16 novembre 2007

Rigs e righe, il mondo degli OM su Avvenire

Se potessi avere non dico mille lire al mese ma venti righe sul Corriere per parlare del meraviglioso hobby della radio, sarei felice. Il collega Giampiero Bernardini, uno dei più preparati DXer italiani, di righe se n'è prese cento, più un taglio basso da sessanta, più non so quanti riquadri, insomma quella che in gergo si chiama lenzuolata, l'intera terza pagina, per parlare su Avvenire di oggi dei radioamatori e delle loro conquiste scientifiche e... alpinistiche. E per affrontare la triste vicenda delle onde corte messe in pensione dalla RAI. Parlare diffusamente di SDR su un quotidiano a diffusione nazionale è un impresa che ha del miracolistico e considerando l'editore di riferimento della testata non è un'eventualità che escluderei. Oltretutto l'interfaccia Web di Avvenire facilita molto la lettura. Se in edicola tutte le copie sono già esaurite, potrete leggervi il brillante pezzo di Giampiero online per altri 15 giorni.

Radioamatori: avanguardie della tecnologia

DI GIAMPIERO BERNARDINI

La televisione non è riuscita a oscurarla. Internet nemmeno. Nonostante i facili profeti di sventura, l’invenzione di Guglielmo Marconi non solo è sopravvissuta ai concorrenti mediatici, ma conosce una nuova giovinezza. Un mezzo tanto vecchio, quanto capace di innovarsi. E alla sua ombra prosperano i radioamatori. Quegli appassionati che in troppi immaginano come dei chiacchieroni, perditempo, attaccati a un microfono. Negati per il computer, magari stravaganti e coi capelli scompigliati da inventore pazzo. Sbagliato. I radioamatori, in gergo Om, dall’inglese old man, sono tutt’altra cosa. E soprattutto sono spesso persone di cultura, all’avanguardia sul fronte della tecnologia. Anzi contribuiscono a farla sviluppare.
«In gran parte sono delle persone curiose, a cui piace sperimentare – dice Claudio Re, ingegnere, di rettore (tecnico) delle reti di Radio Maria nel mondo, radioamatore con nominativo i1rfq –. La comunicazione è un corollario. Non è fine a se stessa. La curiosità poi si trasferisce nel lavoro. Spinge, anzi, a fare certi lavori. Dove c’è ricerca c’è un radioamatore. Un esempio? La Nasa».
Non a caso anche Paolo Nespoli, l’astronauta italiano, in forza all’Esa, ente spaziale europeo, volato con lo Shuttle fino alla Stazione spaziale inter nazionale, è uno del gruppo, iz0jpa. E non è un caso che lassù, sulla stazione orbitante, ci siano delle radio operanti sulle frequenze amatoriali dei 144 e 432 MHz. Così a fine ottobre Nespoli si è collegato con alcune scuole e università. Ad ascoltare la conversazione anche gli studenti di altre scuole sparse per l’Italia. Tante le domande. Si è parlato di astronautica, fisica, astronomia, ma anche di pace e di cultura.
Il legame tra passione e formazione scolastica si stringe. «Per i giovani la passione per la radio spesso rappresenta uno stimolo ad approfondire gli studi scientifici e tecnologici – osserva Michele D’Amico, iz2eas, professore associato al Politecnico di Milano, docente di campi elettromagnetici ed esperto tra l’altro di radarmeteorologia –. Il ragazzo è spinto a tentare le autocostruzioni, dai ricevitori alle antenne. E la pratica lo porta ad approfondire la teoria. Impara a verificare le sue conoscenze e le sue idee. Stimola la creatività». E questo appare sempre più importante in una fase in cui le iscrizioni alle facoltà scientifiche e a ingegneria sono in continuo calo. Si salva solo ingegneria gestionale, legata più al management aziendale, non alla ricerca.
Quanto le parole del professor D’Amico siano vere lo dimostra la storia di Nico Palermo, iv3nwv. A 11 anni giocava con la radio. Vent’anni più tardi, dopo aver fatto Ingegneria a Trieste e aver lavorato alla Siemens, ha costruito la sua prima radio. E dopo aver lavorato nel campo biomedico, ora ha una sua azienda e costruisce il Perseus, un ricevitore dalle caratteristiche elevate e, sembra incredibile, poco costoso. E qui viene il bello. L’Italia, grazie a un gruppo di radioamatori ingegnosi, è tornata all’avanguardia in questo settore delle telecomunicazioni. La tecnologia è quella dell’Sdr, software defined radio. Un termine che sta a indicare un apparato radio senza più valvole o transistor, manopole, bottoni e accordatori. Uno scatolotto, valore meno di mille euro, che viene col legato al computer e che sfrutta le potenzialità di questo per offrire prestazioni paragonabili o superiori a radio tradizionali, riceventi o trasmittenti, del valore di 10mila o più euro. I giapponesi sono rimasti indietro. Il confronto è solo con gli americani, che però sembrano perdere terreno. Nel nostro Paese sono già diverse le aziende impegnate nel settore. Come la Elad, oppure la Microtelecom di Nico Palermo. O ancora lo stesso Claudio Re, che ha sviluppato l’italianissimo CiaoRadio H101, e che presto presenterà l’ancora più innovativo H102. Questa corsa è collegata allo sviluppo di programmi software sempre più sofisticati, che vedono in prima linea ancora altri radiomatori italiani, come Oscar Steila, ik1xpv, e Alberto Di Bene, i2phd, che ormai godono di fama internazionale.
La cosa non è passata inosservata nelle aziende che contano nel mondo, la tedesca Rohde & Schwarz, la Ferrari della radio, ha iniziato a produrre ricevitori SDR prefessionali a uso civile e militare. A costi però inaccessibili.
Ma tutto passa anche dallo studio. L’Associazione radioamatori italiani ne è convinta. «Gli insegnanti 'Om' sono tantissimi – spiega Nicola Sanna, i0nsy, presidente dell’Ari e direttore di Radio Rivista –, due anni fa abbiamo siglato una convenzione a Roma per entrare nelle scuole, dalle elementari agli atenei. Il progetto, noto come 'La radio a scuola', è piaciuto così tanto che lo stanno riprendendo anche in Slovenia e in Romania. E se ne stanno interessando negli Stati Uniti». «La radio tra i banchi si presta a un lavoro interdisciplinare e per gli studenti è molto coinvolgente», spiega Fabio Tagetti, docente d’Inglese all’Istituto Silva di Legnago ed esperto d’area del ministero del la Pubblica Istruzione. Al suo attivo ha pure un volume, 'Imparare l’inglese con radio, tv e internet', edito da Il Rostro. «Il progetto dell’Ari – riprende – da una parte ha finalità linguistiche e culturali, dall’altra si presta allo studio della fisica, dell’informatica e della tecnologia, anche nei suoi ambiti più a vanzati, come le 'convergenze digitali', quelle che stanno cambiando il mondo dei media. O aiuta a studiare la meteorologia, leggendo un fax meteo ricevuto via etere. Infine insegna ad aprirsi al mondo e a 'capire' le notizie, confrontando, ad esempio, anche i notiziari in italiano di Rai, Radio Vaticana, Radio Ci na internazionale, Radio Romania in ternazionale e altri».
Studiando e sperimentando qualcuno potrebbe anche diventare un Premio Nobel. Come il radioamatore, esperto in comunicazioni estreme (anche sfruttando le riflessioni lunari) e astrofisico Joseph H. Taylor jr, k1jt, che ha ricevuto il riconoscimento nel 1993 per la scoperta di un nuovo tipo di stella pulsar.

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