31 ottobre 2010

Web radio ed economia della musica. Costi da rivedere?

A volte fare un po' rumore serve a cambiare qualcosa, anche qui nella tanto vituperata - e sovra/sottostimata, mai una volta che venga vista in modo equilibrato - blogosfera. Dopo che questo spazio ha contribuito a rilanciare, poche settimane fa, la notizia della scomparsa della voce "Web radio personali" dai moduli che la SIAE fa compilare a chi deve versare l'imposta prevista per chi vuole diffondere musica via Web attraverso un canale in streaming, la SIAE ha fatto marcia indietro. Prima il modulo in questione è stato ritirato dalla circolazione. Poi è stato sostituito con una nuova versione. Dove le Web radio personali ricompaiono come "terza categoria". Ecco la definizione fornita dalla stessa SIAE sul suo sito.

WebRadio

L'autorizzazione per le webradio è rivolta ai soggetti titolari di siti che hanno come unico contenuto musicale una programmazione predefinita in cui l'utente non può in alcun modo accedere a contenuti musicali on demand.

L'Autorizzazione prevede distinte tariffe per le seguenti categorie:

- web radio commerciali: sono tali quelle che danno luogo a introiti diretti o indiretti attraverso il sito o sono inserite in siti che promuovono attività commerciali o professionali, servizi, prodotti.

- webradio istituzionali o di organismi pubblici: sono tali se appartenenti a fondazioni, onlus, istituzioni, enti locali e non generano in capo ad essi alcun vantaggio commerciale diretto o indiretto.

- web radio personali: sono tali le web radio presenti su siti di persone fisiche, privi di introiti e di finalità commerciali, anche indirette.

L'importo annuo fissato per ciascuno "canale" musicale che una persona fisica vuole trasmettere su Internet viene fissato in 400 euro più IVA al 20%, pari a 480 euro. Il modulo per regolarizzare le Web Radio in base alla vigente normativa sul diritto d'autore si può prelevare qui. Sono anche in grado di rivelarvi che Radiopassioni ha quasi sicuramente contribuito a questo piccolo cambiamento. So per certo che il mio post del 6 ottobre è stato letto negli uffici di SCF e SIAE. Evviva.
Il fatto che anche le Web radio no profit siano rientrate così nell'alveo del valore economico associato alla produzione e ascolto della musica, diventa importante se letto insieme a un'altra notizia recente. In settimana è stata presentata l'edizione 2010 del Rapporto "Economia della musica in Italia", curato da SIAE, SCF, DISMA Muisca e FEM. Ecco il paragrafo dedicato, nell'ambito della cosiddetta "musica sparsa", agli introiti derivanti dai diritti versati a SIAE e SCF dalle emittenti nazionali e locali, da cui si evince che nel 2009 sono stati incassati da SIAE e SCF 21,7 milioni di euro (15 alla sola SIAE), pari al 5,8% delle entrate pubblicitarie radiofoniche (nel 2009 solo 371 milioni).

4.3 La musica sparsa: le radio

Negli scorsi rapporti sullʼeconomia della musica identificavamo un aggregato, che definivamo della “musica sparsa” ad indicare tutta la musica fruita in modo indiretto ed al di fuori dei tradizionali luoghi dedicati allʼascolto. La musica sparsa è allora la musica che ascoltiamo alla radio, nelle colonne sonore di un documentario televisivo, in un grande magazzino, in una discoteca o in una palestra. Certamente non possiamo immaginare una radio senza musica, una discoteca senza musica o una emittente televisiva che non usi jingle, non trasmetta canzoni ma trasmetta solo programmi (film e documentari inclusi) senza musica. Questi comparti, seppure con qualche diversità hanno qualcosa in comune: lʼimpresa radiofonica, quella televisiva, oppure la discoteca utilizzano la musica come un fattore della produzione allʼinterno del proprio processo produttivo e dunque sono tenute, per legge, a remunerare la filiera musicale in modo diverso rispetto al semplice acquisto di unʼopera musicale per un uso privato. La logica è in fondo semplice: quando la musica diventa un fattore produttivo di qualche altro prodotto venduto in altri mercati, tutti coloro che hanno contribuito alla produzione devono essere considerati compartecipi e dunque essere remunerati.
La diffusione di musica genera dei diritti dʼautore e dei diritti connessi discografici, raccolti rispettivamente da SIAE e SCF e ripartiti nel modo mostrato dalla figura seguente. Le radio pagano alla SIAE un contributo proporzionale alla loro dimensione (misurata sui ricavi) e devono rendicontare i brani trasmessi, per consentire poi alla SIAE di remunerare nel modo corretto gli aventi diritto. Il diritto discografico dovuto a SCF è anchʼesso proporzionato alla dimensione dellʼemittente. Successivamente SCF ripartisce ai propri associati questa entrata in proporzione ai brani effettivamente utilizzati, ove esista il rendiconto, altrimenti ai diritti fonomeccanici versati alla SIAE.
Il settore radiofonico, nel 2009 ha raccolto 371 milioni di euro dalla pubblicità, diminuendo il proprio fatturato del 7,8% rispetto al 2008. Da notare che tutti i mesi hanno fatto registrare delle contrazioni del fatturato rispetto ai mesi corrispondenti del 2008 con le sole eccezioni di settembre e dicembre. Il mese di gennaio aveva registrato addirittura un -30% e solo la parte finale dellʼanno ha consentito di contenere la contrazione del fatturato.
La pubblicità radiofonica raccoglie circa il 6% di tutta la pubblicità nazionale ed è opportuno ricordare che nel 2009 la pubblicità, a livello nazionale, si è contratta del 13% mettendo in seria difficoltà quasi tutti i mercati dei media che hanno dalla pubblicità una rilevantissima risorsa: primo tra questi il mercato dei periodici. Una riduzione “solo” del 7,8% per un business che, ad eccezione della radio pubblica, è interamente basato sulla pubblicità costituisce una performance relativamente molto buona.
I diritti che le radio versano al resto della filiera sono la somma dei diritti pagati alla SIAE (classe III) dalle radio nazionali e locali e dei diritti discografici versati a SCF. La somma di questi diritti è 21,7 milioni di euro (6,7 milioni raccolti da SCF e 15 milioni da SIAE), cioè circa il 5,8% del fatturato complessivo delle radio.

Non sono in grado di precisare in questo momento se tale somma include anche la quota versata dalle emittenti Web. Il Rapporto viene infatti realizzato calcolando i dati di "sell-out" (in pratica il valore effettivo generato) costruiti sui fatturati degli editori e sugli incassi di chi percepisce i diritti d'autore. Le categorie che potrebbero interessare al fenomeno delle Web radio sono quelle della "musica digitale" (dove esiste una sottocategoria "streaming" che ha generato nel 2009 un fatturato di 2 milioni) e - appunto - delle "radio" nel segmento complessivo della "musica sparsa". E' ipotizzabile che tutto confluisca nella voce "radio", perché forse gli streaming digitali riguardano altre modalità di consumo della musica online. Il discorso che volevo fare è un altro. Se le radio italiane generano circa 22 milioni di diritti musicali versati e a questi aggiungiamo in ogni caso i 2 milioni degli streaming digitali, arriviamo a stabilire che il 6,3% dei fatturati pubblicitari delle radio viene versato sottoforma di diritti d'autore. Ora, per le Web radio musicali commerciali solo la SIAE chiede il versamento forfettario del 7% degli introiti quando la programmazione musicale supera il 75% del tempo complessivo di "Webcasting". Non è che è una percentuale eccessiva, anche assumendo che il valore pubblicitario delle emittenti Web sia paragonabile a quello delle emittenti via etere (ipotesi irrealistica)? Intanto, anche la REA Radiotelevisioni Europee Associate promuove una iniziativa congiunta tra emittenti e Web radio per una rinegoziazione delle aliquote da versare alla SIAE, invocando un maggiore allineamento agli introiti effettivi.
Ecco un ulteriore spunto di riflessione, insieme al fenomeno sempre più articolato della produzione e del consumo di musica Creative Commons, nell'appassionante dibattito sul diritto d'autore nel contesto dei nuovi modelli di business digitali. Proprio ieri, 30 ottobre, era in programma al centro sociale Officina99 di Napoli, una tavola rotonda sulla gestione discografica della musica CC proposta da Subcava Sonora insieme al concerto di lancio del nuovo album dei Sula Ventrebianco, vincitori del premio Martelive 2010 per la sezione musica.


1 commento:

Dave ha detto...

e questa dovremmo chiamarla libertà di espressione ? pagare 480 euro l'anno per aver trasmesso della musica su internet ?... tutto questo è assurdo... non stiamo dando nessuna libertà ai giovani che cercano di emergere con le loro passioni...