12 gennaio 2011

Caso Giffords: ballots don't work, talk radio does

Ancora una volta i talkshow radiofonici dei commentatori della destra americana più oltranzista vengono messi sotto accusa. Sono le ore immediatamente successive al ferimento della deputata democratica Gabrielle Giffords e lo sceriffo della Pima County, Clarence Dupnik, denuncia il clima "al vetriolo" costruito da certa retorica di destra intorno al dibattito politico negli Stati Uniti, affermando che questo clima può scatenare la rabbia incontrollata di individui "suscettibili" come l'esecutore della sparatoria, Jared Lee Loughner. Nel suo show di lunedì Rush Limbaugh, uno dei campioni più rappresentativi dello "hate speech" radiofonico ha usato termini molto espliciti contro Dupnik, dicendo in pratica che solo uno stupido può stabilire questo genere di collegamenti indiretti. In una successiva intervista alla ABC Dupnik conferma la sua opinione e definisce Limbaugh "un irresponsabile":


Il dibattito in corso in Arizona e in tutti gli Stati Uniti ha occupato l'altra sera un congruo spazio del nostro telegiornale TG3 Linea Notte, dove le perplessità dello sceriffo democratico sono state riprese da Giovanna Botteri mentre Christian Rocca sosteneva la tesi contraria, prendendo per così dire le parti (con parole infinitamente più equilibrate, va detto) di Limbaugh.
Il discorso è complicato e molte delle osservazioni di Rocca sono condivisibili, ma anch'io sono del parere che certe espressioni, un certo modo di porgersi, anche nella più accesa dialettica politica, andrebbero soppesati e rivisti. Nei lunghi mesi che vanno dalla campagna elettorale del Presidente Obama alla approvazione della sua riforma sanitaria, mentre il partito repubblicano riconquistava credibilità e forza elettorale, negli Stati Uniti è nato il movimento del Tea Party e la talk radio americana si è abbandonata a una selvaggia campagna di delegittimazione della leadership democratica. Joyce Kaufman, "host" di un talkshow della stazione WFTL, di Fort Lauderdale in Florida, è diventata famosa per un gioco di parole che sarebbe piaciuto moltissimo al nostro Senatùr: "if ballots don't work, bullets will", (i voti non funzionano? Le pallottole sì).
Non bisogna mai dimenticare che questa è l'America del Secondo Emendamento, un principio costituzionale che sancisce per i cittadini americano la libertà di armarsi. Poco conta che le parole di questo emendamento, approvato più di due secoli fa, lasciano anche una certa libertà di interpretazione. Potrebbero secondo alcuni riferirsi solo al diritto di armarsi in forma organizzata, per difendere l'incolumità dello Stato. Ma una clamorosa sentenza della Corte Suprema, ha stabilito nel 2008 che il diritto di detenere e portare armi è proprio dell'individuo e Jared Lee Loughner lo ha tranquillamente potuto esercitare. Francamente l'ipotesi che certe idee gli possano essere entrate in testa ascoltando alla radio qualche ora di Rush Limbaugh non mi sembra poi tanto remota. Malgrado compagni di scuola, insegnanti e conoscenti lo abbiano definito uno squilibrato, lo scorso 30 novembre Loughner è entrato in una armeria di Tucson, ha sostenuto un breve esame attitudinale computerizzato ed è tornato a casa con una pistola e un caricatore "extra" per una capacità complessiva di 33 colpi. Gran parte di questi proiettili hanno funzionato meglio dei voti che avevano determinato l'elezione dell'onorevole Giffords, devastando il suo emisfero cerebrale sinistro (sì, proprio l'emisfero del linguaggio). Non c'è nessuna speranza che Gabrielle, la prima deputata ebrea eletta dalla bigotta Arizona, possa tornare un giorno al suo posto di lavoro. Nessun pericolo che possa approvare un'altra riforma sanitaria. Bullets work better than ballots.
Gli altri colpi hanno cancellato, tra le altre, la vita (altra tremenda ironia) di un giudice federale e quella di una bambina di nove anni che era stata portata in un supermercato per imparare come funziona la democrazia americana. L'etere delle talk radio si è riempito di lacrime di coccodrillo condite da nuovi insulti per i democratici "nemici" della libertà di espressione. L'astioso esercito dei Limbaugh ha ripreso ad abbaiare il suo dissenso nei confronti della ripresa della fairness doctrine - versione americana della nostra par condicio - una contromisura che nessuno prenderà mai e in ogni caso non rappresenterebbe quel bavaglio che certa destra vuole far credere. Da molte parti cominciano infine a comparire gli articoli che "smontano" scientificamente la figura dello sceriffo Dupnik. Nel migliore dei casi lo definiscono contraddittorio, un uomo di legge che in passato aveva preso posizioni ben diverse sul possesso di armi. E' la stessa tattica che vediamo utilizzata ogni giorno anche qui: un principio perfettamente legittimo e condivisibile viene svilito e negato attraverso la metodica distruzione dell'individuo che ha avuto l'ardire di affermarlo. In questo modo i principi giusti smettono semplicemente di esistere, perché nessuno è abbastanza "immacolato" da sostenerlo. Con buona pace dell'evangelico invito a non guardare la pagliuzza negli occhi altrui. In fin dei conti Clarence Dupkin si è limitato a sostenere quello che un bambino impara fin dalle elementari: that may be free speech, but it's not without consequences.

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