Il vincitore morale della corsa elettorale americana si chiama, evidentemente, Barack Obama. La sua è una vittoria che parla, nel quarantesimo anniversario dell'uccisione del Pastore battista Martin Luther King, di riscatto per chi ha subito torti e pregiudizi, di rilancio di valori collettivi che otto anni di una presidenza impregnata di arroganza e interessi particolari avevano bellamente calpestato.
Ma c'è anche uno strano vincitore immorale, l'insieme delle cosiddette "hate stations", le stazioni radio dell'odio, quello riversato sul candidato Obama e paradossalmente sul suo avversario McCain giudicato troppo debole e non sufficientemente schierato dalla parte dell'America bianca, tradizionalista e radicale. Le talk radio ultraconservatrici, l'acida "operazione caos" diretta da Rush Limbaugh, non sono riuscite a contrastare il vento di cambiamento soffiato da Obama. Hanno perso le elezioni. O no?
All'indomani della proclamazione dei risultati la stampa americana è quasi unanime nel riconoscere che una presidenza Obama non può che giovare ai commentatori oltranzisti. Che scaveranno le loro trincee e ricominceranno a vomitare il loro veleno contro tutte le iniziative della nuova amministrazione. Soprattutto contro la temutissima ripresa della Fairness Doctrine, la legge sulla par condicio nei media, che la FCC ha abolito nel 1987 su iniziativa dell'allora commissario Mark Fowler, guarda caso uno dei capi della campagna elettorale di Ronald Reagan.
Il sito del buon Rush, smessi gli inutili manifesti di Operation Chaos, oggi commenta il risultato negativo di una Borsa ormai compromessa da anni di finanza creativa neoliberista con uno spudorato "Obama recession in full swing", come se i crolli in atto da un mese a questa parte fossero una sorta di reazione preventiva alla inevitabile elezione del president elect "abbronzato".
I toni utilizzati dai vari Limbaugh e Savage fanno sembrare il nostro Libero un sobrio quotidiano britannico, un tempio dell'understatement. E Gasparri misurato come un parlamentare svizzero. Tanto da spingere gli analisti mediatici americani a interrogarsi sugli effetti devastanti che i continui insulti, la paranoia, gli appelli alla resistenza armata (il figlio di Ronald Reagan tempo fa sproloquiava nel corso del suo programma radiofonico sulla necessità di armarsi e andare a sparare al regista Michael Moore: "prendete la pistola è sparategli, è vostro diritto eliminare i traditori degli Stati Uniti"), finiscono per avere sul dibattito politico. Ho scovato, grazie agli archivi di CurrentTV, un bellissimo documentario realizzato per il canale televisivo pubblico PBS, nel programma Bill Moyers Journal. Tra l'altro l'archivio della PBS inserisce anche l'intera trascrizione del voice over, si può seguire la storia con tutta calma. La trasmissione Rage on the radio, Rabbia alla radio, era andata in onda il 12 settembre, quasi due mesi prima delle elezioni. Una spietata denuncia dell'industria degli "shock jock", i conduttori-choc della radio più velenosa in America. Shock Jock è anche il titolo di un libro del critico liberal Rory O'Connor (ne ho parlato tempo fa, qui su RP). Nel programma di Moyers gli intervistati arrivano a sostenere che i conduttori-choc riescono ormai a influire sull'iter delle leggi. E uno dei tanti folli assassini che negli Stati Uniti entrano nelle scuole armati fino ai denti e sparano a qualunque cosa si muova dopo l'arresto aveva dichiarato di aver agito così perché glielo aveva detta la radio. La stessa PBS ha realizzato una pagina dedicata alla storia della talk radio. Un fenomeno, un linguaggio grondante astio e indignazione maniacale, che oltreoceano vengono presi estremamente sul serio. Perché una democrazia non può vivere se una parte dell'elettorato se ne sta asserragliato in trincea interpretando ogni minimo intervento governativo come una specie di attacco personale, come un soppruso. E sogna neanche tanto nascostamente di sparare all'avversario. E' una cosa che dovrebbe fare paura a tutti.
Altro che i sorrisini condiscendenti che dalle nostre parti infiocchettano i volti patibolari, le tragiche maschere di arroganza e incompetenza dei nostri rappresentanti politici ogni volta che il loro capo supremo pronuncia una delle sue divertentissime e opportunissime battute.
Ma c'è anche uno strano vincitore immorale, l'insieme delle cosiddette "hate stations", le stazioni radio dell'odio, quello riversato sul candidato Obama e paradossalmente sul suo avversario McCain giudicato troppo debole e non sufficientemente schierato dalla parte dell'America bianca, tradizionalista e radicale. Le talk radio ultraconservatrici, l'acida "operazione caos" diretta da Rush Limbaugh, non sono riuscite a contrastare il vento di cambiamento soffiato da Obama. Hanno perso le elezioni. O no?
All'indomani della proclamazione dei risultati la stampa americana è quasi unanime nel riconoscere che una presidenza Obama non può che giovare ai commentatori oltranzisti. Che scaveranno le loro trincee e ricominceranno a vomitare il loro veleno contro tutte le iniziative della nuova amministrazione. Soprattutto contro la temutissima ripresa della Fairness Doctrine, la legge sulla par condicio nei media, che la FCC ha abolito nel 1987 su iniziativa dell'allora commissario Mark Fowler, guarda caso uno dei capi della campagna elettorale di Ronald Reagan.
Il sito del buon Rush, smessi gli inutili manifesti di Operation Chaos, oggi commenta il risultato negativo di una Borsa ormai compromessa da anni di finanza creativa neoliberista con uno spudorato "Obama recession in full swing", come se i crolli in atto da un mese a questa parte fossero una sorta di reazione preventiva alla inevitabile elezione del president elect "abbronzato".
I toni utilizzati dai vari Limbaugh e Savage fanno sembrare il nostro Libero un sobrio quotidiano britannico, un tempio dell'understatement. E Gasparri misurato come un parlamentare svizzero. Tanto da spingere gli analisti mediatici americani a interrogarsi sugli effetti devastanti che i continui insulti, la paranoia, gli appelli alla resistenza armata (il figlio di Ronald Reagan tempo fa sproloquiava nel corso del suo programma radiofonico sulla necessità di armarsi e andare a sparare al regista Michael Moore: "prendete la pistola è sparategli, è vostro diritto eliminare i traditori degli Stati Uniti"), finiscono per avere sul dibattito politico. Ho scovato, grazie agli archivi di CurrentTV, un bellissimo documentario realizzato per il canale televisivo pubblico PBS, nel programma Bill Moyers Journal. Tra l'altro l'archivio della PBS inserisce anche l'intera trascrizione del voice over, si può seguire la storia con tutta calma. La trasmissione Rage on the radio, Rabbia alla radio, era andata in onda il 12 settembre, quasi due mesi prima delle elezioni. Una spietata denuncia dell'industria degli "shock jock", i conduttori-choc della radio più velenosa in America. Shock Jock è anche il titolo di un libro del critico liberal Rory O'Connor (ne ho parlato tempo fa, qui su RP). Nel programma di Moyers gli intervistati arrivano a sostenere che i conduttori-choc riescono ormai a influire sull'iter delle leggi. E uno dei tanti folli assassini che negli Stati Uniti entrano nelle scuole armati fino ai denti e sparano a qualunque cosa si muova dopo l'arresto aveva dichiarato di aver agito così perché glielo aveva detta la radio. La stessa PBS ha realizzato una pagina dedicata alla storia della talk radio. Un fenomeno, un linguaggio grondante astio e indignazione maniacale, che oltreoceano vengono presi estremamente sul serio. Perché una democrazia non può vivere se una parte dell'elettorato se ne sta asserragliato in trincea interpretando ogni minimo intervento governativo come una specie di attacco personale, come un soppruso. E sogna neanche tanto nascostamente di sparare all'avversario. E' una cosa che dovrebbe fare paura a tutti.
Altro che i sorrisini condiscendenti che dalle nostre parti infiocchettano i volti patibolari, le tragiche maschere di arroganza e incompetenza dei nostri rappresentanti politici ogni volta che il loro capo supremo pronuncia una delle sue divertentissime e opportunissime battute.
Right-wing radio feasts like its ’92
They talk gloom, but face boom
By Jessica Heslam Thursday, November 6, 2008
Conservative talk radio yakkers took to the airwaves yesterday as though they were approaching the guillotine, all doom and gloom the morning after Barack Obama’s presidential victory. “The process of rebuilding the conservative movement has begun,” declared Rush Limbaugh. WTKK-FM (96.9) host Jay Severin played a clip of Obama’s acceptance speech, then told the president-elect to “go screw yourself.”
Over at WRKO-AM (680), Howie Carr told listeners, “We live in a moonbat country now.” They can moan and groan all they want, but the reality is an Obama presidency and Democratic rule is great for right-wing radio.
Just ask Limbaugh what Bill Clinton did for his radio career. “It’ll be very good for conservative talk radio, because they’ll be able to play the role that talk radio plays so well - and that is challenging power and the establisment,” said Michael Harrison, publisher of Talkers Magazine.
Harrison said the conservative movement in America feels “like it’s up against the world” right now and that’s when people “rally around any medium that supports it - when it feels put upon.” That’s the biggest problem liberal talk radio has always had, Harrison said. “Even when they were in opposition to George Bush and his administration, they still didn’t feel that the world was against them,” Harrison said.
WTKK’s Michael Graham said there’s going to be a “boon overall” for talk radio, because “where else will you go” to complain? More than 450 listeners sent e-mails to the conservative’s show yesterday and his phone lines have been loaded for weeks. “This is a huge opportunity for talk radio to step up and do what we do great, which is add the context, put people’s feet to the fire and let the voters themselves make their voice heard,” Graham said.
Of course, many right-wing gabsters are voicing fears that the Democrats will put them out of business by reviving the Fairness Doctrine, an FCC regulation that required broadcasters to give equal time to opposing views. As for Democratic presidents, Harrison said there’s no question that having Clinton in the White House “served Rush Limbaugh very well.”
“I just can not imagine in the privacy of the voting booth Rush Limbaugh having voted for Bob Dole, that would have been so against his interests as the performer in radio,” Harrison said.
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