22 gennaio 2008

Il DAB in Germania? Troppi soldi buttati

Alla fine sono sempre i ragionieri a decidere. Gli ingegneri possono metterci il sangue, i consumatori l'entusiasmo degli early adopter. Ma se una tecnologia non riesce a sfondare, indipendentemente dal fatto che a sostenerla sia il libero mercato o un sistema di finanziamento pubblico (tasse, canoni), l'ultima decisione viene da chi regge i fatidici cordoni della borsa.
E oggi, la KEF, la commissione tedesca che si occupa di valutare i fabbisogni e le coperture finanziarie degli enti radiotelevisivi pubblici (ARD come ombrello degli organismi regionali e ZDF e Deutschlandradio come produttori di programmi nazionali) ha rilasciato - nel documento che spiega il perché il canone mensile per la televisione dev'essere aumentato di quasi un euro fino a 17 euro e 98 (precisione teteska) - una dichiarazione che può rappresentare la pietra tombale del Progetto DAB in Germania:

Hier ist die Kommission zu dem Ergebnis gekommen, dass eine Fortführung der DAB-Finanzierung nicht in Frage kommt, da weder die Zahl der DAB-Empfangsgeräte signifikant vergrößert werden konnte, noch eine Abstimmung mit den privaten Programmanbietern erreicht wurde.

Che più o meno (scusate, ma il mio tedesco lascia a desiderare) significa che la KEF è giunta alla conclusione che un proseguimento della copertura finanziaria del DAB è fuori discussione, visto che non sono stati ottenuti né un aumento significativo del numero di ricevitori DAB, né un accordo definitivo con i broadcaster commerciali. Parole semplici per dire: dal 1997 a oggi il Progetto DAB in Germania è stato un insuccesso. Un flop costato 179,5 milioni di euro in finanziamenti successivi. E pensare che tra il 2009 e il 2012, il periodo cui si riferiscono le nuove valutazioni della KEF, ARD e DR avevano programmato una spesa di altri 188 milioni di euro per estendere la copertura, potenziare gli impianti per raggiungere meglio l'interno delle abitazioni e inventare nuovi programmi.
La parola fine sulla radio digitale non è ancora stata detta, ma lo Stato sembra dire ai responsabili delle infrastrutture e dei nuovi progetti: state attenti, finora avete bruciato un sacco di soldi senza ottenere alcun risultato, non pensiate di poter continuare in questo modo. Secondo quanto scrive il sito Sat+Kabel la Commissione ha previsto a partire dal 2009 un budget di 42 milioni, fissando però delle condizioni ferree. I soldi verranno assegnati solo a progetti il cui successo (o insuccesso) possa essere determinato in modo attendibile, auspicando inoltre che la radio digitale diventi finalmente un progetto basato non solo sulle tasche di ascoltatori che spesso non sanno neppure che cosa sia la radio digitale, ma anche sul contributo diretto di emittenti commerciali e, cosa più importante, dei costruttori di apparati. Finora, dobbiamo ammetterlo, l'industria manifatturiera ha giocato sporco, cercando soprattutto di vendere impianti che erogavano servizi inutilizzabili. Non possiamo più continuare a fingere che la radio digitale sia un un trastullo per i tecnici responsabili delle reti di diffusione dei vari enti pubblici nazionali. La radiofonia si fa innanzitutto con i ricevitori e se questi ultimi non si riescono a costruire o quando si costruiscono non si riescono a vendere, è immorale continuare a bruciare il denaro della collettività. Se la radiofonia digitale dovesse nascere da una deprecabile forma di accanimento terapeutico, l'intero corso del futuro mercato ne risulterebbe distorto, come sfortunatamente avviene con molti pazienti che sopravvivono a cure troppo intensive. Di solito un mercato è sano quando nasce "bene", senza forzature.
A proposito di apparati. Sat+Kabel cita due diversi studi, uno curato dalle emittenti regionali consorziate, l'altro dell'Università di Bonn, che fissano il numero di ricevitori DAB in Germania tra i 100 e i 200 mila nel primo caso e intorno ai 546 mila nel secondo. La ricerca dell'Università di Bonn si basa su un questionario fatto circolare tra duemila famiglie e a me, sinceramente, pare del tutto inattendibile (lo so già come vanno queste cose, la gente risponde dicendo che una radio con la lettura alfanumerica della frequenza è una "radio digitale").
Che lezione dobbiamo trarne noi italiani? Per prima cosa che per una volta sarebbe bello avere a che fare con qualcosa che ci permetta, alla fine, di capire quanti soldi sono stati spesi veramente. Sono certo che nei dieci anni di "sperimentazione" il DAB Eureka 147 non sia costato tantissimo. Ma qualunque somma sia stata spesa, il risultato è sicuramente ancora più magro che in Germania. La transizione dall'analogico al digitale per la radio non può essere confusa con una operazione complessa e articolata come l'introduzione del digitale televisivo terrestre. Non si tratta (ancora) di uno sforzo deciso anche in sede Europea. E non si tratta nemmeno di dare al sistema diffusivo un netto, percepibile incremento di qualità e di efficienza. L'audio pessimo e l'inefficienza spettrale del DAB 147 sono stati grazie al cielo superati, ma il sistema radiofonico nel suo complesso funziona ancora e dubito alquanto che l'adozione di un qualsiasi sistema digitale possa portare all'effetto per il quale il digitale televisivo terrestre è più apprezzato: lo scongelamento e il ritorno sul mercato di un significativo blocco di frequenze "liberate" grazie all'efficienza delle nuove modulazioni. Nella migliore delle ipotesi, con la radio digitale si rischia solo di occuparne di nuove. Motivo per cui ogni decisione va pesata col bilancino, la pianificazione dev'essere accurata e il coinvolgimento delle emittenti commerciali e dell'industria dei terminali (non la lobby inevitabilmente oligopolistica costituita da quei quattro o cinque fornitori di impianti) devono condividere rischi e benefici dei progetti. Bisogna fare come in Germania.
DAB-Radio vor dem Aus: KEF-Kommission dreht den Geldhahn ab
geschrieben von Pit.Klein am 21.01.2008, 20:51 Uhr

Der digitale Hörfunk auf Basis des Digital Audio Broadcastings (DAB) geht in Deutschland nach zehn erfolglosen Jahren schweren Zeiten entgegen.

Denn die Kommission zur Ermittlung des Finanzbedarfs der Rundfunkanstalten (KEF) will die Förderung endgültig stoppen: Eine Fortführung der Finanzierung komme nicht in Frage, da weder die Zahl der Empfangsgeräte signifikant vergrößert werden konnte, noch eine Abstimmung mit den privaten Programmanbietern erreicht worden sei, hieß es in einem am Montag veröffentlichten Bericht (Word-Dokument) [*] der Kommission. Satte 179,5 Millionen Euro haben sich ARD und Deutschlandradio seit 1997 den Aufbau kosten lassen.
Wiederholt hat die KEF inzwischen festgestellt, dass DAB in Deutschland von den Zuhörern nicht akzeptiert worden ist. Über acht Jahre erkannte die Kommission den Finanzbedarf dennoch immer wieder an - nach eigenen Angaben in der Erwartung, dass DAB irgendwann den Markt doch noch erreichen würde. In dem Bericht stellt das Gremium nun aber fest, "dass das Projekt DAB zum Jahresanfang 2009 abgeschlossen werden kann". Eine Weiterführung könne nur in Frage kommen, wenn der Standard zu diesem Zeitpunkt wesentlich mehr Zuhörer gefunden habe.
Für ARD und Deutschlandradio ist die Empfehlung der KEF ein schwerer Schlag: Beide Häuser wollten ab 2009 massiv in DAB investieren. Angemeldet wurden für die Gebührenperiode 2009 bis 2012 188,4 Millionen Euro (ARD: 140 Millionen Euro, Deutschlandradio: 48,4 Millionen Euro). Damit sollte unter anderem die Erweiterung der Zahl der ausgestrahlten Programme, die Verbreitung der Regionalprogramme und eine Erhöhung der Sendeleistung für den Empfang in Haus oder Wohnung finanziert werden.
Schätzungen der Zahl der in Deutschland vorhandenen DAB-Empfänger schwanken zwischen den von den Landesmedienanstalten [**] ermittelten 100.000 und 200.000 Geräten. Eine Studie durch das Zentrum für Evaluation und Methoden (ZEM) der Universität Bonn kam auf der Basis einer Umfrage unter 2.000 Haushalten auf die Zahl von insgesamt 546.000 Empfänger im Markt. Einen schweren Rückschlag hatte es bereits im vergangenen Oktober gegeben: Damals hatten die im Verband Privater Rundfunk und Telemedien (VPRT) organisierten Privatsender die "Mainzer Erklärung" nicht unterzeichnet. Diese hatte einen Ausbau ab 2009 im weiter entwickelten Standard DAB+/DMB vorgesehen.
Eine erfolgreiche Digitalisierung des Hörfunks ist nach Einschätzung der KEF mit dem aktuellen Ansatz auch aufgrund der großen Konkurrenz von Internetradio, Satellitenradio, Radio über DVB-T, MP3-Player und PodCasts nicht mehr zu schaffen. Der UKW-Hörfunk werde zudem von der Bevölkerung "intensiv genutzt, und eine Abschaltung dieses Systems ist nicht absehbar", heißt es in dem Bericht. Auch der Einsatz eines neuen effizienteren Audiocodierungsverfahren wie DAB+ würde die Situation nicht grundsätzlich verändern, "sondern vor allen Dingen dazu führen, dass Besitzer derzeitiger DAB-Empfangsgeräte entweder nicht mehr versorgt werden würden oder zumindest an der Weiterentwicklung nicht teilhaben könnten".
Die KEF beleuchtete in ihrem Bericht auch die schwierige Situation des Deutschlandradios: Der öffentlich-rechtliche Hörfunksender hat zwar einerseits den Auftrag zur bundesweiten Verbreitung zweier Programme, kann diesen andererseits aber nicht wahrnehmen, weil ihm in manchen Bundesländern die Frequenzen fehlen. Dieses Problem könne eine digitale Verbreitung zwar lösen, ein Angebot aber, was die Empfangbarkeit verbessere von den Zuhörern aber nicht angenommen werde, sei keine Lösung, urteilte die KEF.
Mit anderen Worten: Halten ARD und Deutschlandradio an DAB fest, müssen sie dies aus bestehenden Mitteln finanzieren. Denn die Kommission will maximal 22,5 Millionen Euro bewilligen (ARD: 15 Millionen Euro, Deutschlandradio: 7,5 Millionen Euro). Diese Summe muss nach KEF-Angaben dazu genutzt werden, die derzeit in Betrieb befindlichen DAB-Sender über das Ende der Gebührenperiode 2005 bis 2008 hinaus weiter in Betrieb zu halten. Unter anderem deshalb, weil die Sender vertragliche Verpflichtungen eingegangen sind.
Gleichzeitig hielt das Gremium aber auch eine Hintertür offen, um den Rundfunk in Deutschland doch noch zu digitalisieren: So soll es ein Projektbudget für die Gebührenperiode 2009 bis 2012 in Höhe von 42 Millionen Euro geben. Das Geld allerdings wird erst nach Prüfung der Planungen der Rundfunkanstalten freigegeben: Unter anderem müssen konkrete Angaben darüber enthalten sein, wie der Erfolg oder Misserfolg des Projekts gemessen werden kann. Außerdem erwartet die Kommission, dass das Projekt auf einem Konsens auch mit privaten Programmanbietern und Herstellern von Endgeräten beruht. Eventuelle Restmittel aus dem Projekt DAB [***] könnten dann in dem neuen Projekt verwendet werden, hieß es.

Die URL für diesen Beitrag lautet:
http://www.satundkabel.de/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=30931

Die folgenden URLs sind im Beitrag enthalten:
[**] http://www.landesmedienanstalten.de/
[***] http://www.digitalradio.de/

1 commento:

Anonimo ha detto...

Leggo:

"Non possiamo più continuare a fingere che la radio digitale sia un un trastullo per i tecnici responsabili delle reti di diffusione dei vari enti pubblici nazionali."

E penso ai soldi investiti dalla nostra RAI per comprare due trasmettitori in onde medie nuovi di zecca e tenerli sempre accessi 24 ore su 24 quando ad ascoltarli sono in poche decine di persone.
Ed invece a noi cittadini viene chiesto dalla "pubblicità Progresso" di spegnere gli elettrodomestici in stand-by per risparmiare energia.