Il giudizio espresso da El Pais alla conclusione della spiacevole vicenda vissuta dalla giornalista spagnola Isabel Quintairos, è lapidario ma condivisibile. La catena radiofonica COPE, controllata dall'episcopato spagnolo: ha perso l'ennesima guerra. Isabel Quintairos è una gallega dall'aspetto combattivo, una faccia rotonda incorniciata di capelli lunghi e disordinati, apertamente grigi a dispetto di un'età non avanzata. Il volto di chi non si rassegna davanti ai sopprusi e al conformismo. Nell'aprile scorso la COPE aveva licenziato Isabel con due motivazioni alquanto pretestuose e sicuramente non professionali: Isabel si era sposata con una donna - cosa possibile, ormai lo sappiamo bene, nella Spagna di Zapatero; e aveva chiesto una aspettativa per poter lavorare sotto contratto per la formazione politica autonomista galiziana, il Bloque Nacionalista Gallego. Due cose che non sono piaciute ai sostenitori della Spagna una e cattolica e hanno determinato l'allontanamento di Isabel dai microfoni della COPE.
L'altro giorno la corte superiore di giustizia di Santiago ha dato ragione alla giornalista, che ha deciso comunque di lasciare la catena (di cui non condivide la svolta reazionaria), patteggiando una buona uscita di oltre 90 mila euro, un anno di stipendio anticipato e 3 mila euro di indennizzo morale.
Che cosa può essere accaduto in questi 25 anni ai vescovi spagnoli? Perché la COPE del brillante Federico Losantos prende posizioni così estreme su temi per i quali in fin dei conti la Chiesa cattolica finisce solo per sembrare arretrata e arrogante? Che c'entra il sacrosanto diritto dei fedeli all'integrità delle loro famiglie (che nessuno mai mette in discussione) con il non meno sacrosanto diritto di una professionista a lavorare a tutto vantaggio di una radiofonia di qualità, senza che i suoi orientamenti sessuali debbano interferire? Perché sposarsi con un individuo dello stesso sesso deve per forza essere percepito non come quell'atto d'amore che è ma come un odioso attentato alla libertà religiosa? Inutile cercare una risposta nella storia di Isabel, che a me sembra il piccolo grande simbolo di una civiltà democratica e laica capace di affermare le proprie convenzione, alla faccia di ogni oscurantismo.
Davanti al caso della giornalista che in Spagna deve subire un umiliante atto di accusa in nome delle proprie preferenze sessuali, mi viene in mente il caso di una scrittrice che ho conosciuto in questi giorni di vacanza. La norvegese Anne Holt è autrice di thriller di grande successo, che oggi vengono tradotti in altre lingue, italiano compreso. Ho letto, in inglese, il giallo pubblicato in Italia sotto il titolo "Quello che ti meriti" (non meno deludente dell'inglese "Punishment" rispetto all'originale "Det som er mitt" che per il poco che so dovrebbe suonare "Ciò che è mio".) Anne Holt è un avvocato che guarda caso ha lavorato per una stazione radiotelevisiva, la norvegese NRK, sia in veste di giornalista, sia all'interno dell'ufficio legale dell'emittente. L'esperienza le è valsa l'abiitazione a esercitare la professione di magistrato e la Holt è stata addirittura, per un breve periodo di tempo, ministro della Giustizia del suo Paese.
A poliziesco finito - lo consiglio caldamente a chi piace il genere, il plot convince dalla prima pagina fino all'inatteso finale - nella nota biografica dedicata all'autrice ho pensato a un refuso quando ho letto che Anne Holt "vive con sua moglie e una figlia" a Oslo. Ma non è un errore. O meglio, sono io ad aver rischiato la gaffe. Anne Holt è lesbica e anche lei, come Isabel Quintairos, ha regolarmente sposato una donna in un quadro legislativo che ammette serenamente tale possibilità. Due cose che non le hanno impedito di produrre programmi di successo e di diventare ministro di Giustizia, con la G maiuscola. Lo stesso mestiere, scrittrice e giornalista; analoghe esperienze lavorative nel campo della radio e tv; la militanza politica; le stesse "preferenze sessuali" che sembrano preoccupare tanto i vescovi. Mi sembrano due belle storie di due persone interessanti. Qui in Italia che fine farebbero Anne e Isabel? Professioniste, autrici, politiche di successo, o fenomeni da baraccone della sottocultura televisiva?
La Cope pacta una indemnización con la periodista despedida por lesbianaLa vicenda mi era sfuggita, ma leggendo le cronache e soprattutto i commenti riportati sui blog spagnoli nella primavera scorsa ho letto una frase molto eloquente. "A COPE en Vigo dos 80 e a de Jiménez Losantos son o día e a noite," scrive Ghanito sul suo "Apocalipse do Porco", blog in lingua galiziana.
La cadena de los obispos paga 93.000 euros, más 12.000 por salarios atrasados
ANNA FLOTATS - Santiago - 13/08/2008
La cadena Cope ha perdido una guerra. Después de 13 meses y una sentencia confirmada por el Tribunal Superior de Xustiza de Galicia (TSXG) que declara nulo el despido de la periodista Isabel Quintairos, la radio de los obispos ha pagado más de 90.000 euros de indemnización a la redactora.
Ayer Quintairos esperaba en el Juzgado de lo Social número 2 de Santiago que la funcionaria de la sala pronunciara su nombre y empezara el nuevo juicio. Por segunda vez en un año, tenía que volverse a sentar al lado del responsable de Recursos Humanos de la Cope. El mismo que la despidió el 18 de julio de 2007 por estar casada con una mujer y por haber trabajado para el BNG, según reza la sentencia que ha ratificado el TSXG. El mismo que la volvió a destituir dos días después de readmitirla -como obligaba el fallo- tras ofrecerle un cheque de más de 32.000 euros que la periodista rechazó. Durante esas dos jornadas, Quintairos estuvo sentada en una silla, apartada de la redacción y sin que nadie le asignara una tarea. El juicio por el segundo despido, sin embargo, no se celebró.
Los abogados de la emisora llegaron a un acuerdo con Quintairos por el que la periodista acepta el despido como improcedente -a pesar de la sentencia del TSXG, que lo declara nulo por "violar los derechos fundamentales" de la trabajadora- y la Cope se compromete a no recurrir el fallo del Tribunal. Además de los más de 93.000 euros de indemnización -casi el doble de lo que le correspondería por despido improcedente-, Quintairos cobrará otros 12.000 euros por los salarios de tramitación -hasta hoy sólo había recibido la prestación por desempleo- y la Cope le pagará 3.000 euros más por daños morales.
El punto final a "13 meses muy duros" para Quintairos, son, según la abogada de la periodista, Patricia López Arnoso, "una satisfacción moral y una victoria judicial en un proceso que demuestra que la Cope discrimina". La letrada asegura que la sentencia del TSXG "es un avance social, un hito que sienta precedente" en la jurisprudencia española. "Hasta donde sabemos", explica, "es el primer fallo sobre discriminación por matrimonio homosexual en el país".
La Cope perdió, desde el primer día, todas las batallas de este proceso judicial. Recusó a la magistrada del Juzgado de lo Social número 2 de Santiago, Ana López Suevos, por dictar la sentencia en gallego -"una lengua oficial o tal vez algún dialecto" que los abogados de la cadena no advirtieron desconocer durante el juicio-, pero el Consejo General del Poder Judicial archivó la causa. Luego la emisora de los obispos recurrió, sin éxito, la sentencia al Tribunal Superior de Xustiza de Galicia.
A pesar de su tenacidad, Quintairos insiste en que nunca se propuso ser "la bandera de nadie". "Lo hice por mí. Decidí que no me podía rendir, que nadie podía manejar mi vida personal y, a raíz de ello, mi vida profesional", explicaba ayer poco después de zanjar la relación laboral con la cadena para la que trabajó casi 20 años. A su lado, estaba la presidenta del comité de empresa de la Cope, Carmen Pérez, quien ha apoyado a la periodista en todo momento. Lo mismo hicieron, en su día, el Colexio de Xornalistas de Galicia y varias asociaciones de prensa.
Con dos años de paro por delante, Quintairos se replantea ahora su futuro porque, "por el giro que ha dado la emisora en los últimos años", tampoco quería seguir en la cadena. "No estaba dispuesta a que [la Cope] se librara de mí y se fuera de rositas porque una empresa no puede decirte cómo tienes que vivir o con quien te tienes que casar". El ideario de la emisora afirma, sin embargo, que la cadena debe difundir "el concepto cristiano del matrimonio, la familia y la sexualidad".
Che cosa può essere accaduto in questi 25 anni ai vescovi spagnoli? Perché la COPE del brillante Federico Losantos prende posizioni così estreme su temi per i quali in fin dei conti la Chiesa cattolica finisce solo per sembrare arretrata e arrogante? Che c'entra il sacrosanto diritto dei fedeli all'integrità delle loro famiglie (che nessuno mai mette in discussione) con il non meno sacrosanto diritto di una professionista a lavorare a tutto vantaggio di una radiofonia di qualità, senza che i suoi orientamenti sessuali debbano interferire? Perché sposarsi con un individuo dello stesso sesso deve per forza essere percepito non come quell'atto d'amore che è ma come un odioso attentato alla libertà religiosa? Inutile cercare una risposta nella storia di Isabel, che a me sembra il piccolo grande simbolo di una civiltà democratica e laica capace di affermare le proprie convenzione, alla faccia di ogni oscurantismo.
Davanti al caso della giornalista che in Spagna deve subire un umiliante atto di accusa in nome delle proprie preferenze sessuali, mi viene in mente il caso di una scrittrice che ho conosciuto in questi giorni di vacanza. La norvegese Anne Holt è autrice di thriller di grande successo, che oggi vengono tradotti in altre lingue, italiano compreso. Ho letto, in inglese, il giallo pubblicato in Italia sotto il titolo "Quello che ti meriti" (non meno deludente dell'inglese "Punishment" rispetto all'originale "Det som er mitt" che per il poco che so dovrebbe suonare "Ciò che è mio".) Anne Holt è un avvocato che guarda caso ha lavorato per una stazione radiotelevisiva, la norvegese NRK, sia in veste di giornalista, sia all'interno dell'ufficio legale dell'emittente. L'esperienza le è valsa l'abiitazione a esercitare la professione di magistrato e la Holt è stata addirittura, per un breve periodo di tempo, ministro della Giustizia del suo Paese.
A poliziesco finito - lo consiglio caldamente a chi piace il genere, il plot convince dalla prima pagina fino all'inatteso finale - nella nota biografica dedicata all'autrice ho pensato a un refuso quando ho letto che Anne Holt "vive con sua moglie e una figlia" a Oslo. Ma non è un errore. O meglio, sono io ad aver rischiato la gaffe. Anne Holt è lesbica e anche lei, come Isabel Quintairos, ha regolarmente sposato una donna in un quadro legislativo che ammette serenamente tale possibilità. Due cose che non le hanno impedito di produrre programmi di successo e di diventare ministro di Giustizia, con la G maiuscola. Lo stesso mestiere, scrittrice e giornalista; analoghe esperienze lavorative nel campo della radio e tv; la militanza politica; le stesse "preferenze sessuali" che sembrano preoccupare tanto i vescovi. Mi sembrano due belle storie di due persone interessanti. Qui in Italia che fine farebbero Anne e Isabel? Professioniste, autrici, politiche di successo, o fenomeni da baraccone della sottocultura televisiva?
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