In fin dei conti si sapeva perfettamente che saremmo arrivati davanti a questo bivio. Questa mattina e anche nei giorni immediatamente precedenti tutti i massmedia britannici riportano la notizia secondo cui un rapporto del Digital Radio Working Group commissionato direttamente dal governo suggerisce la data del 2017 come possibile data di definitiva chiusura delle trasmissioni radiofoniche analogiche in Gran Bretagna. Quella che pubblico qui è la storia raccontata dal Financial Times, so che non dovrei violare così spudoratamente il copyright del giornale ma è la corrispondenza migliore e più autorevole che ho trovato. Se vi interessa leggere il report (se siete arrivati sin qui probabilmente vi interessa), lo troverete sul sito del Dipartimento britannico per la Cultura, i Media e gli Sport. Il DRWG fissa un possibile calendario che prefigura per la radio digitale un percorso del tutto simile a quello della tv digitale, con tanto di intervento pubblico per assicurare la copertura delle regioni più periferiche, dove i costi di nuove infrastrutture sarebbero troppo onerosi per i privati.
Lo sto ripetendo da anni. Sperare che la radio digitale diventi un successo commerciale nella situazione attuale, in cui il servizio percorre un binario parallelo e alternativo, è almeno per il momento del tutto vano. Se l'interesse commerciale e la sensazione che la radio digitale possa davvero offrire un servizio migliore rispetto a quella analogica sono diventati una spinta troppo inarrestabile (come pare sia successo in Gran Bretagna), allora l'unico modo perché la radio digitale diventi una realtà consiste nell'agire come si è fatto con il DVB-T: si fissa una data di scadenza, si fa una campagna di sensibilizzazione, si crea un mercato dei componenti e dei terminali e arrivata la data ftidica si spegne, si manda a casa la vecchia radio. E visto che è inverosimile che la spinta al cambiamento possa contare sul "momento di massa" necessario solo in alcune aree geografiche, è verosimile che una azione tanto energica debba essere decisa e coordinata almeno a livello continentale. In altre parole, se il mondo industriale, l'insieme dei produttori di contenuti e i consumatori vogliono davvero la radio digitale, lo switch over della radio analogica non potrà riguardare solo la Gran Bretagna ma l'Europa, il Nord America, il Giappone, il mondo. Aut aut. Se radio digitale dev'essere, la radio così come la conosciamo deve sparire, non ci si può permettere il rischio di lasciare in vita alcune "sacche" di analogico, la banda FM per esempio (le onde medie sono già condannate quasi ovunque in occidente). La radio vecchia costituirebbe sempre un'alternativa praticabile, minando il modello della radio futura.
E' verosimile che questo accada? Che una data di switchover venga presa anche da noi? Dipende naturalmente dal grado di coinvolgimento delle autorità europee. E che cosa succederà nel day after? La radio digitale sarà davvero "migliore" di quella che abbiamo adesso? Sarà possibile ascoltare ovunque la stessa offerta, magari con un migliore segnale? Senza alcuna rinuncia? Queste sono le domande che si pone un vecchio appassionato nostalgico. Forse non sono le stesse che i rampanti giovani ingegneri e gli economisti che sicuramente compongono il Digital Radio Working Group hanno delineato nel report di cui abbiamo parlato, trovando sicuramente una risposta razionale e convincente. Il che mi fa tornare in mente quello che diceva non so più quale scienziato (sono uno scrivano ignorante oltre che senile, ecco la verità): quando non riesci a trovare la risposta a un problema, forse è il caso che tu ti ponga una domanda diversa.
Lo sto ripetendo da anni. Sperare che la radio digitale diventi un successo commerciale nella situazione attuale, in cui il servizio percorre un binario parallelo e alternativo, è almeno per il momento del tutto vano. Se l'interesse commerciale e la sensazione che la radio digitale possa davvero offrire un servizio migliore rispetto a quella analogica sono diventati una spinta troppo inarrestabile (come pare sia successo in Gran Bretagna), allora l'unico modo perché la radio digitale diventi una realtà consiste nell'agire come si è fatto con il DVB-T: si fissa una data di scadenza, si fa una campagna di sensibilizzazione, si crea un mercato dei componenti e dei terminali e arrivata la data ftidica si spegne, si manda a casa la vecchia radio. E visto che è inverosimile che la spinta al cambiamento possa contare sul "momento di massa" necessario solo in alcune aree geografiche, è verosimile che una azione tanto energica debba essere decisa e coordinata almeno a livello continentale. In altre parole, se il mondo industriale, l'insieme dei produttori di contenuti e i consumatori vogliono davvero la radio digitale, lo switch over della radio analogica non potrà riguardare solo la Gran Bretagna ma l'Europa, il Nord America, il Giappone, il mondo. Aut aut. Se radio digitale dev'essere, la radio così come la conosciamo deve sparire, non ci si può permettere il rischio di lasciare in vita alcune "sacche" di analogico, la banda FM per esempio (le onde medie sono già condannate quasi ovunque in occidente). La radio vecchia costituirebbe sempre un'alternativa praticabile, minando il modello della radio futura.
E' verosimile che questo accada? Che una data di switchover venga presa anche da noi? Dipende naturalmente dal grado di coinvolgimento delle autorità europee. E che cosa succederà nel day after? La radio digitale sarà davvero "migliore" di quella che abbiamo adesso? Sarà possibile ascoltare ovunque la stessa offerta, magari con un migliore segnale? Senza alcuna rinuncia? Queste sono le domande che si pone un vecchio appassionato nostalgico. Forse non sono le stesse che i rampanti giovani ingegneri e gli economisti che sicuramente compongono il Digital Radio Working Group hanno delineato nel report di cui abbiamo parlato, trovando sicuramente una risposta razionale e convincente. Il che mi fa tornare in mente quello che diceva non so più quale scienziato (sono uno scrivano ignorante oltre che senile, ecco la verità): quando non riesci a trovare la risposta a un problema, forse è il caso che tu ti ponga una domanda diversa.
Switchover to digital radio could come in 2017
By Ben Fenton, Chief Media Correspondent
Published: December 20 2008 02:00
The switchover from analogue to digital radio could begin as early as 2017, a government-commissioned report said yesterday.
But the Digital Radio Working Group said there would need to be a relaxation of regulatory burdens and subsidised transmission costs to make digital radio a success. By 2020, there is likely to be no analogue radio broadcasting at all in the UK, the report suggested.
The findings are likely to be broadly accepted by the government according to two people with detailed knowledge of the process, but the call for direct subsidy so that rural areas can be served by commercial stations is a more controversial request. "In the short-term we believe the government should consider options for funding to support the reduction of carriage costs," the report said.
Members of the DRWG told the FT that without direct subsidy from the Treasury or partnerships with the BBC, commercial stations would be unable to justify broadcasting on digital in some areas, mostly rural and mountainous areas of England, Wales and -Scotland.
The report laid out a timetable under which radio will follow a similar path to television, which will be available only on digital receivers across the UK by the end of 2012. The DRWG said there should be "trigger points" indicating that the country is ready to begin the transition to digital radio only.
The most important is that 50 per cent of the hours spent listening to UK radio should be on digital radio sets.
The figure is currently 18.7 per cent and industry experts believe it is realistic to expect the trigger point to be reached in 2015.
Whenever the trigger points are reached, there would then be a two-year notice period before the first, and much the largest, tranche of stations "migrate" from FM or AM to Digital Audio Broadcasting (DAB). This group would include all BBC and commercial national stations, ranging from Radio 2 to Classic FM, as well as the major regional stations. Within three years of beginning the migration, all local and community radio stations would be expected to be ready for transmission on digital radio and the analogue spectrum would be available to be auctioned off by the government by 2020.
The industry universally welcomed the findings of the DRWG. Simon Cole, the chairman of the Digital Radio Development Bureau, said: "This is not an if. This is a when, and that is very important. We know what the timetable is."
Commercial radio stations, most of which are held by privately controlled businesses, have been suffering from the cost of having to transmit digital and analogue signals simultaneously. It is estimated that each costs the commercial industry £25m a year.
The DRWG also said in its report: "In exchange for its ongoing and future commitment to DAB, we believe the radio industry must have greater certainty and control of its future." Proposals include guarantees on licence renewal, a relaxation of current requirements on how much local content stations must carry and greater freedom to merge local broadcasting networks without fear of reference to competition authorities.
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