Quanto sono lunghi quarantacinque anni? Se stai per compierne quattro di più, come succede a me, la risposta è: sorprendentemente poco. Per chi viveva in un posto come la Romania nei quarantacinque anni della guerra fredda, la risposta sarà sicuramente stata diversa.
Difficilmente avremo mai modo di assistere dalle nostre parti alla proiezione di Cold Waves/Razboi pe calea undelor, il documentario del regista rumeno Alexandru Solomon sulla storia dei servizi rumeni di Radio Free Europe incluso in questi giorni a Sheffield in occasione di Doc/Fest (trovate una scheda su Cold Waves anche qui). Peccato perché sarebbe una magnifica occasione anche per coinvolgere tanti rumeni che lavorano in Italia per una discussione sulle nostre storie recenti. Ascoltando la breve intervista che il canale televisivo satellitare Arte ha fatto a Solomon qualche tempo fa, emerge la contraddizione di una Romania in cui ancora oggi molti membri della Securitate occupano posizioni di rilievo. E leggendo le cronache di quel che succede dalle nostre parti, spesso mi trovo a pensare che la Romania non è l'unica nazione incapace di affrontare di petto, mettendo tutte le cose al posto giusto, i problemi della propria storia recente.
Prodotto lo scorso anno Cold Waves è la storia di una guerra senza esclusioni di colpi (perfino un attentato esplosivo nel 1981 nella sede della stazione, a Monaco: documenti descretati nel 2007 rivelano che a ordinare l'attacco fu Nicolae Ceausescu in persona e l'obiettivo era il capo del desk di RFE/RL in lingua rumena, Noel Bernard ). Fu la lotta tra la polizia segreta di quello che è stato forse il regime comunista più grottesco e spietato dell'ex Europa dell'Est e il suo nemico più pericoloso, Radio Free Europe. Nel documentario di Solomon tornano a riunirsi i "buoni" e i "cattivi" di quella guerra, i redattori, i poliziotti, gli attentatori e gli ascoltatori che si trovavano in mezzo. Tutti, negli anni settanta, ascoltavano il fatidico annuncio Aici Radio Europa Libera, e tutti rischiavano gravi conseguenze, perché persino un invasato come Ceausescu sapeva che a lungo andare la guerra delle onde sarebbe stata persa. Era solo questione di tempo, un tempo occupato da una repressione tanto inane quanto implacabile. Di quella guerra però i rumeni cominciano a parlare solo ora. Troppo doloroso, dicono. E parecchio scomodo per chi, dentro e fuori, non è mai cambiato.
Il sito Web del film propone un breve trailer e qualche fotografia mentre dal sito del distributore, una società lussemburghese (Mediaset dovrebbe precipitarsi...) c'è il video del servizio trasmesso da Arte.
Difficilmente avremo mai modo di assistere dalle nostre parti alla proiezione di Cold Waves/Razboi pe calea undelor, il documentario del regista rumeno Alexandru Solomon sulla storia dei servizi rumeni di Radio Free Europe incluso in questi giorni a Sheffield in occasione di Doc/Fest (trovate una scheda su Cold Waves anche qui). Peccato perché sarebbe una magnifica occasione anche per coinvolgere tanti rumeni che lavorano in Italia per una discussione sulle nostre storie recenti. Ascoltando la breve intervista che il canale televisivo satellitare Arte ha fatto a Solomon qualche tempo fa, emerge la contraddizione di una Romania in cui ancora oggi molti membri della Securitate occupano posizioni di rilievo. E leggendo le cronache di quel che succede dalle nostre parti, spesso mi trovo a pensare che la Romania non è l'unica nazione incapace di affrontare di petto, mettendo tutte le cose al posto giusto, i problemi della propria storia recente.
Prodotto lo scorso anno Cold Waves è la storia di una guerra senza esclusioni di colpi (perfino un attentato esplosivo nel 1981 nella sede della stazione, a Monaco: documenti descretati nel 2007 rivelano che a ordinare l'attacco fu Nicolae Ceausescu in persona e l'obiettivo era il capo del desk di RFE/RL in lingua rumena, Noel Bernard ). Fu la lotta tra la polizia segreta di quello che è stato forse il regime comunista più grottesco e spietato dell'ex Europa dell'Est e il suo nemico più pericoloso, Radio Free Europe. Nel documentario di Solomon tornano a riunirsi i "buoni" e i "cattivi" di quella guerra, i redattori, i poliziotti, gli attentatori e gli ascoltatori che si trovavano in mezzo. Tutti, negli anni settanta, ascoltavano il fatidico annuncio Aici Radio Europa Libera, e tutti rischiavano gravi conseguenze, perché persino un invasato come Ceausescu sapeva che a lungo andare la guerra delle onde sarebbe stata persa. Era solo questione di tempo, un tempo occupato da una repressione tanto inane quanto implacabile. Di quella guerra però i rumeni cominciano a parlare solo ora. Troppo doloroso, dicono. E parecchio scomodo per chi, dentro e fuori, non è mai cambiato.
Il sito Web del film propone un breve trailer e qualche fotografia mentre dal sito del distributore, una società lussemburghese (Mediaset dovrebbe precipitarsi...) c'è il video del servizio trasmesso da Arte.
Nessun documentario potrà più restituire certe sensazioni a noi spettatori indiretti che assistevamo alla battaglia come i contadini e gli occasionali viaggiatori che, si racconta, seguissero gli scontri campali durante le campagne napoleoniche. Dietro l'altoparlante dei nostri Grundig Satellit. Radio Free Europe trasmetteva simultaneamente in più lingue europee orientali, su decine di frequenze. Quasi ogni canale era accompagnato dal gorgoglìo di un jammer. In famiglia ogni tanto facevo sentire le trasmissioni in polacco di Radio Svoboda, mia nonna e mio padre mi dicevano che i programmi sembravano interessanti, ma perfino due espatriati con forti sentimenti anticomunisti dovevano essere sostanzialmente indifferenti a quelle trasmissioni. Figuriamoci oggi, un'epoca in cui un film in bianco e nero fa pensare a un televisore rotto ed è difficile immaginarsi una realtà senza i giornali di Internet, senza la tv satellitare che pure arrivò ben dopo gli anni settanta, quando il muro era lì lì per crollare. Nelle cucine in formica di Bucarest, Praga o Varsavia, in quelle sere da coprifuoco, gli altoparlanti dei ricevitori a onde corte dovevano rappresentare qualcosa di molto diverso. Ma che scia di disillusioni si porta dietro oggi, nel dopoguerra, quel ricordo?
2 commenti:
Complimenti per il post. Comunque neanche noi romeni siamo riusciti a vedere il film. Sembra introvabile. Nei cinema è girato pochissimo e non è ancora uscito in dvd. Spero che lo facciano uscire presto perché è un anno che lo voglio vedere.
Grazie Razvan e complimenti per il blog
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