20 maggio 2008

Reuters Institute e OFCOM: i costi del pluralismo

Ponderoso, come sempre, ma imprescindibile il materiale che arriva dal Regno Unito in tema di servizio pubblico, pluralismo, offerta mediatica e relativi costi. L'OFCOM britannico ha da tempo avviato un ambizioso piano di revisione dei modelli su cui è attualmente basato il servizio radiotelevisivo pubblico. La settimana scorsa, al Westminster Media Forum, una platea co-finanziata da BBC, Virgin Media, KPMG e altri in cui parlamentari, esperti e giornalisti si sono incontrati - nel quadro di un fitto calendario di eventi tutti straordinariamente interessanti (a giugno due ghiotti appuntamenti su broadcast advertising e social networks) - per discutere del tema.
Leggo il succo di questa discussione sul blog della BBC, che rimanda a sua volta a un blog dello stesso OFCOM dedicato proprio al dibattito sul PSB, il public service broadcasting. Su queste pagine oggi Peter Phillips, consulente dell'OFCOM, riassume il suo intervento al Westminster e cita uno straordinario documento appena confezionato dalla prestigiosa scuola di giornalismo del Reuters Institute di Oxford, "The price of plurality. Choice, diversity and broadcasting institutions in the digital age". Fatevi un regalo, scaricatelo subito, chiudetevi in casa o in ufficio e leggetelo. Sono circa duecento pagine di saggi su come garantire il pluralismo in una società complessa attraverso canali informativi controllati dal pubblico, non necessariamente basati sui finanziamenti da canone. Il messaggio che il pluralismo è un bene fondamentale, ma è un bene che ha comunque i suoi costi.
Mi piacerebbe tanto pensare che anche in Italia siamo disposti a sostenerli. Ma quando leggo delle ricorrenti liste di proscrizione con dentro i nomi dei giornalisti sgraditi al conducente di turno, mi sento depresso. E quello è schierato ma si può tenere, quest'altro no perché è troppo corrosivo e inadatto al servizio pubblico, questa no perché è prevenuta e osa persino porre delle domande invece di far parlare il candidato al soglio... E i giornalisti che si arricchiscono parlando male dei politici (per quelli che si arricchiscono ancora di più parlandone bene grandissimi consensi, mi raccomando)... Ma che palle, 'sti campioni del liberismo armati di forbici e museruole! L'unico giornalismo buono, per i nostri paladini della libertà di opinione e di mercato, a destra e a sinistra, è quello delle sviolinature. E che palle i grandi maestri della comunicazione, del marketing e della politica, capacissimi di bucare lo schermo, ma solo dopo averci propinato, attraverso quel fottutissimo schermo, solo tette, culi e lustrini, deprimendo il mercato pubblicitario (degli altri) e trascinando la tv pubblica in una gara al ribasso verso il trash più vergognoso. Invece di compilare le solite liste di giornalisti antipatici da radiare, leggetevi The Price of Plurality. O gli amici liberisti americani non vi hanno insegnato l'inglese?
Westminster Media Fourm: PSB, plurality and, of course, the licence fee

By Peter Phillips

Last Wednesday the Westminster Media Forum held a seminar about public service broadcasting. It was a fascinating morning of debate, with speakers including Andy Duncan from Channel 4, Jeremy Hunt MP, Caroline Thomson from the BBC, ITV's Carolyn Fairbairn, and Sue Robertson from Five. I also gave a speech and answered some questions - you can read it here if you're interested. The range of different voices, viewpoints and ideas mooted during the discussions was a valuable exercise in plurality - a subject we see as central to this debate.
Indeed, we have sought to inform a wider debate about plurality by commissioning a collection of essays about plurality which the Reuters Institute published earlier this month. That book recognises that, although plurality as a principle is generally supported by most observers of PSB, it comes at a cost. Essay authors such as Tim Gardam, David Puttnam, Samir Shah, David Elstein, Richard Tait and Roger Laughton discuss the principles of plurality, the nature of institutions, the genres at risk, and international perspectives. It is a valuable contribution to the imminent decisions that will have to be made about the appropriate level of plurality in the UK. If you're interested in reading more, the book can be accessed here.
It was also apparent at the Westminster Media Forum seminar that there is a certain appeal and natural tendency to focus this debate on the future use of the licence fee. While that is obviously understandable given its legacy and its vocal supporters, it would be short-sighted to ignore the many other alternative funding sources that are available - if indeed, it is deemed by Parliament necessary to find money at all.
Direct funding, indirect benefits like access to spectrum, and levies on industry can and do already work as ways of funding public service broadcasting around the world. It would be good to see as much focus on these issues as has been given to the licence fee in this debate.


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