22 luglio 2008

Roberto Bolaño, nell'anniversario della morte di un poeta

Ieri sul Domenicale del Sole ho letto la recensione dell'ultima opera incompiuta dello scrittore cileno Roberto Bolaño, di cui ricorre in questi giorni l'anniversario della morte. Per la precisione Bolaño è scomparso il 15 luglio di cinque anni fa, vittima appena cinquantenne di una malattia degenerativa epatica che il suo stile di vita bohemien certo non contribuiva a rintuzzare. Nonostante che i suoi romanzi fossero presenti nel catalogo di Sellerio da una decina d'anni, non lo conoscevo affatto ma ciò che ho letto ieri a proposito di 2666, monumentale opera-testamento che Adelphi sta pubblicando di questi tempi, mi ha affascinato. Poeta, romanziere e autore di racconti popolati da personaggi improbabili e proprio per questo terribilmente autentici, epigono di Borges e amante della letteratura gialla, Bolaño è stato un anarchico dalle molte mai definitive radici, nel suo Cile nativo, in Messico e, nell'ultima parte della sua vita, nella zona di Barcellona, dove gli era capitato di lavorare anche come guardiano di campeggio. I biografi giurano che amava definirsi soprattutto poeta.
Spulciando oggi le recensioni delle sue opere in rete (Bolaño è stato scoperto negli Stati Uniti grazie a recenti traduzioni inglesi) mi sono imbattuto in personaggi come l'insegnante di uno dei racconti di Putas Asesinas, che soddisfa le proprie necessità artistiche ascoltando la musica ranchera delle radio messicane e in mille altre finzioni poetiche. 2666 è una storia di scrittori borgesianamente immaginari (o forse no), che si intreccia con le nere vicende dei delitti di Ciudad Juarez.
In una delle sue ultime interviste, Bolaño rispondeva così alla giornalista che gli chiedeva come si immaginava il paradiso.

Como Venecia, espero, un lugar lleno de italianas e italianos. Un sitio que se usa y se desgasta y que sabe que nada perdura, ni el paraíso, y que eso al fin y al cabo no importa.

E sul sito di una radio cilena, PlayFM, ho trovato una breve ma intensissima rievocazione dello scrittore cileno di estrazione italiana Pablo Simonetti, che potete leggere qui o ascoltare direttamente da PlayFM:

Se cumplieron cinco años de la muerte de Roberto Bolaño. A estas alturas, su influencia en la literatura latinoamericana es incuestionable. La mayoría de los escritores de esta generación se han visto influenciados por él de una u otra manera. ¿Y cuál es la razón? Por supuesto que la calidad de su pluma y la originalidad de sus personajes y de sus historias. Pero hay algo más: A través de sus magníficos cuentos y novelas, Bolaño nos libera de un destino único y definitivo, nos hace sentir leves, nos acompaña y nos compadece. Nos enseña que nuestra vida está hecha de circunstancias, no de culpas. De sucesivas posibilidades, no de sucesivos encarcelamientos. Creo que él mismo se consideró fruto de una carambola del destino, el resultado azaroso de la experiencia, una vida en que una sola convicción permaneció intacta: el valor de la literatura. Y más que una convicción, fue un sentimiento: el amor por la literatura.
Los personajes de Bolaño no siempre terminan bien, pero no por eso sus vidas dejan de ser valiosas, interesantes, sujeto de ser narradas. Al rescatar estas vidas mínimas y azarosas, Bolaño nos rescata a todos. Nos perdona. La literatura nos perdona. La literatura es la religión de los pecadores, de los escépticos, de los extraviados. La literatura nos salva, ahora, mientras nos movemos aquí en la tierra.
Pablo Simonetti
Che la nostra vita sia fatta di circostanze, non di colpe, è una verità che sfugge a molte persone, tra le quali tendo ad annoverarmi. Da queste colpe fittizie che ci pesano addosso fino a schiacciarci ci salva la letteratura e la poesia di quei pochi Bolaño che si sforzano di ricordarci - perlopiù inascoltati - "que nada perdura, ni el paraíso, y que eso al fin y al cabo no importa."

2 commenti:

Unknown ha detto...

Sul mio blog, ho parlato spesso, di Bolano. Assieme a Cortazar, Borges e Vargas Llosa è di gran lunga lo scrittore sudamericano che preferisco. Da un paio di giorni sto leggendo 2666 (a partire dal primo volume, che avevo già divorato un anno fa). E lo trovo grandioso, una formidabile alleanza tra letteratura alta e letteratura del mistero, ironico e inquietante, avincente e denso: un capolavoro.
E un saluto a te da Luciano / Idefix http://lucianoidefix.typepad.com/

Andrea Lawendel ha detto...

Luciano, ti sono molto grato per questo commento. Citi autori a me cari. Ricambio il saluto e confido che la situazione "a luci rosse" (ho visto sul tuo blog) possa presto risolversi per il meglio. La letteratura, ci salva anche in queste prosaiche occasioni.