Qualche tempo fa, attraverso la chat collegata a questo blog, mi ha contattato Giuseppe Cossentino, un giovane campano iscritto all'università (credo a giurisprudenza) ma animato dal sacro fuoco degli sceneggiati radiofonici. «Voglio creare una Sentieri o ancora meglio una Archers italiana – mi scriveva: una soap radiofonica popolare e romantica, intitolata [guarda caso, NdR] "Passioni".» Giuseppe si è dato da fare, è diventato autore, cacciatore di sponsorizzazioni, impresario. Ha radunato una compagnia di attori e doppiatori che prestano la loro voce. E senza smettere di cercare una o più stazioni radio che credano nel progetto, per il momento ha deciso di partire utilizzando il modello Web radio. "Passioni senza fine", questo il titolo definitivo della soap, viene varata lunedì 28 febbraio dal sito Radioserial.it e sarà ascoltabile e scaricabile in podcast.
«Che cos’è Passioni Senza fine? – si legge nel comunicato ufficiale che Giuseppe mi ha fatto avere – E' la storia di due famiglie in conflitto, De Santis e Marasco, una grande saga familiare sullo sfondo della Napoli bene e di un vasto impero farmaceutico simbolico teatro di lotte di potere e intrighi finanziari.» Al centro di questo scenario, «una storia d’amore dove si declinano poi tutta una serie di sentimenti odio, ambizione, vendetta. Un romanzo popolare che ha anche un grande valore di modernità perché coniuga scrittura, storia, favola ad una grande profondità di sentimenti e psicologie. Un vero e proprio racconto popolare di sogno, una manifesto sentimentale ma anche un racconto sui rapporti familiari, sulle relazioni private del nostro mondo contemporaneo.» Giuseppe ha anche prodotto un breve trailer, pubblicato su YouTube:
Letteratura "bassa", retorica fanciullesca? E' un tipo di giudizio che non mi sfiora nemmeno. Sono un fan troppo fedele di "Un posto al sole", soap televisiva di stampo partenopeo cui l'ideatore di "Passioni senza fine" si è evidentemente ispirato. Giuseppe Cossentino non pretende di essere Joseph Roth e la sua soap non vuole essere i Buddenbrooks. L'idea di un giovane, un ragazzo alle prime armi che riesce a mettere insieme un progetto nel suo piccolo tanto ambizioso, mi fa molta simpatia. Narrare è un sempre un atto di coraggio e farlo con le parole semplici, le trame accessibili di una storia popolare è un mestiere tutt'altro che scontato, tanto più in presenza degli ostacoli che tutti gli autori debuttanti devono superare per farsi ascoltare.
In uno dei romanzi sudamericani più belli e in assoluto il più radiofonico (anzi, il più radiofonico romanzo mai scritto), "La zia Giulia e lo scribacchino" (qui il pdf dell'originale spagnolo), Mario Vargas Llosa mette in scena, in chiave autobiografica, la sua gioventù di studente di giurisprudenza nella Lima anni Cinquanta e il mestiere che gli permetteva di sbarcare il lunario e condurre una vita indipendente (e una turbolenta storia d'amore con la ex-moglie di un suo zio, molto più anziana). "Varguitas" faceva il direttore editoriale dei bollettini informativi di Radio Panamericana, ritagliando le notizie dai giornali. Suo collega e maestro era Pedro Camacho, un esule boliviano che a Lima era diventato famoso come autore di torride "radionovelas" . Lo scribacchino, appunto. Nella storia di Vargas Llosa il già eccentrico Camacho perde completamente il senno e comincia a rimescolare realtà, finzione e personaggi, fondendo tutto in una radionovela senza alcuna soluzione di continuità tra etere e vita quotidiana. E' un grande romanzo di un grande scrittore Premio Nobel, ma non mostra alcun senso di superiorità, nessuna altezzosità nei confronti della letteratura bassa, della improbabile retorica che esce dalla macchina per scrivere di Pedro Camacho. Le storie hanno tutte un loro perché.
In bocca al lupo Giuseppe, come portafortuna ti regalo le puntate della lettura di La zia Giulia diffusa in "Ad alta voce" da Radio 3.
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