Sto scrivendo queste note come faccio spesso, di ritorno a casa, mentre ascolto le vuote cronache politiche dei nostri ossequiosi notiziari televisivi. Oggi sono particolarmente deprimenti le dichiarazioni dei nostri ineffabili "onorevoli", con quegli atroci fazzoletti verdi che emergono da giacchette marròn decisamente poco in linea con gli stipendi parlamentari. Gente che porta appeso ai colli più o meno spianati chirurgicamente un cartello con scritto: non ho mai letto un libro in vita mia. Con quelle giacche, non sorprende che poi si affidino a ghost writer da quattro soldi. Quelli che cadono in una delle tante bufale in rete e spacciano le banalità di una giornalista new age brasiliana per versi di Pablo Neruda.
Di libri ne ha letti e scritti tanti Volodia Teitelboim, uomo politico e intellettuale cileno morto giovedì a Santiago. Un nome da shtetl bielorusso, una passione politica pagata con il lungo esilio dopo il golpe di Pinochet, l'idioma castigliano di chi di Neruda è stato indimenticato biografo, altro che il patetico bardo di Ceppaloni. Per anni, dalle frequenze di Radio Mosca, le esortazioni di Volodia echeggiavano in tante orecchie incollate ai programmi di Escucha, Chile! "Una voce che arrivava da lontano", come recita il sottotitolo di Noches de Radio, il volume dove sono raccolti gli interventi radiofonici dello scrittore. Veri e propri sermoni civili rimasti scolpiti nella memoria dei cileni in quei tragici anni Settanta.
Le conosco già le obiezioni, in parte sono anche le mie. Quella era la Radio Mosca di Breznev (che però nel 1972 firmava con Nixon i trattati per il disarmo SALT), Teitelboim era un comunista, il suo pulpito laico era eticamente discutibile. Tutto vero. Ma nel vostro umile radio-cronista, allora liceale, quel richiamo da Mosca, che volava sull'Europa in piena notte, spesso traendo in inganno i DXer alla caccia di "vere" stazioni sudamericane, numerosissime in quel 1976, metteva i brividi. Escucha Chile arrivava a tredicimila kilometri di distanza all'ora di cena di Santiago, "en esos tiempos de transistores, sucedidos entre los años 1973 y 1976. Tiempos en que la libertad de expresión se vivía a retazos y a escondidas. La pluma firme y apasionada del autor, consigue refrescar la memoria, evocando la sólida retórica de aquella voz que llevaba Chile a quienes habían sido privados de Chile y a aquellos que en Chile habían sido privados de Chile también." Gli stessi brividi li ho provati ora su Internet, leggendo il reportage de La Nacion sulla visita di Michelle Bachelet alla camera ardente di Teitelboim, il suo discorso commosso, le note dell'Internazionale che risuonano, 35 anni dopo, al Congreso Nacional di un Cile impegnato a rielabolare le sue tragedie con la dignità umana e politica così carente nei nostri "rappresentanti".
Le conosco già le obiezioni, in parte sono anche le mie. Quella era la Radio Mosca di Breznev (che però nel 1972 firmava con Nixon i trattati per il disarmo SALT), Teitelboim era un comunista, il suo pulpito laico era eticamente discutibile. Tutto vero. Ma nel vostro umile radio-cronista, allora liceale, quel richiamo da Mosca, che volava sull'Europa in piena notte, spesso traendo in inganno i DXer alla caccia di "vere" stazioni sudamericane, numerosissime in quel 1976, metteva i brividi. Escucha Chile arrivava a tredicimila kilometri di distanza all'ora di cena di Santiago, "en esos tiempos de transistores, sucedidos entre los años 1973 y 1976. Tiempos en que la libertad de expresión se vivía a retazos y a escondidas. La pluma firme y apasionada del autor, consigue refrescar la memoria, evocando la sólida retórica de aquella voz que llevaba Chile a quienes habían sido privados de Chile y a aquellos que en Chile habían sido privados de Chile también." Gli stessi brividi li ho provati ora su Internet, leggendo il reportage de La Nacion sulla visita di Michelle Bachelet alla camera ardente di Teitelboim, il suo discorso commosso, le note dell'Internazionale che risuonano, 35 anni dopo, al Congreso Nacional di un Cile impegnato a rielabolare le sue tragedie con la dignità umana e politica così carente nei nostri "rappresentanti".
Emocionado paso de Bachelet por velatorio de Volodia Teitelboim
“Deja un gran vacío político e intelectual”, indicó la mandataria que, además, entonó "La Internacional" e hizo una breve guardia junto al féretro del ex escritor y dirigente comunista.
"La Internacional”, el emblemático himno del comunismo mundial, fue entonado esta mañana por la Presidenta Michelle Bachelet en el salón de honor del ex Congreso Nacional donde concurrió para acompañar el velatorio de Volodia Teitelboim.
Visiblemente emocionada, y haciendo un espacio en su agenda de actividades oficiales, la mandataria llego al histórico edificio del centro de Santiago, junto a los ministros Francisco Vidal, Osvaldo Andrade y José Antonio Viera-Gallo. Con todo ellos incluso se unió por un minuto a la guardia de honor que desde anoche acompaña el féretro del Premio Nacional de Literatura 2002, ex senador y ex diputado, fallecido la tarde de este jueves a los 91 años.
"Todo Chile ha reconocido y recordado con tremendo respeto, cariño y emoción su partida que, sin duda, deja un gran vacío político e intelectual, en el ámbito de la literatura, y la poesía", manifestó luego la mandataria. Se trata, agregó de "una persona que siempre se entregó con fuerza, pasión y energía a las causas en las cuales él creyó", subrayando que "es una de las personas que ha contribuido mucho en nuestra historia".
Poco antes del arribo de la Jefa de Estado estuvo en el lugar el ex ministro secretario general de Gobierno, Ricardo Lagos Weber, y después llegó la presidenta de la Democracia Cristiana, Soledad Alvear. La senadora, junto a otros parlamentarios de ese partido y el ex diputado y abogado de Derechos Humanos, Andrés Aylwin, también hizo por algunos instantes guardia a la urna del fallecido político.
Nessun commento:
Posta un commento