Ho scattato questa foto qualche giorno fa, nella metropolitana a Milano. La mia seconda casa, considerando il tempo che vi trascorro. L'ho scattata prima delle solenni porcate, scusate delle parole di poco conto, pronunciate da un signore che nel programma elettorale di un partito ha pensato (?) bene di metterci l'apartheid. E naturalmente prima che il capo di questo signore (e di tutti noi, volenti o nolenti) rincarasse la dose affermando che no, noi una società multietnica non la vogliamo. Siamo talmente belli e intelligenti, noi, che stiamo bene da soli. La multietnia va bene solo se fa gol.
Il manifesto che vedete, scritto in italiano e ivrit, fa parte della campagna Luoghi Comuni creata da Lettera27, la ventisettesima lettera dell'alfabeto, quella che dobbiamo ancora scrivere. I Luoghi Comuni sono i vagoni della nostra metropolitana, quelli che se andiamo avanti di questo passo saranno contrassegnati da appositi cartelli indicatori: qui si siedono i milanesi, qui - a debita distanza - si siedono i negher, sempre che prima non li abbiamo rispediti in Libia, quei baluba. I Luoghi Comuni sono microracconti, come questo degli esseri invisibili nel lavandino, minuscole storie di emigrazione, di gente che si lascia alle spalle infanzia, ricordi, tentativi di vita e tanti calci in culo, solo per venire qui a farsi prendere a calci in culo da un tizio che riesce a portare le cravatte più brutte che "mente" umana possa concepire. I Luoghi Comuni non sono banalità, sono impercettibili segni di attenzione di una città che sta soffocando in una indifferenza che non sai se debba farti più ribrezzo o paura.
L'associazione Lettera27 le ha raccolte in un piccolo catalogo che potete trovare qui. Tra i vari progetti che questa associazione sta curando da qualche anno, c'è anche qualcosa che riguarda la collaborazione con Afriradio di Nigrizia (che ha compiuto un anno, auguri). Chissà, magari uno di questi giorni riusciamo a rinsavire e a venirne fuori.
Il manifesto che vedete, scritto in italiano e ivrit, fa parte della campagna Luoghi Comuni creata da Lettera27, la ventisettesima lettera dell'alfabeto, quella che dobbiamo ancora scrivere. I Luoghi Comuni sono i vagoni della nostra metropolitana, quelli che se andiamo avanti di questo passo saranno contrassegnati da appositi cartelli indicatori: qui si siedono i milanesi, qui - a debita distanza - si siedono i negher, sempre che prima non li abbiamo rispediti in Libia, quei baluba. I Luoghi Comuni sono microracconti, come questo degli esseri invisibili nel lavandino, minuscole storie di emigrazione, di gente che si lascia alle spalle infanzia, ricordi, tentativi di vita e tanti calci in culo, solo per venire qui a farsi prendere a calci in culo da un tizio che riesce a portare le cravatte più brutte che "mente" umana possa concepire. I Luoghi Comuni non sono banalità, sono impercettibili segni di attenzione di una città che sta soffocando in una indifferenza che non sai se debba farti più ribrezzo o paura.
L'associazione Lettera27 le ha raccolte in un piccolo catalogo che potete trovare qui. Tra i vari progetti che questa associazione sta curando da qualche anno, c'è anche qualcosa che riguarda la collaborazione con Afriradio di Nigrizia (che ha compiuto un anno, auguri). Chissà, magari uno di questi giorni riusciamo a rinsavire e a venirne fuori.
3 commenti:
Grazie per il bel post, fa riflettere.
Marco IZ1DFF
Quasi una anno fa, Jeanne Moreau leggeva due lettere di protesta contro la legge sul controllo dell'immigrazione, varata nell'ottobre del 2007 dall'allora ministro dell'immigrazione, Brice Hortefeux.
Penso ai giorni che siamo costretti a vivere, ai cattivi pensieri e alle male azioni, ai silenzi giustificati con la stanchezza politica e con le necessità quotidiane...
Penso alla camera iperbarica in cui ci siamo serrati, sperando in un ossigeno taumaturgico (o mortale).
Jeanne Moreau - Due lettere a Hortefeux
Con amicizia e gratitudine
mariu
In compenso dal nostro vocabolario scompaiono molte altre lettere, a gran velocità, la "T" di tolleranza, la "R" di rispetto la "G" di gratitudine. Condivido con mariu la sensazione di asfissia, sempre più insopportabile ogni giorno che passa, oppresso dall'arrogante cialtroneria che ci circonda. La sua gentilezza le detta l'immagine di una camera iperbarica, in certi momenti io mi sento immerso in una fogna...
Grazie
Gianfranco
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