15 febbraio 2008

Chiude la voce pakistana di Barcellona?

Forse ricordate di Radio Pakcelona, emittente della comunità pakistana di Barcellona. La stazione trasmette via Internet e su una frequenza FM dal Prat de Llobregat, la zona dell'aeroporto. Le autorità catalane hanno annunciato che Pakcelona dovrà chiudere la sua unica frequenza, a causa della recente revisione delle licenze che ha comportato un ampio riassegnamento di canali alle stazioni con licenza. Ma c'è anche il sospetto che la decisione sia in realtà una specie di ritorsione, dopo l'azione di polizia che il 19 ha portato all'arresto di dodici presunti terroristi pakistani nel quartiere barcellonese del Raval.
La storia che potete leggere qui è stata pubblicata dal El Periodico il 30 gennaio, quando si pensava che la stazione avrebbe cessato di operare in FM nel giro di pochi giorni. Il gruppo di discussione FMDX España riporta però diverse segnalazioni successive. Sembra che l'8 febbraio Raja Shafiq, in Spagna da 33 anni, cittadino, proprietario di un bar con kebab e ideatore dell'iniziativa, si fosse incontrato con le autorità. La stazione è stata ascoltata l'11 e il 12, sempre sui 105.4 MHz. Ero proprio lì in quei giorni ma da bravo scemo non ho controllato la situazione dell'FM locale. L'avessi fatto, magari dall'aeroporto, sarei stato in ottima posizione per verificare la presenza del segnale, peccato. Che succederà adesso? Shafiq riuscirà a salvare la sua stazione o dovrà accontentarsi di Internet?
Il caso merita di essere discusso perché è sintomatico di una situazione comune a molte nazioni dell'Europa occidentale, combattute tra la necessità di integrare le comunità immigrate e convivere in buona armonia con religioni e usanze diverse; e la costante paura che queste comunità nascondano o diano appoggio a cellule terroristiche. Integrazione e accoglienza da un lato, paura e emarginazione dall'altro: le due facce opposte della medaglia chiamata immigrazione. Radio Pakcelona contribuisce al dialogo e alla convivenza, o viceversa può diventare uno strumento di coordinamento e supporto del terrorismo? E se la vedessimo in un altro modo? La paura ci fa diventare ostili ma anche prudenti. La prudenza e le misure repressive ci portano, a volte, a sventare gli attacchi prima che questi si verifichino. Ma perché non ci chiediamo come viviamo nel frattempo? Bloccati a tripla mandata dietro le porte blindate della nostra diffidenza... Senza peraltro poter contare mai sul 100% di sicurezza.
Non sarebbe meglio, a questo punto, mettersi a dialogare con tutti questi "diversi", ascoltando del buon Punjabi rock diffuso da una stazione radio regolarmente autorizzata a trasmettere? Non sarebbe un'esistenza nel complesso più felice, più soddisfacente? Noi e i nostri ex nemici, finalmente liberi dalla paura, magari con qualche occasionale tragedia causata da pazzi scatenati, impossibili da controllare. Cercare di tenere sotto controllo l'incontrollabile serve solo a procurare guai e tensione nervosa. E ci costringe a una quantità di assurde rinunce (avete fatto la coda ai metal detector in qualche aeroporto londinese recentemente? Roba da ulcera).
Oggi mi è arrivata la newsletter di Bruce Schneier, uno dei massimi esperti mondiali di crittografia e sicurezza. Il suo ultimo libro si chiama, guarda caso, Beyond fear: Thinking sensibly about security in an uncertain world. Schneier riporta un pezzo del New York Times in cui si parla di uno studio dell'autorevole rivista scientifica Archives of General Psychiatry. I medici americani sono arrivati a una conclusione inquietante ma a ben pensarci scontata: nell'America del dopo 11 settembre le malattie cardiache aumentano più per l'ansia generata dalla politica della paranoia e dei continui controlli che per il ricordo degli atti terroristici. Chi è stato toccato da vicino dalla tragedia e forse cerca di dimenticarla è meno depresso di chi è continuamente sottoposto a "contromisure" inventate - che paradosso! - per la nostra tranquillità. Se solo la gente si fermasse a pensare per un minuto alle tante cose belle cui la paranoia ci costringe a rinunciare, in cambio una vita di continue, malefiche vessazioni...
POLÉMICA POR LA APLICACIÓN DE LA LEY DE TELECOMUNICACIONES

Los paquistanís se indignan por el cierre de una radio propia

30/1/2008

EDWIN WINKELS
BARCELONA

Para los paquistanís, es un capítulo más en el acoso a su comunidad en Catalunya después de las detenciones de los presuntos terroristas hace 10 días en el Raval. Para la Generalitat, es un mero ejercicio de cumplimiento de la ley de las telecomunicaciones, que prohíbe a emisoras de radio sin licencia ocupar una frecuencia en el dial.
El 105.4 FM, donde emite desde marzo del año pasado la cadena Pakcelona, bullía ayer de indignación expresada por sus oyentes cuando la comunidad paquistaní se enteró de que antes del lunes tiene que plegar sus antenas, ante la amenaza de una fuerte sanción económica. "Cada uno puede pensar lo que quiere, pero no es casualidad que la orden de cierre venga justo ahora, en plena época de difamación de los paquistanís", dice Raja Shafiq, dueño de un restaurante kebab en El Prat de Llobregat que alberga el estudio de Pakcelona en el almacén.
Shafiq solo pierde dinero con la radio, pero dice que la mantiene por el bien de la comunidad paquistaní, muy enganchada a la emisora, que cada día imparte tres clases en catalán y otras tres en castellano. "Además, damos todo tipo de consejos a nuestros compatriotas de cómo comportarse en Catalunya, cómo abrir una tienda, etcétera".

PRIMER AVISO
En abril del año pasado, Shafiq ya recibió de la Generalitat el requerimiento de dejar de emitir, ya que la cadena Flaix se quejaba de que interfería en su señal en algunos barrios de Barcelona. Flaix FM se encuentra en el 105.7. "Encargué un estudio a un técnico independiente, que no detectó ninguna interferencia, y recurrí el cierre. No supe nada más hasta que el lunes me llamaron para decirme que cerrara ya", dice Shafiq, que admite que no tiene licencia, pero que añade que hay otras 27 emisoras en Barcelona en la misma situación y que sí pueden seguir emitiendo.
En la Conselleria de Cultura i Mitjans de Comunicació, de la que depende la Secretaria de Telecomunicacions i Societat de la Informació, aseguran que hay 13 expedientes abiertos a otras tantas emisoras ilegales, algunas de las cuales ya habrían dejado de emitir voluntariamente. "No se trata en absoluto de una persecución de los paquistanís, sino que la Generalitat defiende los intereses legítimos de una emisora legal, Flaix, que sufre las interferencias de una radio pirata".
Paradójicamente, desde otras esferas de la Generalitat no se considera a Pakcelona y otras emisoras sin licencia, muchas de ellas dirigidas a los inmigrantes suramericanos, como piratas, sino como un vehículo idóneo para facilitar la integración de los inmigrantes en Catalunya. Algunas radios ilegales incluso tienen acuerdos con la Administración catalana para recibir ayudas --de asesoramiento o materiales-- por su labor de integración cultural y lingüística de un colectivo que apenas sintoniza con las radios convencionales.

SIN RELIGIÓN
"Si doy la voz, todos saldrían a manifestarse. Hay muchos que ya me lo piden, pero no quiero este tipo de acciones", dice Raja Shafiq, que lleva 33 años en España, tiene la nacionalidad española y que ha rechazado convertir a su emisora en un altavoz religioso o integrista. "Incluso aconsejamos a los oyentes que denuncien a otros paquistanís cuando detectan ideas terroristas. Pero rechazamos que ahora se piense que todos los paquistanís somos terroristas".

1 commento:

Anonimo ha detto...

Segnalo un interessante programma radio in-italiano-non-solo-per-italiani di Radio Contrabanda FM (Barcelona) il venerdì alle ore 18 - in replica suhttp://www.bcn-it.com/. C'è un angolo dedicato ai libri italiani.