Mauro Rossi, sul Corriere del Ticino, stila il nostalgico necrologio di Radio Monteceneri (questo l'annuncio diffuso sui 558 kHz ascoltato da Gigi Nadali, in questi mesti giorni che precedono la chiusura).
Giustamente Rossi si chiede: ma perché tutti continuano a parlare di strategie globalizzanti e poi chiudono metodicamente tutte le loro finestre sul mondo? Di che strategie state parlando, esattamente?
Giustamente Rossi si chiede: ma perché tutti continuano a parlare di strategie globalizzanti e poi chiudono metodicamente tutte le loro finestre sul mondo? Di che strategie state parlando, esattamente?
Addio, Radio Monteceneri
Mauro Rossi
Se in Ticino la notizia è passata tutto sommato inosservata, non può dirsi altrimenti nelle regioni limitrofe: desta piuttosto sconcerto, infatti, soprattutto in Lombardia, la decisione della SSR di sopprimere, da martedì 1 luglio, le trasmissioni della Radio della Svizzera italiana diffuse attraverso il trasmettitore del Monte Ceneri in onde medie (AM), decretando, in pratica, la fine del lungo rapporto che la nostra radio ha con il pubblico del nord Italia. Un rapporto che dura da decenni, da quando Radio Monteceneri era l’unica voce «libera» dell’etere italofono, la radio che all’epoca della RAI di Ettore Bernabei, dava asilo e ospitalità a tutti quei personaggi (e sono stati davvero tanti!) che per svariati motivi (non solamente «politici» ma anche in ragione di una filosofia meno settaria dell’intrattenimento) non trovavano spazio nella radio di stato. Rapporto che è poi continuato a rimanere intenso e profondo anche in tempi più recenti: l’esplosione della radiofonia privata ha infatti creato molta confusione tra gli ascoltatori della radio dell’area padana i quali, stufi della piega commerciale presa dalle migliaia di emittenti sorte come dei funghi ma anche di una politica dell’informazione non proprio…. trasparente dei network, hanno sempre avuto nella nostra radio un compagno fidato, pacato, preciso: un amico, insomma, da seguire con costanza in ogni orario del giorno e della notte.
Chi vi scrive ha tastato con mano il «feeling» esistente tra la Radio Svizzera e l’utenza italiana, essendo stato per una quindicina d’anni una delle voci più presenti in antenna, sovente in orari particolari, quali le ore notturne, durante le quali il contatto con gli ascoltatori diventa più colloquiale, intimo, profondo. Contatto suggellato da migliaia di telefonate, di lettere di apprezzamento per il nostro lavoro. «Meno male che ci siete voi…» era la frase tipica dei nostri ascoltatori d’oltre confine.
Purtroppo da martedì, quella radio non ci sarà più. Questioni di costi, dicono i responsabili della SSR, voglia di puntare tutto sulle nuove tecnologie quali il satellite e il DAB (la radio digitale), verso il futuro, insomma. A scapito, aggiungiamo noi, del passato e del presente. E soprattutto dando un colpo di spugna ad un’utenza che va ben oltre i 4000 fruitori delle AM ticinesi, abbracciando un bacino d’utenza di svariati milioni di persone che ora, senza la Rete Uno, perderanno ogni contatto con la Svizzera, le sue peculiarità culturali, nonché con il suo eccellente sistema di fare radio, meno strillato, arrogante e «ciaciarone» di quello dell’emittenza italiana dal quale in passato molti operatori hanno preso esempio e che ancora oggi rimane un punto saldo per chi opera nel settore. «Ma tutti potranno continuare a seguire i programmi via satellite o via internet», si giustificano i responsabili della SSR. Una bufala, rispondiamo noi, perché è noto che la radio si ascolta prevalentemente in auto, dove satelliti e internet non funzionano e poiché il pubblico italiano della RSI è un pubblico «maturo» che poco va d’accordo con le moderne tecnologie.
Una decisione dissennata, quindi, come lo furono tempo fa sia la chiusura di Radio Svizzera Internazionale (sostituita dal portale Swissinfo che mi chiedo quale conforto possa portare a chi seguiva la radio nei più remoti angoli del pianeta – anche qui l’affermazione è dettata dall’esperienza personale di collaboratore che ha direttamente constatato da dove provenivano i «feedback») sia la decisione di spegnere i trasmettitori TV analogici che assicuravano la visione del segnale TSI in buona parte della Lombardia e del Piemonte. Decisioni che hanno avuto l’unico risultato di cancellare dal panorama radiotelevisivo la voce e le immagini della Svizzera.
A pensarci bene è bizzarro il comportamento dei dirigenti del nostro ente radiotelevisivo: in un epoca in cui tutti cercano di aprire più finestre possibili verso il mondo intero, loro che di importanti finestre ne avevano a iosa, le hanno progressivamente chiuse, murate, seguendo una filosofia di «globalizzazione» che vorrei davvero, un giorno, farmi spiegare…
27/06/2008 23:52
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