17 giugno 2008

Fare (Web)radio a UniSiena? Non ne avete facoltà

L'altro giorno Francesco Delucia mi ha guidato verso una pagina di MySpace con una petizione a favore di Radio Facoltà di Frequenza, emittente dell'ateneo di Siena, la prima radio universitaria italiana. La prima ad aprire e, forse, la prima a chiudere, racconta Francesco sul suo I(r)radiati. FDF non è solo una Web radio: grazie a un accordo con Radiocecinauno la stazione dispone anche di un ripetitore in FM. Che problema c'è direte voi? Mettetevi sul Web come tutte le altre radio universitarie italiane, no? No. Da quanto si legge su MySpace FDF non dispone di attrezzature proprie, si limita a utilizzare gli studi messi a disposizione da Radiocecinauno. Interrompere il contratto con questo provider equivale a spegnere tutto. E sono otto anni che FDF sta trasmettendo: il più importante (finora) esperimento radiofonico legato a una università.
Su MySpace gli studenti che collaborano a questo progetto invitano a rivolgersi direttamente al rettore di Siena affinché si trovi una soluzione, che immagino possa essere semplicissima: dotarsi di uno studio proprio e imboccare, almeno per il momento, la strada del Web. Ma state pur tranquilli: se il management dell'ateneo considera una Web radio "non strategica" (e dimostrare la stretegicità di una Web radio è un esercizio impossibile, evidentemente), Facoltà di Frequenza chiuderà i battenti e buona notte. Nella remota eventualità che un po' di rumore possa aprire uno spiraglio per i ragazzi dell'emittente, aggiungo volentieri la mia flebile voce a quella di Francesco e Antonio. Tieni duro, FDF!

Facoltà di Frequenza FM 99,4 Mhz, la prima radio universitaria italiana, rischia la chiusura a partire dal primo luglio prossimo.
L'Università non ha intenzione di rinnovare la convenzione con Radiocecinauno s.r.l. per la concessione delle frequenze.
A livello pratico, ciò significa non solo l’interruzione delle trasmissioni on Air per la zona di Siena e dintorni, ma l’impossibilità di continuare a trasmettere tout court, dato che tutta l’attrezzatura tecnica che utilizziamo è di proprietà del titolare della frequenza.
Dopo 8 anni, 2.757 giorni, 66.168 ore di trasmissione, rischia così di scomparire uno degli esperimenti radiofonici più liberi e interessanti di questi ultimi anni.
Chiediamo a tutti di far sentire la propria voce, diffondendo la notizia, inoltrando il nostro appello e aderendo alla campagna di sensibilizzazione e di supporto.

3 commenti:

Giacomo Brunoro ha detto...

Suppongo che il problema sia prevalentemente di natura economica: ma allora possibile che il rettore (o chi per lui) non si preoccupi di trovare sponsor adeguati?!?! Credo che non dovrebbe essere difficile anzi, l'Università alla fine potrebbe perfino guadagnarci...

Anonimo ha detto...

A livello tecnico non credo vi sarebbero grosse difficoltà, penso ad esempio ai tempi "pionieristici" delle radio FM dove spesso erano bastati due piatti giradischi e un mixer, oltre a un trasmettitore anche di pochi watt (che per il web oltretutto non servirebbe) per creare un'emittente.
Un problema maggiore (che vissi ad esempio io stesso proprio nei mitici anni 70...) lo vedrei nell'allestimento di una sede fissa, e ovviamente, nel "volontariato" dei vari presentatori, DJ ecc.

Quindi coraggio, e credo che anche se con pochi mezzi ma con tanta buona volontà, gli amici di facoltà potrebbero comunque restare "on the air" o perlomeno "on the net"...

Andrea Lawendel ha detto...

Purtroppo credo che sia possibile che un rettorato non si occupi della ricerca di sponsor. Spesso partiamo dal presupposto che le Università italiane funzionino come quelle americane, ma non è così. Il livello della burocrazia è alto e come accade per ogni pubblica istituzione le gerarchie elevate si muovono su un terreno molto politico. Un contesto in cui un progetto come FDF non sarà mai visto nemmeno come utile merce di scambio ma unicamente come voce di spesa. Nelle università americane vere, le stazioni radio diventano un punto di riferimento della comunità di appartenenza, qui probabilmente vengono percepite come una delle tante iniziative dopolavoristiche: divertenti per chi le fa, ma l'Università non è tenuta a spendere per intrattenere i suoi studenti.
Roberto ha perfettamente ragione quando sottolinea come con i nuovi strumenti per la creazione di canali stream su Internet, FDF potrebbe tranquillamente andare "on air" anche senza una frequenza ufficiale, ma bisogna vedere se una iniziativa del tutto autonoma possa poi fregiarsi del nome dell'Università. Non ha senso costruire una stazione radio d'ateneo senza l'esplicito benestare e il coinvolgimento ufficiale dell'ateneo stesso. Ma questo coinvolgimento non è considerato importante, il problema è tutto qui.