20 gennaio 2008

La radiosveglia? L'ha inventata Salgari

Da bambino - diversamente da tanti miei coetani per i quali le letture avventurose erano un must, nelle tranquille case borghesi della Milano che non c'è più - non ero un frequentatore delle esotiche fantasie salgariane. Preferivo piuttosto Jules Verne e molto presto ho cominciato a bearmi delle inchieste di Maigret. Da questi due punti di origine derivano le mie abituali frequentazioni delle storie poliziesche e di fanstascienza. Questa mattina invece, le chiacchiere domenicali tra madre e figlio erano disseminate dal colorato scambio di titoli pirateschi (la mia compagna appartiene al campo letterario giusto). Digiuno come sono di corsari neri e progenie di corsari rossi, sono andato sul Web per cercare di individuare su eBay o affini una copia del Corsaro Verde, assente dagli scaffali di casa. Beh, è saltato fuori che Emilio Salgàri, schiavizzato ma non certo reso ricco da editori privi di scrupoli, non ha mai scritto quel libro. Il corsaro ecologico non ha mai fatto parte del corpus di circa ottanta opere originali (più del doppio se includiamo i singoli racconti), bensì del cospicuo catalogo di romanzi spuri, apocrifi o platealmente farlocchi che dopo il tragico suicidio dell'autore continuò a rimpinguare le tasche dei commercianti di carta e le teste dei giovanissimi lettori. Insomma, non cercate seguiti o "prequel" nel "Corsaro Verde", Salgari non c'entra per niente. Secondo il sito salgariano della Perla di Labuan, davvero eccezionale, il vero autore sarebbe Sandro Cassone , a sua volta scrittore di non scarsa rilevanza, cooptato tra le file degli pseudo-Salgari addirittura dal figlio dello scrittore, Omar.
Ho anche scoperto, su Wikipedia, che Salgari viene considerato, per una serie di romanzi di carattere tecnologico, un capostipite del filone italiano della fantascienza. In una sua curiosa opera (1907) intitolata "Meraviglie del Duemila", descrive l'incontro tra due americani di inizio '900 - il dottor Toby e il giovane Brandok - e le inconcepibili novità della New York del 2003. Toby convince l'amico Brandok a sperimentare una pozione ricavata da un fiore orientale. Un narcotico capace di sospendere lo stato di vegetativo di un individuo all'infinito, fino all'assunzione di un particolare antidoto. Grazie a questa misteriosa sostanza i due amici riescono a compiere un balzo di cento anni nel futuro. Salgari ricorreva alla fitochimica per un viaggio nel tempo che il viaggiatore di Wells effettuava con una macchina, mettendoci comunque due poetici fiori appassiti ("and I have by me, for my comfort, two strange white flowers--shrivelled now, and brown and flat and brittle--to witness that even when mind and strength had gone, gratitude and a mutual tenderness still lived on in the heart of man").
Meraviglie del Duemila non è un romanzo memorabile, ma a Salgari non manca la capacità predittiva. Ecco la pagina in cui i protagonisti si trovano davanti a due invenzioni strabilianti: la radiosveglia e la televisione:
Otto ore dopo il dottor Toby veniva svegliato da un sibilo leggero, che pareva venisse dal disotto del guanciale. Assai sorpreso, s'era alzato a sedere, gettando intorno a sé uno sguardo meravigliato. Nella stanza non vi era nessuno e Brandok continuava a russare nell'altro letto.
«Chi mi ha fischiato agli orecchi?» si chiese. «Che io abbia sognato?» Stava per chiamare Brandok, quando udì una voce che pareva umana, sussurrargli agli orecchi: «Gravi avvenimenti sono avvenuti ieri nella città di Cadice. Gli anarchici della città sottomarina di Bressak, impadronitisi della nave Hollendorf, sono sbarcati nella notte, facendo saltare parecchie case, con bombe. La popolazione è fuggita e gli anarchici hanno saccheggiata la città. Si chiamano sotto le armi i volontari di Malaga e di Alicante che verranno trasportati sul luogo dell'invasione con flotte aeree. Si dice che Bressak sia stata distrutta e che molte famiglie anarchiche siano rimaste annegate». Il dottore aveva ascoltato, con uno stupore facile ad indovinarsi, quella voce che annunziava uno spaventevole disastro, poi aveva sollevato rapidamente il guanciale, poiché la voce s'era fatta udire più precisamente dietro la sponda del letto, e scorse una specie di tubo sul cui orlo era scritto: "Abbonamento al World".
«Una meraviglia del Duemila!» esclamò. «I giornali comunicano direttamente le notizie a casa degli abbonati. Che abbiano soppressa la carta e le macchine per stamparla? Ai nostri tempi queste comodità non si conoscevano ancora. Come è progredito il mondo!»
Stava per chiamare l'amico, che non si decideva ad aprire gli occhi, quando udì uscire dal tubo un altro fischio, poi la medesima voce che diceva: «Guardate la scena». Nel medesimo istante il dottore vide illuminarsi un gran quadro che occupava la parete di fronte al letto e svolgersi una scena orribile e d'una verità straordinaria. Degli uomini erano comparsi in mezzo a delle case e correvano all'impazzata, lanciando delle bombe che scoppiavano con lampi vivissimi. I muri si sfasciavano, i tetti crollavano; uomini, donne e fanciulli precipitavano nelle vie, mentre larghe lingue di fuoco si alzavano sopra quegli ammassi di macerie, tingendo tutto il quadro di rosso. Gli anarchici continuavano intanto la loro opera di distruzione, e le scene si succedevano alle scene con vertiginosa rapidità e senza la minima interruzione. Era una specie di cinematografo, d'una perfezione straordinaria, veramente stupefacente, che riproduceva con meravigliosa esattezza la terribile strage annunciata poco prima dal giornale. Per dieci minuti quel rovinio continuò, poi finì con una fuga disordinata di gente, che si rovesciava verso una spiaggia, mentre il cielo rifletteva la luce degli incendi.
«Straordinario» ripeteva il dottore, quando la parete tornò bianca. «Che progresso ha fatto il giornalismo in questi cento anni! E chissà quante meraviglie dovremo vedere ancora.»
Di meraviglie ne abbiamo viste, non sempre dal giornalismo. Navigando in giro ho anche scoperto un'altra piacevole connection (serendipity...). Quella che lega Emilio Salgari alla Valpolicella e alla famiglia dell'amico Stefano Quintarelli e del padre Francesco. A Stefano dedico volentieri la scoperta della scoperta della radiosveglia, sono sicuro che apprezzerà.

1 commento:

Anonimo ha detto...

apprezzatissimo...