Si terrà a Ginevra, nella sede della European Broadcasting Union, il prossimo 26 novembre, la giornata (qui il PDF del programma) dedicata a Digital Radio Mondiale, lo standard di radio digitale pensato per sostituire le modulazioni analogiche in media-alta frequenza e, più recentemente, nella banda I-II delle VHF. DRM non è una sigla nuova e da anni viene sperimentato sulle onde corte e, in Europa, sulle onde medie e lunghe. Come al solito sulla natura di questi infiniti test, fatti consumando soldi e corrente elettrica di broadcaster finanziati dalle tasse dei contribuenti, nutro personalmente diversi dubbi. Ma seri dubbi deve nutrirli anche il mercato, visto che allo stato attuale, a distanza di parecchi anni, esistono pochissime marche di ricevitori commerciali e l'ascolto delle trasmissioni DRM avviene nella vasta maggioranza dei casi grazie ai programmi di decodifica per pc. Quest'anno era stata annunciata l'uscita di un ricevitore, della francese Uniwave, che sembrava molto promettente proprio in vista di una eventuale massificazione delle possibilità di ascolto. Doveva uscire nei negozi prima dell'estate, poi nel mese di luglio. Poi a metà settembre. Finora il D100, questa la sigla del ricevitore Uniwave, è stato protagonista di presentazioni in occasioni di eventi internazionali come l'IFA di Berlino, l'IBC di Amsterdam e, nel gennaio del 2010, al CES di Las Vegas. La testardaggine da parte dei fautori del DRM nel non saper prendere in considerazione l'idea che forse la radio è un mezzo che ha bisogno di ascoltatori oltre che di encoder digitali costosi e capaci di generare spiacevoli interferenze in bande occupate da trasmissioni analogiche, è l'aspetto che mi fa pensare che questo sistema, nato nei laboratori di ingegneria, abbia pochissime chance di successo. Sentiremo che cosa avranno da dirci i relatori della giornata ginevrina. Tra le cui fila spicca Claudio Re, CTO del network di Radio Maria, che parlerà di impiego del DRM su scale locali nel segmento dei 26 MHz.
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