Il sindacato Libersind ha rilasciato un comunicato per ribadire la sua contrarietà all'ipotesi di cessione e privatizzazione delle torri trasmissive della RAI (per dirla con l'espressione utilizzata dal piano "Cessione ad un operatore di mercato degli asset e della gestione delle componenti passive delle torri di trasmissione, con saving sul perimetro di costi ceduto"), oggi possedute e gestite dalla società esterna RAI Way. Queste ipotesi sono chiaramente formulate nel Piano Industriale reso noto lo scorso anno dalla dirigenza Rai, in un riassunto a uso delle forze sindacali reso disponibile su Internet nel giugno scorso dal sito di notizie Affaritaliani. Nell'ottobre scorso sui giornali era arrivata anche la smentita da parte del gruppo DMT (che nel 2008 aveva concluso un contratto da 31 milioni di euro con Mediaset per la gestione degli impianti del digitale terrestre), che aveva negato di essersi fatta avanti per un eventuale acquisto.
Libersind si rivolge "in primis" ai componenti il “cantiere di lavoro” attivato per studiare la “svendita ” di RAI Way, scrivendo che
A quasi 2 mesi dallo sciopero è necessario ricordare al Direttore Generale e al C.d.A. che fino ad ora la digitalizzazione della rete è stata fatta nei tempi, modi e a costi più efficienti possibili grazie al lavoro dei dipendenti di Rai Way che, il 10 dicembre scorso, con la massiccia adesione allo sciopero generale, hanno chiaramente espresso la loro totale avversità alla vendita delle torri ed alle esternalizzazioni previste dal piano industriale.Vanno condivise le scelte organizzative di Rai Way e le azioni di recupero degli appalti; i risultati sono pubblicati dai bilanci e vedono la consociata avere un cospicuo utile a fronte del pieno impegno del lavoro interno. La cosa che più ci stupisce è che i vertici aziendali, invece di reputare un successo ed un valore il “modello” Rai Way (esportandolo anche alla capogruppo) lo svuotano cedendo gli asset strategici.I lavoratori di Rai Way vivono una condizione di sospensione e di attesa insostenibili. Non sono arrivate risposte alle organizzazioni sindacali e manca il parere dell’Azionista sulla proposta di cessione avanzata dal Direttore Generale. Un’altra anomalia di questa storia è che il competente Ministero, mentre tende ad accelerare la digitalizzazione della rete volendola completare entro il 2011, nel contempo mostra interesse alla cessione di torri e lavoratori di Rai Way: queste due cose, per noi, sia chiaro, non sono compatibili.Ciò che preoccupa inoltre è l’assenza di un’analisi sugli effetti demotivanti sui lavoratori e delle inevitabili reazioni sulla efficacia e la tempistica della digitalizzazione dovuti alla spada di Damocle che pende sulle loro teste e sul loro futuro.A sottolineare i molti motivi che rendono negativa tale operazione, va considerato che il Ministero del Tesoro e la Rai, per la grande operazione del passaggio dall’analogico al digitale, hanno investito ben 400 milioni di euro, circa 100 milioni più dell’ipotizzato prezzo di vendita delle torri nel Piano Industriale.Tale operazione, se attuata, regalerebbe all’acquirente privato anche le somme cospicue ottenute dalle cosiddette ospitalità di terzi. La Rai rinuncerebbe alla possibilità, in una fase di espansione del mercato, di poter divenire il principale operatore del settore, con l’acquisizione di importanti clienti oggi privi di una loro capacità trasmissiva.
Dello stesso tenore le considerazioni fatte qualche settimana fa da un altro sindacato, UILCOM, che in un comunicato congiunto (come del resto quello rilasciato da Libersind oggi) scriveva:
In questa ottica per il Sindacato la vendita delle componenti passive delle torri e degli impianti è una scelta politica , inserita nel piano industriale per dare momentaneo e apparente ossigeno alle casse RAI e lascerà , a conferma di quanto detto in precedenza, a chi le acquista la possibilità di sfruttare le enormi potenzialità del digitale proprio al nuovo proprietario del sito che potrà, in quanto possessore anche dei tralicci, moltiplicare gli apparati e riscuotere un congruo affitto.
concludendo che:
Il 2011 si prospetta , per la RAI, anno di eccezionale attività e senza la professionalità e le forti motivazioni dei lavoratori di Rai Way l’anticipazione dello swich off potrebbe diventare molto difficoltoso e ciò sarebbe un danno per l'intero sistema Paese: questo non è accettabile e ancora meno condivisibile.
Mi permetto di aggiungere che in quello stesso piano industriale viene citato esplicitamente un punto riguardante il rilancio della radiofonia e che al di là di questo rilancio RAI Way lo scorso anno aveva già annunciato ufficialmente le intenzioni di dar corso al dispiegamento della nuova infrastruttura - condivisa tra soggetti pubblici e privati - per la diffusione in Italia di multiplex di radio digitale DAB+/DMB.
Mi rendo conto che stare a discutere di queste cose in un momento come questo, con una crisi economica e occupazionale con ben pochi precedenti nella storia recente, e proprio mentre Parlamento e opinione pubblica si lacerano sulla questione degli scandali festaiol-sessuali e soprattutto sulla manifesta incapacità e vuoto propositivo dell'attuale governo, può apparire insensato. E di fatto lo è. Non possiamo certo metterci a discutere di radio digitale in una nazione che rischia, bene che vada, un lungo periodo di crescita zero. Persino i gravi rischi che corre la piccola imprenditoria privata sul digitale televisivo terrestre può passare in secondo piano.
Resta il fatto che ancora una volta in Italia non riusciamo a metterci allo stesso livello di nazioni europee che optano per strategie di liberalizzazione del tutto analoghe a quelle proposte dal Piano Industriale della RAI di Mauro Masi. Nella ridente landa del bunga bunga purtroppo le obiezioni formulate dalle organizzazioni sindacali appaiono purtroppo quanto mai motivate. Alla fine c'è da scommettere che gli asset di RAI Way da pubblici diventeranno privati e personalmente non do molto credito alle smentite di Dmt: è molto probabile che uno degli acquirenti sia la società fornitrice di Mediaset (nel fatto in sé non ci sarebbe niente di male, se Mediaset, concessionaria dello Stato, si limitasse a fornire ai concittadini un servizio televisivo, non anche mezzo parlamento, un premier e una compagine governativa).
Tornando alla questione del DAB+, ritengo a questo punto che anche se la crisi non esistesse e questo paese crescesse al 4% annuo invece dello 0,4 la famosa infrastruttura condivisa non si farà quest'anno - causa probabili elezioni anticipate - e neppure l'anno prossimo. Aspetteremo fiduciosi il prossimo piano industriale.
4 commenti:
Ce lo stanno mettendo, anzi ce l'hanno già messo.
Povera cara Mamma RAI, ti hanno venduto come le bunga-bunga girls
un dipendente
Mi sembra un commento molto eloquente. Arrivato guarda caso all'annuncio dell'approvazione del Contratto di Servizio 2010-2012:
"Nella seduta odierna, il Consiglio di Amministrazione della Rai, su proposta del Direttore Generale, ha approvato il Contratto di Servizio 2010-2012.
Nella stessa seduta, il Consiglio di Amministrazione ha approvato i palinsesti del periodo di garanzia primaverile 2011 delle tre Reti generaliste e i Piani di Produzione e Trasmissione 2011 dei Canali tematici Rai. "
Avete letto bene, 2010-2012. Ma il 2010 non è passato da oltre un mese? Certo. Nel testo precedente si leggeva che l'approvazione avrebbe dovuto avvenire entro il luglio del 2009. Il solito viziaccio dell'Italia del Fare. Fare ma con assurdi ritardi. Tipo autostrada Salerno Reggio, Ponte sullo Stretto, radio digitale DAB+...
Che vergogna. Svendono i gioielli di famiglia per due lire ai soliti amici degli amici, facendo passare il tutto come "riduzione della spesa pubblica". Quando gli italiani capiranno?
...ci ritentano...dopo la chiusura dei trasmettitori a onda media il vero colpo grosso sarebbe quello di Ray Way, svendendo e passando il telecomando a un pinco pallino qualunque (il privato, ma si sa già chi è!) che in qualsiasi momento può spegnere l'interruttore a suo piacimento e...bye bye RAI.
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