Dopo una lunga riflessione,
AGCOM ha partorito il documento che riassume i contenuti ricevuti nel corso della consultazione aperta sugli impieghi radiodiffusivi delle frequenze delle onde medie e corte. Anche io ho indirettamente partecipato a questo dibattito perché uno studio di consulenza tecnica-normativa mi aveva chiesto di fornire alcune valutazioni, in particolare per le questioni riguardanti i sistemi digitali, che avrebbero poi dovuto servire per elaborare il parere espresso da un grosso editore radiofonico suo cliente.
Ci sono stati quasi 100 rispondenti e altri se ne sono aggiunti attraverso le audizioni (a queste ultime hanno partecipato Broadcast Italia e Challenger TV Broadcast Communication, direi i due maggiori operatori di emittenti in onde medie "alternativi" alla RAI negli anni più recenti. Ancora non ho letto tutto in modo approfondito, ci sarà molto da discutere, anche attraverso i commenti qui sul blog, ma non posso nascondere una brutta sensazione. Da questa consultazione non sembra emergere granché, non tanto nel senso della carenza dei contributi sottoposti. A deludere sono le conclusioni, che tanto per cambiare in Italia sono inconcludenti. Cito dalle considerazioni finali:
Interessi di una qualche rilevanza sono stati sostanzialmente espressi nei confronti dell’impiego della banda delle Onde Medie (OM: 526,5-1605 kHz), con bacini di diffusione di dimensione regionale o pluri-provinciale. Le effettive possibilità di crescita del mercato non sono chiare, tuttavia occorre riconoscere che fino ad ora non ci sono state concrete possibilità di conseguire autorizzazioni e diritti d’uso delle frequenze per avviare l’esercizio di stazioni trasmittenti in tale banda.
Nella banda delle Onde Corte, ove sono stati manifestati alcuni interessi particolari, non appare al momento configurabile un utilizzo commerciale da parte dei privati, anche in considerazione della natura sostanzialmente internazionale della radiofonia in tali bande.
Esiste, di fatto, una disponibilità di risorse di spettro nella banda delle OM, già coordinata a livello internazionale presso l’UIT (piano di Ginevra 75), venutasi a creare a seguito della contrazione del servizio radiofonico svolto dalla Rai in tale banda. Tale disponibilità appare, tuttavia, contenuta rispetto alle possibili richieste che potrebbero emergere, anche in considerazione della scarsa appetibilità delle frequenza più basse che comportano maggiori complessità e costi impiantistici.
E subito dopo AGCOM scopre l'acqua calda: le stazioni radio interferiscono tra di loro! (vi riporto il paragrafo e la nota esplicativa:
Ciò premesso, alla questione principale che ci si è posti nell’avviare la consultazione pubblica - ovvero se sussista la necessità di provvedere a limitare i diritti d’uso, prevedendo quindi il rilascio di diritti individuali (6) - si ritiene di dover rispondere affermativamente, quantomeno in virtù di un principio di cautela, considerando la numerosità delle manifestazioni di interesse acquisite, rapportata alle risorse disponibili.
(6) Secondo le disposizioni del Codice (d.Lgs. 259/203, come modificato da d.Lgs. n.70/2012) Art. 27 . Diritti di uso delle frequenze radio e dei numeri.
1. Ogni qualvolta ciò sia possibile, l’uso delle frequenze radio non è subordinato al rilascio di diritti individuali di uso. I diritti individuali di uso possono essere concessi per:
a) evitare interferenze dannose,
b) assicurare la qualità tecnica del servizio,
c) assicurare un utilizzo efficiente dello spettro, oppure
d) conseguire altri obiettivi di interesse generale conformi alla normativa europea.
Tralascio poi l'ultimo allegato al documento, in cui viene riportata una tabella CEPT del 2010 con la "situazione" dell'uso delle onde medie e corte in alcuni paesi europei. Da qui apprendo l'esistenza di un trasmettitore da 600 kW su 1179 in Svezia chiuso appunto in quell'anno. Sarei lieto di poter fornire ad Agcom una situazione più aggiornata, basterebbe rivolgersi alle fonti curate da veri esperti su Internet, o acquistare una pubblicazione autorevole come il WRTH.
Devo ammettere che sono stupito dal numero di opinioni espressi, anche da privati cittadini, ma i casi sono due: o il riassunto è eccessivamente stringato e superficiale, o di proposte concrete non ce sono state tante. Il tema delle emittenti low power e comunitarie in onde medie emerge solo in modo molto fugace ed è un peccato perché sarebbe stata una occasione perfetta per rilanciare l'idea di introdurre in Italia normative "LPAM" simili a quelle in vigore nel Regno Unito, negli USA e in altre situazioni.
La questione della radio digitale sulle frequenze sotto i 30 MHZ rimane aperta, ma anche confusa. Il DRM sotto i 30 MHz (non parliamo di quello sopra gli 88) continua a rappresentare un incognita di mercato e soffre di un marcato paradosso: ricevitori non ce ne sono, e non ce ne saranno se l'offerta di contenuti continuerà a essere tanto limitata. Ma chi si azzarderebbe a lanciare servizi su scala estesa se non ci sono ricevitori? Non ci sono ovviamente soluzioni facili. Secondo me la mossa più indicata consisterebbe nel regolamentare le onde medie definendo un certo numero di canali per uso esclusivo delle low power veramente locali e comunitarie, un altro gruppo di frequenze per le stazioni commerciali ed eventualmente dei network isofrequenza, e un ristretto numero di frequenze per le sperimentazioni DRM con contenuti davvero esclusivi e alternativi. Ma temo che per tutto questo ci voglia troppo coraggio, una capacità di visione e - diciamolo - una serie di competenze tecniche di cui al momento AGCOM forse non dispone in maniera esaustiva.
Se andiamo a guardare l'esempio del difficile percorso del DAB in Europa, è facile rendersi conto che l'atteggiamento dei vari operatori e stake holders non è sempre uniforme. A volte il DAB viene visto con diffidenza dal privato, a volte viceversa (vedi Francia) è il pubblico a ritenerlo poco praticabile. Non sempre, poi, sono le stazioni più piccole - come accade in UK - a fare opposizione. In altre circostanze vediamo i piccoli che sono molto interessati a sperimentare forme consortile mentre i network più grandi temono di andare incontro a investimenti onerosi. Per me il DAB resta una opzione molto valida nelle VHF e non escludo che andremo alla fine incontro a una strategia europea per lo switchoff, magari parziale, solo per i network, dell'FM analogica. Ma credo anche che una normativa di questo tipo possa avere effetti devastanti sugli attuali bacini di fruizione della radio, specie in situazioni "anormali" come la nostra. Dovremmo affrontare il discorso con molta cautela, senza demonizzare le vecchie tecnologie analogiche, ma cercando piuttosto di allargare il più possibile le opportunità di accesso ai mezzi diffusivi.
A questo proposito spicca, tra i contributi pervenuti ad AGCOM l'iniziativa di Giorgio Marsiglio, l'esperto di diritto radiotelevisivo a suo tempo autore di una
denuncia alle autorità UE delle limitazioni poste dalla normativa italana in materia di libertà di accesso alle frequenze delle onde medie.
L'Autorità indica di aver preso nota delle opinioni espresse da Marsiglio ma risponde solo in modo indiretto e a mio modesto parere non sembra aver compreso appieno la questione sollevata:
Viceversa un soggetto, qualificatosi come l’autore della citata denuncia alla Commissione europea, ritiene che in presenza di risorse disponibili in una banda come quella delle Onde Medie, queste risorse debbano essere assegnate. A tal fine contesta alcune disposizioni normative contenute in particolare nel Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici tra cui in particolare gli artt. 24 e 42. Tali disposizioni normative in sostanza imporrebbero, fa notare il segnalante, che solamente le emittenti esistenti alla data del 30 settembre 2001 possano continuare a trasmettere in tecnica analogica, mentre le aspiranti nuove radio (nella cui categoria rientra il predetto soggetto) dovranno forzatamente attendere l’adozione del nuovo piano di assegnazione delle relative frequenze, piano che però è previsto sia adottato solo dopo lo sviluppo del mercato della radio digitale, con una tempistica pertanto indefinita. Richiede pertanto l’adozione da parte dell’Autorità di un piano di assegnazione delle frequenze da utilizzare in tecnologia analogica, in particolare in Onde Medie.
[…]
Non può, infatti, in alcun modo condividersi quanto sostenuto, in particolare, nella denuncia alla Commissione Europea, che non sussista la necessità, dal punto di vista della quantità di spettro disponibile e dei rischi di interferenza, di limitare i relativi diritti d’uso ricorrendo a procedure per selezionare i soggetti destinatari di assegnazione.
Non so se le interpretazioni di Marsiglio siano corrette, ma se è vero che la normativa attuale pone un limite di accesso da parte di nuovi entranti costringendoli in pratica ad adottare modulazioni digitali per ottenere una licenza di trasmissione in onde medie, tale normativa è inaccettabile. Che si arrivi a costringere i nuovi entranti ad adottare tecniche digitali ancor prima di approvare a livello di sistema, una strategia di switchoff della radio analogica mi sembra ridicolo, oltre che dannoso nei confronti della libertà di espressione. In questo stesso senso è abbastanza clamorosa - e irricevibile - la posizione espressa da alcune associazioni di categoria, che a quanto pare vedrebbero in una normativa favorevole all'uso delle onde medie a un ostacolo all'evoluzione del DAB sulle VHF. Il protezionismo spinto all'italiana non ha proprio limiti:
Alcune associazioni di categoria delle emittenti radiofoniche hanno fatto presente che, non sussistendo, a loro avviso, un mercato interessato al digitale in tali bande, nel contesto dell’attuale crisi economica, l’adozione di qualsiasi iniziativa nel campo delle frequenze per il servizio di radiodiffusione sonora al di sotto dei 30 MHz potrebbe rappresentare un elemento di turbativa per il comparto radiofonico nazionale e locale, che starebbe procedendo, a detta di tali soggetti, con determinazione, ma anche con grosse difficoltà economiche, all’avvio delle diffusioni in tecnica digitale DAB (DAB+) in VHF, disciplinate dalla delibera n. 664/09/CONS e s.m.i..
A tale riguardo, le predette associazioni ritengono che non si debba procedere ad alcuna pianificazione o emanazione di provvedimenti propedeutici al rilascio di diritti d’uso per le frequenze oggetto della consultazione, sia per diffusioni analogiche sia per quelle digitali, fino a quando non sia conclusa la fase di avvio del mercato radiofonico in tecnica digitale, sottolineando come, ai sensi dell’art. 42, comma 10, del Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, sia possibile adottare il piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica solo successivamente all'effettiva introduzione della radiodiffusione sonora in tecnica digitale e allo sviluppo del relativo mercato.
L'assenza o quasi di piani per le onde corte mi delude un po', anche se non mi sarei aspettato un esito molto diverso. L'AGCOM sembra aver percepito nelle proposte una enfasi del tutto sproporzionata sul carattere "internazionale" della radiodiffusione a onde corte. Forse nessuno dei partecipanti avrà manifestato interesse nei confronti dell'uso delle stesse per iniziativa a copertura nazionale o addirittura regionale in bande oggi più libere come i 49 e 41 metri. Una radio informativa e di servizio può continuare a trovare spazio nelle tanto bistrattate onde corte, specie in un contesto come quello italiano, in cui esistono forti problematiche territoriali interne e di relazione con l'intera area mediterranea. Evidentemente sono solo un sognatore utopista.
Queste sono le "conclusioni" di cui parlavo prima, in relazione alle mosse che AGCOM intende intraprendere sulla base degli esiti della consultazione di giugno. Ripeto, mi sembra tutto molto blando e fumoso. Tanto per cambiare è stato deciso di non decidere.
Per tutto quanto esposto, l’Autorità ritiene opportuno assumere le seguenti iniziative:
- avvio di approfondimenti tecnici in merito alle metodiche di efficiente pianificazione della banda delle OM, per un utilizzo per il servizio di radiodiffusione sonora in tecnologia sia analogica che digitale, in relazione alle tipologie di esigenze prospettate dai soggetti interessati al servizio radiofonico in tali bande, dando tuttavia preminenza all’evoluzione verso tecnologie digitali, che consentono uno sfruttamento più efficiente della risorsa e l’introduzione di servizi innovativi;
- avvio di approfondimenti in merito alla situazione del mercato della radiofonia in OM negli altri Paesi dell’area europea e valutazione degli sviluppi in corso a livello mondiale nel mercato delle tecnologie digitali;
- interlocuzione con il Governo in merito all’esistenza, nel vigente quadro legislativo, di ostacoli all’eventuale ingresso nel mercato di soggetti nuovi entranti che non siano cioè già concessionari o autorizzati per il servizio radiofonico in tecnica analogica;
- attento monitoraggio dello sviluppo del mercato della radiofonia digitale secondo gli standard DAB+ nella banda VHF III, per valutarne le conseguenze sulla eventuale pianificazione ed utilizzo della banda delle OM.