18 dicembre 2006

Contratto RAI: quale destino per il DAB?

Ma che fine farà il povero DAB in Italia? Parlando al telefono con un amico salta fuori l'argomento della sfortunata tecnologia di trasmissione radio digitale (ampiamente snobbata dalla maggioranza di ascoltatori e in perenne fase di "decollo") e vengo a sapere che in questi giorni è circolata la voce di una dismissione ufficiale di Eureka 147 decisa dai vertici di viale Mazzini. Ho chiesto ai miei contatti in RAI e Andrea Borgnino oggi mi risponde citando il testo del nuovo contratto di servizio appena approvato dal ministero delle Comunicazioni. Nel testo del contratto, che ho caricato su questo indirizzo, non si parla mai di Digital Audio Broadcasting. La copertura dei servizi di radiodiffusione sonora vengono assicurati in modulazione di frequenza e di ampiezza, come da articolo 17:

Articolo 17
Copertura del servizio di radiodiffusione sonora
1. La RAI deve assicurare un grado di copertura del servizio di radiodiffusione sonora per ciascuna delle tre reti radiofoniche in modulazione di frequenza (FM) non inferiore al 99 per cento della popolazione e di copertura del territorio non inferiore all'80 per cento, salvo le implicazioni interferenziali.
2. La RAI si impegna, ove occorra, a migliorare la qualità del segnale, previa assegnazione da parte del Ministero delle necessarie frequenze.
(Enhanced Other Network), conformemente alle norme ETSI (European Telecommunications Standards Institute) e potrà estendere la sperimentazione del servizio RDS-TMC (Traffic Message Channel).
4. Nel corso dell'attività di adeguamento della rete per garantire il grado di copertura con impianti che rispettino i valori de al comma 1.
5. Il servizio di radiodiffusione sonora in modulazione di ampiezza viene svolto attraverso gli impianti ad onde medie di cui all’allegato…...


Non chiedetemi di quale allegato stia parlando il comma 5 perché i puntini di sospensione sono nel testo originale del contratto. Di radio digitale per la verità si parla abbastanza diffusamente, ma solo nel contesto della sperimentazione e degli sviluppi futuri:


Articolo 23
Trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale
1. La RAI si impegna ad accelerare lo sviluppo della diffusione radiofonica in tecnica digitale e, a tal fine, si impegna a stipulare con il Ministero un apposito Accordo di Programma finalizzato a definire gli obblighi in capo alla concessionaria relativamente alle fasi di realizzazione delle reti di trasmissione, alla percentuale di copertura della popolazione e ai tempi di attuazione, nel rispetto del principio di neutralità tecnologica.

Articolo 25
Neutralità tecnologica
1. La RAI si impegna, ove possibile, a garantire la disponibilità dei suoi canali in chiaro su tutte le piattaforme distributive.

Articolo 26
Ricerca e Innovazione
1. Al fine di promuovere l’evoluzione tecnica e lo sviluppo industriale del Paese, la RAI sperimenta la diffusione di contenuti radiotelevisivi mediante l’uso di nuove tecnologie trasmissive quali il DVB-H, il DMB, il DRM, l’Alta Definizione, l’IP Television, il Wi-Max e di ogni altra tecnologia evolutiva a larga banda nel rispetto dei principi di parità di trattamento e non discriminazione, nonché delle norme in materia di accesso alla capacità trasmissiva digitale terrestre.

Articolo 27
Servizi sperimentali
1. La RAI, di intesa con il Ministero, può:
a) sperimentare nuove forme di produzione multimediale e nuovi linguaggi televisivi e sonori;
b) valorizzare le sinergie fra telecomunicazioni, informatica, radio, televisione, teletext, anche con finalità di estensione dell'offerta all'estero, nonché di servizio rivolto alle aree disagiate del Paese;
c) sperimentare i sistemi a larga banda e ideare progetti attinenti allo sviluppo della “società dell’informazione”;
d) contribuire alla definizione di nuovi sistemi digitali ad alta qualità ed alle applicazioni del cinema elettronico;
e) progettare ulteriori offerte di contenuti multimediali attraverso canali “pay”.

2. La RAI può, inoltre, nei limiti imposti dalla normativa vigente e purché non arrechi pregiudizio al servizio pubblico e concorra ad una equilibrata gestione aziendale, estendere la gamma dei servizi gestiti in compartecipazione con società e gruppi nazionali ed esteri, in modo da articolare il suo carattere di impresa e di acquisire nuove competenze e tecnologie.
3. Sulle iniziative assunte ai sensi dei commi precedenti, la RAI è tenuta a trasmettere al Ministero, annualmente, una dettagliata relazione.

Articolo 28
Servizi di diffusione via satellite
1. Al fine di diffondere la conoscenza della lingua, della cultura e dell’economia del Paese nel contesto internazionale e di promuovere l’innovazione tecnologica e industriale, con particolare riguardo ai processi di convergenza multimediali, la RAI, previa autorizzazione, potrà realizzare, utilizzando satelliti funzionanti su frequenze di radiodiffusione:
a) servizi televisivi di canali tematici in chiaro via satellite con sistemi di numerizzazione del segnale, secondo lo standard DVB-S (Digital Video Broadcasting - Satellite) approvato in sede europea; volti alla valorizzazione dell’immagine italiana nel mondo, le sue attrattive storiche, culturali, ambientali e turistiche;
b) servizi che utilizzano adeguati sistemi di numerizzazione e criptaggio del segnale diffuso via satellite per la protezione dei programmi televisivi trasmessi ma privi dei diritti di diffusione all’estero; tali programmi non potranno, comunque, assumere prevalenza rispetto a quelli diffusi in chiaro via satellite;
c) servizi radiofonici mono e/o stereo in chiaro con sistemi di numerizzazione del segnale;
d) servizi televisivi e radiofonici mediante l'uso di sistemi analogici; la concessionaria provvederà a convertire in digitale tali servizi;
2. Per programmi di spiccata utilità sociale del tipo dei canali "educational" o dei canali al servizio del volontariato e dei portatori di handicap, dei canali in difesa dei consumatori in tema agroalimentare o ambientale, realizzati dalla RAI direttamente o per conto o con la partecipazione di altri Ministeri o delle Istituzioni Universitarie Pubbliche la sperimentazione potrà essere autorizzata dal Ministero anche su appositi canali dedicati.
3. La RAI si impegna a diffondere, all’interno dell’offerta trasmessa via satellite, a rotazione, programmi di informazione regionali già trasmessi dalle reti terrestri.


Quindi è vero, di DAB non si parla in modo esplicito. Però non si dice neanche che verrà dismesso a breve. Non solo. Andando a spulciare il testo del precedente contratto, valido tra il 2003 e il 2005 il DAB non viene menzionato neppure in quel contesto. La differenza semmai riguardano le onde corte, citate espressamente nel 2003 nella parte riguardante la copertura e del tutto sparite in questa edizione 2006. Per una breve discussione sulle principali novità vi rimando alla lettura (oltre che dell'articolo del Sole 24 Ore riportato prima) del comunicato ministeriale.
Che cosa se ne deve dedurre? Che il digitale radiofonico terrestre nel suo complesso resta ufficialmente tra i mandati dell'ente pubblico. Ma che il DAB non è sicuramente più considerata come alternativa unica e irrinunciabile. Al tempo stesso non va accantonata, come del resto ribadito dalla stessa Authority di controllo pochi giorni fa in occasione della pubblica consultazione sul digitale, l'Agcom, la presenza di una normativa a favore delle licenze pubbliche e commerciali per il DAB. Insomma, la situazione è diventata evidentemente più fluida, senza particolari preclusioni ma senza neppure una direzione strategica ben precisa. Una confusa chiarezza, o una chiara confusione, come sempre. Siamo o non siamo italiani, che diamine?


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3 commenti:

Anonimo ha detto...

Scusate, ma non è vero che non viene menzionato il DAB, anzi viene proprio indicato che sarà evoluto alla sua forma multimediale DMB (digital multimedia broadcasting) che sfrutta la più evoluta codifica MPEG4/AAC come sta avvenendo in tuttotutto nel mondo.
Che poi il DMB abbia successo da noi è un'altra storia, ma questo dipende dalla mancata scelta della banda L (1500 MHz) e quindi dalla conseguente occupazione dei canali tv VHF 9 e 12 con la scarsità di banda conseguente

Andrea Lawendel ha detto...

Mi spiego meglio. Il DAB nella sua forma attuale, con il suo codec un po' tanto sifolo, non viene menzionato nella parte riguardante gli obblighi trasmissivi della RAI, che per contratto deve esercitare il suo mestiere di radiodiffusore sonoro in modulazione di ampiezza e in FM. E Basta. Quindi è perfettamente corretto dire che non si parla di DAB 1.0.
Di radio digitale si parla invece diffusamente, come ho scritto nel post. Ma non di DAB! Non voglio usare le sigle a casaccio e DAB/Eureka 147 non significa propriamente DMB. Avrei anche qualche dubbio sulla eventuale retrocompatibilità. Le nazioni che stanno pensando di adottare il DAB+, sostanzialmente analogo al DMB orientale, sanno infatti di andare incontro alla necessità di sostituzione della base installata. Mica scherzi se hai già venduto qualche centinaio di migliaio o più di apparecchio.
Anche la questione della banda L non è del tutto corretta. La sperimentazione RAI in Val D'Aosta prima, poi a Bolzano con RAS, poi sul territorio nazionale; e i multiplex delle radio private sono partite in Banda III. Ma Agcom, regolamentando il meccanismo di concessione delle licenze DAB, ha poi precisato che queste sarebbero state erogate proprio a partire dalla banda L e solo in subordine e nel caso di mancanza di spazio in banda III. Ormai la quasi totalità degli apparecchi DAB Eureka 147 venduti assicura la duplice o triplice copertura (banda L canadese) e l'Italia ha da anni assegnato la banda L al DAB terrestre e satellitare.
Perché il DAB in Italia non ha mai preso piede? Perché non c'è mai stato il commitment da parte dei regolatori, dei broadcaster e dell'industria, esattamente come è avvenuto in molte altre nazioni europee che hanno snobbato il DAB. Un po' dappertutto ci si è resi conto che una FM ben regolamentata bastava ad assicurare una valida offerta radiofonica pubblica e privata. In Italia la situazione è resa ulteriormente complicata dalla mancanza di precise linee guida e dalla totale non volontà di applicare le regole. Applicare le regole per la radio avrebbe significato applicarle per la TV. E in quel settore, guarda caso proprio negli anni in cui lo spettro cominciava ad animarsi di iniziative private, c'era qualcuno che è sempre stato allergico alle regole. E lo ha dimostrato anche dopo.

Andrea Lawendel ha detto...

Entusiasta il commento di Stefano Quintarelli sul nuovo contratto stipulato tra Rai e governo italiano. Potete leggere il suo post qui.
L'eccitazione riguarda il capitolo in cui viene articolata quella che dovrà essere l'offerta Internet della RAI, che per come è definita, afferma Quinta, appare in perfetta sintonia con i dettami della network neutrality, cioè della libertà di accesso ai contenuti della Rete indipendentemente dalle intenzioni e dalle tecnologie utilizzate dal provider di accesso. Il problema sta sempre nella tipologia di content provider. La RAI è un broadcaster finanziato coi soldi pubblici e il fatto che sia presente sulla open Internet è onorevole ma naturale. Bisognerà quindi vedere se A) ci sarà qualche carrier disposto a vietare l'accesso al sito RAI ai suoi abbonati e B) se altri content provider, magari non pubblici, saranno disposti ad avere lo stesso atteggiamento di apertura. Tra l'altro la RAI non è nemmeno in posizione di mettere troppe barriere tecnologiche (per esempio un sistema di DRM)... O no? Ora che ci penso non tutti i programmi vengono diffusi via satellite digitale in diretta quando i diritti di trasmissione riguardano solo il territorio italiano. Internet deve essere più o meno aperta del satellite.