Mi sembra di grande qualità la discussione - nella Napoli assediata dai rifiuti e da un vergognoso gioco al rimpiattino di una politica che sa solo essere complice del degrado - che si sta svolgendo nel quadro del Festival della Traduzione. Oggi si è parlato di plurilinguismo e (in)traducibilità.
Nel corso di "Esistono gli intraducibili?", la filologa francese «Barbara Cassin presenta il meraviglioso Dizionario degli intraducibili letterari, da lei stessa curato, un volume che raccoglie migliaia di parole da tutte le lingue europee impossibili da tradurre in qualsiasi altra lingua che non sia quella che le ha generate. Si affaccia al discorso un’idea non negativa di intraducibile e di differenza, come se il limite al trasporto di un concetto da una lingua a un’altra divenisse l’occasione per un superamento del punto di partenza. Questo perché, in realtà, come sottolinea l’intervento di Barbara Cassin, intraducibile è ciò che non cessa mai di essere tradotto. La traduzione racchiude la semantica del tramandare, concetto chiave per un’Europa ultimamente troppo incline a dimenticare le tragedie che ha dovuto sperimentare nel corso della sua storia.
La lingua, continua Barbara Cassin, citando Lacan, è “l’integrale degli equivoci che la sua storia le ha lasciato decantare”. L’errore, l’angolo preso male lungo il percorso, la deviazione dalla purezza originaria, non sono altro che occasioni di superamento e ripetizione in altra forma di tutto il senso e di tutti i valori di cui una cultura si fa portatrice attiva quando è pronta a non cristallizzarsi in rigidi schematismi nazionalistici.»
Ho ricevuto da Gianna Fusco alcuni comunicati che fanno il punto sui primi giorni del Festival, in programma ancora per tutta la settimana. "Esistono gli intraducibili" ha visto la partecipazione, accanto alla Cassin, anche Franco Buffoni (direttore di “Testo a Fronte”) e Riccardo Pozzo, (Direttore CNR – Lessico Intellettuale Europeo) con la moderazione di Camilla Miglio e per la cura di Daniela Allocca e Domenico Ingenito.
Leggo ancora dal comunicato: «L’intraducibile: confrontarsi con ciò che non può esser detto è il tormento di ogni traduttore, ma anche la forza attiva che mostra, nel suo limite, tutte le potenzialità del plurilinguismo e della differenza culturale.
«Camilla Miglio, project manager del Festival della Traduzione “Tradurre (in) Europa” (Napoli 22-29 novembre 2010) apre di nuovo le porte del Rettorato dell’Università di Napoli “L’Orientale” e, in una sala colma di studenti, studiosi, traduttori e intellettuali fermamente convinti che la rinascita napoletana passi per la commistione culturale e lo sguardo sull’alterità, ci introduce al dibattito teorico sul concetto di intraducibile.»
Dopo la Cassin «Franco Buffoni, poeta, saggista, traduttore, studioso e direttore di Testo a Fronte, la più importante rivista europea di traduzione letteraria, insiste sul significato politico del superamento della purezza intoccabile dei testi originali rispetto alla possibilità della loro traduzione. Il concetto di intraducibile per Buffoni va ridiscusso radicalmente proprio a Napoli, per combattere parte del crocianesimo che negli ultimi anni ha negato l’autonomia estetica del testo tradotto. Riccardo Pozzo, ricercatore del CNR, presenta il "Lessico Intellettuale Europeo", e segnala i percorsi anomali e non immediatamente lineari che hanno contraddistinto la formazione dell’identità culturale europea, parte di quel patrimonio filosofico greco classico tramandato da Averroè e trasportato dal Marocco alla Spagna a dorso di cammello accanto alla salma del filosofo arabofono. Lo studioso chiama in causa direttamente la questione dell’immigrazione, sottolineando quanto sia cruciale che i figli degli immigrati crescano conservando la propria lingua materna.
Abbiamo bisogno di pluralità, lasciare che le parole seducano costantemente gli oggetti che designano, per cambiare gli oggetti stessi, sottolinea ancora Barbara Cassin. Affidare al plurilinguismo il destino culturale dell’Europa significa realizzare una politica concreta già nel rapporto con le lingue e le rispettive letterature, per dare vita a un nuovo programma civile laddove le istituzioni sono immobilizzate nel mutismo, mentre le parole d’altri suoni, d’altri spazi, lasciano che il mondo vibri di rinnovato senso.»
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