Che giornate tristi. Al telefono con una una collega di una società di pubbliche relazioni oggi sono venuto a sapere della scomparsa di un giornalista tecnico con cui ho lavorato non poco in passato, per tutti un amico cortese e simpatico. Dopo Franco, un ciao anche ad Alessandro, vittima per giunta di una lunga sofferenza.
Poco prima ero passato in edicola come faccio ogni venerdì mattina, per acquistare Diario. La copertina lascia increduli ma l'editoriale di addio toglie ogni dubbio: dopo 567 settimane "Diario della settimana" chiude i battenti. Era nato nel 1996 come supplemento de L'Unità (la vecchia Unità). Un anno dopo era salpato per affrontare da solo "il perigliosissimo mare delle edicole". Nella redazione un cartello indicava il motto ufficiale del giornale, sempre ricco di inchieste, storie e tanti amabili consigli relativi a libri, spettacoli, buon cibo: "Cercate la verità. Nel dubbio, un po' a sinistra".
Nelle edicole italiane la verità si cerca poco e ancor meno volentieri la si compra. Non parliamo della pubblicità, che già è piuttosto schifiltosa della carta stampata. Figuriamoci quando sospetta che la carta in questione sia letta da un accozzaglia di reduci sfigati.
Guarda caso, Diario era una rivista che scriveva spesso storie di radio. Altra anticaglia reducissima e sfigatissima. Insieme alla radio di buona qualità era una di quelle piccole cose preziose, che riuscivano a salvarti le giornate, anche le più merdose, con una storia di pacata umanità, un commento ironico su una cronaca stipata di insopportabili e tronfi cialtroni, il titolo di qualche buona lettura.
Il direttore Enrico Deaglio scrive di avere in serbo i piani per qualcosa di nuovo, cita la necessità di cambiare faccia nell'epoca dei blog e delle fonti informative universalmente accessibili, promette un ritorno più o meno tempestivo. La sensazione è quella di leggere, tra le righe, che Diario non ha soldi e che un abito diverso non cambierà la natura del problema. La verità e la grazia, specie se un po' a sinistra, vanno bene solo per gli sfigati.
Nelle edicole italiane la verità si cerca poco e ancor meno volentieri la si compra. Non parliamo della pubblicità, che già è piuttosto schifiltosa della carta stampata. Figuriamoci quando sospetta che la carta in questione sia letta da un accozzaglia di reduci sfigati.
Guarda caso, Diario era una rivista che scriveva spesso storie di radio. Altra anticaglia reducissima e sfigatissima. Insieme alla radio di buona qualità era una di quelle piccole cose preziose, che riuscivano a salvarti le giornate, anche le più merdose, con una storia di pacata umanità, un commento ironico su una cronaca stipata di insopportabili e tronfi cialtroni, il titolo di qualche buona lettura.
Il direttore Enrico Deaglio scrive di avere in serbo i piani per qualcosa di nuovo, cita la necessità di cambiare faccia nell'epoca dei blog e delle fonti informative universalmente accessibili, promette un ritorno più o meno tempestivo. La sensazione è quella di leggere, tra le righe, che Diario non ha soldi e che un abito diverso non cambierà la natura del problema. La verità e la grazia, specie se un po' a sinistra, vanno bene solo per gli sfigati.
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