Sul dibattito storico in relazione alla Shoah pesa da sempre l'oscura questione della conoscenza. Che cosa sapevano della soluzione finale le forze ostili all'Asse hitleriano nel corso della Seconda guerra mondiale? E posto che esistesse un'idea anche sommaria della tragedia che si stava consumando, sarebbe stato possibile, realistico, trovare una via d'uscita militare? Sarebbe stato possibile bloccare, ostacolare almeno la macchina dello sterminio?
La verità probabilmente non la sapremo mai e se interrogarsi sui perché è sempre un'operazione obbligata, la memoria un dovere imprescindibile, dall'orlo di quell'abisso non sarà mai possibile tornare, nessuna razionalizzazione potrà mai ridurne la profondità. Ho trovato però molto innovativo, sul piano storiografico, l'approccio alla problematica utilizzato da una pubblicazione della National Security Agency, il controspionaggio americano, dedicata all'analisi delle intercettazioni delle comunicazioni cifrate tedesche inerenti all'Olocausto.
La pubblicazione viene recensita sull'ultimo numero del trimestrale accademico Cryptologia, la cui lettura è sempre avvincente, anche se la matematica non è propriamente elementare. Harry B. Wolfe, docente di informatica dell'università neozelandese di Otago, si occupa nella rubrica che Cryptologia dedica alla recensione dei libri (non necessariamente specialistici, spesso vi si trovano romanzi e gialli con storie di codici e misteri), di un testo intitolato "Eavesdroping on Hell: Historical guide to western communications intelligence and the Holocaust, 1939-1945". Il testo viene venduto su Amazon, ma il suo pdf è liberamente disponibile per il download nella sezione del sito NSA sulle pubblicazioni di carattere storico. La pagina è strutturata i sei sottosezioni (anteguerra, guerra 41-45, guerra fredda, guerra di Corea, guerra del Vietnam, miscellanea) e il saggio sulla crittografia e la Shoah si trova ovviamente sotto la voce Seconda guerra. Il link diretto al volume di 170 pagine è questo.
Come spiega Wolfe , Eavesdropping fornisce una prima introduzione sulle attività di intercettazione dei messaggi tedeschi e il ruolo degli americani e degli inglesi nella cosiddetta "communications intelligence". Vengono poi analizzate in senso molto generale le varie fonti e nel quarto capitolo si parla in modo più specifico dei documenti che fanno riferimento all'Olocausto. Il punto è che delle questioni pertinenti alla Soluzione Finale i tedeschi non parlavano volontieri alla radio, neanche utilizzando i robusti codici di Enigma. Su milioni di intercettazioni accumulate, meno di mille documenti contengono riferimenti diretti. Però fa una certa impressione, specie in questa epoca di facili negazionismi, un messaggio scoperto solo nel 2001 in cui il capo delle SS di Lublino trasmette al comando di Cracovia il rendiconto della Operazione Reinhardt nei quattro campi di Belzec, Sobibor, Treblinka e Lublino per le ultime due settimane del dicembre 1942 e per tutto l'anno 1942. La cifra comunicata dal solerte funzionario della morte è un pugno nello stomaco: un milione, duecentosentattaquattromila centosessantasei persone (1.274.166).
A quanto sostiene Wolfe, Eavesdropping cerca di trarre qualche conclusione alla fine, senza riuscirci troppo. I dati rivelati dalle intercettazioni parlvano di ebrei eliminati in un modo piuttosto episodico anche se col senno di poi c'è proprio da chiedersi perché gli analisti dell'epoca non si fossero interrogati sulle reali dimensioni di un fenomeno che, pur apparendo solo a tratti, senza la possibilità di costruire un quadro di insieme, era sicuramente noto nel 1943 e forse anche prima. Sul perché non si fece sostanzialmente nulla non è possibile esprimersi sulla base dei materiali presentati e della loro analisi. In ogni caso è un testo che non dovrebbe sfuggire agli interessati, anche perché consente di farsi un'idea molto precisa di come funzionasse la macchina dell'intercettazione alleata e dei suoi obiettivi pratici.
La verità probabilmente non la sapremo mai e se interrogarsi sui perché è sempre un'operazione obbligata, la memoria un dovere imprescindibile, dall'orlo di quell'abisso non sarà mai possibile tornare, nessuna razionalizzazione potrà mai ridurne la profondità. Ho trovato però molto innovativo, sul piano storiografico, l'approccio alla problematica utilizzato da una pubblicazione della National Security Agency, il controspionaggio americano, dedicata all'analisi delle intercettazioni delle comunicazioni cifrate tedesche inerenti all'Olocausto.
La pubblicazione viene recensita sull'ultimo numero del trimestrale accademico Cryptologia, la cui lettura è sempre avvincente, anche se la matematica non è propriamente elementare. Harry B. Wolfe, docente di informatica dell'università neozelandese di Otago, si occupa nella rubrica che Cryptologia dedica alla recensione dei libri (non necessariamente specialistici, spesso vi si trovano romanzi e gialli con storie di codici e misteri), di un testo intitolato "Eavesdroping on Hell: Historical guide to western communications intelligence and the Holocaust, 1939-1945". Il testo viene venduto su Amazon, ma il suo pdf è liberamente disponibile per il download nella sezione del sito NSA sulle pubblicazioni di carattere storico. La pagina è strutturata i sei sottosezioni (anteguerra, guerra 41-45, guerra fredda, guerra di Corea, guerra del Vietnam, miscellanea) e il saggio sulla crittografia e la Shoah si trova ovviamente sotto la voce Seconda guerra. Il link diretto al volume di 170 pagine è questo.
Come spiega Wolfe , Eavesdropping fornisce una prima introduzione sulle attività di intercettazione dei messaggi tedeschi e il ruolo degli americani e degli inglesi nella cosiddetta "communications intelligence". Vengono poi analizzate in senso molto generale le varie fonti e nel quarto capitolo si parla in modo più specifico dei documenti che fanno riferimento all'Olocausto. Il punto è che delle questioni pertinenti alla Soluzione Finale i tedeschi non parlavano volontieri alla radio, neanche utilizzando i robusti codici di Enigma. Su milioni di intercettazioni accumulate, meno di mille documenti contengono riferimenti diretti. Però fa una certa impressione, specie in questa epoca di facili negazionismi, un messaggio scoperto solo nel 2001 in cui il capo delle SS di Lublino trasmette al comando di Cracovia il rendiconto della Operazione Reinhardt nei quattro campi di Belzec, Sobibor, Treblinka e Lublino per le ultime due settimane del dicembre 1942 e per tutto l'anno 1942. La cifra comunicata dal solerte funzionario della morte è un pugno nello stomaco: un milione, duecentosentattaquattromila centosessantasei persone (1.274.166).
A quanto sostiene Wolfe, Eavesdropping cerca di trarre qualche conclusione alla fine, senza riuscirci troppo. I dati rivelati dalle intercettazioni parlvano di ebrei eliminati in un modo piuttosto episodico anche se col senno di poi c'è proprio da chiedersi perché gli analisti dell'epoca non si fossero interrogati sulle reali dimensioni di un fenomeno che, pur apparendo solo a tratti, senza la possibilità di costruire un quadro di insieme, era sicuramente noto nel 1943 e forse anche prima. Sul perché non si fece sostanzialmente nulla non è possibile esprimersi sulla base dei materiali presentati e della loro analisi. In ogni caso è un testo che non dovrebbe sfuggire agli interessati, anche perché consente di farsi un'idea molto precisa di come funzionasse la macchina dell'intercettazione alleata e dei suoi obiettivi pratici.
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