31 marzo 2008

Svizzera, lo jodel sulle onde medie

A fine giugno a Lucerna si tiene la Jodlerfest Luzern, il festival confederale dello jodel, caratteristico canto delle valli alpine svizzere. Non resisto alla tentazione di pubblicare questo divertente articolo della Neue Zuercher Zeitung sul concorso JodelPlus promosso dalla Jodlerverband, l'associazione ufficiale dello jodel. Non si scherza sul folklore da quelle parti.
Un po' perché, con tutti i suoi difetti, gli amici della Confederazione, ticinesi e "interni" che siano, mi stanno molto simpatici. E poi perché la gara aperta ai compositori di jodel ha una sua appendice radiofonica nel canale DRS Musikwelle, quello che viene irradiato - ahimé solo fino alla fine di quest'anno, quando "musigwelle" come si scrive in schwytzerdütsch passerà sul DAB - sulla frequenza in onda media di Beromünster (531 kHz).
I giudici del concorso hanno già selezionato venti titoli che da oggi verranno trasmessi due per volta dalla trasmissione "Fiirabemusig", dal lunedì al venerdì alle 18. Poi è prevista una tornata di semifinali e finali presso il Kultur und Kongresszentrum della bella cittadina sul lago (a Lucerna tra l'altro è stato effettuato il primo test HD Radio in Europa). Chi non riesce ad ascoltare 531 in diretta a causa della posizione geografica o per colpa dell'ora legale, c'è lo streaming via Internet. Qui trovate i link a tutti i canali Web di DRS. Altre notizie sulla scena musicale folklorica elvetica si possono leggere (e ovviamente ascoltare) su Volksmusiknet.ch.
Jodel-Kompositionen ertönen bald im KKL

Für den Wettbewerb «JodelPlus» sind zahlreiche Kompositionen eingereicht worden. Jetzt laufen die Ausscheidungen. Ab dem(heutigen) Montag kann auch das Radiopublikum mitbestimmen.

Das OK Jodlerfest Luzern hat im letzten Jahr zusammen mit dem Schweizer Radio DRS, dem Schweizer Fernsehen, dem «Blick», dem Eidgenössischer Jodlerverband und Pro Helvetia den Kompositionswettbewerb JodelPlus lanciert.
Beim Jodlerfest kann an den Wettvorträgen bis heute nur mit dem Schwyzerörgeli oder der Handorgel begleitet werden. Der Wettbewerb JodelPlus will aber viel mehr, zum Beispiel Jodel mit Alphorn, mit Blasmusik, mit Kirchenorgel oder mit Rockband – den Komponisten waren keine Grenzen gesetzt. 38 Kompositionen wurden bis Ende November 2007 eingereicht. Eine Fachjury hat daraus die 20 besten Titel ausgewählt.

Ab Montagabend im Radio

Diese 20 Titel kommen einerseits auf eine CD, andererseits sind sie ab dem 31. März in der «Fiirabemusig» auf der DRS Musikwelle zu hören. Während zwei Wochen werden von Montag bis Freitag, jeweils am Anfang der Sendung um 18 Uhr täglich zwei Titel ausgestrahlt. Die Zuhörer können entscheiden, welcher der beiden Titel in den Halbfinal kommt. Alle Verlierertitel kommen in der Sendung «Schwiizer Musig» am Samstagnachmittag auf DRS 1 in die Hoffnungsrunde, wobei die Zuhörer einen weiteren Titel für den Halbfinal auswählen können.
Die 12 von den Zuhörern ausgewählten Titel kommen in den Halbfinal, welcher am Sonntag, 25. Mai 2008, um 14 Uhr im KKL Luzern stattfindet. Eine ausgeloste Blick-Volksjury wählt aus den 12 Halbfinalisten die drei Finalisten aus, die am Jodlerfest direkt in der Fernsehsendung «Hopp de Bäse» auftreten. Hier haben dann die Zuschauer die Möglichkeit, den Sieger auszuwählen, wie das OK des Eidgenössischen Jodlerfests, das Ende Juni in Luzern stattfindet, mitteilt.

HD Radio: it's time to upgrade!

Trovo ci sia molto buon senso in questo breve articolo del critico radiofonico del Peoria Journal Star a proposito di onde medie digitali. Steve Tarter ha la sensazione che HD Radio in AM possa costituire un passo indietro, almeno per chi ancora si sintonizza sulle onde medie con una radio analogica. Molte stazioni digitali portano inevitabilmente parecchio rumore, perché il digitale ibrido interferisce, a una certa distanza, con i segnali analogici che utilizzano frequenze adiacenti al canale occupato dalla modulazione IBOC. Tarter ha ascoltato il parere di un tecnico che lavora per alcune stazioni nell'area di Peoria, Wayne Miller secondo cui il digitale sarebbe un'idea discutibile "anche per la modulazione di frequenza". Miller ritiene che una delle virtù più pubblicizzate del digitale, la possibilità di trasmettere fino a due canali audio aggiuntivi, è semplicemente insostenibile per molte stazioni, che già fanno fatica a finanziare con la pubblicità una singola trasmissione. Un po' diverso il discorso per le stazioni pubbliche e religiose, insomma per tutti quelli che non si finanziano con la sola pubblicità. La sostenibilità economica della transizione al digitale, è un discorso che non sembra piacere molto ai tecnici puri che cercano di imporre l'uso delle nuove modulazioni. Ma i casi della radio satellitare negli Stati Uniti e delle delusioni suscitate recentemente dal DAB in Gran Bretagna e Germania, dimostrano che prima o poi qualcuno lo dovrà pur fare. Intanto, la HD Radio Alliance negli USA è passata alla seconda fase della sua campagna di marketing, dopo l'iniziale strategia mirata a aumentare la visibilità del sistema presso i consumatori. In un suo pezzo RadioInk annuncia che il nuovo claim del consorzio sarà d'ora in poi "it's time to upgrade!". Come dire, vi abbiamo detto che cos'è HD Radio, ora acquistate i ricevitori. Alla fine la decisione la prenderanno i consumatori, è naturale. Ma, conclude Steve Tarter, non dimentichiamo che a differenza dei loro colleghi proprietari di televisioni, gli editori radiofonici americani non devono passare al digitale perché glielo dice una legge federale. "E questo potrebbe spiegarci perché finora non ci sa stata una corsa alle nuove radio." A Peoria hanno le idee più chiare che altrove.

AM radio not feeling buzz of digital
Sunday, March 30, 2008

We always expect technology to come running to our rescue. The latest cell phone or computer always packs more power or features, so the last thing you'd expect would be a technological advance that takes us a step backward.
But that's the story when it comes to digital AM radio. Now, don't be confused: Digital FM radio is being rolled out -albeit very slowly - without problems when it comes to reception. It's on the old AM dial where the trouble is.
You remember AM - where top 40 once ran free with jabberjaw deejays, jangling jingles and near-constant promotion. Today's youth are probably barely aware of the band's existence, living in their "I" world of iPods and iTunes.
Yet AM radio now faces a problem more insidious than just being ignored. A so-called technological upgrade - the conversion to a digital delivery system - threatens to turn the dial into a sea of static.
Don't take my word for it. Wayne R. Miller, a radio engineer for a number of Peoria stations as well as stations throughout Illinois, has no love for the digital direction that radio is headed in. "It's a stupid idea even on FM," he said.
For the record, Miller doesn't think much of the idea of sidestream stations created by digital FM. He doesn't see how stations, already hard-pressed to scrounge up enough advertising for one stream, can afford to sponsor two or three. For that reason, Miller sees the noncommercial side - public and religious stations that don't depend on advertising - leading the way on digital FM.
On the AM side, however, the digital upgrade means interference. "Digital transmissions on AM makes a mess out there," said Miller, referring to when one station's digital signal steps on another, creating buzz and static for the listener
We'll try to keep this simple, but the "in-band, on-channel," or IBOC, digital system is more than just unpopular among Miller and others in radio circles. It's downright detested.

Pick up a copy of Radio World, an industry newspaper, or go to any number of online sites and review the rants. "You don't have to be an engineer to hear crappy audio. I don't need a scope or spectrum analyzer to hear the hash," wrote Jim Jenkins, the owner of a South Carolina AM station, in a recent Radio World submission.
The problem results because AM signals behave differently at night, said Miller. At night, an IBOC AM signal can actually spread radio static, he said. The digital signal sends off "a buzzsaw" of interference, due to the nature of that digital signal and because, at night, AM signals bounce off the ionosphere (FM signals pass on through).
Those AM signals can come back in the strangest places, said Miller, noting that WMBD-AM 1470 has been picked up in Norway.
What bothers a lot of radio people is that AM radio has enough problems without the technology anchor.
It's also expensive. Miller estimates that a small station could make the digital transition for $25,000, but costs are more likely to average $100,000 to $150,000 when things like rebuilding your radio antenna are factored in, he said.
Unlike their TV counterparts, radio folks don't have a federal mandate to go digital. That might explain why there hasn't exactly been a stampede to make the upgrade.
The Web site StopIBOC.com estimates that only 5 percent of the AM stations in the nation now operate the IBOC system with fewer than 100 stations (out of more than 4,700) running digital signals at night.

Rubano il cavo, a Managua spenta Radio Pensiamiento

I robacables, ladri specializzati nel furto con destrezza di cavi in rame (materiale quanto mai prezioso nelle nazioni in via di sviluppo) hanno messo a tacere una emittente nicaraguense, Radio El Pensamiento, 880 kHz, di proprietà del giornalista Allan Teffel Alba. Durante la notte sono penetrati nel campo alla periferia di Managua dove è installato il traliccio dell'antenna e hanno tagliato e trafugato 150 piedi di cavo coassiale (27 dollari al piede). Purtroppo anche il trasmettitore è stato danneggiato. Non esistendo più alcun il carico dell'antenna, al momento dell'accensione sono esplose quattro valvole da 1.500 dollari ciascuna. Un bel danno per la piccola emittente commerciale, che ora si sta arrabattando per cercare del cavo in prestito.

Robacables sacan del aire a otra radio

Se llevaron cable coaxial y dañaron el transmisor de Radio El Pensamiento. Según su director Allan Tefel Alba, estará silenciada al menos tres días; Policía no había recibido denuncia

Maryórit Guevara Gutiérrez
(http://www.laprensa.com.ni/archivo/2008/marzo/31/noticias/nacionales/251078.shtml)

Desde las tres de la madrugada de este domingo, Radio El Pensamiento, propiedad del periodista Allan Tefel Alba, salió del aire debido al accionar de la delincuencia del barrio La Primavera, donde se encuentra la antena de la radio, de la cual despegaron 150 pies del cable coaxial que la unía al transmisor.
Hasta la tarde de ayer Tefel Alba realizaba gestiones con radioemisoras amigas para que le facilitaran equipo para reiniciar las transmisiones, sin embargo presume que será hasta el miércoles que las labores reinicien.
“De ese cable no hay en Nicaragua, vamos a ver si alguien me lo presta para que la radio pueda salir al aire, porque es un cable grueso de cobre”, dijo Tefel. Cada pie del cable que fue desenterrado de una caja de cemento, tiene un costo de 27 dólares.
Pero las pérdidas no se limitan al robo del cable, ya que cuatro bulbos (tubos) del transmisor, valorados en mil 500 dólares cada uno, se fundieron al encenderlo, ya que éste no se encontraba conectado a la antena, ante la falta del cable coaxial.
“Escuché una corredera, pero no salí porque estoy sola con mis hijas y mis nietos. Además siempre se escucha el alboroto de esos chavalos que andan en la calle”, explicó Alba Luz Zelaya, que habita en el terreno donde se encuentra la antena y quien se encarga de encender en la madruga el transmisor.
Tefel Alba reveló que no es la primera ocasión que se convierte en víctima de la delincuencia, pues en los últimos años alrededor de 30 veces han salido del aire debido a la delincuencia que roba el cable para venderlo en las chatarrerías.
Se quejó de la actuación de la Policía Nacional, ante la que dice haber acudido siempre ante estos hechos, pero sin tener respuesta. Tefel dijo que remitió dos cartas explicando la situación, a la primera comisionada Aminta Granera, directora de la Policía, pero no le han sido contestadas.
El capitán Arnulfo Ampié, jefe interino del Distrito Seis de la Policía Nacional, expresó que durante su turno de 12 horas y hasta el mediodía de ayer no se había registrado ninguna denuncia relacionada al hecho, por lo cual no pueden actuar hasta que los afectados se presenten a la delegación.

Paraguay, il presidente invita a spegnere le radio

Una settimana dopo l'Italia, anche il Paraguay è chiamato alle urne per eleggere il sostituto del presidente Nicanor Duarte Frutos, il rappresentante del mitico Partido Colorado, una sorta di partito-famiglia al potere da sessant'anni. Il 20 aprile ad Asuncion si fronteggiano tre candidati che sembrano usciti da un romanzo latinoamericano moderno, tra Allende, Vargas Llosa e Marquez. Fernando Lugo è un vescovo cattolico che ha chiesto a Roma di essere ridotto a laico per questa campagna ma è stato semplicemente sospeso. Lino Oviedo è ancora più incredibile e la sua vicenda giudiziaria fa impallidire i processi "politici" di casa nostra. Oviedo è un generale ex golpista, imprigionato per aver fatto fuori un vicepresidente, assolto in extremis e ora candidato a rimpiazzare Duarte Frutos a destra (lo stesso Nicanor dice che è un totalitario, figuriamoci). Per il Colorado c'è la bella Blanca Ovelar, attuale ministra dell'Educazione, che nelle elezioni interne ha vinto di misura (si dice imbrogliando) contro quello che era stato designato come il candidato ideale dell'ambascatore degli Stati Uniti. Il clima, come si vede, è completamente italiano. Non manca un presidente in carica che invita tutti i suoi elettori a non ascoltare la radio e a non leggere i giornali, rei di esprimere un sacco di "menzogne" sull'eterno partito di governo (colorado perché sempreverde, immagino). Riporto qui, per il vostro istruttivo divertimento la cronaca del recente comizio di Nicanor e l'approfondimento pubblicato dal giornalista uruguayo Raúl Zibechi.
A noi non resta che rimpiangere la messa fuori onda di Radio Nacional del Paraguay (9735 kHz), spenta da parecchio tempo. Sarebbe stata una interessante fonte di informazioni "controllate" ma pur sempre di prima mano.

Nicanor pidió a sus correligionarios no escuchar radio ni leer diarios

Enviados Especiales.San Pedro.-El presidente Nicanor Duarte Frutos pidió ayer a sus correligionarios que se concentraron en un gran acto realizado en la Plaza Municipal de Capiibary a no escuchar los ataques contra los colorados y el gobierno vertidos por los medios de comunicación de Asunción, cuyos propietarios solo pretenden la caída del Partido Colorado.
“Nosotros estamos abriendo una picada y en donde hacemos picada siempre nos saltan las víboras, a mi mucho ya me atacaron pero ya tengo la piel curtida, pero no tengamos miedo a las víboras porque nosotros tenemos que tener confianza en nosotros, no escuchemos la radio capitalina o la prensa de Asunción que de noche y de día lanzan mentiras contra nosotros”, dijo el mandatario.
Señaló que “(los medios de prensa) quieren que nos debilitemos, lanzan mentiras sobre nuestros líderes, sobre nuestras autoridades, sobre los colorados, solo para que dejemos de confiar en nosotros mismos. Los dueños de las radios, televisión y diario de Asunción quieren que el Partido Colorado caiga y se seque, pero el Partido Colorado no caerá, tendrá nuevos brotes y se levantará hasta el cielo porque tiene el respaldo del pueblo colorado”.
Las manifestaciones de Duarte Frutos, quien es considerado por la Sociedad Interamericana de Prensa (SIP) como uno de los presidentes de la región que más ataca a la prensa, fueron vertidas al inicio de una intensa gira que realizó ayer en el norte del país, en compañía de los candidatos a la diputación Juan José Vázquez Vázquez, Arístides Da Rosa, Perla de Vázquez, el candidato a gobernador Carlos Maggi y el candidato a senador Jorge Céspedes. La gira culminó anoche con un acto en San Pedro del Ycuamandyyú.
El jefe de Estado no se olvidó de Lino Oviedo, y Fernando Lugo, a quienes calificó de “incapaces” de administrar el país. “No se preocupen de Lugo, que es incapaz de administrar un quiosco y mucho menos de Oviedo que ya tuvo el poder por siete meses a través de Raúl Cubas y teniendo el poder lo perdió por culpa de su actitud intolerante, por su vocación totalitaria”, señaló.
“Lugo tiene a su lado a unos cuantos liberales, sinvergüenzas partida que no quieren al Partido Colorado, en Ciudad del Este se fue la gente de Tekojoja y también Lugo con Federico Franco y la gente de Tekojoja saltó al escenario, le golpeó por el pecho para quitarle el micrófono, no quieren ver si por un micrófono se están peleando ahora antes de llegar al poder, si por ahí mañana van a elegir para el ministro de Hacienda, como colador se van agujerear, vamos a levantarnos todos entre todos en el Paraguay si llegan estos infelices al poder, pero no van a llegar”, señaló Nicanor.
Del acto de Capiibary, el mandatario se trasladó hasta el distrito de Karapai, luego a la inauguración de viviendas populares en Choré y culminó su gira en San Pedro del Ycuamandyyú con la concentración política.


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Paraguay: Elecciones, fiebre amarilla y un embajador entrometido
por Raúl Zibechi (Uruguay) JUEVES, 13 DE MARZO DE 2008

El clima electoral paraguayo se está tensando ante la posible derrota del Partido Colorado, en el poder desde hace más de medio siglo. La intromisión del embajador de Estados Unidos en la campaña electoral y la epidemia de fiebre amarilla contribuyen a crispar los ánimos.
"Miau", fue la respuesta del embajador de los Estados Unidos en Paraguay, James Cason, cuando los periodistas le pidieron que expresara su opinión sobre los dichos del principal senador oficialista, Juan Carlos Galaverna. "Miau" repitió una vez más. "Mba'embo la ha'étava (y qué puedo decir)", agregó en un perfecto guaraní. "A palabras necias, oídos sordos", remató el embajador [1].
Las relaciones entre el embajador y el gobierno se tensaron desde las elecciones internas del Partido Colorado, celebradas el 16 de diciembre, para elegir candidato a las presidenciales que se celebrarán el 20 de abril. Se enfrentaron Blanca Ovelar, apoyada por el presidente Nicanor Duarte, y el vicepresidente Luis Castiglioni, amigo personal de Donald Rumsfeld y candidato preferido de Washington. Todo el aparato clientelar del oficialismo se volcó con Ovelar, que ganó por un exiguo margen en medio de acusaciones de fraude.
La escalada verbal entre el oficialismo y el embajador Cason resume el estilo de la política paraguaya. La intervención de la embajada a favor de Castiglioni fue evidente y grosera, a través del apoyo político y de grandes sumas de dinero que se canalizaron a través de organismos de cooperación. El 6 de febrero Galaverna dijo que Cason es "un embajadorcillo de cuarta" y lo tildó de "hijo de puta" y "pobre gato" porque el embajador promueve una investigación sobre corrupción contra el senador. Galaverna contraatacó: "No van a encontrar en mis antecedentes haberme metido para liquidar gente en Latinoamérica, o haberme metido en naciones extranjeras para tumbar gobiernos".
Si este es el tono de la disputa entre el senador más destacado del gobierno y el embajador de los Estados Unidos, puede imaginarse cómo se manejan los políticos en las relaciones internas. La acusación más suave es la de corrupción, que afecta en realidad a casi toda la clase política del país.

El ex obispo a la cabeza

Según todas las encuestas Fernando Lugo, de Alianza Patrótica para el Cambio, marcha al frente con un margen de entre cinco y trece puntos de ventaja sobre Lino Oviedo de la Unace (Unión Nacional de Ciudadanos Eticos) y Ovelar del Partido Colorado. Pero, a su vez, una abrumadora mayoría de paraguayos creen que será la candidata colorada la que llegará al palacio de gobierno. En efecto, pese a que Lugo cuenta con mayores chances, todos saben que una vez que el aceitado aparato colorado se pone en marcha, con su amplio reparto de favores—empleos, sobornos, dinero en efectivo—todo puede cambiar.
De hecho, los colorados nunca perdieron una votación. Su base de sustentación son las fuerzas armadas y policiales y la profusa burocracia estatal, quienes son movilizados para captar votos en base a afinidades familiares y territoriales. Pero esta vez las cosas podrían ser diferentes, por tres razones: la crisis interna del Partido Colorado, el enorme desprestigio del presidente Duarte y la aparición en escena de un candidato de centroizquierda que puede romper el eterno bipartidismo entre colorados y liberales.
A sólo 50 días de las votaciones el aparato colorado está profundamente dividido. Las heridas provocadas por la fuerte disputa interna amenazan convertirse en crisis. Sectores colorados se pasaron a la oposición encabezada por Lugo y algunos apoyan a Oviedo. En los hechos, el aparato colorado aún no se ha puesto en movimiento y es posible que no pueda hacerlo.
Por otro lado, Ovelar no consigue subir en las intenciones de voto y pierde posiciones. Algunas encuestas la sitúan tercera, detrás de Oviedo. Su apego al presidente Duarte, acusado de malversación y apropiación de fondos públicos, parece una de las principales causas del mal desempeño de la candidata colorada. Aún no se sabe qué actitud adoptará Castiglioni, derrotado en las internas y enemigo ahora de Duarte. Se lo considera el principal representante del poderoso lobby de la soja, el primer producto de exportación del Paraguay, y la postura que adopte puede inclinar la balanza.
El ex hombre fuerte de Paraguay, Oviedo, fue amnistiado de su pena de cárcel por diversos delitos, entre los cuales figura el asesinato del vicepresidente Luis María Argaña en 1999, en una jugada atribuida al presidente Duarte para dividir los votos de la oposición. Sus bases de apoyo están en los extremos. Los muy ricos y los más pobres del campo son los más fieles seguidores de un candidato tosco y elemental, que hace campaña contra los homosexuales y amenaza con derrotar a sus adversarios a "votazos", con el mismo ímpetu que en 1989 derrocó a "cañonazos" al dictador Alfredo Stroessner.
Por el lado de la oposición, no escasean tampoco los problemas. Lugo se presenta en alianza con el Partido Liberal (PLRA), con quien comparte la vicepresidencia, y es apoyado por un amplio conglomerado de 15 listas que van desde la democracia cristiana hasta la izquierda fragmentada en un sinfín de candidaturas. Sólo el grupo más afín a Lugo, Tekojoja, tiene posibilidades de conseguir bancas en el parlamento, además por supuesto de los liberales. Aquí está uno de sus mayores problemas: aunque consiga la presidencia, va a gobernar en minoría en un parlamento mayoritariamente colorado. El riesgo de ingobernabilidad puede restarle votos.
Uno de los ejes de su campaña consiste en renegociar el tratado de Itaipú, la mayor represa hidroeléctrica del mundo que provee el 20% de la energía eléctrica que consume Brasil. Ese tratado, junto al de Yacyretá [2] con Argentina, fue firmado por la dictadura de Stroessner en 1973 y, según el equipo de Lugo, representa un despojo de la soberanía hidroeléctrica paraguaya.
Por un lado, los tratados obligan a ceder el "derecho de compra" a Brasil y Argentina, países que han sobrefacturado la construcción de ambas represas en beneficio de sus estados y empresas y en perjuicio de Paraguay. Pero, además, los precios a los que compran la energía están muy por debajo de los que se pagan en el mercado. El precio de mercado de la energía paraguaya vendida a Brasil y Argentina es de unos 3.645 millones de dólares anuales (más del 60% del PI B de Paraguay), pero el país recibe apenas 250 millones por año [3]. Hasta ahora ha sido imposible renegociar los tratados, aunque parece evidente que para un país pobre como Paraguay podría ser la única forma de salir adelante.

La fiebre amarilla como emergente

Largas colas de hasta ocho y diez cuadras pudieron verse durante la tercera semana de febrero en las calles de Asunción. La población, desesperada, desbordó los hospitales para ser vacunada contra la fiebre amarilla, que causó en pocos días entre cinco y ocho muertes según diversas fuentes. En algunos sitios se vivieron escenas de pánico y se produjeron cortes de calles ante la falta de vacunas.
En 2006 la epidemia de dengue causó once muertos y puso en evidencia la ineficacia y corrupción del sistema sanitario. El último informe anual del Serpaj sostiene que en Paraguay "la salud antes que un derecho es una mercancía", pero además "una mercancía de escasa calidad" [4]. El 9% cuenta con seguro privado; el 12,5% aporta a la previsión social y el resto debe acudir al sistema público atravesado "por la ineptitud y la partidización impuesta por quienes lo lideran". Miles de paraguayos cruzan la frontera para recibir una atención médica digna y gratuita, algo que en su país resulta impensable.
La imprevista epidemia comenzó en plena campaña electoral, de modo que el oficialismo no puede negar su responsabilidad por el deficiente sistema sanitario como por la incapacidad para controlar el brote. El gobierno debió acudir a la ayuda internacional ya que no tenía provisión de vacunas suficientes. Fueron muchos los países donantes de vacunas, desde Brasil hasta Bolivia. Ante la ineficacia del gobierno, son los vecinos quienes a través de mingas (trabajo colectivo solidario) se encargan de limpiar los miles de predios baldíos convertidos en criaderos de mosquitos.
Todo indica que más allá del resultado del 20 de abril, Paraguay quedará firmemente alineado con los países de la región, muy en particular con Brasil. El que e ra uno de los aliados de Washington, ha dado un giro radical en los dos últimos años. A tal punto que el presidente Duarte dijo hace pocas semanas que se siente más cercano de Hugo Chávez que de Bush. La oficialista Ovelar está dispuesta a continuar la política exterior del actual presidente o de alinearse aún más con la nueva izquierda latinoamericana. Si algún cambio se dibujara en el horizonte, como el que puede surgir del triunfo de Lugo, no irá en el sentido que desea Washington. Tal vez eso explique la beligerancia de Cason.

Notas
[1] Ultimas Noticias, 22 de febrero de 2008.
[2] Así como Itaipú es una represa binacional con Brasil, Yaciretá lo es con Argentina.
[3] Ricardo Canese, "La recuperación de la soberanía hidroeléctrica del Paraguay", Asunción, 2007.
[4] Servicio de Paz y Justicia, "Derechos Humanos en Paraguay 2007", Asunción, diciembre de 2007, p. 371.

- Raúl Zibechi es miembro del Consejo de Redacción del semanario Brecha de Montevideo, docente e investigador sobre movimientos sociales en la Multiversidad Franciscana de América Latina, y asesor a varios grupos sociales. Es colaborador mensual con el Programa de las Américas (www.ircamericas.org).

LOFAR, antenne rubate all'agricoltura

Fioccano un po' ovunque, persino sulla faccia nascosta della luna, i progetti per la realizzazione di radiotelescopi nelle basse frequenze. In radioastronomia per "bassa frequenza" si intende una soglia inferiore ai 250 MHz, in cui sulla terra le antenne avrebbero parecchi problemi di interferenza. Un articolo del Guardian parla di un premio europeo (che tra parentesi coinvolge altri progetti seguiti da scienziati e ricercatori italiani, l'economista Luisa Corrado e l'ingegnere Andrea Ferrari, entrambi della Cambridge University) a Robert Nichol, cosmologo della Portsmouth University, per la sua collaborazione a LOFAR. Infine c'è il progetto SKA, Square Kilometer Array, un radiotelescopio a larga banda internazionale che dovrebbe essere ospitato in Australia o in Sud Africa (si deve ancora decidere, ma sembra che l'Australia abbia qualche chance in più). Anche SKA dovrebbe essere costruito entro il 2015-2020.

Europe-wide radio net in aliens search

Project will pick up clues from space on possible extraterrestrials and data on the early universe

Observer on Sunday March 30 2008

Scientists are finalising plans to link radio wave detectors in five countries and create a device sensitive enough to pick up signals from worlds the other side of the galaxy.
By connecting banks of detectors in fields across Britain, France, Holland, Sweden and Germany, astronomers aim to create a radio telescope that will have the accuracy of a machine the size of Europe. They believe it could solve some of the universe's most important secrets - including the discovery of radio broadcasts from intelligent extraterrestrials.
'This system works by collecting radio waves over a range of frequencies,' said cosmologist Robert Nichol of Portsmouth University. 'These can then be analysed using arrays of computers which can identify patterns from the data streaming from our detectors.
'Some of these signals will reveal information about the early universe, for example. However, broadcasts by alien intelligences would also be revealed by our computers because we will, primarily, be collecting radio signals. Signals that have regular patterns will give themselves away as the possible handiwork of extraterrestrials. Such work is a bonus, however. The main work of the system is basic research,' added Nichol.
The project - known as Lofar (low frequency array) - was launched in Holland several years ago, but has attracted the attention of other European astronomers. All have agreed to build their own banks of detectors, which can then be linked to those in Holland. Britain is committed to building one set, while requests for money for another three have been put to research councils.
(continua)
L'idea dietro a LOFAR sembra veramente una pensata di un gruppo di radioamatori: disseminare su scala continentale una rete di sensori RF da unire via software. Uno dei bersagli di queste antenne è la radiazione di fondo generata nei primi istanti di vita dell'universo. I sensori vengono "semplicemente" disseminati nelle aree a sfruttamento agricolo e operano in due segmenti 30-80 MHz e 120-240 MHz. Il sito LOFAR spiega tutto molto bene, incluse le tecniche di RFI mitigation, cioè di lotta e compensazione delle interferenze RF e la ricaduta in termini di opportunità di controllo e management delle risorse agricole. La rete di sensori - e stiamo parlando di almeno diecimila antenne - verrà integrata da sistemi per la misura del microclima agricolo, con l'obiettivo di combattere le malattie dei raccolti.
Nel frattempo al MIT e altrove sognano di costruire, con sistemi robotizzati, un analogo array sulla luna, anzi sulla sua faccia perennemente nascosta alla terra e alle sue fonti di interferenza. Vi suggerisco la lettura del comunicato stampa del MIT relativo al Moonscope.

29 marzo 2008

Cicli solari, 23 e 24 convivono sul minimo

Ho sperimentato nel corso del finesettimana pasquale gli effetti dell'improvviso ritorno di fiamma del ciclo numero 23, che ha fatto comparire sul disco solare tre nuove grosse macchie che hanno prodotto dei brillamenti. Il colpo di frusta ha rimescolato la banda delle onde medie e mi ha fatto ascoltare la rara Radio Senda, 1680 kHz, dalla Repubblica Domenicana. Avessi resistito un paio d'ore in più, avrei probabilmente registrato qualche stazione nordamericana rara. In questi giorni sarebbe troppo tardi, le condizioni aurorali favoriscono infatti i percorsi propagativi da sud verso nord. E infatti sulla costa ovest degli USA arriva bene l'Austrialia.
Ma perché ciclo 23? Non era già iniziato il numero 24? Questo articolo della NASA spiega che la situazione è del tutto normale. Nel periodo di minimo solare è abbastanza facile riscontrare una certa sovrapposizione di macchie di vecchia e nuova polarità. Le tre macchie succitate hanno l'orientamento nord-sud caratteristico del ciclo precedente. Secondo le prime stime, il massimo del ciclo 24 lo registreremo nel 2012. Abbiamo dunque quattro o cinque anni di rampa che potrebbero offrire diverse buone possibilità sulle onde corte più basse (dove ormai non esistono molte stazioni broadcast) e sulle onde medie "estreme". Se il prossimo minimo si verificherà nel 2018, temo che le stazioni broadcast analogiche in onde medie e corte saranno quasi completamente estinte.

March 28, 2008: Solar Cycle 23, how can we miss you if you won't go away?

Barely three months after forecasters announced the beginning of new Solar Cycle 24, old Solar Cycle 23 has returned. (Actually, it never left. Read on.)

"This week, three big sunspots appeared and they are all old cycle spots," says NASA solar physicist David Hathaway. "We know this because of their magnetic polarity." On March 28th the Solar and Heliospheric Observatory (SOHO) made this magnetic map of the sun:



It shows the north and south magnetic poles of the three sunspots. All are oriented according to the patterns of Solar Cycle 23. Cycle 24 spots would be reversed.

What's going on? Hathaway explains: "We have two solar cycles in progress at the same time. Solar Cycle 24 has begun (the first new-cycle spot appeared in January 2008), but Solar Cycle 23 has not ended."


Strange as it sounds, this is perfectly normal. Around the time of solar minimum--i.e., now--old-cycle spots and new-cycle spots frequently intermingle. Eventually Cycle 23 will fade to zero, giving way in full to Solar Cycle 24, but not yet.

Meanwhile, on March 25th, sunspot 989, the smallest of the three sunspots, unleashed an M2-class solar flare. Flares are measured on a "Richter scale" ranging from A-class (puny) to X-class (powerful). M-class flares are of medium intensity. This one hurled a coronal mass ejection or "CME" into space (movie), but the billion-ton cloud missed Earth.

While the CME was still plowing through the sun's atmosphere, amateur radio astronomer Thomas Ashcraft heard "a heaving sound" coming from the loudspeaker of his 21 MHz shortwave receiver in New Mexico: listen. It was a Type II solar radio burst generated by shock waves at the leading edge of the CME. A thousand miles away in Virginia, David Thomas recorded the same emissions on a chart recorder he connected to his 20 MHz ham rig: look. "What a pleasant surprise," says Thomas.




We could get more of this kind of activity in the next 7 to 10 days. It will take about that long for the sunspots to cross the face of the sun. The sun's rotation is turning the spots toward Earth, which means the next CME, if there is one, might not miss. CME strikes do no physical harm to Earth but they can cause Northern Lights, satellite glitches and, in extreme cases, power outages.

The real significance of these spots is what they say about the solar cycle, says Hathaway. "Solar Cycle 24 has begun, but we won't be through solar minimum until the number of Cycle 24 spots rises above the declining number of Cycle 23 spots." Based on this latest spate of "old" activity, he thinks the next Solar Max probably won't arrive until 2012.

28 marzo 2008

Onde corte, le ragioni del cuore

Il destino ha voluto che Harry Helms, esperto DXer americano, dovesse vivere un duplice crepuscolo. La sua lunga e difficile malattia (Harry è un paziente oncologico di quarto stadio, il livello metastatico del cancro, e lui stesso, nel profilo del suo blog, coraggiosamente non esita a definirsi terminale) rappresenta evidentemente il declino più drammatico, di fronte al quale tutto il resto passa in ultimo piano.
Con Harry, un piccolo gruppo di hobbysti di tutto il mondo condivide però il peso - relativamente leggero, a questo punto - di dover assistere al lento tramonto delle onde corte, allo stillicidio delle stazioni che vengono smantellate o, quando va bene, ridimensionate. Qualcosa mi dice che Harry, a volte, si sente più triste per questo secondo motivo. Un paio di settimane fa, sul suo blog, Harry ha cercato di spiegare perché l'ascolto di una emittente lontana continua a dargli tutte queste emozioni. Una passione che dura per lui da 45 anni. E' una bellissima dichiarazione d'amore nei confronti di un hobby straordinario, il più bello e misconosciuto del mondo. Andate a visitare il The Harry Helms Blog, dedicato in parte alla radio in parte a quelli che l'autore definisce siti turistici "segreti" - le località in qualche modo legate ad alcune attività militari e governative che vengono o sono state tenute segrete. Helms sa il fatto suo, è un grande esperto di comunicazioni utility, prolifico scrittore di questioni radiantistiche e ospite della trasmissione radiofonica Coast to coast AM, equivalente del nostro programma televisivo Voyager (ok, io non sono un grande amante del genere, ma confesso che in gioventù i libri di Peter Kolosimo li leggevo). Il suo libro più recente si intitola "Top Secret Tourism".
Forza, Harry. Teniamolo ancora acceso quell'Eton E5.


Thoughts About Shortwave Radio
Thursday, March 13, 2008

I have trouble sleeping through the night these days (it’s normal for late Stage IV cancer patients). I often find myself awake two or three times during the night, sometimes for more than an hour. Until I get sleepy again, I grab the Eton E5 portable shortwave radio I keep on my nightstand, put on headphones so I won’t disturb Di, and tune around to see what I can hear.
Why do I do that instead of, for example, listening to my iPod?
Since 1963, I’ve been obsessed with snagging all manner of “non-standard” radio signals. Those include AM and FM broadcast stations from hundreds and thousands of miles away, shortwave broadcasts from foreign countries, communications from ships and airplanes traveling around the globe, military transmissions, ham radio operators-----if it can be tuned on a shortwave radio receiver, I want to hear it. I’ve owned over three dozen different shortwave radios (some of which cost over $1000), numerous accessories (like antenna tuners and audio filters), and specialized antennas (like amplified loops for receiving distant AM band stations). I’ve belonged to numerous radio listening clubs. The first books I wrote were about shortwave listening.
Again, why?? What is it that keeps me searching the airwaves for something distant and unusual?
Part of it is pure nostalgia. Unless you were of sentient age in 1963, you can’t imagine how constricted the flow of information was and how distant the rest of the world seemed back then. The internet was just a theoretical concept and communications satellites were in their infancy. Video of events in foreign nations had to be flown into the United States for broadcast, and magazines and newspapers from outside the United States took weeks to arrive via ship mail. Trying to be aware of the outside world back then was frustrating, like trying to figure out what was going on in a room by peeking through the keyhole.
I wrote in the introduction to my Shortwave Listening Guidebook that I considered my first shortwave radio to be a “magic box.” And indeed it was. Strange languages and exotic music gushed from the speaker of my simple Hallicrafters radio. Cities like Moscow, London, Quito, Melbourne, and Tokyo were in my bedroom with me. I eavesdropped on ship-to-shore telephone calls and communications from airplanes flying routes across the Atlantic. And there were also the dits and dahs of Morse code, the “beedle-beedle” of radioteletype stations, and all sorts of other bewildering noises. I even found myself entranced by station WWV, then in Maryland, and its precise time signals, one beep exactly each second.
When I got my first shortwave radio, it was like that moment in The Wizard of Oz when the movie abruptly changes from black and white to color; the world suddenly seemed smaller and more real to me. I couldn’t visit all those distant foreign places, but they could visit me. And I still get that feeling after 45 years of shortwave. Even though my world is media saturated, with the internet and 150 TV channels available to me, there remains something special about connecting to a distant place via shortwave radio.
Another attraction is the “DXing” aspect of radio. DXing is the art of trying to receive rarely-heard stations on various frequencies. To those not interested in DXing, this must seem like a ridiculous activity, and I suppose it is. But I get a feeling of accomplishment bordering on exhilaration when I manage to identify a weak, unusual radio signal through heavy interference. Maybe the best analogy I can make is to fishing. You never know what’s going to happen when you cast a line into the water, and you never what you’ll hear when you turn the dial of a shortwave radio. Whenever I hear a faint signal barely above the background noise, I am almost forced to stop and try to identify it. It’s as if the station is keeping a secret from me----its identity----and I want to learn that secret. To solve the mystery, I have to battle fading, interference, noise, and distortion. My shortwave radio becomes like a musical instrument in my hands. By manipulating its tuning knob and controls, I can coax weak signals to become more intelligible and, when the gods of the ionosphere cooperate, those faint signals will yield their secrets to me and I am briefly, almost mystically, connected to some distant place. My desire for connections to distant places was probably my biggest motivation for getting a ham radio license.
And when I speak of the “secrets” of shortwave, I often mean it literally instead of metaphorically. I have always been fascinated with unusual and “outlaw” radio stations, such as “pirate” and clandestine radio broadcasters, covert government and military communications, and coded message to espionage agents. The latter were known as “numbers stations” because the messages, usually read by a woman, were in groups of four of five digits. I heard these in English, Spanish, German, and other languages all over the shortwave bands; the signals endlessly fascinated me. When the first pirate----stations operating illegally without a government license----shortwave radio stations took to the air in the late 1970s, they immediately grabbed my attention and I still stumble across them late on Friday and Saturday nights. My fascination with “shortwave secrets” led to my current interest in all types of government secrets, as reflected in my last two books, Inside the Shadow Government and Top Secret Tourism.
However, the era of shortwave radio and DXing is drawing to an end. The internet and communications satellites now carry a lot of the communications that once went via shortwave, and many nations have discontinued shortwave broadcasts entirely. Nations such as Colombia and the Dominican Republic once had numerous active shortwave stations but now only a fraction remain active. While this saddens me in many ways, I also realize the internet and communications satellites have exponentially increased access to information from foreign sources; I can hear far more foreign radio stations via internet audio streaming than I ever could via shortwave radio. Frankly, there’s no need to own a shortwave radio today in order to hear radio stations from around the United States and the world. This upsets some other shortwave fans. One group of them denies the reality of what is happening----to them, the internet is just some passing fad----while another group of listeners raises quasi-survivalist fears of “internet interdiction” by a future American government, leaving the lucky owners of shortwave radios as the only ones able to get information without government censorship. (Sadly, I think many of the latter are actually serious in their belief.)
But I’m less concerned about the possibility of a fascist American state than I am about the possibility there is something interesting zipping through the airwaves and I'm not hearing it. That’s why I keep that Eton E5 within reach at night. The E5 is the sort of shortwave radio I could only dream about four decades ago-----about the size of a paperback book, digital frequency readout, sensitivity and selectivity equivalent to Drake and Hammarlund radios of that era-----and costs only $125 today. Holding it, I have the whole world in one hand. I really wish I could have had something like three or four decades ago, back when there was so much more interesting stuff to hear. But I'm glad I have it now.
I suppose I never did answer why I have been so fascinated by shortwave radio for so long, and that's because I really don't know myself. All I know is that it's a big part of my life, and no one can understand me without understanding the role it has played, and continues to play, in my life.

Onde corte, strumento prezioso o ferrovecchio?

Dibattito a distanza, su RadioWorld Online, tra due fautori delle onde corte, Jack Quinn e Nick Olguin, e un responsabile del Broadcast Board of Governors, l'organismo governativo americano che gestisce le trasmissioni della VOA e di altre emittenti. Quinn e Olguin se la prendono proprio con la politica di graduale smantellamento degli impianti di trasmissioni in HF, mentre Vincent Nowicki replica con alcune cifre che dimostrerebbero che le onde corte stanno cadendo nel dimenticatoio, anche in nazioni che gli occidentali ritengono molto arretrate. Nowicki fa l'esempio del Pakistan, dove la gente ascolta al primo posto l'FM, seguite dalle onde medie e solo in pochi casi dalle onde corte. Anche nel caso della Birmania, prosegue Nowicki, ad un aumento delle ore di trasmissione corrisponde un notevole incremento dell'attività sui siti Web delle emittenti.
Cifre molto sensate e credibili, obiezioni del tutto condivisibili, ma io continuo a non sentirmi solo un inguaribile nostalgico nel pensare che le onde corte possono continuare a svolgere un ruolo significativo. Le "analisi di mercato", si sa, servono in genere a surrogare decisioni già prese. Del resto dobbiamo adattarci, non esiste in questo caso la controprova di una campagna di marketing mirata a stimolare l'ascolto delle onde corte tra i potenziali destinatari. Se dovessimo applicare gli stessi metri, anche la radio digitale satellitare risulterebbe a oggi un flop senza appello, da abbandonare in tutta fretta. Eppure su quel modello di business si continua a investire (soldi privati, d'accordo).
Nowicki ci ricorda che se la nostalgia non puà sostituire un approccio manageriale alla problematica della diffusione di programmi all'estero, il vecchio strumento delle onde corte non è ancora andato definitivamente in pensione. Che qualche risorsa finanziaria (pubblica) continua a essere investita in impianti e programmi. Non sono così pazzo da immaginare una inversione di tendenza, ma forse è possibile che la curva al ribasso si arresti su una linea di modesta, ma confortevole continuità.

Don’t Close Shortwaves, Improve Them

Instead of Closing Valuable Stations Like Kavala, BBG’s Engineers Should Recommend Improvements

By Jack Quinn and Nick Olguin

U.S. International Broadcasting is dysfunctional and it is time to initiate vast changes. The Broadcast Board of Governors (BBG) has done enough damage to the U.S. Public Diplomacy.
The authors have been associated with both VOA and RFE/RL their entire professional lives. We have been openly critical of many decisions reached by government policy-makers affecting U.S. international broadcasting operations. But never more so than during the last eight years since a Broadcasting Board of Governors (BBG) was created in 1999 and placed in charge of delivering our nation’s public diplomacy messages. Members are appointed by the current President and given full responsibility for oversight of all U.S. non-military International Shortwave Broadcasting. The Board consists of 4-Democrats and 4-Republicans plus the non-voting U.S. Secretary of State.
Rather than remaining an oversight committee, it wasn’t long before the BBG basically took over day-to-day operational control of all the radios. None, repeat none, of the board members has any experience in international programming or in the technical operations of shortwave broadcasting. A few had experience in commercial U.S. AM/FM markets, also with the Internet, and with Satellite TV. One such appointee was founder and Chairman of Westwood One, a 1,000 AM/FM station nationwide network. It became immediately evident to interested observers that the BBG considers high-powered shortwave as something from medieval times. Neither did they appreciate, nor understand the technical properties, capabilities, and value of mainstay shortwave facilities. The Board began eliminating stations almost immediately, and started re-allocating associated funding to create technology with which they were more familiar. One needs only look at the U.S.’s failed public diplomacy programs around the globe, but particularly in Russia, to see what catastrophic results these efforts have wrought.

The BBG has already eliminated the following irreplaceable shortwave facilities:

Number of Sites: 8
Number of Transmitters: 71
Total KW’s 22,500
Total Effective Radiated Power in KW’s: 2,400,000.

Unfortunately, once you relinquish foreign government leased sites, and simultaneously forfeit all assigned frequencies back to the ITU (International Telecommunications Union) in Geneva, Switzerland, they are nearly impossible to regain.
There is no doubt in the minds of experienced shortwave broadcasters that the internet, satellite TV, medium and shortwave can all play a role taken together in an effective public diplomacy program. BUT…you must have the technical knowledge and expertise to calculate which combination produces maximum results for a given area. Contrary to BBG beliefs, there are millions of people in the world who do not have access to either the Internet or Satellite TV. They still depend upon their World Band Shortwave Radios for outside information and news.
A prime example of the need for dependable, strong shortwave radio can, once again, be found in our old nemesis, Russia. Freedom of the press has been extinguished and there is a crying need for the free world to broadcast unbiased news to the masses of Russia. Shortwave has always been the only medium capable of reaching a maximum numbers of ex-Soviets. The irony in all of this is that the BBG recently cancelled the unexpired lease on the one shortwave location that would have guaranteed our nation’s ability to impact and affect events in Russia. The facility was the irreplaceable site located at Playa de Pals, in eastern Spain. The station stood on a pristine beach with an unobstructed one-hop signal path straight into beautiful downtown Moscow. The most ideal transmitting site for this purpose on the planet! With its abandonment, the Spanish quickly emptied the buildings and last spring demolished the station’s mammoth 530’ towers supporting 28db gain curtain antenna arrays. (See YouTube ).

Save Kavala

Once again, the BBG is readying to close another valuable U.S. property, the only one still capable of putting strong shortwave signals into Moscow and much of Russia with existing equipment. Instead of closing this valuable station located in Kavala, northern Greece, engineers serving the BBG should, for once, stand up to the board and strongly recommend improvements instead. The station now has 12 - 250kW transmitters. These should be replaced with 12 - German designed ALLISS transmitter/antennas systems. The ALLISS system consists of a 360 degree continuously rotatable curtain antenna array including either a 250 or 500 kW transmitter installed inside the concrete bunker supporting the antenna. Kavala, with new, total directional flexibility to cover other trouble spots, could hit the entire Middle East, North Africa, Russia to the Urals on one hop. It could also provide excellent coverage of Central Africa, Pakistan/India, and Central Russia on 2nd hop. Consider this: The Chinese have adjudged shortwave very important because they recently purchased 13 - ALLISS systems just to jam VOA broadcasts! Hopefully, there remains enough judgment in the Administration and motivation in the Congress to stop the Kavala station from being closed down.
The BBG may rebut this Guest Commentary. They have stables full of taxpayer funded P.R. experts, lawyers, and writers all at their disposal. Therefore, rebuttal costs are of no concern, if it saves their status quo.
It has been proven time and again that a government agency cannot be as cost-effective as private industry. Federal agencies, are hampered by complex Federal procurement laws, unionization, and bureaucratic regulations. All U.S. non-military international broadcasting should be Privatized. The successful RFE/RL Cold War format was a winner, and should be seriously considered.
Wake up America! It’s time for change!


Quinn was an engineer or engineering manager at G/E. KGEI Belmont, Calif.; CBS Hollywood; CBS/VOA Delano; and RFE Munich. He spends 30 years with Eimac Power Tube Division and was a VOA/RFE/RL consultant. Olguin worked for the U.S. Army Strategic Communications Command in the United States, Erirtea, and Iran; as a VOA plant supervisor and station manager in Greece, Germany, the Philppines, and Thailand; and as a station manager with RFE/RL in Germany and Spain.

***

BBG: Nostalgia Doesn’t Get the Job Done


Though Shortwave Remains Valuable, the Right ‘Media Mix’ Is the Only Way to Reach a Global Audience


3.26.2008
Vincent Nowicki


Jack Quinn and Nick Olguin’s guest commentary on the Broadcasting Board of Governors (“Don’t Close Shortwaves, Improve Them,” Feb. 1) is out of step with the realities of today’s sophisticated audience and the strategic media markets for U.S. international broadcasting.
The BBG is keenly aware of the value of shortwave in distinct markets such as some parts of Africa and parts of Asia. Shortwave sustained international broadcasting throughout the Cold War and still makes a significant mark today in the global war on terror.
However, nostalgia for Cold War methods does not get the job done in the new millennium. We need only look at a few recent events to vividly illustrate that point.

Old meets new

In September 2007, Burma’s junta cracked down on the demonstrations led by Buddhist monks. BBG doubled Voice of America and Radio Free Asia (RFA) Burmese broadcasts in shortwave and medium wave. At the same time, daily Web traffic to VOA’s site increased by 186 percent and remains 95 percent above pre-crisis levels. There were real-time exchanges of video and sound from eyewitnesses’ cell phones and handheld devices.
Here, old and new technologies were blended with great effect. The Web supports a dynamic interactive with our audience, allowing us to get news and then share it with remarkable immediacy. The Board’s FY 2009 budget request reflects the need to invest in these transformative technologies while sustaining the proven broadcast facilities as appropriate.
In November 2007, the Pakistani government shut down all independent media inside Pakistan including VOA’s TV programs on local channels. We expanded VOA Urdu-language broadcasts from five to 12-1/2 hours daily using primarily medium wave.
Research tells us that in Pakistan, after TV, FM is the dominant medium followed by AM. Shortwave is the least popular by a wide margin, with only 8 percent ownership. Notably, there is a sharp rise in mobile phone ownership and along with it, FM radio access. In this hostile climate the solution requires determination and creativity but clearly not shortwave.
In Russia we face an even more complex challenge. The Committee to Protect Journalists described in August 2007 that: “In the run-up to parliamentary and presidential elections … Russian authorities have consolidated their control on the influential broadcast media.” The CPJ described restrictive media laws, pressure, intimidation and imprisonment of journalists. Specifically, “14 journalist murders committed since President Vladimir Putin took office in 2000 remain unsolved.”
BBG access to domestic radio and TV outlets has dropped, due to Russian government pressures, from 97 in 2005 to 19 today. However, only 2 percent of Russians use shortwave radio on a weekly basis, and AM usage is similarly low at just 5 percent weekly, while weekly Internet use stands at 15 percent. The Internet and other new media have become the default delivery options. Transforming our programming and shifting technical resources to reach both the policy-influencing elite and the “digital generation” is our immediate test.

Effective distribution

Our strategic approach, including network realignments and expanding our broadcasting platforms in places like the Middle East, has been pivotal to increasing our audience.
It is true that we closed our transmitting stations in Playa de Pals, Spain, in 2001 and Kavala, Greece, in 2006. However, surplus equipment from such shifts is economically and effectively redeployed at other BBG facilities on a regular basis.
In general, the shortwave broadcasting mission European-based stations have capably served for more than half a century has shifted eastward to Asia.
Our engineers successfully added more than 50 FM transmitters to our inventory over the past several years. Most operate 24 hours a day, seven days a week. In 2007, the BBG transmitted more total hours of radio than any previous year in the last decade. In addition we operate four local television transmitters in Iraq to broadcast one of three 24-hour streams of our Arabic news and information channel, Alhurra.
Since 2002 VOA’s television production has grown significantly and its worldwide TV audience has quadrupled with television programming in 25 of its 45 languages. Collectively, this new broadcasting has boosted the BBG’s global audience levels from 100 million to 155 million in the past six years.
The single greatest challenge we face is to ensure effective distribution. Too many of the countries to which the BBG broadcasts try to jam our direct broadcasts, limit or prohibit local distribution via affiliates, enforce laws that restrict broadcast content and block our Internet sites.
We broadcast in 60 languages to more than 80 countries. Our global network of more than 60 transmitting facilities includes about 175 transmitters and 400 antennas with a combined power capability of more than 38 million watts. To track the effectiveness of and drive continuous improvements in our broadcasts, the BBG spends $9 million a year on market and audience research.
The BBG has its eyes wide open as it directs U.S. international broadcasting. Using the correct media mix — be it Internet, TV, AM, FM or shortwave radio — preferred by the audience, and not simply grasping on to old approaches, is the only way we can reach today’s worldwide audience.
This is a challenging assignment, but U.S. taxpayers can trust that we are doing our homework.

Vincent Nowicki is the director of the engineering and technical operations at the International Broadcasting Bureau. IBB provides the engineering and technical operations for BBG broadcasters.

L'ultima radio

Domenica sarò al Franco Parenti di Milano per il nuovo spettacolo teatrale di Tullio Solenghi. Si tratta di un monologo adattato da un testo di Sabina Negri, autrice e personaggio televisivo (nonché ex consorte dell'ex ministro Calderoli) di cui - confesso - ignoravo l'esistenza. Eppure la presentazione dello spettacolo, di cui riporto la locandina, mi è sembrata suggestiva, anche perché Solenghi sembra volerci mettere molto del suo personale rapporto con il mezzo radiofonico, rapporto che risale agli albori della carriera dell'attore, chiamato ad annunciare i programmi del Gazzettino della Ligria. Questa è la breve presentazione di L'ultima radio (No auditel: canale ascoltami) dal sito del Franco Parenti, dove sone previste tre repliche, alle 21.15, domani 29 e fino al 31 marzo.
Lo spettacolo fa parte di Racconto italiano. Un dialogo senza confini fra platea e palcoscenico. Nell’epoca dove regnano lo share e l’auditel, Tullio Solenghi interpreta il microcosmo di coloro che non riescono a stare al passo con i tempi, che non ce la fanno perché non si vogliono sporcare le mani, che restano indietro e affondano nonostante la bellezza e l’onestà di quello che fanno. Così il conduttore-factotum di una piccola emittente libera, soverchiata dai satelliti e dalle antenne della macro produzione mediatica, esterna la voce dei tanti che non riescono a trovare il canale giusto per farsi ascoltare.
Nelle serate milanesi è prevista una curiosa appendice. "Al termine di ogni rappresentazione," infatti, "il pubblico sarà coinvolto e invitato ad esprimersi a partire dalle emozioni suscitate dallo spettacolo. Alcuni studenti dell’Università Statale raccoglieranno le testimonianze degli spettatori che comporranno un affresco autentico dell’identità italiana." Ed ecco la locandina:
L'ultima radio

di Sabina Negri
regia di Marcello Cotugno

aiuto regista Guia Zapponi

elaborazione drammaturgica di Tullio Solenghi e Marcello Cotugno

colonna sonora a cura di Marcello Cotugno

con Tullio Solenghi

Note a margine di una radio
La parola radio per quelli della mia generazione ha un potere evocativo particolare, in quei lontani anni ‘50 infatti il totem attorno al quale la sera si riunivano le famiglie era costituito da quello strano aggeggio, l’imponente mobile-radio, infarcito di valvole con due manopole madreperla sul frontale, che avevano il magico potere di proiettarti in uno sconfinato mondo di voci e di suoni.
Ricordo di allora l’inconfondibile piglio toscano di Silvio Gigli, o la calata spoletina di Alberto Talegalli.
Sempre alla radio devo poi il mio debutto in arte, ad appena 17 anni, come “annunciatore sostituto” al gazzettino della Liguria, sede R.A.I. di Genova.
E ancora la radio è stata alla base della mia avventura lavorativa forse più esaltante, quando col “trio” varammo nel 1982 Helzapoppin Radio Due, preziosa palestra di tutte le nostre future creazioni e trasmissione che si rivelò poi programma-cult.
L’approccio col testo di Sabina Negri è stato perciò un qualcosa di più che il rapporto con un mezzo espressivo che ha fatto da sottofondo alla mia carriera artistica, ma, come accade per il protagonista di MomentiRadio, pur se in maniera differente, ha caratterizzato anche i momenti più significativi della mia esistenza.
Il conduttore-factotum ripercorre l’avventura di questa sua emittente, ed essa coincide con un ben più profondo bilancio della sua vita, che passa attraverso quei miei stessi anni, anni densi di speranze deluse, di scelte essenziali, di esperienze che hanno lasciato un solco incancellabile nelle rughe del tempo.
Ci ho messo dentro molto di me, virando un po’ più verso l’ironia, che è alla base della mia ricetta di sopravvivenza.
Anche la scelta del tappeto musicale sul quale si muove il tutto ha avuto una forte valenza evocativa, e qui ho trovato la preziosa collaborazione di Marcello, dal quale mi separano almeno due generazioni, ma con cui ho verificato “sul campo” una totale sintonia espressiva che non conosce datazioni o classificazioni.
Devo confessare che generalmente non sono attratto dal “monologo”, ma qui a convincermi è stato il contesto del tutto diverso, il “solista” in questione qui è solo il tramite di una infinita catena di contatti, di rapporti, di evocazioni, egli rappresenta la preziosa sinapsi tra gli infiniti microcosmi di umanità che affollano l’esistenza di ognuno di noi.
(Tullio Solenghi)

Il pioniere della talk radio che scherzava con Pavarotti

Si è spenta oggi in Florida la voce di Wally Phillips, considerato il papà del moderno formato talk radio. Per vent'anni, dal 1965 al 1986, dai microfoni dell'emittente WGN, fu la prima voce che milioni di abitanti di Chicago ascoltavano appena alzati. Una tragica ironia ha voluto che Wally, 82enne (la foto lo ritrae nel 2004, durante la cerimonia per la strada di Chicago che gli fu dedicata in forma onoraria), abbia dovuto combattere nell'ultimo periodo della sua vita contro il morbo di Alzheimer. Oggi per fortuna la sua straordinaria eredità sopravvive negli archivi di WGN, dove Phillips arrivò dopo aver lasciato un'altra storica emittente, la WLW di Cincinnati. In un fantastico sito "autobiografico", WGN ripercorre la carriera del leggendario conduttore, che tra i tanti meriti vanta persino quello di pioniere degli scherzi radiofonici (forse qualcuno dei miei sparuti lettori ricorda la candid camera radiofonica del mitico Giocone, trasmissione firmata da Maurizio Costanzo e chissà, magari ispirata proprio alle telefonate di Phillips). Tra i documenti proposti c'è l'audio di un bonario scherzo fatto a Luciano Pavarotti. Phillips telefonò a uno stranito Lucianone - bisogna ammettere che l'inglese del popolare tenore era piuttosto efficace - dicendogli che il figlio, giovane studente di conservatorio, voleva imparare, per distinguersi, a cantare "come Pavarotti", leggermente "off key" (fuori tono). «Perché è quello che lei fa, no, Maestro? Cantare stonato? Volevo chiederle se è molto difficile imparare.»

Legendary WGN Host Wally Phillips Dies

Longtime Morning Man Loses Battle With Alzheimer's

(WGN-AM) - Wally Phillips, considered by many in the radio industry for helping to pioneer the modern day talk radio format, has died. He was 82.
The WGN mainstay hosted the morning show from 1965 through 1986. During that time, he ruled the roost in morning drive, at times attracting half of the market's listening audience.
"Wally's voice was the first millions of Chicagoans heard every morning from 1965 to 1986," said Tom Langmyer, Vice President/General Manager of WGN Radio in a statement. He was one of a kind, and he was a "Broadcaster" in the truest sense."
Phillips arrived at WGN Radio in 1956. He retired from a weekend show in 1998. His lasting legacy at the station is the "Neediest Kids' Fund," a children's charity. Phillips had been battling Alzheimer's disease for the past five years.

27 marzo 2008

Maggio '68, la radio est dans la rue

Ho trovato affascinante la rievocazione che Anne-Marie Gustave dedica sul periodico Télérama al ruolo delle stazioni radio "periferiche" (così si chiamavano le emittenti in onde lunghe Europe 1 e RTL che pur trasmettendo formalmente fuori dai confini francesi si rivolgevano a un pubblico interno) nel maggio del 1968, il periodo degli scontri più duri tra i protagonisti delle "manif", le manifestazioni e il governo del presidente De Gaulle e del primo ministro Pompidou. Il vecchio generale, forte del suo prestigio, se la cavò in qualche modo. Ma da quelle proteste, che portarono comunque a una nuova Europa, la sua carriera uscì gravemente compromessa. Un anno dopo Charles De Gaulle dovette dimettersi per aver perso il referendum sulle riforme da lui promosse e, ritiratosi, morirà nel 1970.
Il pezzo di Télérama parla in dettaglio dei programmi indipendenti, che seguivano minuto per minuto gli scontri e le barricate, dando voce senza mezzi termini alla voglia di cambiamento. Le autorità fecero di tutto per bloccare le due emittenti private, arrivando addirittura a tagliare le connessioni telefoniche con i radiocronisti squinzagliati per le piazze. Al suo interno la radio di stato, ORTF, subì censure pesantissime e decine di giornalisti furono messi alla porta. Anche ORTF che fu uno dei bersagli più duramente messi in discussione dai giovani contestatori, non resistette a lungo. Sei anni dopo l'ente sarebbe stato abolito e nel 1981 sarebbe arrivata la legge sulla radiofonia privata, dopo dieci anni in cui l'etere era percorso da piccole stazioni pirata quasi tutte, scrive la Gustave, fondate da sessantottardi.
La radio, insomma, fece immediatamente proprio lo spirito del '68 e il pubblico a dire il vero la premiò con altrettanto entusiasmo. In un solo mese in Francia si vendettero 200 mila radioline a transistor. Allora si disse che la Francia intera si era "transistorizzata". Troverete alcuni preziosi documenti sonori sul sito della rivista storica Cahiers d'Histoire de la Radio, pubblicata dal Comité d'Histoire de la Radiodiffusion, che nel 1999 dedica alla radio nel '68 un numero monografico descritto in questa scheda dettagliata.
Evviva il Maggio.

Mai 68 à la radio : De Gaulle, t'es foutu, la radio est dans la rue

Publié le jeudi 27 mars 2008

Au moment où la fièvre gagne la rue, l'Etat contrôle France Inter. Mais Europe 1 et RTL sont au cœur des manifs. Le monde réel entre enfin dans le poste. Une révolution qui entraînera l’éclatement de l’ORTF et ouvrira la voie aux radios libres.
«Dites à Farkas de cesser de radioguider les manifestants, il nous complique la tâche.» Dès le 6 mai et après la manifestation de la place Maubert, où 345 policiers et 600 étudiants ont été blessés, Christian Fouchet, ministre de l'Intérieur, est excédé par les reportages de RTL. Le Premier ministre, Georges Pompidou, également, qui condamne «le rôle néfaste des stations périphériques. Sous prétexte d'informer elles enflamment, quand elles ne provoquent pas». Le pouvoir essaiera de négocier auprès du directeur de l'information de RTL. En vain. Jamais la radio n'avait eu autant d'influence. Elle se moquait des autorités, qui après avoir maté l'ORTF espéraient faire taire les stations périphériques, que les partisans du général de Gaulle cons­puaient en scandant : «Europe 1 à Pékin, RTL la chienlit». Et, surtout, elle devenait légère, réactive, mobile : 200 000 transistors seront vendus en un mois, dans un pays pourtant en grève.
«C'était la première fois que des types manifestaient avec un poste à l'oreille, se souvient Jean-Pierre Farkas, à l'époque directeur de l'information de RTL, aujourd'hui à la retraite. Si l'on annonçait un rassemblement devant la fontaine Saint-Michel, une demi-heure plus tard, il y avait 3 000 personnes.» «Paris était devenu un immense transistor», raconte à son tour Christian Brincourt, à l'époque simple reporter à RTL. «On était des acteurs informés et des auditeurs actifs, raconte un étudiant d'alors (1). Grâce à la radio, la peur avait moins de prise sur nous. Derrière notre barricade, on était résolus, mais on se demandait toujours si ça valait le coup. Sur RTL, ils annonçaient une dizaine de barricades: «ça m'a donné du courage. Puis une femme s'est approchée avec un transistor branché sur Europe 1 et j'ai entendu qu'il y en avait trente. J'ai pris alors conscience que la France entière était à l'écoute, que nous étions reliés au monde. Après des années de mensonges, on entendait enfin à la radio le récit du réel.»
En 68, RTL joue à fond la carte du direct, accélérant, du coup, le pas­sa­ge d'un discours rigide à une expres­sion ouverte. «Pendant les reportages, explique Jean-Pierre Farkas, les journalistes avaient du mal à conserver un ton normal. Au milieu des grenades lacrymogènes, pas loin des coups de matraque et des jets de pierres, ils avaient peur, se cachaient, couraient, leur respi­ra­tion haletante dramatisant davantage encore la situation. Les meilleurs étaient les gars des sports. Eux avaient l'habitude de doser leur voix et leurs réactions en fonction des événements vécus. Par la suite, l'illustration sonore est devenue récurrente. Comme s'il fallait faire entendre pour voir. A la limite, ce n'était plus le journaliste qu'on écoutait, mais ce qui l'entourait.»
Le 23 mai, Yves Guéna, ministre des Télécommunications, coupe les fréquences des radiotéléphones des voitures de reportage d'Europe 1 et de RTL. Les reporters trouvent immédiatement une autre solution et s'invitent chez les auditeurs. «On allait dans les immeubles des avenues où il se passait quelque chose, on montait au dernier étage puis on demandait aux habitants l'autorisation d'appeler la station avec leur téléphone, raconte Christian Brincourt. A l'époque les postes étaient fixes. Pour nous rapprocher des fenêtres, nous devions démonter l'installation. En tirant les fils, on arrachait les plinthes et on faisait tomber du plâtre. Les propriétaires, fiers de participer à l'information, ne disaient mot.» «Un jour, explique Gilles Schneider, alors journaliste sur Europe 1, je suis allé téléphoner chez un couple de médecins. Elle attendait un bébé. Au moment où j'allais intervenir en direct, elle a dit à son mari : "Je crois qu'il faut aller à la maternité." Il a répondu : "Ce n'est pas possible, des manifestants se battent dans notre escalier." Je me souviens être sorti avec eux en criant "Attention, femme enceinte !". Aussitôt une haie d'honneur s'est formée, puis étudiants et policiers ont recommencé à s'empoigner.» Grâce à ces rencontres fortuites, les journalistes ont plus facilement identifié leurs auditeurs. «Cette période nous a donné le goût du partage et une certaine forme de générosité, poursuit Gilles Schneider. Nous avons fait la connaissance non seulement de notre public, mais aussi de nos concurrents. Entre stations [Europe 1 et RTL] nous nous sommes épaulées. Les équipes ont sympathisé. Ensuite, une sorte de cousinage s'est opéré, même dans le contenu de nos programmes.»
En fait, après ce mois de troubles, plus rien ne fut comme avant. La moins «audible» des conséquences a été la prise en compte des mouvements d'opinion. Les sondages se sont généralisés. Les radios ont rayé d'un trait de plume quelques bonnes vieilles habitudes. Plus de chroniques pour les boulangers à 6 heures du matin, pour les industriels à 7h30, pour les femmes à 10 heures (curieusement, depuis, on y est revenu!). Pour la première fois, les programmes du week-end se différencient de ceux de la semaine. Les émissions de dialogue avec les auditeurs ou avec des personnali­tés se multiplient. 21 septembre : première Radioscopie de Jacques Chancel, sur France Inter. 6 novembre : première «Radio Psychose» de François Jouffa, dans Campus, sur Europe 1. Quant à l'intimité, elle se raconte dans les émissions de Menie Grégoire sur RTL.
Une autre conséquence concerne non pas les radios les plus impliquées dans l'événement, mais l'ORTF. En interne, pendant ce long mois de mai, les journalistes de France Inter, privés de leur droit d'informer (les reportages sont interdits de diffusion ou coupés), vont faire grève à plusieurs reprises. Le 19 mai, le général de Gaulle ordonne à son ministre de l'Information, Georges Gorse, de «mettre les trublions à la porte». Les émetteurs et les studios sont aussitôt placés sous garde militaire. Le 3 juin, les forces de police encerclent la Maison de la radio. Le 5, les techniciens sont remplacés par des confrères du privé... Le 14 août, Le Monde publie la liste des cinquante jour­nalistes radio licenciés, mutés ou mis à la retraite anticipée... L'ORTF éclatera six ans plus tard.
Autre retombée, et non des moindres : les prises de parole sur les antennes de non-professionnels ont donné des idées aux étudiants. Dès 69 naît la première radio libre sur le campus de Villeneuve-d'Ascq. Jusqu'en 1981, année de l'ouverture de la bande FM, 2 000 autres stations pirates vont voir le jour, la plupart créées par des soixante-huitards, pour qui la radio incarnait le média de la liberté d'expression. En 68, les stations privées et publiques ont gagné leur indépendance vis-à-vis du pouvoir politique. Aujourd'hui, le pouvoir a changé de mains, concentré dans celles de la publicité et des grands groupes financiers.
Anne-Marie Gustave

(1) Dans Les Cahiers d'histoire de la radio, no 59, janvier-mars 1999.


L'EBU standardizza gli archivi audio digitali

L'EBU ha rilasciato le sue raccomandazioni sulla creazione di archivi audio digitali a partire da archivi analogici storici. L'associazione dei broadcaster pubblici europei consiglia quali tecniche utilizzare e quali parametri di campionamento, oltre a caldeggiare l'impiego di metadati standard per la futura gestione e accessibilità. Il documento può essere prelevato qui e rappresenta una lettura molto istruttiva:
http://www.ebu.ch/CMSimages/en/tec_text_r105-2008_tcm6-4707.pdf
Ci sono state in questi giorni parecchie polemiche sull'allonatamento forzato di Alberto Contri da Rai.Net, con Repubblica che rivela i retroscena di una Rai pesantemente arretrata sul piano delle risorse informatiche e Radio Radicale che intervista Contri offrendogli l'occasione di precisare meglio una situazione assai poco lusinghiera, tanto per cambiare, per l'Italia. Non sono mancate accuse rivolte alle RAI Teche proprio in materia di disponibilità e accessibilità degli archivi. Contri riferisce di aver visitato broadcaster europei molto più progrediti in questo vitale contesto. Stiamo parlando di patrimoni storici e culturali di portata incommensurabile, le stazioni radio sono depositarie di una parte significativa della nostra memoria collettiva. Ma diciamola tutta, una nazione che digerisce candidati premier che quotidianamente smentiscono le sparate delle ultime 24 ore, come in una perversa parodia del newspeak orwelliano, la memoria collettiva non è un bene in cui investire a vantaggio delle generazioni attuali e nuove. Bensì una zavorra di cui liberarsi al più presto, insieme ai tanti armadi con scheletro incorporato.

Francia, parte tra i dubbi la corsa alla radio digitale

Parte oggi in Francia l'appello alle licenze di radio digitale T-DMB. Ma le perplessità non sono poche. Anche perché le notizie sullo stato di salute finanziaria dell'emittenza commerciale sono scoraggianti. NRJ ha annunciato un calo del 10% del fatturato e ha dimezzato l'utile operativo rispetto allo scorso anno. E quattro banche d'affari hanno downgradato il titolo. Proprio delle buone premesse.
Radio numérique : La course à la fréquence commence aujourd’hui

Depuis le mois de mai, 8 expérimentations de radios numériques ont été lancées par le CSA.

C’est aujourd’hui que le Conseil supérieur de l’Audiovisuel lance officiellement l’appel à candidatures concernant l’attribution des fréquences radiophoniques numériques. Un événement qui devrait provoquer un appel d’air avec la création de nombreuses stations et l’émergence de nouveaux acteurs dans l’univers radiophonique. Le Ministère de la Culture et de la Communication espère que l’activité en numérique commencera avant la fin de l’année.

Une semaine après le coup d’envoi de 7 nouvelles chaînes de télévisions franciliennes sur la TNT, le Conseil supérieur de l’audiovisuel (CSA) va lancer l’appel à candidatures qui doit redessiner le paysage radiophonique français par l’ attribution des fréquences de la radio numérique. En décembre, le Ministre de la Culture et de la Communication, Christine Albanel, a signé l’arrêté technique qui doit rendre possible ce processus et désigné la norme de fréquence retenue par le gouvernement. Un choix plébiscité par les professionnels de la radio : la T-DMB(Terrestrial-digital Multimedia broadcasting). Le passage à la technologie numérique devra permettre aux auditeurs de recevoir un son de meilleure qualité et tout en ayant accès à des éléments graphiques et visuels ( photos, textes...). Ils pourront également revenir en arrière et réécouter des passages de leurs émissions...à condition de s’équiper d’un boitier spécifique, comme pour la TNT.

Mutations annoncées

Pour les professionnels, l’attrait du numérique est la large ouverture du marché par la multiplication des fréquences. Une ventilation comparable aux privatisations audiovisuelles des années 1980. Les « majors » de la radio française (RTL, Lagardère, NextradioTV...) sont d’ores et déjà prêts cherchant à assurer leurs positions. Elles se sont mises en recherche de nouveaux projets plus ou moins secrets : la création de radios payantes pour Lagardère, le rachat de stations locales existantes et implantées pour d’autres. Les radios associatives, plus fragiles économiquement, craignent d’être mises quelque peu sur le banc de touche. Les professionnels vont, de toute façon, faire face à des concurrents, absents du paysage radiophonique actuel, non déclarés mais potentiellement comme les chaînes de télévision ou la téléphonie mobile.
Anche l'associazione delle stazioni comunitarie/associative, CNRA, esprime sul suo ultimo bollettino parecchi dubbi, facendo quattro conti in tasca a una tecnologia che a fronte di tanti investimenti potrebbe non comportare, per le piccole emittenti, tutti questi vantaggi rispetto all'analogico. E rimane il problema più grande: chi finanzia il passaggio al digitale di emittenti che non avendo scopo di lucro non sono semplicemente in grado di pagare? All'orizzonte si intuisce l'ennesimo flop di qualcosa che solo i costruttori di apparati sembrano volere intensamente.

Les enjeux économiques de l’année
Comme nous vous l’avons déjà expliqué dans nos publications, les déclarations d’une part du Président de la République sur sa volonté de voir supprimée la publicité sur l’audiovisuel public, et, d’autre part de Rachid Arhab (membre du CSA) sur le lancement programmé avant la mi-deux mille huit des appels à candidature pour la radio numérique, nous oblige à revenir sur les enjeux économiques puissants dans lesquels vont être pris nos radios dés la fin de cette année.

I - Numérique une situation où les questions techniques sont devenues secondaires :
Pendant longtemps nos organisations se sont demandées s’il fallait ou non aller sur le nouveau support de la diffusion numérique. Réservé aux plus riches opérateurs les expérimentations des années 90 nous encourageaient à attendre. L’évolution des techniques, le lancement réussi de la TNT, l’appétit de groupes médias désirant jouer les nouveaux entrants sur le secteur de la radio et finalement la réalité d’une imminente convergence dans le domaine des télécoms et des médias vers la « mobilité », dans un domaine qui semblait réservé à nos seules supports dédiés, tout cela totalement changé la donne. Les événements se sont-ils considérablement accélérés durant les 12 derniers mois. Une norme de diffusion a été choisie par le gouvernement, des conditions d’appels à candidature, des plans de fréquences spécifique aux types de fréquences nouvellement exploitées sont sur le point d’être révélés par le CSA. Si nous avons été unanime à critiquer la rapidité voire la précipitation avec laquelle ces opérations se déroulent, chacun doit bien être conscient que pour la première fois de l'histoire radiophonique, la course enclanchée semble ne pas avoir pour seul but de distancer nos radios associatives. L’ensemble des acteurs actuels de la radio est désormais en compétition avec les opérateurs des télécoms, d’internet et de la télévision pour rafler les « fréquences numériques » dont chacun sait que l’usage ne pourrait être que radiophonique. La compétition ne s’arrête pas là. Même si les bande 3 et L finissaient bien par être réservées à la radio, il est certain que d’important groupe médias souhaitent prendre des positions significatives sur ce nouvel espace d’expression pour nous, de commerce pour eux. Les groupes Bouygues et Bolloré semblent bien tous les deux préparer des projets de radios numériques.
Dans ces conditions, la question de la norme devient, secondaire. La seule question à laquelle nos radios associatives doivent désormais répondre est : comment nos radios vont-elles pouvoir obtenir et financer des fréquences en numérique dés les premiers appels à candidature ?
Si nous n’arrivons pas à répondre à cette question, nul doute que les fréquences seront distribuées à d’autres et ne pourront donc plus être, par définition, attribuées à nos radios.
Pour nos radios, dont les contenus sont souvent foisonnants, la réponse à cette question ne va pas être uniquement notre capacité à faire émerger des projets originaux, mais notre capacité à cerner le coût réel de la migration numérique pour nos associations (tant en terme de diffusion qu'en terme de nouveaux coûts de production), et trouver les financements nous permettant d’assumer ces nouvelles charges.

I – a) Sur le coût de la migration numérique :
Il faut souligner qu'elle reste encore extrêmement difficile à chiffrer. Sur ce sujet, les habituels opérateurs techniques de notre secteur (TDF, TOWERCAST, VDL) sont restés silencieux ou évasifs en se limitant à la fourniture d’estimations relatives. Ainsi, le chiffrage du coût de diffusion d’une radio FM sur une ville moyenne est passé au gré des entretiens, d'un coût identique à la FM à un coût inférieur d’un demi à un tiers.
Concernant le coût de la production, nous avons jusqu’à présent été bien peu nombreux à travailler sur le sujet. Aujourd’hui, certaines fédérations de la CNRA comme la FFRC, travaillent sur le sujet. Dans tous les cas on a du mal à imaginer que la numérisation de nos contenus ne nécessitera pas d’emplois supplémentaires et, par conséquent, des augmentations de la masse salariale.
Concrètement, pour une ville de plus de cent mille habitants une émission correcte en FM sans option particulières, coûte entre 18 000 E et 25 000 E par an.
L’émission numérique des 600 radios associatives pourrait coûter entre 3 600 000 € et 15 000 000 € et, omme on le constate, la fourchette est énorme.
En terme, de production, il est difficile d’imaginer qu’il ne soit pas nécessaire a minima de procéder à l’embauche d’un salarié (il faudra investir, acheter des licences de logiciels, créer de nouvelles infrastructures, payer de nouveaux droits…).
Le coût d’un salarié à plein temps étant estimé à 27 000 €/an, il sera nécessaire de financer au minimum 16 200 000 €.
Le numérique pourrait ainsi coûter à l’ensemble des radios associatives entre 19 800 000 € et 31 200 000 €.
Pour répondre à cette question du financement, la CNRA a demandé à la DDM de mettre en place entre le CSA, ses services et celui du Ministère de l’Industrie une commission qui puisse rapidement rendre un avis éclairant sur le sujet. La DDM a répondu favorablement à cette demande et devrait convoquer une première séance de travail le 3 avril prochain.

I – b) Sur le financement du numérique :
Le financement du passage au numérique ne pourra avoir qu’une source publique pour les radios associatives. Les montants en jeu sont tels que nos radios ne pourront trouver ces financements sur des fonds privés sans le risque de ne plus être des radios associatives non commerciales.
Sur ce registre, deux solutions s’offriraient à nous :
1. Saisir une opportunité de rédaction de loi sur la diffusion numérique de l’audiovisuel pour prévoir la création d'un fonds dédié à cette opération pour nos associations. Ce fonds ne pourrait être issu que du prélèvement d’une taxe fiscale calquée sur les mécanismes du FSER. Imaginer un autre système risquerait, à notre sens, de porter atteinte à l’existence même du FSER actuel.
2. Dans le même cadre législatif, obtenir une modification de l’actuel décret du FSER afin que celui-ci puisse distribuer sur la base de nouvelles recettes des aides dédiés à la « migration numérique ».
Dans les deux cas, il faudra obtenir une modification de la loi de finance qui déterminera qui paye cette taxe, dans quelle proportion et à quelle hauteur. Dans tosu les cas de figure, la question de la modification du financement du FSER avec la disparition de la publicité sur le service public restera posée.


Proteste per la chiusura di Kol Israel

Il Jerusalem Post ritorna sulla questione della chiusura delle trasmissioni in onde corte di Kol Israel affermando che si tratta di un grave errore. In un editoriale di tre giorni fa, il giornale sottolinea come in questo momento Israele farebbe bene a moltiplicare le proprie iniziative mediatiche verso l'estero, per affrontare un problema di immagine ben più grave delle sue posizioni militari.
Purtroppo il declino del mezzo di comunicazione chiamato onde corte si inserisce nel generale contesto delle politiche restrittive nei confronti di tutto quanto sia minimamente finanziato con soldi pubblici. A destra e a sinistra i governi democraticamente eletti portano avanti piattaforme elettorali che demonizzano il ruolo dello Stato a qualsiasi livello. Le prime facili vittime, considerati i successi (a volte molto forzati) delle iniziative mediatiche commerciali e a pagamento, sono gli enti radiotelevisivi pubblici e ovviamente dentro a questi enti i primi tagli riguardano servizi non direttamente rivolti al pubblico dei contribuenti. Sto proprio dicendo che le onde corte vengono uccise proprio dai contribuenti. Nessuno in realtà si preoccupa di misurare l'audience di questo mezzo. Anche perché c'è un'altra verità scomoda da salvaguardare, quella della "misura" dell'audience interna, che spesso si bassa sul tacito accordo tra le parti in gioco, infarinato da qualche trucchetto tecnologico stile "meter box". Misurare il "successo" di una trasmissione in onde corte è ancora più complicato e allora ci si inventa la concorrenza degli iPod e di Internet e si afferma che le onde corte sono morte. Oppure si dice che vanno "rinnovate" con tecnologie digitali che guarda caso non portano a nessun incremento di audience, anzi contribuiscono a rendere ancora meno utilizzabile il mezzo. E' un caso da manuale di quella che Fruttero e Lucentini chiamarono tanti anni fa, in una esilarante raccolta dei loro fogliettoni sulla Stampa, "La prevalenza del cretino". Solo un cretino può pensare che uno stato come Israele, bombardato da campagne propagandistiche quasi sempre vergognose ma estremamente efficaci, debba tagliare le uniche possibilità che ha di farsi sentire all'estero. E per creare consenso (interno) alle successive elezioni, poi. Come giustamente scrive il Post, l'immagine esterna di Israele conta anche più di quella interna e quei quattro shekel risparmiati possono costare molto cari.

Israel's image matters
THE JERUSALEM POST
Mar. 24, 2008

Almost everyone who follows Israel's situation from abroad knows that the Jewish state does an abysmal job of making its case in the world. And every Israeli government, while claiming that it is not doing such a bad job and is trying to improve the situation, knows that Israel has a serious "image" problem.
True to this pattern, the government recently created a new office to coordinate official spokesmen from the different ministries. This office was created following the Winograd Committee report, which slammed the lack of coordination between agencies regarding public diplomacy, but otherwise spent little effort highlighting or dissecting Israel's failure to make its case.
Unfortunately, the new coordinating office will likely have almost no impact, because adding more bureaucratic layers is no substitute for dealing with a serious problem on the appropriate structural level. If there were any doubt that the government is just going through the motions, rather than seriously addressing the problem, government-backed Israel Radio is next week actually canceling its venerable foreign language shortwave broadcasting, with the exception of Farsi broadcasts to Iran.
It should be remembered that Israel Radio began broadcasting in English in 1948, and that current broadcasting is already down to a fraction of what it was about 20 years ago. Back then, English radio comprised 15-minute news broadcasts in the morning and evening, a half-hour midday news and features segment, and a 25-minute news and features roundup tailored to an overseas audience.
This was a very modest offering to begin with, but has since been whittled down to three 15-minute news bulletins daily. Obviously, Israel is already far behind the BBC, Voice of America, and even Iran, which has just launched a 24-hour television news station.
Obviously, too, government or quasi-government broadcasting cannot be seen as a panacea to Israel's public diplomacy woes. But it is a basic part of the puzzle that cannot be summarily gutted. Given that the cost of maintaining the current broadcasts is negligible - they are already grossly underfunded - the true explanation for their cancellation cannot be financial, but rather just another symptom of neglect of the entire public diplomacy field.
The main obstacle to addressing the problem is, indeed, not financial but one of priorities. It is obvious, for example, that Prime Minister Ehud Olmert, like most of his predecessors, spends a considerable amount of his time and strategic energies on attempting to shape local media coverage, particularly that of the largest newspapers and most popular television news broadcasts.
When it comes to domestic coverage, one can be confident that Olmert thinks and works strategically - successfully or not - to ensure that certain messages get out and that events are covered in ways that serve his agenda. Media strategy is a natural and inevitable, even if not always constructive, component of how every government operates.
Yet for all the talk about the need to do something about Israel's image, Olmert, like most of his predecessors, dedicates almost no effort to shaping foreign coverage of Israel. While domestic policy initiatives are automatically shaped with a media strategy in mind, military operations and policies with foreign policy implications are routinely launched with little or no thought regarding how they should be explained to an international audience.
The systemic lack of a foreign media strategy is a form of gross negligence with profound implications for our national security and interests. It is a scandal of the highest order, for example, that Israel could barely compete on this second battlefield with Hamas - an openly terrorist organization that deliberately rockets Israeli citizens while using its own people as human shields - during the recent escalation of fighting in Gaza.
This failure cannot be explained away as foreign media bias. Our military and government does not approach the media battle strategically, and often fails to provide basic information that even unsympathetic media outlets would utilize if provided in a timely manner. The result of such failures can literally cost lives, since they embolden Israel's enemies, reduce Israel's military options, and shape the diplomatic climate within which Israel operates.
Foreign broadcasting should be increased, not cut. Israel should have its own television channel. And, most importantly, our prime minister needs to break with his own and his predecessors' failure to date, and devote at least as much focus to Israel's image worldwide as to his own image at home.