Niente da fare: il livello della discussione in corso sui siti e i blog specialistici della BBC a proposito di future evoluzioni del mezzo radiofonico continua a essere eccelso. In questi giorni il BBC Internet Blog ha ripreso un articolo scritto da John Ousby su Ariel, il giornale interno della Beeb. Bousby della divisione Audio and Media Interactive affronta nuovamente il tema della social radio, sottolineando come le tecnologie digitale rendano possibile una integrazione della radio con Internet mai vista prima. Al centro dell'analisi di Ousby c'è Olinda, un progetto per un ricevitore radio "sociale" e "partecipativo" che sembra uno strano ibrido tra una radio e un software di instant messaging. Leggendo quello che Bousby scrive mi sono venute in mente certe applicazioni di IPTV in cui la fruizione di un determinato programma può essere condivisa tra più telespettatori attraverso strumenti Internet come la possibilità di sapere quali persone sono sintonizzate in quel momento o di inviare commenti e inviti a questa comunità di utenti. La radio Olinda, studiata in questo momento da un famoso studio di design e interaction design inglese, Schulze and Webb, dispone per esempio di spie luminose che indicano la "presenza" di altri ascoltatori, e manopole che consentono di accedere ai programmi più popolari, anche qui prendendo in prestito le buddy list di programmi come Messenger o il concetto di popolarità decisa in tempo reale dai partecipanti a un social network.
Queste idee cambieranno per davvero il nostro modo di pensare e utilizzare la radio? Io su molti concetti di social media alla MySpace sono piuttosto scettico, ma se considero il forte senso di appartenenza che spesso contraddistingue chi ascolta un programma radiofonico di successo, mi sento di concedere il beneficio di inventario che ogni idea nuova merita prima di essere sottoposta al giudizio finale del pubblico. Ousby cita il curioso esempio di un conduttore di una stazione locale inglese talmente popolare da aver imposto in città il gioco del clacson. Quando ai microfoni veniva trattato un tema controverso, quel deejay invitava i suoi ascoltatori, molti dei quali chiusi in auto, a suonare il clacson per manifestare i loro sentimenti. I concerti furono talmente fragorosi che le autorità del traffico chiesero alla stazione di bloccare il programma. In una passata edizione del Prix Italia il direttore generale credo di Radio Due raccontò un episodio molto simile, riferendo che quando andava in onda Viva Radio Due con Fiorello e Baldini, era facile per chi camminava per strada vedere gli automobilisti scoppiare a ridere all'unisono per le battute dei due seguitissimi conduttori. La radio è già un medium in genere più sociale della televisione grazie al telefono che consente di intervenire in onda in tempo reale. Con il digitale le possibilità sono anche più interessanti da esplorare. In teoria, lo si potrebbe fare anche con le attuali radio analogiche grazie a sistemi di identificazione dei programmi come RDS e l'integrazione di una interfaccia di ritorno nel ricevitore (basterebbe un po' di software e un chip Wi-Fi). Certo col digitale è tutto più facile. Ousby cita l'ulteriore esempio di Viif, società tedesca che ha sviluppato un software di videoblogging sul cellulare che permette di condividere i propri filmati in una comunità di utenti, direttamente sul telefonino o via Web. Con l'operatore O2, controllato da Telefonica, l'uso di Viif è addirittura gratuito, almeno in questa fase di promozione.
Queste idee cambieranno per davvero il nostro modo di pensare e utilizzare la radio? Io su molti concetti di social media alla MySpace sono piuttosto scettico, ma se considero il forte senso di appartenenza che spesso contraddistingue chi ascolta un programma radiofonico di successo, mi sento di concedere il beneficio di inventario che ogni idea nuova merita prima di essere sottoposta al giudizio finale del pubblico. Ousby cita il curioso esempio di un conduttore di una stazione locale inglese talmente popolare da aver imposto in città il gioco del clacson. Quando ai microfoni veniva trattato un tema controverso, quel deejay invitava i suoi ascoltatori, molti dei quali chiusi in auto, a suonare il clacson per manifestare i loro sentimenti. I concerti furono talmente fragorosi che le autorità del traffico chiesero alla stazione di bloccare il programma. In una passata edizione del Prix Italia il direttore generale credo di Radio Due raccontò un episodio molto simile, riferendo che quando andava in onda Viva Radio Due con Fiorello e Baldini, era facile per chi camminava per strada vedere gli automobilisti scoppiare a ridere all'unisono per le battute dei due seguitissimi conduttori. La radio è già un medium in genere più sociale della televisione grazie al telefono che consente di intervenire in onda in tempo reale. Con il digitale le possibilità sono anche più interessanti da esplorare. In teoria, lo si potrebbe fare anche con le attuali radio analogiche grazie a sistemi di identificazione dei programmi come RDS e l'integrazione di una interfaccia di ritorno nel ricevitore (basterebbe un po' di software e un chip Wi-Fi). Certo col digitale è tutto più facile. Ousby cita l'ulteriore esempio di Viif, società tedesca che ha sviluppato un software di videoblogging sul cellulare che permette di condividere i propri filmati in una comunità di utenti, direttamente sul telefonino o via Web. Con l'operatore O2, controllato da Telefonica, l'uso di Viif è addirittura gratuito, almeno in questa fase di promozione.
Blowing The Trumpet For Sharing
Rewind to the early '90s. I was walking to Catford station, radio in my pocket, listening to Chris Evans and company on his astounding GLR breakfast show. He jumped into the "honk your horn" feature. Suddenly, several dozen horns blared out around me. I felt like I was part of something bigger - a solitary experience was transformed into a shared one.
Despite presenters finding new and fun ways of uniting their audiences, shared experiences around radio and television have dwindled ever since radio stopped being a piece of furniture and moved to the pockets of youngsters keen not to share their parents' taste in music.
We are witnessing the growing popularity of content on demand and the increasing range and take-up of audio and video consumption on portable devices is growing. So should we be bothered? I think we should.
Of course it is possible for large numbers of people to share experiences in the on demand world. Look at YouTube, iPlayer and the Radio Player, where increasing numbers of people are asynchronously consuming the same content and commenting, rating, tagging and even talking about it later. There's something about sharing a live experience which adds a layer of depth to the relationship we have with our media.
Real social networking, where people from diverse backgrounds come together around their passions and interests, has great social value in an environment of increasing diversity and ghettoised communities.
There are some interesting early developments that new technology is making possible.
Take the UK Film Council. They have put digital projection into a third of UK cinemas and has been dipping their toes into social networking around film through myfilms.com for nearly a year now. What they are looking at now though is how they can use their infrastructure to allow people to choose what they want in their local cinema, breaking out of the cycle of two weeks of blockbusters followed by obsolescence until DVD. So, apart from opening up the long tail of film to a wide audience, the council could create opportunities for virtual communities transitioning to real world shared media experiences.
The German company Viif has developed an interesting application for the mobile phone where you can invite your friends to watch video clips with you, using video calling. You can see your friends and communicate with them while watching something together. This is a small step away from what is possible on Skype conference calls and MSN already, with kids chatting about what they are watching while attempting to do their homework.
In BBC Audio & Music interactive, we have developed a prototype radio with DAB and WiFi which allows social listening; you are alerted when any of your friends are listening to radio and have the option of tuning in to the same station. The radio knows what you and your friends are listening to, creating the backbone for recommendations and social networking around your radio tastes. The BBC developed the prototype, codenamed Olinda, with Schulze & Webb who are blogging about it here.
It’s not all new, of course. Test the Nation on interactive TV, the Jonathan Ross mobile quiz and the innovative things being done on the BBC big screens around the country, to name a few, have all provided great insights into mass participation and connection around live media.
"Honk your horn" was forced off the air when the police branded it a traffic hazard. Hopefully new ways of uniting people around live media won't come to such a premature conclusion.
John Ousby is head of distribution technologies, A&M Interactive
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