Radio Labs, il blog tecnologico della BBC ha mantenuto la promessa e ha cominciato a pubblicare i contributi degli studiosi universitari che hanno in questi mesi analizzato gli spazi di relazione su Internet e altri mezzi tra l'ente pubblico britannico e i suoi ascoltatori. Finora sono apparsi quelli dedicati ai forum di discussione e a una comunità di "fan" di un celebre programma musicale mattutino Wake up to Wogan (la trasmissione culto celebrata dal sito www.togs.org). Gli esiti hanno risvolti quasi sorprendenti. Lo studio sui forum rivela, a parere della ricercatrice Bethany Klein, una comunità che vede la discussione online come una forma di comunicazione sociale e interazione tra ascoltatori, e si dice apertamente scettica sulla possibilità di influire davvero sui programmi. Questo è un punto su cui i responsabili della programmazione della BBC dovrebbero intervenire.
L'altro studio, di Matt Hills, scopre che i presunti "fan" di un programma radiofonico che intorno a questo programma costruiscono un intero social network autonomo, indipendente dalla BBC, non si ritengono "veramente" dei fan. Anche loro sono lì per discutere tra loro, spesso di tutt'altri argomenti. Volendo citare un singolo estratto di due post molto lunghi che vi invito a consultare direttamente, ho scelto questo passaggio che mi sembra estremamente significativo. Notate che Hills non utilizza un termine anglosassone ricorrente quando si parla di ascolto, di "valore" dell'audience. Invece di parlare di mindscape, paesaggio mentale, Hills dice "heartlands", i territori del cuore (e, se posso permettermi un piccolo salto ermeneutico, in qualche modo anche i territori della memoria, perché in inglese imparare a memoria si dice "by heart"). Sono ascoltatori nuovi, quelli che si servono di Internet per aggregarsi intorno al brand di un programma radiofonico, ci dice Matt Hills. Che non "discutono" di un programma, lo "vivono". Non sono una audience troppo legata, "dipendente" dal programma, ma si identificano nelle qualità di quel programma e le ri-creano a modo loro. Non sono ascoltatori ma coautori. Un modo per proiettare "oltre" la programmazione della radio. Come in un rimbalzo propagativo ionosferico, le voci, le qualità della radio, rimbalzano sul terreno del cuore degli ascoltatori e finiscono per raggiungere altri cuori, altri sentimenti.
Che bello quando la discussione sul nostro beneamato medium arriva a questi livelli di intelligenza, partecipazione e delicatezza.
[...] And why weren't TOGs "fans"? Well, because they didn't talk about STW and WUTW at togs.org. In fact, ultra-rare mentions of "Terry" were greeted with knowing responses of "Who?" 'Fans' are supposedly dependent audiences; TOGs happily display their autonomy from any one "brand."
But then the BBC's not a commercial broadcaster. It wants to serve different audiences. Distinctively. The TOGs, we suggest, are the BBC's 'heartlands audience 2.0.' An older, middle-class audience who trust and value the Beeb, and talk about a lot of its output, even if not WUTW, but who are also socially-networked just like those trendy young things. By not fully keeping pace with the online migration of this audience, the BBC is missing out on opportunities to support much more than just brand extension online.
Because although the TOGs don't talk about WUTW, they live it. The radio show banters and refuses to take life too seriously - that's the TOGs. The radio show involves invented names, wordplay and jazz-master-level improvisation of the chattering class - the TOGs do all that too. But they're not a dependent audience; they're co-creating, building their online identities through qualities in the show they (mostly) love.
L'altro studio, di Matt Hills, scopre che i presunti "fan" di un programma radiofonico che intorno a questo programma costruiscono un intero social network autonomo, indipendente dalla BBC, non si ritengono "veramente" dei fan. Anche loro sono lì per discutere tra loro, spesso di tutt'altri argomenti. Volendo citare un singolo estratto di due post molto lunghi che vi invito a consultare direttamente, ho scelto questo passaggio che mi sembra estremamente significativo. Notate che Hills non utilizza un termine anglosassone ricorrente quando si parla di ascolto, di "valore" dell'audience. Invece di parlare di mindscape, paesaggio mentale, Hills dice "heartlands", i territori del cuore (e, se posso permettermi un piccolo salto ermeneutico, in qualche modo anche i territori della memoria, perché in inglese imparare a memoria si dice "by heart"). Sono ascoltatori nuovi, quelli che si servono di Internet per aggregarsi intorno al brand di un programma radiofonico, ci dice Matt Hills. Che non "discutono" di un programma, lo "vivono". Non sono una audience troppo legata, "dipendente" dal programma, ma si identificano nelle qualità di quel programma e le ri-creano a modo loro. Non sono ascoltatori ma coautori. Un modo per proiettare "oltre" la programmazione della radio. Come in un rimbalzo propagativo ionosferico, le voci, le qualità della radio, rimbalzano sul terreno del cuore degli ascoltatori e finiscono per raggiungere altri cuori, altri sentimenti.
Che bello quando la discussione sul nostro beneamato medium arriva a questi livelli di intelligenza, partecipazione e delicatezza.
[...] And why weren't TOGs "fans"? Well, because they didn't talk about STW and WUTW at togs.org. In fact, ultra-rare mentions of "Terry" were greeted with knowing responses of "Who?" 'Fans' are supposedly dependent audiences; TOGs happily display their autonomy from any one "brand."
But then the BBC's not a commercial broadcaster. It wants to serve different audiences. Distinctively. The TOGs, we suggest, are the BBC's 'heartlands audience 2.0.' An older, middle-class audience who trust and value the Beeb, and talk about a lot of its output, even if not WUTW, but who are also socially-networked just like those trendy young things. By not fully keeping pace with the online migration of this audience, the BBC is missing out on opportunities to support much more than just brand extension online.
Because although the TOGs don't talk about WUTW, they live it. The radio show banters and refuses to take life too seriously - that's the TOGs. The radio show involves invented names, wordplay and jazz-master-level improvisation of the chattering class - the TOGs do all that too. But they're not a dependent audience; they're co-creating, building their online identities through qualities in the show they (mostly) love.
Nessun commento:
Posta un commento