C'è qualcosa di profondamente romantico nell'ultima missione compiuta il 24 marzo dalla sonda Stardust. Un finale malinconico, che ricorda lo spegnimento di HAL9000 in Odissea nello spazio. Il cacciatore di comete lanciato dalla NASA nel 1999 era andato incontro alla Wild 2 nel 2004, aveva raccolto dei campioni di materiale in prossimità del nucleo cometario e li aveva custoditi in una capsula che era poi stata paracadutata a terra. In seguito dentro quei campioni gli scienziati hanno individuato l'amminoacido glicina. Richiamato in servizio una seconda volta nel 2007, Stardust è stato dirottato per uno spettacolare rendez vous con la cometa Tempel 1, avvenuto lo scorso febbraio.
La settimana scorsa, ancora carica di gloria, la sonda è stata "sacrificata" in un ultimo esperimento che ha bruciato fino all'ultima briciola le sue ultime scorte di carburante solido. Arrivata quasi a fine vita la sonda Stardust era comunque destinata a proseguire una corsa infinita nello spazio profondo. I suoi manovratori hanno così deciso di misurare esattamente il volume di carburante ancora rimasto, in modo da verificare meglio i loro modelli sui consumi. Un dato importante per il controllo delle future missioni, perché con quel carburante le sonde spaziali possono cambiare rotta e mantenere i loro pannelli solari puntati verso l'astro. Con Stardust erano state formulate delle stime, alla NASA sapevano che la spinta generata dai motori sarebbe durata per un tempo compreso tra due e dieci minuti. Al mission control avevano fatto addirittura delle scommesse. Hanno vinto quelli dell'estremo inferiore di quell'intervallo, il carburante residuo di Stardust è durato per poco più di due minuti.
Fino all'ultimo le antenne di Deep Space Network, il sistema di radiomonitoraggio del Jet Propulsion Lab, hanno ascoltato i dati che Startdust inviava a terra su una frequenza di 8427,222221 MHz. Quando i motori si sono spenti, da terra sull'uplink di 7175,027006 MHz è partito il segnale di switchoff del sistema di ricetrasmissione. La radio di Stardust è stata spenta per evitare che una sua improvvisa riaccensione potesse interferire con le trasmissioni di altre sonde. Dallo Strategic Spectrum Plan 2007, straordinario documento che pianifica le frequenze usate dalle sonde spaziali NASA per una trentina d'anni, apprendo che queste stesse frequenze sono utilizzate dalla Cassini). Stardust prosegue il viaggio, ma senza l'allineamento dei pannelli presto non avrà più energia: un relitto spaziale in pieno silenzio radio, a 312 milioni di chilometri da noi. Seguendo questo link http://go.usa.gov/2ry potete osservare i dettagli delle missioni Stardust grazie ai modelli 3D di Eyes on the Solar System, spettacolare viewer messo a punto dalla NASA.
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