14 settembre 2008

Un viaggio tra i "code talkers" Navajos



"Come ti avevo accennato, nel mio viaggio americano di quest'estate mi è capitato di visitare un museo dedicato ai Navajo Code Talkers...."

Comincia così, la mail che ho appena ricevuto da Fabrizio Magrone. E' quello che si dice un signor racconto di viaggio e non ho potuto resistere alla tentazione di metterlo online ipso facto. I code talkers sono stati protagonisti di una pagina incredibile della Seconda Guerra. 
L'impenetrabile lingua delle comunità native-americane dei Navajos venne sfruttata, forse un po' cinicamente come lascia intendere Fabrizio, per "sicurizzare" le comunicazioni radio nel teatro del Pacifico occidentale. Come molti ricorderanno sulla vicenda è stato girato qualche anno fa un popolare film di Hollywood. 
Vi lascio alla descrizione del museo dedicato a questi anonimi e incomprensibili eroi annotando semplicemente, a margine della conclusione californiana del viaggio di Fabrizio, il mio personale e nostalgico ricordo di Monterey, di Cannery Row e del grande acquario, dove un altro Lawendel - anzi un Lavendel, visto che per ragioni fonetiche la parte americana della famiglia ha rinunciato a una doppiavu slava che, credetemi, genera un sacco di confusione ed è fonte di continue punzecchiature per i giovani Lawendel iscritti alle scuole italiane - mio cugino Larry, ha lavorato a lungo come guardiano e illustratore naturalistico. Immagino che nel bookshop annesso si trovino ancora i mugs e altri souvenir disegnati da lui. 
Spero di rivelare a Fabrizio (nonostante la sua enciclopedica cultura) un altro piccolo intreccio turistico riferito al suo amore letterario liceale. Affacciata sulla spiaggia di Positano, adesso non ricordo più se su una parete della chies
a con la celebre cupola (ma forse no, mi sa che quella è un po' più arretrata), campeggia una scritta posta dal Comune di Positano per celebrare il soggiorno del grande scrittore negli anni '50. Ricordo di averla scoperta sei anni fa quando avevo trovato rifugio sulla Costiera amalfitana per scampare a un periodo bruttissimo e mi aveva fatto molta impressione perché Avevo visitato Cannery Row poco tempo prima. Quel tratto di costa è diventato uno dei miei tre o quattro luoghi dell'anima e auguro a Fabrizio e alla sua bellissima famiglia - sempre che non la conoscano già - di chiudere, su quella tirrenica riva, un cerchio di rimandi suggestivo come quello che il suo racconto ha suscitato in me. 

Il museo è a Tuba City, in Arizona. Gli USA adottano l'ora legale, con la comprensibile eccezione delle Hawaii e, molto meno comprensibilmente, dell'Arizona. Però, all'interno dell'Arizona, le riserve indiane adottano invece l'ora legale, per cui, per sapere che ore sono, in Arizona occorre sapere se si è all'interno di una riserva indiana oppure no.
Dopo la visita al Gran Canyon, ho dormito a Tuba City, che fa parte della Navajo Nation (quindi adotta l'ora legale). Prima scoperta: si pronuncia Nàvajo, con l'accento sulla prima A, e non sulla seconda come pensavo. Seconda scoperta: proprio accanto all'albergo, il Quality Inn Navajo Nation (l'unico nel raggio di decine di miglia), c'è un piccolo ma interessante museo dedicato al popolo Navajo, alla sua storia, alla sua cultura e alle sue tradizioni
Di recente è stata aggiunta una sala dedicata ai Code Talkers, con informazioni e reperti (radio, armi, materiali militari anche giapponesi), che si trova all'uscita della parte principale del museo. Non c'è molto, ma se ci si trova in zona vale certo la visita. Nell'adiacente trading post, tra gioielli e vasellame Navajo (belli), tappeti (molto belli, ma costano come tappeti persiani) e altri oggetti di artigianato, sono in vendita anche alcuni libri sui Code Talkers.
Una delle cose che ho notato è che c'è molto risentimento per lo sfruttamento dei Navajo e della loro lingua durante la II guerra mondiale, cui è seguito un abbandono quasi totale. In effetti, escludendo la cittadina di Tuba City, ho visto che molti vivono in baracche o accampamenti nel deserto, francamente in condizioni molto degradate. Non per nulla, all'interno delle riserve è vietata la vendita di alcolici (compresi vino e birra) nei locali pubblici e nei negozi. Nei cessi di una stazione di servizio lungo la freeway per andare al Grand Canyon (e intendo proprio cessi, date le condizioni igieniche) c'erano alcune indiane che facevano la doccia: evidentemente negli accampamenti acqua non ce n'è, se non per la pura sopravvivenza. E sempre lungo la freeway ci sono bancarelle che vendono piccoli oggetti di artigianato locale, ma penso che il giro di affari sia misero. Una buona fetta di popolazione è ridotta a vivere in condizioni squallide: evidentemente i Calderoli e i Borghezio non li abbiamo solo noi.
Il viaggio è andato bene, mi sono macinato 5300 km di auto e sono andato in pellegrinaggio a Salinas e Monterey per visitare i luoghi steinbeckiani (Steinbeck è stato una delle mie grandi passioni liceali). 
Cannery Row purtroppo è ridotto a una trappola per turisti, ma è stato comunque emozionante vederlo. C'è anche una radio, KNRY 1240 ( www.knry.com ), che ha gli studi su vicolo Cannery e l'antenna sulla spiaggetta lì accanto. L'acquario di Monterey è bello, anche se quello di Genova è *molto* superiore. Una cosa buffa è che c'è una sezione dedicata alle foche, che consiste in una semplice terrazza sull'oceano: le foche vivono selvatiche sugli scogli, non occorre allevarle in vasca.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ieri la VoA ha trasmesso un servizio su un museo simile, il National Cryptologic Museum della NSA, dove pure si fa riferimento ai Code Talkers.
http://www.voanews.com/specialenglish/2008-09-23-voa5.cfm

Andrea Lawendel ha detto...

Caspita, quello non è un semplice museo di campagna bensì "il" museo della crittografia! Nell'adiacente Surveillance Park si trovano adirittura due modelli di aerei-spia. La sezione sui code talkers la trovate illustrata anche sul sito Web, a questo indirizzo.
Grazie a Maurizio per la segnalazione del programma VOA.