Finalmente una bella corrispondenza dalla Siria con molte notizie sui media - molti dei quali radiofonici - che informano e partecipano ai vari movimenti anti-governativi. Lo pubblica oggi su Repubblica Pietro Del Re, sotto il titolo "Noi i ragazzi delle radio libere anti-regime inseguiti dai cacciabombardieri di Assad". So che non dovrei farlo ma il testo è troppo bello per non riprenderlo qui:
Segnalazioni sui raid, dibattiti e satira: viaggio tra le emittenti di “Free Syria”
di Pietro del Re
AZAZ — Lavorano in maleodoranti scantinati, in vecchi garage o nelle aule rattoppate di una scuola bombardata. Una volta registrato il loro programma, per mandarlo in onda spesso sono costretti a montare una lunga antenna su un camioncino e a salire sulla collina più alta del circondario. Sono i ragazzi delle radio libere siriane, spuntate come funghi fino a occupare l’intero etere della Siria conquistata dalle forze d’opposizione (mentre nel resto del Paese, ancora nelle mani del regime, ogni mezzo d’informazione rimane sotto il severo controllo della polizia).Questa nuova generazione di giornalisti si è formata negli ultimi due anni e mezzo di guerra civile ed è composta da ex studenti, per lo più laureandi in legge, in storia o in ingegneria. «Prima che scoppiasse la rivolta volevo diventare avvocato, ma la mia università è stata bombardata. Nelle zone liberate non c’erano né radio, né tv, né giornali. Ho perciò creato la mia emittente, allo scopo di informare il più gran numero di utenti nel modo più semplice possibile », racconta Ahmad Kadour, 25 anni, fondatore di Radio Alwan (Radio a colori), basata a Saraq, vicino Idlib, e che trasmette sia in streaming sia in modulazione di frequenza. «In quei giorni, non ricordo quale organizzazione umanitaria occidentale fece arrivare dal Libano migliaia di piccole radio che si caricano grazie alla luce solare: spettava a me riempirle di musica e parole».Le altre emittenti appena nate si chiamano Radio SouriaLi, Radio Ana, Nasaem Souria, Radio Al Kul, Radio Al Watan, Rozana Radio. Sono quasi tutte nella cosiddetta “Free Syria”, ma ne esistono anche che emettono dalle città turche oltreconfine, o che ricevono programmi registrati a Beirut, al Cairo, a Parigi o a Londra. Intercettiamo Ahmad Kadour su Skype, perché la regione dove vive e lavora è stata sì “liberata” dalle forze d’opposizione, ma negli ultimi mesi è anche diventata una delle roccaforti dei jihadisti più radicali, gli stessi che il 28 luglio scorso hanno rapito padre Paolo Dall’Oglio. «Le grandi difficoltà si sono presentate durante i primi mesi, quando da Damasco aspettavo l’attrezzatura per lo studio che doveva attraversare i numerosissimi check-point delle forze di sicurezza. Senza contare che come giornalista radiofonico non avevo nessuna esperienza: la sola volta che avevo parlato in un microfono era stato all’inizio della guerra, quando m’intervistò un inviato della Bbc chiedendomi a quali battaglie avevo partecipato».La “Radio a colori” comincia a trasmettere il 5 aprile di quest’anno. Tre ore al giorno. Poco, è vero, ma tra qualche mese Ahmad spera di raddoppiare. «Il problema è il trasmettitore FM: non possiamo montarlo in un punto fisso perché i soldati di Damasco lo bombarderebbero immediatamente. Per questo dobbiamo fissarlo sul mio pick-up, trovare una collina da dove trasmettere e restare sempre in movimento per evitare di finire nel mirino dell’artiglieria del regime ».Come spiega il giornalista italo- siriano Fouad Roueiha — che ha appena presentato la richiesta di un finanziamento all’Unione europea per aiutare queste radio indipendenti — ai loro giornalisti si è aggiunta un’infinità di volontari, corrispondenti dal campo e attivisti della società civile che ha scelto l’informazione come teatro della loro lotta e come strumento per costruire la Siria che verrà. «Dall’ascolto di queste radio emergono orientamenti differenti su punti chiave quali il sostegno alla lotta armata o il livello dello schieramento in seno all’opposizione. Ma tra i minimi comuni denominatori c’è sicuramente l’assenza di qualunque discorso settario o divisivo, e il rispetto di una political correctness rivoluzionaria», dice Roueiha. Questo determina anche il palinsesto delle emittenti, che comprende giornali radio, corrispondenze di guerra, dibattiti politici che ospitano personalità dell’opposizione, ma anche programmi satirici, di approfondimento o di servizio, come il segnalare ai cittadini dove sono stati posizionati nuovi posti di blocco o dove ci sono scontri armati.Dice ancora Ahmad Kadour: «Siamo una radio sociale, il cui compito in questi giorni bui è quello di riportare la speranze nelle famiglie. Come lo facciamo? Trasmettendo programmi che riflettano la “normalità”. Per fare ciò lasciamo spesso la parola agli ascoltatori». Non oggi, però. Perché, per ore, contro la cittadina dove ha sede la Radio a colori, si sono accaniti i cacciabombardieri del regime di Damasco.
L'interviste di Del Re si concentrano su Alwan FM (alwan in arabo siginifica "a colori"), attiva come spiegato dall'articolo anche in FM e forse in AM, ma ci sono diversi riferimenti ad alcune delle altre realtà che sono spuntate in questi mesi, un primo assaggio delle quali ci era stato dato da Andrea Borgnino su Radio Tre Mondo. Oltre alla pagina Facebook di Alwan si possono consultare i siti di SouriaLi o il bel blog Syrian Media (tutti i contenuti sono in arabo ma con i traduttori è abbastanza facile orientarsi) che a sua volta riporta altri nomi di emittenti, come Baladna FM, Eastern Mediterranean Radio. Insomma, una situazione comprensibilmente irta di difficoltà e violenza, ma paradossalmente, grazie certamente a Internet e alla telefonia mobile, aperta a nuovi spazi di partecipazione, in cui come vediamo persino la vecchia radio può infiltrarsi e favorire, si spera, la riflessione e il dialogo. La prossima settimana a Pisa, l'associazione Un Ponte Per organizza un incontro sulla Siria a cui parteciperà Fouad Roueiha, il giornalista italo-siriano, corrispondente per AmisNet.org citato nell'articolo di Repubblica per la sua attività di facilitatore di progetti di radio comunitarie nella regione.
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