Da Newsline e altre fonti su Internet riporto l'importante appuntamento sulla libertà di stampa organizzato questa sera a Milano, alle 21 a Palazzo Isimbardi, per la presentazione di un libro dedicato alla lunghissima guerra civile in Colombia. Il volume è stato curato dai promotori di Information Safety and Freedom, una associazione di corrispondenti di guerra e altri giornalisti e intellettuali che si pone come obiettivo la difesa della libertà di espressione e della salute fisica di tanti giornalisti che rischiano quotidianamente la pellaccia in nome del loro mestiere.
Come sapete Radiopassioni cerca nel suo piccolo di stare al passo con il sanguinoso elenco delle vittime, specie quando si tratta di operatori di stazioni radiofoniche (un mezzo la cui importanza è spesso direttamente proporzionale al rischio per chi lo fa).
Come sapete Radiopassioni cerca nel suo piccolo di stare al passo con il sanguinoso elenco delle vittime, specie quando si tratta di operatori di stazioni radiofoniche (un mezzo la cui importanza è spesso direttamente proporzionale al rischio per chi lo fa).
Presentazione libro Sotto pressione Il giornalismo in Colombia prigioniero di guerriglia, narcotraffico, paramilitari e governo Mercoledì 9 aprile 2008 – Ore 21.00 Palazzo Isimbardi (Sala Affreschi) via Vivaio 1, Milano
il libro è a cura da Stefano Neri e Martin E. Iglesias edizione Stella (pagg.160, € 13)
La Colombia è da oltre quarant’anni in guerra.
Solo negli ultimi 20 anni di conflitto sono morte almeno 70.000 persone, di cui la maggior parte civili. Oltre tre milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle loro case e costituiscono il più alto numero di sfollati interni al mondo, dopo le nazioni centroafricane. Il governo Colombiano, con l’aiuto economico degli Stati Uniti attraverso il cosiddetto “Plan Colombia” ha speso dal 1999 al 2005 oltre 10 miliardi di dollari nella guerra alle droghe, ma la produzione e l’esportazione di cocaina rimane una voce determinante nell’economia, seppur illegale, di questa nazione.
In questo contesto di guerra civile ininterrotta, l'informazione ha sempre rappresentato un nodo essenziale che i differenti attori del conflitto - guerriglieri, paramilitari, narcotrafficanti, esercito e politici corrotti - hanno cercato in tutti i modi di controllare, minacciando e punendo i giornalisti, e costringendoli, troppo spesso, all'autocensura, al silenzio o all'esilio.
Dal 1997 sono stati più di 120 i giornalisti uccisi, e seppure negli ultimi tempi la situazione sia leggermente migliorata, la libertà di stampa e di espressione nel Paese rimane sotto minaccia costante. Una minaccia che ha molti padrini ma un solo volto: quello dell'iniquità eletta a sistema.
Il giornalismo e l’informazione libera in Colombia mantengono fede al loro impegno nel lavoro ostinato di quei giornalisti e comunicatori che spesso rifiutano l’accezione di eroi.
“La libertà di stampa è solo retorica. L’unica cosa che conta sono i giornalisti liberi” commenta Javier Darío Restrepo, giornalista colombiano, classe 1931 e lunghissima carriera nella carta stampata oltre a quella televisiva, e aggiunge “…abbiamo avuto così tanti morti, che ne abbiamo perso il conto.”
Il volume di 160 pagine, unico in Italia nel suo genere e per soggetto, nasce dalla stretta collaborazione tra Information Safety and Freedom (ISF) con l'Osservatorio Informativo Selvas.org e l'associazione Traduttori per la Pace.
L’opera offre una raccolta di testimonianze, interventi e interviste, anche a carattere esclusivo, di professionisti dell’informazione colombiani, tra i quali Mauricio Beltran, Daniel Coronell, Ignacio Gomez, Jenny Manrique, Hollman Morris, Alberto O. Restrepo, Javier Darío Restrepo, German Rey, Manuel Rozental.
Solo negli ultimi 20 anni di conflitto sono morte almeno 70.000 persone, di cui la maggior parte civili. Oltre tre milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle loro case e costituiscono il più alto numero di sfollati interni al mondo, dopo le nazioni centroafricane. Il governo Colombiano, con l’aiuto economico degli Stati Uniti attraverso il cosiddetto “Plan Colombia” ha speso dal 1999 al 2005 oltre 10 miliardi di dollari nella guerra alle droghe, ma la produzione e l’esportazione di cocaina rimane una voce determinante nell’economia, seppur illegale, di questa nazione.
In questo contesto di guerra civile ininterrotta, l'informazione ha sempre rappresentato un nodo essenziale che i differenti attori del conflitto - guerriglieri, paramilitari, narcotrafficanti, esercito e politici corrotti - hanno cercato in tutti i modi di controllare, minacciando e punendo i giornalisti, e costringendoli, troppo spesso, all'autocensura, al silenzio o all'esilio.
Dal 1997 sono stati più di 120 i giornalisti uccisi, e seppure negli ultimi tempi la situazione sia leggermente migliorata, la libertà di stampa e di espressione nel Paese rimane sotto minaccia costante. Una minaccia che ha molti padrini ma un solo volto: quello dell'iniquità eletta a sistema.
Il giornalismo e l’informazione libera in Colombia mantengono fede al loro impegno nel lavoro ostinato di quei giornalisti e comunicatori che spesso rifiutano l’accezione di eroi.
“La libertà di stampa è solo retorica. L’unica cosa che conta sono i giornalisti liberi” commenta Javier Darío Restrepo, giornalista colombiano, classe 1931 e lunghissima carriera nella carta stampata oltre a quella televisiva, e aggiunge “…abbiamo avuto così tanti morti, che ne abbiamo perso il conto.”
Il volume di 160 pagine, unico in Italia nel suo genere e per soggetto, nasce dalla stretta collaborazione tra Information Safety and Freedom (ISF) con l'Osservatorio Informativo Selvas.org e l'associazione Traduttori per la Pace.
L’opera offre una raccolta di testimonianze, interventi e interviste, anche a carattere esclusivo, di professionisti dell’informazione colombiani, tra i quali Mauricio Beltran, Daniel Coronell, Ignacio Gomez, Jenny Manrique, Hollman Morris, Alberto O. Restrepo, Javier Darío Restrepo, German Rey, Manuel Rozental.
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