22 agosto 2010

Emittenti internazionali, problemi e nuovi concorrenti


Certo non è la prima volta che l'Economist affronta il tema del broadcasting internazionale, ma il taglio dato alla questione sul numero del 12 agosto scorso è abbastanza inedito. Il settimanale propone una chiave molto "marketing oriented", come è giusto che sia, sottolineando due diversi ordini di problemi che le emittenti storiche come BBC o VOA devono affrontare oggi: la censura nelle nazioni target ma soprattutto la concorrenza dei "nuovi entranti", da China Radio International ad Al Jazeera, passando per numerosi esempi di newscaster locali. Fa riflettere il grafico che mette a confronto, basandosi anche sulle informazioni del World Radio Handbook, il numero di frequenze in onde corte utilizzate da Voice of America e RCI nel 2000 e gli ultimi anni, periodo in cui le proporzioni si sono praticamente invertite.


Economist mette in risalto il dato per cui Radio Cina viene ripetuta da impianti HF in Texas, mentre il Cda della VOA chiede di spegnere anche l'ultimo impianto operativo in territorio americano. D'accordo, d'accordo, la Cina negli ultimi tre o quattro anni è anche stata l'unica grande potenza in grado di tirar fuori qualche soldo, ma io torno come spesso accade a chiedermi se non sia il caso di rivedere certi pareri sulla non sostenibilità economica delle trasmissioni radio a lunga distanza, analogiche. Anche alla luce di considerazioni più prossime alla pubblicità commerciale che alla propaganda culturale e politica.

(...)
The old international broadcasters have the resources to deal with censorship: the cocktail of satellite, short-wave, internet and local FM broadcasts offers a powerful mix of solutions. If reporters are banned from a country, big outfits can turn to clandestine or surrogate newsgathering. A bigger problem for them is competition. Since 2006 China, France, Iran, Japan and Qatar have launched English-language TV news channels. China has committed $7 billion to international news. That is more than 15 times the annual budget of the BBC World Service. Last month it introduced a second English-language news channel, CNC World. China’s international broadcasters have programming in more tongues than any other state-backed rival.
The new arrivals are conquering territory (and sometimes hiring staff) shed by established Western organisations. Short-wave radio is a signal example. Since 2000 Voice of America has cut the number of short-wave frequencies on which it broadcasts by 24%, to 200. The BBC has abandoned short-wave broadcasts to Latin America, North America and most of Europe, to the chagrin and despair of some loyal listeners. In the same period China Radio International has almost doubled its short-wave output (see chart). It even broadcasts from Texas. Meanwhile the Broadcasting Board of Governors, which oversees Voice of America, proposes to abolish the last of its short-wave transmitters in the United States.

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