwhelmingly support and their elected representatives in Congress have repeatedly voted to strengthen.”
(continua)
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