13 aprile 2008

Chiude i battenti la stazione del rock

Come sapete non sono un grande esperto del genere musicale rock - anche se tra i miei lettori ci sono dei veri luminari. Mi sento tuttavia di essere solidale con gli ascoltatori e lo staff di Radio Rock, emittente del gruppo Monradio (Mondadori, il presidente dovrebbe ancora essere l'ubiquo Gerry Scotti), che a maggio chiuderà i battenti. Il blog di uno dei suoi dj, Edo Rossi, tiene i fan di questa stazione costantemente aggiornati sugli sviluppi, che sono deprimenti. Per il 30 maggio è prevista una maratona live di addio e nei giorni successivi Monradio riassegnerà le frequenze di Radio Rock. E' stato aperto un sito, Rockfamily.it, che presumibilmente cercherà di dare voce agli orfani di questa voce musicale. Chissà, forse si pensa a una Web radio o a un'altra iniziativa. A me sembra impossibile che una città come Milano e le altre del centro-nordin cui Rock FM è oggi presente, non abbiano una offerta musicale adeguata e diversificata, rock incluso. Forse Monradio pensa che la concorrenza con Virgin sia già impossibile? O più verosimilmente che chi ascolta rock non ha lo stesso valore pubblicitario dell'audience degli attuali generi pseudomusicali per orecchie buone? Secondo me buona parte di quello che sento in giro è come il vino in tetrapak.
Con tutto il rispetto per il tetrapak.
Agli appassionati veri del rock, per consolazione, dedico questa disquisizione di Christian Diemoz sulla band dei Muse, che ho recentemente citato per il loro ultimo titolo discografico "ionosferico". C'è anche un gustosissimo aneddoto personale, da cronista musicale di razza (altro che certi tromboni stonati, cartacei e televisivi).
«I Muse sono una band che si rifà pesantemente ai primi Pink Floyd. Ciò è vero sia nello stile, sia nelle "visioni" cui ispirano la loro arte (che è meno roboante, e più genuina, di quel che i comunicati stampa delle labels vogliono far sembrare). C'è poi un elemento di contatto ulteriore tra i due gruppi, ma questo lo può conoscere solo chi li ha "studiati". Parliamo di Storm Thorgerson, graphic designer londinese, firma delle copertine di maggior successo dei Pink Floyd. Hai presente la mucca di Atom Heart Mother, o il prisma di Dark Side Of The Moon? Ebbene sono farina del suo sacco. In principio da solo, poi attraverso lo studio Hipgnosis (successivamente fallito) e, ultimamente, assieme ad un fotografo più giovane, Dan Abbott. Ebbene, tra i clienti "moderni" di Storm ci sono anche i Muse. Aneddoto: nel 2005 mi trovavo a casa di Throgerson per un'intervista. E' stata un'esperienza tra l'allucinante e il fantozziano. Lui ci mette del suo per essere antipatico, al primo incontro, mentre dal secondo in avanti è anche carino (probabilmente è il biglietto che ti fa staccare per entrare a far parte della cerchia, ma tu subito non lo sai!). Mi è saltato in grembo il suo gatto, lui mi ha guardato dicendomi "parlagli in Italiano". Io, colto vagamente di sorpresa da una richiesta del genere, gli ho detto "ciao". Risposta: "ciao sarà già parlare in italiano a un gatto!". Durante l'intervista, non ha mancato di sottolinare come le mie domande fossero "very italian questions, stupid questions". Ad un certo punto, mentre mi rispondeva svogliato, sul pc gli è arrivata una mail. Erano i test di una nuova copertina dei Muse, che mi ha quindi mostrato in anteprima. Ricordano molto, graficamente, l'ultimo corso dei Pink Floyd (dal 1987 in avanti). Se tanto mi dà tanto, e se conosco un po' i miei polli, l'ingresso di HAARP nel campionario linguistico-visuale della band, è opera che dobbiamo a Storm. Però, c'è anche quella stilizzazione dei dipoli classici della postazione in Alaska, sulla copertina del disco, che andrebbe approfondita. Sono ispirati dalla stazione, o sono una ricostruzione del palco che i nostri avevano per quelle serate? Nel qual caso, sarebbe interessante sapere se il progetto del palco è stato disegnato da un altro soggetto cui i Floyd si sono rivolti con frequenza per le loro performance live d'avanguardia, ovvero Mark Fisher (anche designer della cerimonia d'apertura di Torino 2006).»

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