Ho incontrato l'altro giorno il grande Aldo Moroni, che oltre a farci ogni sorta di favore elettronico riparando guasti e installando filtri e componenti, sta proseguendo nella sua personale esplorazione dell'universo SDR. Perché è così interessante il suo giudizio in materia? Perché oltre ad avere una buona conoscenza delle questioni legate all'elettronica lineare e digitale e all'inquadramento teorico del software di trattamento, Aldo è in primo luogo un DXer. Cioè uno che ha una certa coscienza di quello che il ricevitore sta pescando nel mare magnum dell'RF e di quello che, a valle, entra nelle cuffie di chi ascolta. Può sembrare un fatto scontato ma non lo è del tutto: il fenomeno SDR sotto i 30 MHz fino a oggi è dominio quasi esclusivo di una famiglia internazionale di radioamatori estremamente preparati e solidi sul piano teorico. Ma che normalmente hanno esigenze molto diverse in campo pratico. Per chi ascolta in banda radioamatoriale comunicazioni vocali, un parametro come la "comprensibilità del segnale" non è visto nello stesso modo da me o da altri DXer specializzati per esempio nell'ascolto delle onde medie. L'identificazione di un radiofaro "estremo" avviene a soglie di segnali ancora più basse rispetto al collegamento (QSO) in CW dei radioamatori.
Insomma, parli di SDR e il progettista ti risponderà citando il fondamentale problema delle misure e l'ossatura teorica dell'approccio software alla problematica dell'estrazione delle modulazioni RF. Il radioamatore ha ben presente la sua esigenza: sfruttare una piccola porzione di spettro riservata con frequenze spesso occupate da molti ma disciplinati operatori, dove il problema delle intereferenze e dell'intensità del segnale ha un valenza tutta specifica. Mentre il DXer andrà a privilegiare la problematica dei filtri, della leggibilità, o quella delle frequenze immagine, che nel caso dell'SDR è un argomento molto critico.
Dopo una prima sfortunata esperienza, Aldo si è impegnato molto sul fronte del progetto SoftRock per informazioni sui kit
qui e
qui), l'interfaccia QSD ultraeconomica inizialmente sviluppata per la banda amatoriale dei 40 metri. Il SoftRock è uno stadio QSD capace con pochi componenti di generare i segnali I/Q che poi verranno campionati e analizzati dalla scheda audio del computer. E' stata concepita come interfaccia quarzata: il quarzo genera una determinata IF (di solito posta al centro della banda che si vuole esplorare) e la larghezza di banda della scheda audio fa, insieme al software di controllo e demodulazione, tutto il resto. Aldo ha adattato il SoftRock all'ascolto dei radiofari, utilizzando una configurazione a tre quarzi che copre, in altrettanti segmenti, più o meno l'intero spettro tra 280 e 500 kHz. La scheda audio è una EMU (volendo oggi è possibile contare su larghezze di banda di 48, 96 o 192 kHz, a seconda del tipo e del numero di canali di ingresso impegnati e delle caratteristiche della scheda). La variante principale a un SoftRock quarzato è lo stesso front end in cui la funzione del quarzo viene svolta da un circuito DDS, in pratica un oscillatore digitale. L'equivalente del VFO di una radio analogica trasposto in campo SDR.
Aldo ha voluto sperimentare anche la strada del DDS scegliendo il circuito normalmente consigliato per il SoftRock (il DDS 60), per il quale è previsto anche un
apposito kit. Un kit, mi ha raccontato Aldo, molto economico ma con un difetto non trascurabile: il componente principale, l'oscillatore digitale Analog Devices
AD9851, non viene fornito perché sarebbe troppo costoso. Il chip viene però fornito su richiesta come campione (
sample) e senza troppe speranze Aldo aveva inviato il suo bravo form. Il chip è arrivato pochi giorni dopo via corriere, ma il packaging era di quelli tosti. Saldarlo sulla basetta del kit, mi dice Aldo, è stato un incubo (distanza tra i pin, 0,65 mm).
Pensare che l'uso di un DDS risolva ogni tipo di problema e regali un SoftRock capace di sintonizzare segnali fino a 180 MHz sarebbe illusorio. Aldo ha preparato un abbinamento SoftRock+DDS 60 per le onde medie, ma questo non significa disporre sul pc di un ricevitore "normale". Per la sua natura il software che estrae dai canali I/Q le informazioni audio è caratterizzato da due limiti. Il primo è che i due canali devono essere "bilanciati" in ampiezza e in fase, cioè devono uscire allo stesso livello e sfasati esattamente di 90 gradi sul piano complesso (la matematica del software SDR è complessa, ha cioè un asse immaginario). Senza questo bilanciamento il software produrrà facilmente delle immagini rispetto alla frequenza centrale campionata, rendendo molto difficoltoso il lavoro del radiofarista.
Questo bilanciamento si può fare via software, ma molto dipende dal programma utilizzato. Aldo mi dice che il pacchetto più interessante in tal senso è
Rocky, il demodulatore software sviluppato da Alex Shovkoplyas VE3NEA, lo stesso di
DX Atlas. Rocky dispone di un algoritmo di bilanciamento automatico che esplora una porzione della banda individua le portanti più consistenti e attenua automaticamente i segnali che in base alle regole della decodifica I/Q sono evidentemente delle immagini. Anche un programma come WinRad - che secondo Aldo è in assoluto il migliore per i radiofari perché offre passi di sintonia da 1 Hz (contro i 12 di Rocky) e permette di costruire graficamente filtri molto efficaci - riesce a fare lo stesso. Ma lo fa solo in un ambito molto ristretto, per cui quando si cambia la sintonia di pochi kHz il lavoro di bilanciamento deve ripartire da capo.
L'altro inconveniente dei front end QSD sono le armoniche dispari del centro banda. Per la matematica del sistema di quadratura, un front end come SoftRock tende a "tirar dentro" segnali che non sono direttamente presenti nella porzione di spettro fondamentale. E' un problema che conosciamo bene nei circuiti di miscelazione analogici dei ricevitori, per cui se sintonizzo una radio su 5050 kHz, per esempio, nel mixer vengono riconvertiti alla media frequenza (poniamo 455 kHz) non solo i segnali effettivamente presenti sui 5050 kHz ma anche quelli che si ritrovano 910 kHz più in su (910 è il doppio di 455!). Nelle bande broadcast posso trovare stazioni su 5050 ma anche su 5960 kHz e a quel punto un mixer non mi permetterebbe di capire dove sto ricevendo. I front end SDR hanno lo stesso problema con le armoniche dispari. Per cui se io ho il mio SoftRock centrato con il DDS sui 370 kHz ed esploro la mia banda 20 o 30 kHz sopra e sotto, potrei osservare su 378 kHz lo spettro di un segnale che non ha nulla a che fare con un faro su 378 kHz, ma che invece è l'immagine della terza armonica di questa frequenza (1134 kHz, manco a dirla la potenze stazione in onde medie croata).
Risolvere quest'altro problema via software non è possibile, quello che bisogna fare è adottare lo stesso procedimento che governa queste situazioni nei ricevitori analogici: attenuare con un filtro i segnali che potrebbero "imbucarsi" come ospiti indesiderati nel mixer complesso. La soluzione adottata da Aldo è utilizzare tra l'antenna e l'ingresso RF del SoftRock un filtro passabasso tagliato poco sopra la banda assegnata ai radiofari (nella fotografia che pubblico qui dal sito di Aldo è lo scatolotto con il grafico logaritmico collegato appunto all'ingresso del SoftRock versione onde medie).
Era una storia lunga, ma secondo me ne vale la pena. La conclusione di Aldo è che l'SDR è una tecnica di grande fascino, ma ancora molto macchinosa sul piano pratico. Gli ostacoli da superare sono numerosi e dal punto di vista ergonomico uno si può scordare la semplicità e la immediatezza di un ricevitore analogico semiprofessionale. Probabilmente, dico io, il futuro dell'SDR in questo campo va di pari passo con front end ancora più evoluti che includono lo stadio di conversione analogico/digitale e risolvono alla fonte certe problematiche legate alla aritmetica dei mixer complessi. Ma il vero breakthrough arriverà quando insieme a tutti questi aspetti il software adotterà un approccio embedded per arrivare a veri ricevitori SDR stand alone, indipendenti dal personal computer. Qui la strada da percorrere è ancora lunga, perché di softwaristi bravi ce ne sono pochi, soprattutto in ambito embedded. E quei pochi difficilmente lavorerebbero per progetti su scala così limitata.