La radio a onde corte forse non sarebbe un medium in tale declino se fosse riuscito a mobilitare una piccola percentuale degli strumenti di indagine applicati dai moderni massmediologi a mezzi come la televisione o Internet. Nell'era dei telefonini, dei satelliti digitali e del Web multimediale, trasmettere un segnale in onde corte sembra una consuetudine ormai obsoleta, concepita troppi anni fa per funzionare ancora. Ed è proprio l'aspetto funzionale che in questi casi ci sfugge. Si tende a considerare la radio come un mezzo vecchio e comunque da utilizzare su scala locale per dialogare con un pubblico giovane, scolarizzato, urbanizzato. Un pubblico che evidentemente sta accantonando la radio e fa bene a farlo. Ma questo non è tutto il pubblico della radio, un mezzo che ha inventato prima di tutti il concetto, caro ai sociologi e agli esperti di marketing di Internet di coda lunga.
Chris Diemoz mi segnala
un articolo apparso in questi giorni su un quotidiano online del Pakistan. Vi si racconta la situazione nella regione pakistana del Balochistan, duramente colpita dalle indondazioni di queste settimane. Sono distretti poveri, che parlano lingue diverse dall'Urdu, dove secondo il censo pakistano (ho controllato online) individua livelli di alfabetizzazione di appena il 14%. Quattordici persone su 100 sanno leggere, i giornali sarebbero inutili anche se ci fossero strade per trasportarli. L'
Express Tribune afferma che da queste parti la radio svolge una funzione molto importante per milioni di persone. Da mezzo secolo la decentralizzazione degli impianti da Karachi a Quetta, città più importante e anzi unica città della regione, ha consentito di raggiungere meglio i distretti più meridionali, affacciati sull'Oceano, dove ci sono i maggiori problemi. Ma Radio Pakistan ha ridotto in questi ultimi tre anni gli impianti che operavano in onde corte, lasciando solo le onde medie e di gradualmente la voce delle autorità centrali ha smesso di arrivare alla periferia del Belochistan. Erano bastati alcune antenne a Quetta per assicurare un certo flusso informativo e ora che le antenne sono spente la gente ascolta la BBC e persino All India Radio, anche se trasmettono in Urdu o Hindi, lingue che non tutti conoscono. Di offrire a questi ascoltatori Internet non se ne parla, per la televisione non c'è elettricità (e poi la tv necessita di una infrastruttura più capillare). Se la necessità è raggiungere queste consistenti frange di popolazione, informarle, educarle, far sentire loro che l'amministrazione non li abbandona, la radio a onde corte potrebbe essere una soluzione ideale. Un impianto costa relativamente poco, 50 kW non sono un carico eccessivo in termini di energia elettrica, chi crea programmi sta già lavorando. Eppure le onde corte spariscono, si aspetta che gli impianti vecchi di cinquant'anni si consumino del tutto, nessuno pensa di sostituirli con una generazione nuova, allo stato solido (la tecnologia si è mossa anche per questo tipo di apparecchi, anche se diversi costruttori si sono persi dietro quell'autentico flop delle onde corte numeriche del DRM). Soprattutto basta pochissimo in termini di strumenti per la ricezione, dalla Cina, poco più a est di Pakistan e India, arrivano piccole radioline a batteria incredibilmente funzionali, efficienti e a buon mercato.
Quella del Balochistan è solo una delle innumerevoli "code lunghe" che le onde corte potrebbero aiutarci a raggiungere con investimenti molto contenuti, infinitesime frazioni delle spese che nessuna amministrazione del mondo lesina a favore del controllo militare e poliziesco di una qualsiasi area "difficile" (controlli quasi sempre infruttuosi). Magari certe decisioni vengono prese sulla base di relazioni tecniche generiche e imprecise. Ho parlato con fior di responsabili di infrastrutture radiofoniche che sulle onde corte e sulla propagazione ionosferica nutrivano idee del tutto sbagliate, distorte. Non sono affatto stupito se questi responsabili autorizzano lo smantellamento degli impianti e contemporaneamente l'inutile spesa in trasmissioni digitali che nessuno può ascoltare. Il fallimento di questi test si ripercuote sulla parte della radio che invece funziona benissimo, ma che ci ostina a non prendere in considerazione perché tanto la radio è fuori moda nelle città abitate dai funzionari pubblici che firmano la chiusura degli impianti. Per quanto possa essere globalizzato, unificato, infrastrutturato, il mondo è ancora fatto di frange e periferie come il Balochistan. Dentro ci sono decine, centinaia di milioni di persone. Le onde corte sono una soluzione per rompere almeno in piccola parte il loro isolamento per accorciare le loro distanza dal centro, per non ridurre tutto, eternamente, a una questione di polizia.
Unheard in Balochistan
QUETTA: Ironically, many in Balochistan are more familiar with the reporters and anchors of BBC Urdu radio and All India Radio than Pakistan Radio. They know their names and when to tune in for which programme. Even those who don’t understand Urdu or Hindi listen to these two stations, relying on people in their family or villages to translate.
For the overwhelming majority of people living in Balochistan’s far-flung areas, radio is the sole source of information. Unfortunately, the reach of this medium has shrunk somewhat over the last few days.
Two of the province’s most backward districts, Awaran and Washuk, do not have power supply, while in other districts electricity is restricted to the main cities. As for newspapers, most people either have no access due to the poor road network or they can’t read. In this scenario, radio is the natural option for news and entertainment. Or at least it was till its infrastructure became so old and outdated that people stopped catching signals in the more remote regions.
Things have changed for the worse since 1956 when the Quetta station of Radio Pakistan was established, says Rashid Baloch, a producer and broadcaster. In those days, “everybody remained glued to the radio,” says Baloch.
And in 1961, the government installed the short wave transmitter extending transmission throughout the province. “The transmission could be received in some Gulf countries as well,” says Rashid.
Until three years ago, Radio Pakistan Quetta had a short-wave transmitter which covered the entire province and received a good response from the listeners. When the short waves were removed and just the medium wave transmitters were retained, radio signals became too weak to be heard in remote places. The transmitters have completed their life and even the companies which developed them have closed down.
“The transmitters merely cover Quetta now,” says Rashid, who has to work as producer in several programmes owing to the lack of manpower at the radio station. Though representatives of the radio are present in every tehsil, they cannot create awareness until strong transmitters are installed, he points out.
Meanwhile, the listeners send letters asking for the resumption of radio channels. “A few years back, we used to receive around 30,000 letters about our programmes,” says Rashid, adding that now they cannot even inform villagers about any expected natural disaster.
A producer of Brahvi language, Akhtar Baloch says there used to be three radio channels, two of which were closed down. And the only remaining channel is functioning with a very weak signal. The Quetta station was also the first to present news bulletins in six languages, Balochi, Urdu, Persian, Brahvi, Pashtu and Hazargi, says Akhtar.
Even till 2007, when floods lashed the Makran region, the radio was a good source of information. It was the same when Ziarat and adjoining areas were hit by an earthquake in 2008. Due to proximity to Quetta, in spite of weak signals, Rashid says “we informed the affected people where relief camps would be established and where they could go to get help.
Now, listeners like Nabi Bakhsh, who lives in Kharan district, are deprived of their sole source of information and entertainment. “I used to listen to the radio, because there were some interesting and informative programmes in Balochi but now the signals are too weak. For the past three years, I haven’t even been able to tune in to the news,” Baksh tells The Express Tribune.
Rashid points out that Prime Minister Yousuf Raza Gillani addresses the nation weekly via radio but in Balochistan, due to weak transmitters, his voice cannot cross the boundaries of Quetta.
A Quetta-based senior journalist Mohammad Kazim feels that while the medium is still very effective, as is “evident from the BBC, Radio Pakistan has lost credibility because it is no longer a national institution but has become a tool for the promotion of the interests of the rulers.” In addition, he points out, the infrastructure has become old and faulty.
Kazim suggests that steps should be taken to restore radio’s credibility and update its technology.
Published in The Express Tribune, August 26th, 2010.