15 ottobre 2010

Radio in sala d'attesa, condannato dentista milanese

Un lettore commenta la notizia riguardante scomparsa della voce "Web radio personali" dal modulo SIAE per la registrazione delle attività trasmissive online, segnalandomi che dopo il mio post è scomparso anche il "Modello AWR" da utilizzare per registrare le attività di trasmissione online. La URL per il download rimanda a un documento con una solta scritta: "documento in costruzione". Segno che in SIAE sono in atto ripensamenti?
In attesa di ulteriori sviluppi, la questione dei diritti, questa volta discografici, si ripropone con questo comunicato stampa della SCF, il consorzio "che gestisce la raccolta e la distribuzione dei compensi, dovuti ad artisti e produttori discografici, per l’utilizzo in pubblico di musica registrata, come previsto dalla legge italiana sul diritto d’autore e dalle direttive dell’Unione Europea." La SCF dà ampio spazio alla sentenza del Tribunale di Milano 10901/2010, che ha condannato un dentista a una multa per aver diffuso musica nel suo studio, attraverso una radio. Anche su queste forme di diffusione in pubblico (anche se diciamolo, non credo che i clienti del professionista milanese fossero molto concentrati sulla musica) la legge impone di pagare i diritti discografici ai produttori. Diritti, lo ricordiamo, che sono indipendenti e separati dai diritti d'autore versati alla SIAE. Pur ribadendo in modo esplicito "che il ricorso alla via giudiziaria non è certo la strada che SCF intende perseguire per affermare i diritti degli artisti e dei produttori," il presidente del consorzio Saverio Lupico, sottolinea l'importanza di questa sentenza, la quale costituirà sicuramente un precedente.
Bisogna senz'altro dare atto a SCF del pacato realismo scelto nell'approccio verso una questione che comunque la si veda mette in risalto il problema dell'adeguamento della normativa sui diritti d'autore alle specificità dei nuovi media, ma mi chiedo se in una situazione di questo tipo, dove l'ascolto "personale" della radio viene esteso a un pubblico oggettivamente molto ristretto, non si debba ricorrere a meccanismi di tutela più accomodanti, fissando delle eccezioni che oltretutto possono giovare all'immagine complessiva di regole sacrosante (il pagamento di tasse e diritti) troppo spesso percepite come insopportabili "balzelli". Ma mi rendo anche conto che il mio ragionamento corre a sua volta il rischio di degenerare in una forma di generale disprezzo della norma.
Nella definizione statutaria di questo organismo si legge che "SCF negozia con i singoli “utilizzatori” o con le loro associazioni di categoria la misura del compenso dovuto ad artisti e produttori discografici. Attraverso il rilascio di un’unica licenza, consente agli utilizzatori di diffondere in pubblico il repertorio musicale di tutte le case discografiche rappresentate, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge." Decisamente, l'unica soluzione è discutere e decidere insieme, magari tenendo conto delle esigenze e delle capacità di spesa di singoli (vedi il caso delle Web radio individuali) che non hanno ambizioni commerciali.

DENTISTA CONDANNATO A MILANO: DIFFONDEVA MUSICA SENZA PAGARE I DIRITTI A SCF. STORICA SENTENZA, CHE INTERESSA TUTTI GLI STUDI PROFESSIONALI.

La musica dal dentista è una forma di “pubblica diffusione”, analoga a quella utilizzata in contesti come bar, ristoranti, alberghi. Così il Tribunale di Milano ha condannato un dentista per il mancato pagamento dei ‘diritti discografici’. Saverio Lupica, Presidente di SCF “una sentenza innovativa applicabile a tutti gli studi professionali”.

Milano, 15 ottobre 2010 – Storica sentenza a favore dei diritti connessi discografici. Il Tribunale di Milano ha condannato il titolare di uno studio dentistico per aver diffuso musica attraverso una radio senza aver corrisposto a SCF i compensi, previsti dalla legge sul diritto d’autore, a favore di artisti e produttori discografici (autonomi e indipendenti rispetto a quanto dovuto a Siae per i diritti d’autore).
Con sent.10901/2010 il Tribunale di Milano ha confermato che la diffusione di musica all’interno di studi professionali privati - come quelli dentistici - rappresenta una forma di “pubblica utilizzazione”, come definita espressamente nella Legge sul Diritto d’Autore (art. 73 bis - L.D.A. 633/41).
Nello specifico, in linea con quanto già ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza (sent. C-306/05 - Corte di Giustizia), la decisione conferma come l’elemento discriminante rispetto all’insorgenza del diritto sia la messa a disposizione delle registrazioni discografiche ‘a un pubblico di persone’, a prescindere dal carattere pubblico o privato del luogo in cui avviene la diffusione di musica.
I giudici milanesi hanno, infatti, stabilito che la clientela di uno studio dentistico è qualificabile come ‘pubblico’, in quanto appare potenzialmente indeterminata sia nel numero, che nella sua composizione; il fatto che l’accesso dei clienti allo studio avvenga in maniera programmata rappresenta una mera modalità organizzativa.
La sentenza di Milano conferma e rafforza l’orientamento giurisprudenziale che ha caratterizzato la tutela dei diritti di artisti e discografici in questi ultimi anni, riaffermando che il pagamento del compenso SCF è dovuto qualsiasi sia il mezzo utilizzato, anche una radio. Nello specifico è in linea con la normativa europea e con quanto già da tempo avviene negli altri paesi dell’Unione, dove gli studi medici e dentistici riconoscono regolarmente il pagamento dei diritti discografici a fronte dell’utilizzo di musica d’ambiente, per offrire ai propri pazienti un ambiente più confortevole e rilassante.

La sentenza del tribunale di Milano rappresenta un provvedimento estremamente positivo e innovativo perché fissa di fatto un principio di applicabilità di più ampio respiro, che interessa a questo punto tutti gli studi professionali, come per esempio in generale tutte le altre tipologie di studi medici, quelli di avvocati, di architetti, commercialisti, notai.” - commenta Saverio Lupica, Presidente di SCF Consorzio Fonografici - “Si tratta indiscutibilmente di un ottimo risultato sul fronte della tutela dei diritti discografici. In questa occasione teniamo comunque a ribadire e confermare, ancora una volta, che il ricorso alla via giudiziaria non è certo la strada che SCF intende perseguire per affermare i diritti degli artisti e dei produttori. Al contrario: crediamo che il dialogo e la negoziazione siano le uniche soluzioni ragionevoli per dare applicazione a quello che è a tutti gli effetti un obbligo di legge, nel rispetto delle parti coinvolte. Una tesi, la nostra, che trova ogni giorno sempre più facile applicazione grazie al comportamento responsabile di un numero sempre maggiore di operatori professionali, attivi nei più svariati settori, che, grazie anche alla collaborazione instaurata con le rispettive associazioni di categoria, fanno uso di musica riconoscendo spontaneamente i diritti di artisti e produttori discografici”.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Sentenza assurda, legge demenziale. Se un brano musicale viene trasmesso via radio, ogni onere deve essere a carico di chi lo trasmette. L'unico carico che deve avere chi lo diffonde in un luogo in cui ci sono più persone (dato che uno studio dentistico non è possibile definirlo "luogo pubblico") deve essere quello di pagare la tassa di possesso di apparecchio radiotelevisivo.

Altrimenti potrebbe passare il principio che ogni volta che un brano radiotrasmesso viene ascoltato da più persone al di fuori di un nucleo familiare, si deve pagare una tassa.

MA SIAMO MATTI???

La SCF deve fare attenzione ad agire in questa direzione, non fa altro che fomentare chi trova la pirateria un gesto di rivolta verso lo strapotere economico che vogliono imporre le case di produzione discografica.

Le leggi assurde e le sentenze stupide hanno da sempre causato reazioni tali da distruggere in modo totale quello che si voleva esageratamente proteggere con metodi illiberali.

Meditate gente, meditate...

Marco

Andrea Lawendel ha detto...

Capisco e condivido in parte tutte le perplessità del caso, ma come ho anche scritto nel post siamo di fronte a una tipica situazione in cui la presunta "ingiustizia" o "incoerenza" della legge diventa non dico una giustificazione per non rispettare la norma in sé, ma un fattore che può indurre a comportamenti contrari. "Il Cd costa troppo e dunque il pirata fa bene a copiarlo." Sia ben chiaro, non sto affatto accusando Marco o chicchessia di incitare alla pirateria in materia di diritto d'autore, sto solo evidenziando un rischio concreto: quello dell'interpretazione individuale di una normativa che deve invece valere per tutti, altrimenti non ha senso.
Discussioni di questo tipo sono frequenti quando si parla della legge che punisce chi si mette al volante con troppo alcool in corpo. Io non guido ma molti miei amici si lamentano di questa norma affermando di essere in grado di tollerare l'alcool molto bene. Sono stupidaggini. In realtà la legge si basa su valutazioni degli effetti cumulativi, mediati di questa sostanza. Il legislatore non può permettersi in questo caso di dare troppo margine all'individualità. L'alcool incide pesantemente sui tempi di reazione e a volte reagire con lentezza al volante può significare evitare o eseguire una manovra che costa la vita di qualche malcapitato, non ci si può permettere di "fare eccezioni".
Nel caso delle normative di tutela dei diritti il dibattito è simile ma la tecnologia può sicuramente aiutarci a definire una legge più dinamica e flessibile, rispettosa sia delle esigenze di chi la musica la compone, la esegue e la distribuisce, sia delle istanze dei consumatori, diretti o - in questo caso - indiretti. Istanze che includono anche il diritto a sborsare, quando richiesto, un prezzo equo in termini di adeguatezza alle capacità di spesa e in linea con le tendenze di mercato e le "regole" non scritte (su queste sì che ci sarebbe da discutere, per esempio chiedendosi quali debbano essere i ruoli e i compensi delle grandi etichette o degli impresari dei concerti) della domanda e dell'offerta. E' questo l'obiettivo che dobbiamo sforzarci di raggiungere e sono convinto che ci si arriverà.

Anonimo ha detto...

Non ho parole! Non si sa più come recuperare soldi e ci si arrabbatta a fare le cose all'italiana maniera. Lo studio medico privato non è in primis un locale pubblico potendo il medico stesso deciderne l'accesso. In secondo luogo la tassa la paga gia l'emittente e dunque basta ed avanza! Se ci si raduna in mezzo ad un prato il lunedi di Pasquetta a fare una scampagnata tra amici dovremmo pagare i diritti d'autore se ascoltiamo musica dalla radio? MA ANDIAMO! Cerchiamo di usare il cervello se ce l'abbiamo!

Anonimo ha detto...

http://www.laleggepertutti.it/10337_la-musica-ambiente-in-sala-attesa-del-professionista-non-si-paga