06 novembre 2013

Annuncio-choc della Generalitat Valenciana: soppresso l'ente radiotelevisivo "autonómico"


Tra Spagna e Grecia ormai l'abbiamo capito. Dobbiamo rassegnarci a vederne altre di fotografie come queste. Sono tutte drammaticamente uguali: la disperazione di giornalisti e programmisti rimasti senza lavoro è sempre la stessa. In questo caso si tratta dei lavoratori di RTVV, l'ente radiotelevisivo della Generalidad Valenciana, una delle tante espressioni della peculiare spirito autonomista dell'ordinamento spagnolo. La Radiotelevisión Valenciana aveva iniziato a trasmettere nel 1989, dopo qualche anno dall'approvazione di una legge del locale Parlamento, le Corts Valencianes. Oltre ai programmi televisivi l'ente diffondeva due canali radiofonici, Radio Nou (9), e la musicale Radio Sí. Perché i verbi sono al passato? Perché oggi il governo valenciano ha annunciato che RTVV chiude i battenti, crollata sotto l'insostenibile peso dei debiti: circa 1,2 miliardi di euro per un organico di 1.700 persone, oggi rimaste per strada.
La cronaca dei fatti non è così semplice. Prima di pervenire a una decisione così estrema (e molto probabilmente irreversibile) il governo autonomo guidato da Alberto Fabra, del Partido Popular, aveva cercato di portare avanti un piano di dismissioni controllate e di esternalizzazione delle produzioni gestite dall'ente pubblico locale guidato da una direttrice, Rosa Vidal. Poche ore fa tuttavia, quel piano è stato giudicato illecito dal tribunale superiore di giustizia della stessa Generalitat. Non essendo riuscito a ridurre l'organico, Fabra ha optato per la chiusura definitiva. Sono bastate tre righe di testo in un comunicato ufficiale: "descartado, por lo tanto, el camino que había decidido emprender el Consell, sólo queda la otra vía que es, lamentablemente, proceder a la supresión del servicio público de la radio y la televisión de ámbito autonómico.
Le polemiche ovviamente non mancano. El País nella sua edizione locale racconta che la crisi di RTVV è cominciata proprio con le gestioni "firmate" dal partito di Fabra. Dieci anni fa l'ente locale pubblico funzionava bene con un terzo del personale. Poi è cambiato il vento politico e i nuovi direttori generali da un lato hanno cominciato a promuovere una politica di parziale privatizzazione ed esternalizzazione delle produzioni, ma dall'altro hanno continuato ad assumere personale e ad accumulare debiti. In un altro articolo però lo stesso giornale riconosce che i tagli delle sovvenzioni e il crollo del mercato pubblicitario hanno messo in crisi tutti gli enti radiotelevisivi autonomi spagnoli che affiancano, nelle varie aree, l'ente nazionale RTVE. Se altri organismi sono riusciti a tenersi in piedi con molti sacrifici, quello valenciano è il primo a crollare e la regione sarà l'unica a non poter tutelare la propria diversità linguistica (il valenciano è una variante dialettale del catalano) attraverso la radio e la televisione.
La chiusura di Nou e Sí ha un risvolto personale che ovviamente è del tutto marginale rispetto al dramma di tanti lavoratori licenziati e delle loro famiglie. Entrambe le emittenti, in buone condizioni propagative troposferiche, riuscivano a superare il migliaio di chilometri di mare che separano la costa di Valencia dalla Sicilia occidentale. Le loro frequenze scompariranno anche dalle mie avventure radiofoniche estive.

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