L'amico Giorgio Marsiglio, valente giurista impegnato da anni nella divulgazione relativa alle norme che regolano l'attività radiantistica, mi ha mandato il link a un suo recente articolo (pubblicato sul numero 7/2009 mensile dell'AIR Radiorama, ma ancora più pratico in formato ipertestuale) dedicato allo scottante argomento dell'uso di apparati riceventi a larga banda, o "scanner". Il dubbio riguarda la legalità del possesso di tali apparati e dell'uso che in teoria è possibile farne per il monitoraggio di frequenze riservate a forze dell'ordine e di pronto intervento.
La lettura è un po' complessa perché l'avvocato Marsiglio si serve - evidentemente - di un linguaggio rigoroso, ma è molto istruttiva. L'attenzione dell'esperto ruota intorno alla sentenza della Corte di Cassazione con cui viene comminata la condanna definitiva ai giornalisti della testata Merateonline accusati di aver ascoltato le frequenze delle forze dell'ordine per meglio svolgere il loro lavoro di cronisti e presentarsi tempestivamente sui luoghi di incidenti e altre cause di intervento di polizia e carabinieri.
Da quel che mi è dato di capire, la giurisprudenza in questo ambito è andata inasprendosi in questi ultimi anni, dopo un periodo caratterizzato da sentenze abbastanza tolleranti nei confonti di chi utilizzava lo scanner per hobby (senza che queste sentenze rimuovessero l'illegalità dell'ascolto seguito da impiego "doloso" delle informazioni intercettate). Oggi, sembra concludere Marsiglio, i tribunali condannano l'uso e addirittura l'installazione dello scanner (la vendita rimane libera) sulla base di un criterio di violazione dell'insieme degli articoli del Codice penale "a presidio della inviolabilità dei segreti". A nulla sono valse le argomentazioni degli avvocati difensori dei giornalisti di Merate, che avevano sostenuto all'incirca il principio secondo cui non andrebbero considerate riservate e segrete le comunicazioni, anche delle forze dell'ordine, che siano diffuse in chiaro su frequenze ricevibili con apparati normalmente in commercio. L'obiezione della difesa si può in altre parole riassumere affermando che se le forze dell'ordine intendono davvero comunicare in forma riservata devono farsi carico attivamente di tale protezione ex-ante utilizzando codifiche e crittazioni, e non limitarsi alla protezione ex-post assicurata dalla legge. Tra l'altro, citando altre sentenze di questo stesso periodo, Marsiglio sottolinea come la condanna riguarda sia i giornalisti sia i malfattori che si servono di uno scanner per evitare l'arresto o eludere l'intervento della polizia mentre vengono perpetrati reati.
Non è un quadro incoraggiante, anche se di fatto le comunicazioni di servizio che sono oggetto delle "intercettazioni" amatoriali o giornalistiche stanno andando tutte verso una completa digitalizzazione. Secondo Marsiglio c'è però una speranza lagata al mantenimento proprio di regole vecchie di ottant'anni, che fino a epoca recente avevano reso possibili sentenze più tolleranti nei confronti del radioascolto "non malizioso". Purtroppo queste regole stanno per essere abrogate insieme a tante altre nell'ambito della manovra di semplificazione delle leggi voluta dal governo. Riporto qui la conclusione dell'articolo dell'avvocato Marsiglio, nella speranza di poter contribuire a un piccolo ripensamento:
La lettura è un po' complessa perché l'avvocato Marsiglio si serve - evidentemente - di un linguaggio rigoroso, ma è molto istruttiva. L'attenzione dell'esperto ruota intorno alla sentenza della Corte di Cassazione con cui viene comminata la condanna definitiva ai giornalisti della testata Merateonline accusati di aver ascoltato le frequenze delle forze dell'ordine per meglio svolgere il loro lavoro di cronisti e presentarsi tempestivamente sui luoghi di incidenti e altre cause di intervento di polizia e carabinieri.
Da quel che mi è dato di capire, la giurisprudenza in questo ambito è andata inasprendosi in questi ultimi anni, dopo un periodo caratterizzato da sentenze abbastanza tolleranti nei confonti di chi utilizzava lo scanner per hobby (senza che queste sentenze rimuovessero l'illegalità dell'ascolto seguito da impiego "doloso" delle informazioni intercettate). Oggi, sembra concludere Marsiglio, i tribunali condannano l'uso e addirittura l'installazione dello scanner (la vendita rimane libera) sulla base di un criterio di violazione dell'insieme degli articoli del Codice penale "a presidio della inviolabilità dei segreti". A nulla sono valse le argomentazioni degli avvocati difensori dei giornalisti di Merate, che avevano sostenuto all'incirca il principio secondo cui non andrebbero considerate riservate e segrete le comunicazioni, anche delle forze dell'ordine, che siano diffuse in chiaro su frequenze ricevibili con apparati normalmente in commercio. L'obiezione della difesa si può in altre parole riassumere affermando che se le forze dell'ordine intendono davvero comunicare in forma riservata devono farsi carico attivamente di tale protezione ex-ante utilizzando codifiche e crittazioni, e non limitarsi alla protezione ex-post assicurata dalla legge. Tra l'altro, citando altre sentenze di questo stesso periodo, Marsiglio sottolinea come la condanna riguarda sia i giornalisti sia i malfattori che si servono di uno scanner per evitare l'arresto o eludere l'intervento della polizia mentre vengono perpetrati reati.
Non è un quadro incoraggiante, anche se di fatto le comunicazioni di servizio che sono oggetto delle "intercettazioni" amatoriali o giornalistiche stanno andando tutte verso una completa digitalizzazione. Secondo Marsiglio c'è però una speranza lagata al mantenimento proprio di regole vecchie di ottant'anni, che fino a epoca recente avevano reso possibili sentenze più tolleranti nei confronti del radioascolto "non malizioso". Purtroppo queste regole stanno per essere abrogate insieme a tante altre nell'ambito della manovra di semplificazione delle leggi voluta dal governo. Riporto qui la conclusione dell'articolo dell'avvocato Marsiglio, nella speranza di poter contribuire a un piccolo ripensamento:
Dopo questo lungo ragionamento, possiamo ora concludere che – una volta intervenuta (16 dicembre 2009) l’abrogazione dell’art. 18 del R.D. 1067 del 1923 – rimarrà possibile solo la seguente interpretazione della normativa vigente:
- gli appassionati di radioascolto: ai sensi dell’art. 617, comma 1, del codice penale, non sono punibili in caso di intercettazione effettuata mediante ricevitori scanner in maniera non fraudolenta (quindi fortuita o casuale). Naturalmente sono punibili in caso di rivelazione di quanto casualmente intercettato (617 comma 2). Meno logicamente sono punibili anche in caso di installazione di apparecchi di intercettazione (617 bis) i quali sono sempre installati dagli stessi appassionati di radio. In tal caso detta punibilità contrasta con il diritto di utilizzare lo scanner per l’ascolto delle gamme d’onda consentite (radioamatori ma anche radiodiffusione e radiodeterminazione);
- i giornalisti: per questa categoria professionale l’ascolto delle frequenze riservate non è certamente casuale ma voluto per l’esercizio del diritto di informare. In tal caso, come abbiamo visto per la testata Merateonline, i Giudici non hanno riconosciuto l’esimente del diritto di cronaca ma anzi hanno addebitato i due differenti reati di installazione e di intercettazione.
Non c’è dubbio invece che, nel caso sopravvivesse l’art. 18 del regio decreto 1067, prima o poi i Giudici di Cassazione dovrebbero prendere atto della sua permanenza in vigore, modificando la propria lettura delle normativa in tema di ascolto mediante ricevitori scanner (punibilità solo dell’ascolto seguito da propalazione di quanto intercettato) in senso rispettoso del diritto d’informare e di essere informati riconosciuto dalla Corte costituzionale.
Ci auguriamo quindi che – come peraltro consentito dal comma 14 dell’art. 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246 - il Governo ritorni sui propri passi, mantenendo in vigore una norma la cui applicazione aveva sino a pochi anni fa permesso ai Giudici di distinguere gli utilizzatori di scanner tra malintenzionati da punire e semplici appassionati da tollerare.
1 commento:
Grazie Andrea,
per la tua citazione e per il tuo chiaro e corretto riasunto del mio studio.
Una sola cosa mi permetto di farti osservare: non sono avvocato (laureato in giurisprudenza sì, comunque).
Non mi sono di certo offeso (anzi!), ma è giusto da parte mia ricordare che l'abilitazione professionale (ed il conseguente titolo) di avvocato la si ottiene solo dopo la pratica ed un rigoroso esame di Stato.
Cordialmente
Giorgio
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