Che ci fanno questi filari di pali abbandonati in un campo visibile dalla corsia sud dell'A1 (bretella Fiano-San Cesareo) all'altezza di Guidonia Monticello, a ovest di Tivoli? A chi appartenevano, da chi venivano utilizzati? Se lo è chiesto un amico di Andrea Borgnino, il quale ha cominciato a diffondere nella comunità radioamatoriale il link alle foto aeree di Bing.com, dove si possono scorgere le strutture regolari di un evidente impianto di antenne di ricezione. Ho fatto qualche ricerca in rete ed è saltata fuori la storia dell'aeroporto di Guidonia, nell'archivio del blog Varia et Alia:
(...)La costruzione del Centro Studi ed Esperienze, che si chiamò da subito Guidonia, mentre il Campo di volo continuò a chiamarsi Montecelio fino al 1939, iniziò subito dopo l’approvazione del Piano Regolatore, che è del 1931.I nuovi impianti sorsero a monte della Ferrovia, mentre il Campo di volo si era sviluppato a valle. La Ferrovia si trovò quindi a svolgere un nuovo ruolo, di carattere urbanistico: distinguere, pur senza separare del tutto le nuove attività di ricerca da quelle operative della Base.Essi lambirono quindi le pendici delle alture che degradano verso la piana, Collelargo e Colle della Farina, appena al di sotto della attuale via Cristoforo Ferrari che a sua volta ricalca il percorso, ancora visibile, dell’antica Tiburtino-Cornicolana, costeggiato da ville romane alcune delle quali erano presenti, tra l’altro, anche dentro gli attuali 240 ettari della Base.Come avverrà in seguito per la Città di Guidonia, gli edifici progettati da Jammarino e Traverso, vennero ben costruiti in un tempo che stupisce per la sua brevità, considerati i mezzi a disposizione in quell’epoca.Un ingresso monumentale si apriva sul Largo Duca D’Aosta, proprio dirimpetto al cippo sotto il quale venne posata la prima pietra di Guidonia. Questo è anche il punto di raccordo tra l’Aeroporto e la Città dell’Aria: dal Largo Duca D’Aosta si diparte infatti il Viale Leonardo Da Vinci che con una breve salita porta direttamente alla piazza del Comune.L’edificio della Divisione radioelettrica era il primo che si incontrava dopo il Corpo di guardia. In esso venivano sperimentati ed a volte costruiti ex novo ogni sorta di apparecchi per la comunicazione aerea, di radioindicazione di rotta e per la misurazione delle distanze. Si facevano prove di elettro acustica, si sperimentavano telecomandi. Le tre grandi antenne per onde campionate che si ergevano nelle immediate vicinanze svolgevano un prezioso ruolo di ausilio per la navigazione aerea a livello nazionale. Ad un certo punto della guerra, anche basandosi su apparecchi catturati agli inglesi ed agli americani si stavano mettendo a punto dei modelli di radar. Tuttavia era ormai tardi e l’armistizio del 43 mise fine a tale attività, come del resto a tutte le altre.La divisione Radioelettrica aveva poi un centro satellite a Tor Mastorta a 2 km dall’Aeroporto. Esso era costituito da un piccolo edificio dove era situato un centro di ricezione e di ascolto per il collegamento con gli aeroplani in volo e gli aeroporti italiani. Tale edificio venne malauguratamente distrutto negli anni 80 per il passaggio della Bretella Autostradale Fiano-San Cesareo ma una selva di pali di cemento disseminati su alcuni ettari testimonia ancora oggi la presenza di una enorme rete di antenne.(...)
I pali che si possono osservare ancora oggi sono insomma i resti di una installazione dove sono stati condotti esperimenti e ricerche molto avanzate, svolte in una delle strutture create intorno alla pista della base aerea di Montecelio. Le descrizioni riportate da Varia et Alia sono tratte da un testo pubblicato nel 2003 dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, dal titolo "Guidonia città delle Ali". Uno dei tanti esempi di vestigia di un'epoca pionieristica per le telecomunicazioni, purtroppo avviate verso un inesorabile declino.
3 commenti:
La situazione, nei fatti, è indubbiamente diversa, perché in questo caso tutto è ad uno stato primordiale (sono rimasti solo i pali). Però, la vicenda narrata in questo post mi fa venire in mente l'antenna della rete troposcatter del Monte Giogo, abbandonata dai militari e poi "resuscitata" da appassionati civili (tra i quali, l'ex comandante della base). E' in circostanze come queste che - chi è portatore della cultura della radio - come le associazioni dei radioamatori, o degli appassionati di ascolto, deve agire per una valorizzazione dei siti che, se lasciata ad istituzioni o altri enti pubblici, non scaturirebbe risultati se non quelli di incuriosire per l'oblio dei luoghi. E' vero, sono rimasti solo i pali, ma non si possono sfruttare quali supporti per antenne, o sistemi d'antenna, che, difficilmente, magari per ragioni di spazio, troverebbero posto in città? Non dimentichiamo che, se quella stazione era stata costruita là, in anni in cui nulla veniva lasciato al caso, un motivo doveva esserci ed è difficile pensare che non fosse legato a una posizione radiofonicamente favorevole (vedi apertura dell'orizzonte, o affini). Insomma, OM, SWL e radioappassionati della zona, battete un colpo e fate sì che i prossimi articoli sui campi di Guidonia siano legati alle vostre attività in quel luogo...
Chris
KC2YXI
Pienamente d'accordo!
Amici e colleghi di Guidonia e non, attiviamoci per recuperare un valore importante (tecnico e storico)di cui siamo portatori originali nella modernità.
Sarebbe fantastico riallestire un sito a disposizione di tutti per riportare al suo giusto posto la cultura della Radio.
Personalmente sono a disposizione :-)
Enrico IZ0GYQ
sarebbe interessante ma non credo sia possibile andare oltre l'uso dei pali di cemento che fra l'altro sarebbe difficilissimo ( un pò vecchhiotti per fidarsi a salire sopra tipo palo della cuccagna). La zona credo sia stata scelta in funzione dell'aereoporto piuttosto che per una posizione eccezionale. Monte Gennaro è proprio alle spalle con i suoi 1200 metri a chiudere tutto l' est. Saluti de angelo iz0tut
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