A volte ti prende la voglia quasi famelica di vivere in un posto che pur non riuscendo a votare certe leggi riesce perlomeno a produrre e mettere in onda certi programmi radiofonici.
Oggi verso le sette di sera sono tornato al molo Ichnusa, la sede del Prix Italia a Cagliari, dopo l'intensa prima giornata del convegno EBU sulla radio digitale. Sul convegno devo mettermi a scrivere in modo più tranquillo, non riesco a fare come quei blogger americani capaci di raccontare uno speech in diretta su Twitter. Diciamo solo che la mattinata del convegno è stata molto stimolante, mentre il pomeriggio ha avuto momenti un po' meno informativi. Ho apprezzato finalmente l'idea di un convegno di alto livello, organizzato e seguito da gente che per la radio lavora tutto il giorno. E naturalmente il fatto che il mio amico Michael Mullane, il responsabile del New Radio Group dell'EBU e chairman della sessione mattutina, mi abbia fatto sprofondare sulla mia sedia aprendo la giornata con un annuncio stile "abbiamo con noi l'autore di uno dei migliori blog sulla radio, in any language". Questo davanti a 80 delegati di enti pubblici di Europa e Australiasa. Don't you dare to do that again, Mike, but thanks a lot. I really don't deserve it.
Allora, sono tornato al padiglione del molo e ho ingannato il tempo che ancora restava per lo spettacolo rievocativo del sessantesimo (non cinquantesimo come temo di aver scritto ieri) del Prix sedendomi a una delle postazioni multimediali utilizzate per visionare programmi e siti Web in concorso.
Ho scelto un documentario di Radio France il cui titolo mi aveva molto colpito ieri, quando lo avevo adocchiato nella stanza delle trascrizioni. Uno di quei titoli che di solito si evitano perché sin troppo descrittivi o diretti. Ma che in questo caso è l'unico a garantire obiettività e distacco. Suicidio assistito.
In Francia la legge non era passata nel 2005, almeno così racconta il protagonista di questo reportage, trasmesso il 4 aprile del 2007 da France Culture, Francis Rigoni. Il 30 marzo di quell'anno Francis ha compiuto letteralmente il suo ultimo viaggio. E' stato messo su un'ambulanza, ha percorso le poche centinaia di chilometri tra la sua Alsazia e Zurigo. E si è affidato alle mani pietose - io la penso così - dei medici della associazione Dignitas. Che insieme all'altra associazione, Exit, in base a una legge della Confederazione aiuta le persone affette dalle patologie più dolorose e degradanti a lasciare per sempre il loro corpo-prigione, ad addormentarsi e dimenticare un dolore ormai estraneo a qualsiasi sfera di umanità. A differenza di Exit, Dignitas accetta anche le richieste dei cittadini non svizzeri. Dal 1998 ad allora Dignitas aveva affiancato seicento esseri umani nella loro sacrosanta volontà di darsi una morte tranquilla a conclusione di una esistenza devastata dalla malattia.
"Suicide assisté" è un programma che difficilmente (e mi scuso con chi fosse eventualmente in grado di smentirmi) ascolteremo qui, magari sull'onda del pubblico dibattito suscitato dagli scandalosi casi di accanimento terapeutico giocati - in nome di principi nobili spesso strumentalizzati a fini politici - sulla pelle martoriata di tante famiglie. France Culture ha preso i suoi microfoni ed è andata ad ascoltare il racconto di Francis e sua moglie Christiane sulle motivazioni di una scelta così estrema e desolante (ma pur sempre conscia ed equilibrata). Francis era affetto da una siringomielia, una affezione degenerativa midollare che provoca difficoltà motorie e dolori lancinanti. Ma non uccide rapidamente.
C'è un particolare che basta a decretare in modo direi definitivo la superiorità del mezzo radiofonico nel riferire la testimonianza, il testamento spirituale di Francis. E non mi riferisco solo a una assenza di immagini che provoca una travolgente sensazione di intimità ed empatia. L'ascolto in cuffia restituisce ogni minima inflessione, ogni patologica costrizione, ogni pausa di arresto nel respiro del protagonista. Ti fa letteralmente sentire il suo strazio e la serenità disarmante, l'amore e. la rofonda religiosità, delle sue penultime parole:
Oggi verso le sette di sera sono tornato al molo Ichnusa, la sede del Prix Italia a Cagliari, dopo l'intensa prima giornata del convegno EBU sulla radio digitale. Sul convegno devo mettermi a scrivere in modo più tranquillo, non riesco a fare come quei blogger americani capaci di raccontare uno speech in diretta su Twitter. Diciamo solo che la mattinata del convegno è stata molto stimolante, mentre il pomeriggio ha avuto momenti un po' meno informativi. Ho apprezzato finalmente l'idea di un convegno di alto livello, organizzato e seguito da gente che per la radio lavora tutto il giorno. E naturalmente il fatto che il mio amico Michael Mullane, il responsabile del New Radio Group dell'EBU e chairman della sessione mattutina, mi abbia fatto sprofondare sulla mia sedia aprendo la giornata con un annuncio stile "abbiamo con noi l'autore di uno dei migliori blog sulla radio, in any language". Questo davanti a 80 delegati di enti pubblici di Europa e Australiasa. Don't you dare to do that again, Mike, but thanks a lot. I really don't deserve it.
Allora, sono tornato al padiglione del molo e ho ingannato il tempo che ancora restava per lo spettacolo rievocativo del sessantesimo (non cinquantesimo come temo di aver scritto ieri) del Prix sedendomi a una delle postazioni multimediali utilizzate per visionare programmi e siti Web in concorso.
Ho scelto un documentario di Radio France il cui titolo mi aveva molto colpito ieri, quando lo avevo adocchiato nella stanza delle trascrizioni. Uno di quei titoli che di solito si evitano perché sin troppo descrittivi o diretti. Ma che in questo caso è l'unico a garantire obiettività e distacco. Suicidio assistito.
In Francia la legge non era passata nel 2005, almeno così racconta il protagonista di questo reportage, trasmesso il 4 aprile del 2007 da France Culture, Francis Rigoni. Il 30 marzo di quell'anno Francis ha compiuto letteralmente il suo ultimo viaggio. E' stato messo su un'ambulanza, ha percorso le poche centinaia di chilometri tra la sua Alsazia e Zurigo. E si è affidato alle mani pietose - io la penso così - dei medici della associazione Dignitas. Che insieme all'altra associazione, Exit, in base a una legge della Confederazione aiuta le persone affette dalle patologie più dolorose e degradanti a lasciare per sempre il loro corpo-prigione, ad addormentarsi e dimenticare un dolore ormai estraneo a qualsiasi sfera di umanità. A differenza di Exit, Dignitas accetta anche le richieste dei cittadini non svizzeri. Dal 1998 ad allora Dignitas aveva affiancato seicento esseri umani nella loro sacrosanta volontà di darsi una morte tranquilla a conclusione di una esistenza devastata dalla malattia.
"Suicide assisté" è un programma che difficilmente (e mi scuso con chi fosse eventualmente in grado di smentirmi) ascolteremo qui, magari sull'onda del pubblico dibattito suscitato dagli scandalosi casi di accanimento terapeutico giocati - in nome di principi nobili spesso strumentalizzati a fini politici - sulla pelle martoriata di tante famiglie. France Culture ha preso i suoi microfoni ed è andata ad ascoltare il racconto di Francis e sua moglie Christiane sulle motivazioni di una scelta così estrema e desolante (ma pur sempre conscia ed equilibrata). Francis era affetto da una siringomielia, una affezione degenerativa midollare che provoca difficoltà motorie e dolori lancinanti. Ma non uccide rapidamente.
C'è un particolare che basta a decretare in modo direi definitivo la superiorità del mezzo radiofonico nel riferire la testimonianza, il testamento spirituale di Francis. E non mi riferisco solo a una assenza di immagini che provoca una travolgente sensazione di intimità ed empatia. L'ascolto in cuffia restituisce ogni minima inflessione, ogni patologica costrizione, ogni pausa di arresto nel respiro del protagonista. Ti fa letteralmente sentire il suo strazio e la serenità disarmante, l'amore e. la rofonda religiosità, delle sue penultime parole:
J'ai décidé de mourir. J'ai décidé d'aller en Suisse dans quelques jours, dans dixhuit jours exactement. A la fin du mois. Ce sera le 30... C'est un vendredi. J'ai pensé à mes accompagnants. Et c'est l'anniversaire de la naissance de ma maman, le 30 de ce mois.
Bon, il y aura le transport en ambulance jusq'à Zurich le jour même, ça va être déstabilisant, mais on va trouver dans les derniers moments, la dernière heure, on va amener de la musique douce et puis... Je boirai le cocktail et puis voilà. Et ce sera bien. Il n'y aura plus des douleurs. Et puis je penserai à toi, chérie. Je penserai à toi.
Bon, il y aura le transport en ambulance jusq'à Zurich le jour même, ça va être déstabilisant, mais on va trouver dans les derniers moments, la dernière heure, on va amener de la musique douce et puis... Je boirai le cocktail et puis voilà. Et ce sera bien. Il n'y aura plus des douleurs. Et puis je penserai à toi, chérie. Je penserai à toi.
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