Il capo sindacale birmano Maung Maung scrive alla testata online Articolo 21, fondata da Federico Orlando, e tra le altre cose racconta:
Commentando questo messaggio sullo stesso giornale Fausta Speranza riflette:
Many of our people are in jail, including journalists. 6 trade unionists have been condemned to 28 and 20 year of jail just for meeting. Many of our leaders are hiding in the country and the political dialogue are not going anywhere. We need to maintain the information inside the country on the international developments and to inform our people.
We have been running, through some donors some radio programs within Burma. It is a dangerous but key project that is running out of money and of "expenses" due to the situation. I would like to ask you and your organisation to help us to maintain such radio program and radio stations within the country and to enable us to continue and enlarge the capacity of transmission in Burma. It is a key project to avoid that the junta keep the country under a silent cover.
Commentando questo messaggio sullo stesso giornale Fausta Speranza riflette:
[...]
Tornando all’appello per un’informazione al servizio del popolo birmano, colpisce un altro aspetto: l’importanza della radio. Maung chiede soldi e supporto per mantenere accesi programmi radio. Noi studiamo (neanche tanto) il ruolo che la radio ha avuto a partire da radio Londra e di tante piccole emittenti durante la seconda guerra mondiale o anche nelle crisi recenti dei Balcani o il ruolo in Africa delle onde corte, come storia o curiosità da libri di testo. Viviamo nell’era di internet, che ha sposato e inglobato la radio, e nell’era peggiore della TV generalista e sembra che la parola d’ordine sia: appiattimento. Appiattimento su notizie flash che non hanno sufficienti elementi di background o di prospettiva per essere interessanti. Il punto è che, intanto, in angoli del mondo, e in questo caso in Birmania, c’è qualcuno per cui l’informazione che le onde radio possono veicolare è vitale. In Birmania – è tra le priorità dell’appello di Maung – è essenziale mantenere in vita stazioni e servono programmi radio. E’ un’occasione per riflettere sullo spazio-tempo che compone questo mondo, sì globalizzato ma ancora profondamente diverso. Diverso molto più di quanto la nostra informazione troppo spesso piccina ci fa credere, molto più di quanto la superficialità di tanta informazione ci porta a pensare e molto più di quanto la supponenza del nostro punto di vista occidentale ci lascia intravedere. E, perché no, è anche l’occasione per riflettere sulla ricchezza di mezzi che abbiamo a disposizione a casa nostra (pensiamo a tutte le stazioni radio e a tutte le ‘scatole’ radio nelle nostre case) e sulla banalizzazione cui questi mezzi sembrano votati a sintonizzarsi quasi univocamente e per la maggior parte del tempo.
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