Proprio mentre si cerca timidamente di avviare una doverosa discussione sulle conseguenze dello spazio che abbiamo dato (colpevolmente, a mio parere) in Italia ai discorsi apertamente xenofobi di una politica che non riesce a pensare prima di parlare e soprattutto a cultori e nostalgici dell'ideologia nazista, forse vale la pena riaprire i libri di storia, soffermarsi sugli strumenti utilizzati da quella ideologia per consolidare il suo potere attraverso un metodico condizionamento di una folla il cui consenso finì per essere sapientemente trasformato in una macchina distruttrice. Pensare che certe conseguenze del fanatismo siano irripetibili sarebbe una pericolosa illusione. Su scale quantitative a volte minori vediamo ogni giorno nel mondo i tangibili effetti del fanatismo e della sospensione di ogni giudizio. Purtroppo quando ci sono di mezzo vite innocenti (e come se non bastasse emarginate) sul piano qualitativo l'Italietta dei delitti a sfondo razzista non è troppo diversa dal Terzo Reich.
Il ruolo che la radio ebbe nella costruzione del consenso nazista è un dato di fatto ormai acquisito dagli storici. Leggo sulla mailing list del Group des recherches et d'études sur la radio che una studiosa francese, Muriel Favre, già autrice di diversi articoli sull'argomento, discuterà all'università di Paris Ouest Nanterre La Défense una tesi di dottorato intitolata "Les cérémonies radiophoniques du IIIe Reich". La Favre interveniva sulla questione anche in un suo saggio del 2004 apparso sulla rivista Les temps des médias con il titolo (ispirato a un dipinto del pittore tedesco Paul Mathias Padua, in cui veniva raffigurata una famiglia contadina assorta nel discorso di Hitler diffuso dal Volksempfänger, la "radio del popolo") Quand le Führer parle : le public des cérémonies radiophoniques du nazisme:
Retransmises en direct à la radio, les grandes cérémonies du IIIe Reich furent des événements médiatiques au plein sens du terme. Le plus souvent, les Allemands en suivirent la diffusion dans le cadre d’écoutes collectives obligatoires organisées dans les usines et les bureaux ou sur des places publiques aménagées pour l’occasion. Cette forme d’écoute particulière participait de la politique d’endoctrinement du régime nazi ; elle avait notamment pour but de renforcer chez les participants le sentiment d’appartenir à une « communauté nationale » unitaire et conquérante. Il est toutefois difficile d’estimer quels en furent véritablement les effets.
Oggi la radio non è più uno strumento propagandistico altrettanto efficace, ma le forme di "ascolto collettivo" e soprattutto acritico che ritroviamo nei comizi di certi partiti e raggruppamenti, nella retorica nazionalistica su identità culturali abilmente amplificate o inventate di sana pianta, conservano nel moderno contesto massmediatico della televisione e di Internet la temibile impronta del veleno di cui ci parla Muriel Favre. Contro quel veleno l'unico antidoto possibile è il pensiero razionale, il dialogo, la tolleranza: armi non letali ma capaci di spegnere gli altoparlanti dell'odio.
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