02 febbraio 2012

Lentus e inesorabile, la trasmissione digitale amatoriale sfida il rumore impossibile

Festina lente, "procedi con passo lento" dicevano gli antichi. E Patrick Lindecker, F6CTE, autore di MultiPSK, uno dei programmi radioamatoriali più diffusi per la ricetrasmissione in uno dei tanti modi digitali utilizzati tanto nelle comunicazioni amatoriali come in quelle civili e militari, ha deciso di camminare lentissimo per raggiungere il nobile obiettivo di comunicare via radio anche in condizioni estreme di rumore e bassa potenza utilizzata. Nasce così, a pochi giorni di distanza da "Opera" il nuovo modo digitale Lentus, basato su una modulazione di frequenza "M-aria" a 32 simboli da 5 bit. Ispirato al modo digitale JT-65, sviluppato anch'esso per consentire di stabilire un contatto anche in pessime condizioni (in realtà JT-65 è pensato per i radioamatori che comunicano tra loro facendo rimbalzare i segnali sulla superficie lunare), Lentus è molto più lento. Un messaggio dura 273,1 secondi, pari a 40 simboli da 32768 campioni audio per una durata di 6,827 secondi. Scendendo ancora più in dettaglio Lentus ha un baud rate (symbol rate) di 0,1465, pari appunto a 6,827 per trasmettere un simbolo di 5 bit. La modulazione avviene trasmettendo 32 toni spaziati di 0,7325 Hz una finestra larga 23 Hz. A ogni stato corrisponde quindi un valore esprimibile con 5 bit binari.
Nel pacchetto di 40 simboli i primi 9 trasportano toni di sincronizzazione che servono al ricevitore per centrare esattamente la finestra dei 32 toni. Segue un "payload" di 31 simboli con le informazioni trasmesse pari a una stringa di 75 bit codificata in Reed Solomon, pari a 13 caratteri alfanumerici che possono essere liberi o formattati in una gabbia predefinita dall'autore. Lentus support due modalità, il QSO (la comunicazione a due vie) o il beacon o faro, la trasmissione di un identificativo che può servire per analisi propagative. Possibile anche una modalità repeater in cui la stazione ritrasmette esattamente quello che ha ricevuto da un'altra stazione.
Il tutto si basa sull'estrema precisione dei tempi (nell'ordine dei 100 mS) che scandiscono la trasmissione dei messaggi di 5 minuti e delle frequenze su cui sono tarati i ricetrasmettitori e le schede audio dei computer che si occupano della codifica e decodifica dei segnali. Patrick prescrive l'uso di time server su Internet per la sincronizzazione temporale e di specifiche procedure per la taratura di apparati ricetrasmittenti e la calibrazione delle schede. Se tutto funziona correttamente Lentus è in grado di comunicare a livelli di Signal to Noise ratio molto, molto bassi, addirittura -34 dB in una finestra di rumore di 3 kHz. Gli apparati vanno sintonizzati in USB con uno shift di 1 kHz rispetto alle frequenze consigliate per i collegamenti, che sono le seguenti: 134,8, 1837,0, 3589,0, 7037,5, 10141,5, 14074,0 KHz. Il software è in grado di fare tutto da solo, la codifica riesce a stabilire un contatto anche se in cuffia non si ascolta nessun tono discernibile e nessuna traccia si distingue nell'analisi visuale.
Lentus è stato implementato nella attuale versione di MultiPSK, la 4.20.1 e può essere scaricato qui. Una spiegazione dettagliata del suo funzionamento si trova in un file .doc in lingua inglese accluso al software ma se leggete anche il francese potete trovare molte spiegazioni e dettagli sui primi QSO effettuati con Lentus sul sito di Henri Zacchini F6BAZ. Trovate anche i primi dettagli sull'uso di Lentus in Italia sul sito dell'immancabile Andrea Borgnino, il più attento divulgatore di queste materie nella comunità ham radio.
Se invece vi interessa approfondire la questione delle modulazioni digitali (ASK, FSK, PSK, QAM), un approfondimento molto importante se volete capire bene il significato di "simbolo" e modulazione "M-aria", potrete trovare in rete parecchi tutorial. Molto ben fatti perché concisi e ricchi di esempi comprensibili quelli di National Instruments, come Digital Modulation Fundamentals (altri ne trovate qui e qui con una eccellente spiegazione sul Wi-Fi e le tecniche che possono essere utilizzate per raggiungere capacità di trasporto sempre più elevate con Internet senza-fili). Un manuale molto completo ma più complesso è All about modulation, sul sito Complextoreal.com. Il manuale è suddiviso in due parti e questi sono gli indirizzi: Parte 1 e Parte 2. Una presentazione molto esaustiva e compatta è Principles of digital modulation di Mike Fitton di Toshiba Research Europe e infine segnalo anche le dispense in lingua inglese del professor Roberto Garello, del corso di Trasmissione numerica al Politecnico di Milano, integrate da un eserciziario.

10 commenti:

Radiocose ha detto...

La domanda (lecita) che molti si fanno e' se questa sia ancora ham radio oppure non si tratti "semplicemente" di applicazioni di tecniche informatiche, tutte piu' o meno variamente basate sugli stessi presupposti; ossia limitare al minimo il rumore e a tale scopo sfruttarne la natura randomica. Da cui le larghezze di banda ridottissime, i tempi di integrazione lunghissimi, la necessita' di precisioni estreme, ecc.. Alla fine si rischia di non capire piu' tanto bene quale sarebbe l'obbiettivo. Permettere a due PC di fare QSO?

Andrea Lawendel ha detto...

Sì. è una domanda più che lecita e se ne può discutere a lungo. Immagino dipenda molto da che cosa si intende per "attività radioamatoriale". Se si privilegiano gli aspetti umani, sociali e comunicativi di un hobby che dopotutto è stato inventato per sfruttare il nuovo medium radiofonico per stabilire relazioni più dirette con persone lontane tra loro, è chiaro che questo tipo di sperimentazioni lascia alquanto "freddini". Se invece l'attenzione è rivolta tutta agli aspetti tecnici, dalla costruzione dell'apparato allo sviluppo del software, fino allo studio dei meccanismi propagativi, Lentus troverà sicuramente tante persone interessate.
Posso dire, dal mio osservatorio non-radioamatoriale in senso stretto (io, per intendersi, non trasmetto, ascolto e basta), è un po' la differenza che passa tra la persona che ama seguire i programmi delle emittenti internazionali, per informarsi, creare nuove amicizie, capire meglio il mondo, e l'ascoltatore molto tecnico che studia le antenne più performanti e le condizioni propagative più favorevoli per catturare un segnale molto debole e disturbato, "accontendandosi" per così dire di qualche secondo di parlato o altro contenuto atto a identificare positivamente una stazione. Sempre per fare un esempio personale, a me piace l'ascolto delle stazioni in onde medie transatlantiche e mi rendo conto che il più delle volte ascolto rumori e interferenze invece di un parlato incomprensibile. E mi piace molto dare la caccia ai radiofari, che si limitano a trasmettere poche lettere in codice morse: mi ritengo soddisfatto quando posso ascoltare a migliaia di chilometri di distanza un "ident" che dura sì e no 20 secondi. E' comunque una operazione che mi piace portare a termine con l'orecchio piuttosto che gli strumenti di analisi visuale computerizzati, ma ammetto che anche così faccio fatica a spiegare agli altri l'emozione che provo. Chi si serve di strumenti sofisticati come Lentus per presidiare di fatto a una sessione di machine-to-machine communication probabilmente farebbe altrettanta fatica!

Radiocose ha detto...

Andrea anch'io sono radioascoltatore tecnico (mi piace la definizione), ho una SDR ed ho scelto le LF come banda di maggiore interesse per me. La passione per gli NDB, ed i weak signals in genere, mi suona familiare. Quello che scrivi e' chiaro, si tratta di spingere piu' in la' il limite del rapporto S/N, e' una sorta di sfida, simile alla ricerca della soluzione di un enigma. Pero' - come tu stesso ammetti - c'e' differenza tra riconoscere un "ident" con l'orecchio, oppure farsi aiutare da un programma di visualizzazione dello spettro. La seconda soluzione e' vantaggiosa, ma non altrettanto "fair", non sei d'accordo? E registrare ore di ricezione notturna a largo spettro con una SDR, per analizzarle con calma di giorno alla ricerca di NDB lontani, e' radioascolto oppure e' come pescare con la rete a strascico? Hai ragione, la risposta e' personale e varia leggittimamente in base agli interessi ed alle preferenze di ciascuno. Ben vengano quindi Lentus, Opera, Wolf e tutti gli altri modi digitali, se aggiungono nuove possibilita', senza toglierne nessuna.

Augusto ha detto...

Ciao Andrea e Daniele.
Tanti anni fa da ragazzino, mi entusiasmava saldare saldare e poi, una volta finito, dare la caccia strenua nel rumore al "segnalino" debole debole per capire - ad orecchio - chi (e non "cosa") ci fosse dall'altra parte.
A furia di cacciare e frugare nel rumore, ogni mezzo tecnico mi entusiasmava e gradualmente l'interesse dal segnalino si e' spostato, ampliato, anche al mezzo per estrarlo.
Alcuni anni dopo, negli '80 , mi entusiasmavo di eme seguendo Enrico hb9sv, e poi di collegamenti in packet radio transalpini - 500w in 2m - con dk1sl Anni (in Italia non c'era ancora quasi nessuno).
Sempre grosse emozioni sia nel fare che poi nell'ascoltare!
Ma il massimo lo ho raggiunto quando, a propagazione apparentemente chiusa in 20m, si ascoltava solo rumore e rumore, ho mandato e poi ricevute dal bbs di Joost ZS5S due pagine di testo: si sentiva solo rumore, ma sul monitor inesorabili ed esatte le righe arrivavano una dopo l'altra... stavo usando un modem SCS-PtcII in Pactor level2, filtro da 500Hz, un laptop Zenith (Pentium2) in emulazione terminale; il trx un TS440 e l'antenna una 12AVQ, verticale trappolata per 3 bande, sul balcone.
Il primo modo "strano" fu il CCW (Coherent CW), allora in versione hardware, ancora molto "radio".
Poi con l'avvento del DSP tutto cambio', in un primo tempo con schede esterne (ricordo Stefano OYD a Milano che fece, con altri, prove EME apparentemente impossibili) poi col progresso dei PC e con le relative schede audio, dapprima come filtri, poi sempre piu' spinte verso quelle che allora venivano definite le "software solutions" per contrapposizione alle soluzioni implementate sullo hardware, come gli allora dominanti TNC .
In illo tempore, pensare alla radioastronomia amatoriale era un assurdo; oggi non piu'.
Tuttavia, la soddisfazione di chi allora accendeva i filamenti dopo ore di lavori meccanici e di saldature, e di chi oggi "usa" un software, scritto magari da altri, e riesce a "catturare" il segnalino, non e' in fondo dissimile.
Forse e' maggiore quella di chi scrive righe e righe di codice, e poi lo prova e riesce, come era maggiore quella di chi saldava rispetto a quella di chi firmava assegni per aver il piu' performante aggeggio....

Questa e' una vecchia questione, gia' molto dibattuta all'avvento degli apparati belli e fatti con diffusione di massa. Ricordo discussioni accese, al bar del Carlo GIN .... primi anni '60; preistoria.
Oggi si puo' discutere egualmente: ha senso chiamarsi radioamatori quando in realta' si e' "utenti" di software scritto da altri, che gira su computer costruiti da altri, per controllare radio fatte da altri, collegate ad antenne fatte da altri, il tutto ben commerciale?
E' piu' "vero" radioamatore colui che esce con soft complessi telecomandando Flex 5000 su SteppIR , o chi usa un vecchio surplus amanuense su antenne autocostruite spesso di fortuna?

Sentimentalmente, io direi il secondo, ma io ho mezzo secolo di radio alle spalle e quindi non sono obiettivo.
La risposta giusta ogni lettore la trova in se': e' la "sua" risposta; questo e' cio' che credo io.

Un cordiale saluto, da I1-10714 Augusto
(non chiamatemi cariatide, pse!)

Radiocose ha detto...

La mia impressione,probabilmente sbagliata, per ignoranza dei fatti, e' che il ricorso a queste modulazioni numeriche (dalle proprieta' ben conosciute e largamente sfruttate nelle moderne reti radio) vada a ridurre proprio quell'elemento di incertezza, di abilita', di fortuna, (funzionera'? riusciro' stanotte a ricevere quel segnale?) che insieme ad altri distingue l'uso amatoriale della radio da quello professionale. Capisco bene che a rigor di logica non c'e' molta differenza tra il perfezionare una funzione software e lo scovare un operazionale meno rumoroso, perfetto per il pre-amplificatore che stiamo costruendo. Da una parte pero' vedo fare ricorso al riferimento GPS, a tempi lunghissimi di integrazione del segnale, ad algoritmi di correzione, a tecniche insomma "di forza bruta", di cui istintivamente mi sfugge il rapporto con l'ham radio.

iv3nwv ha detto...

Le modulazioni numeriche riducono quell'elemento di incertezza, di abilità e fortuna nella misura in cui una trasmissione SSB in onde corte le riduce rispetto a una trasmissione AM o FM.
Cosa facciamo allora? Buttiamo via le emissioni in banda laterale perchè l'AM o l'FM aumentano l'incertezza e la fortuna che ci vuole per copiare un segnale lontano? A me pare una cosa un po' insensata.
E non mi sembra sensato neanche trasmettere con 1 kW quando si potrebbe ottenere lo stesso risultato con 10 W. Se il modo per riuscirci consiste nell'utilizzare lo spettro radio in maniera meno inefficiente di una modulazione inventata un secolo fa o quasi, beh non capisco dove stia il problema.
O meglio, capisco che il radiodilettante medio è rimasto alla radio a galena e che, suo malgrado, non ha colto quel fervore che ha cominciato ad appassionare qualche animo già nel 1948 quando un tipo divertente che andava a lavorare ai Bell Laboratories su un monociclo, si inventò quella che oggi viene chiamata da tutti Teoria dell'Informazione (una disciplina che non ha nulla a che vedere col giornalismo o con la propaganda politica).
Ora il punto è che i ragazzini di 60 anni fa sono rimasti alle valvole e da lì non si sono schiodati mentre i ragazzini di adesso sanno che per ricevere correttamente un messaggio abbastanza lungo non serve avere fortuna: se il segnale non è affetto da fading e se la banda usata è molto più grande del tasso di trasmissione è sufficiente che il rapporto tra l'energia per bit ricevuta e la densità spettrale di rumore sia superiore a -1.59 decibel, che è quello che viene chiamato il limite di Shannon-Hartley per un canale con rumore bianco, gaussiano e additivo.

Quello che fanno i veri radioamatori di oggi non è usare il modo digitale di grido senza tra l'altro sapere un tubo di come sia fatto e perchè sia fatto in quel modo. I veri radioamatori sono quelli che lo sviluppano e che cercano di avvicinarsi a quel limite invalicabile (o a quello altrettanto invalicabile che si ha sui canali con fading) il più possibile.
Se sai che in teoria puoi ottenere un risultato utilizzando un decimo della potenza di trasmissione o un decimo della banda occupata perchè te ne stai con le mani in mano?
Queste sono le sfide, questa è la poetica radiantistica del XXI secolo e che *anche* i dilettanti dovrebbero raccogliere a meno di che non si accontentino di collezionare qualche vecchia radio della nonna o di ricevere, magari un giorno sì e dieci no, una BCL australiana che trasmette con una potenza EIRP di 10 GW.

Nico Palermo

Andrea Lawendel ha detto...

Con il suo rigore ingegneristico, sostenuto da una preparazione teorica non comune anche tra gli addetti ai lavori, Nico (oltre ad aver regalato alla ham community e a noi forse più modesti cugini DXer la piattaforma Perseus, una delle invenzioni di maggior spicco nel campo della software defined radio) ama spingere all'estremo del suo inviluppo la definizione della "technical culture" descritta nel bel libro di Kristen Haring sulle prime due generazioni dei radioamatori americani. Che la sua sia una poetica non lo contesto, anzi è una espressione bellissima ed efficace, niente affatto sorprendente nel Nico scienziato e filosofo della scienza. Azzardo che sia più opinabile l'affermazione secondo cui sia questa la "vera", cioè l'unica poetica. Spesso riuscire a identificare una stazione locale distante, con la sua vetusta modulazione del secolo scorso (e una EIRP assai meno ciclopica), è più frutto di τέχνη che di τύχη... Poetate e divertitevi nel modo che più vi piace, posto che esso non comporti la completa disattivazione delle funzioni corticali superiori.

Radiocose ha detto...

Caro Nico, grazie per la lezione di cui terrò conto senza dubbio alcuno. Nonostante questo, mi permetterò il conservare la mia modesta opinione, benchè insensata, nella stessa misura in cui non mi permetto di definire insensate le opinioni altrui.

Radiocose ha detto...

Vorrei infine chiarire un punto: per professione, sviluppo software embedded e real-time da ormai più di 20 anni, per apparati per telecomunicazioni il cui livello tecnologico di certo non ha molto da invidiare a quello delle più moderne SDR. Uso anche una SDR per il mio hobby del radioascolto, nonchè i vari software amatoriali disponibili per l'eleboazione digitale dei segnali. Non sono quindi rimasto alle valvole nè colleziono radio delle nonne. L'unica che avevo, credo di averla smontata pezzo per pezzo quasi 40 anni fa, ai tempi del liceo. Ho la mia laurea in ingegneria e quindi ricordo persino che la teoria dell'informazione non ha a che fare coi giornali, pensa te. Nonostante questo, purtroppo devo riconoscere che - per quanto sofisticata - l'interfaccia operatore di una SDR rimane tuttora assai lontana dalla ottusa semplicità di una "radio della nonna". Al punto che, mentre dalla prima può trasparire tutta la genialità del suo ideatore, dalla seconda deriva un piacere di usare la radio, che nemmeno la conoscenza perfetta della teoria dell'informazione può scalfire.

Gianfranco I2VGO ha detto...

Per la precisione e giusta informazione la Teoria di Shannon si chiama:
“A Mathematical Theory of Communication“. Pubblicata sul “The Bell System Technical Journal“ October 1948. La teoria generale delle TLC è di Shannon e non Shannon Hartley. La stessa base della teoria generale è contenuta nei due famosi articoli di vent’anni prima di Nyquist (1927) e Hartley (1928) allo stesso modo che la teoria generale di Newton ha per base le leggi di Keplero e di Galileo.
Oppure come la teoria generale di Maxwell ha per base le leggi di Ampère, Faraday e Gauss. Nessun grande genio ha mai generato una teoria generale senza l’osservazione di leggi empiriche o teoriche dei suoi predecessori.
Cosi Shannon, studiò i problemi risolti da Morse, Edison, Gabor, Kolmogorov, Wiener, Nyquist, Hartley e chiarì il possibile scambio fra larghezza del canale da un lato e rapporto segnale rumore dall'altro. La teoria di Shannon ci dice, dove si può arrivare, quali sono i limiti assoluti di velocità e banda per un dato, rapporto a segnale e rumore se i segnali sono ”opportunamente codificati”. Ma non dice quale tipo di codice e come fare la codifica. Tra l’altro questi limiti di Shannon sono solo per canali in presenza di rumore termico. Quindi solo il canale EME per gli scenari hobbistici poiché sul satellitare (400 Km di distanza) si ricevono segnali robusti. L’ascolto delle sonde nel sistema solare lasciamolo alla NASA. Per tutti gli altri canali radio ben altre sono le problematiche non risolvibili con la conoscenza della teoria.
Poiché la teoria nessuno l’ha contraddetta, dal 1950, i matematici si sono messi a cercare ed hanno trovato codici che man mano si avvicinavano sempre di più ai limiti assoluti di Shannon. Parliamo di scienziati come: Reed, Salomon, Viterbi, Ungerboeck, Glavieux e Thitimajishima e tanti altri. Con tutto rispetto ai bravi professionisti ingegneri progettisti di radio ed a maggior ragione ai più aggiornati radiodilettanti EME, penso che il massimo sia applicare conoscenze già sviluppate, non certo di generare nuovi codici per fare un altro passo in avanti.
Colgo l’occasione per esprimere la mia opinione su questa interessante discussione. Nel 1983, come presidente ARI Monza, su 229 iscritti vi erano tanti gruppi d’interesse con i vari leaders: contest HF, contest VHF, Radio d’epoca, Costruttori, Gruppo primi SW (Spectrun, Commodore, primi cloni IBM, ecc) ed anche CB. Ebbene questi gruppi non comunicavano tra loro. Ognuno esternava che i ”veri” radioamatori dovevano essere …
Imparai invece che il nostro hobby è stupendo. La passione per la Radio è molto eterogenea, vasta. Ognuno a seconda dei suoi interessi, capacità, possibilità, diversivo dall’attività lavorativa svolge ciò che più gli riesce meglio, lo soddisfa, lo gratifica, ecc. Tutte le forme di attività radiantistche meritano il rispetto reciproco tra loro. Per ultimo, nei miei dieci anni alla R&D Philps (Radio e poi TV), gli oggetti che realizzavo, una volta fatte le aride misure, solo il test finale mi dava un “piacere emotivo”. La “creatura” sul mio tavolo era “viva”, ascoltavo gli effetti del miglioramento dei circuiti, nel suono e nel vedere un’immagine dettagliata sul televisore. Quando andai in Telettra, questa fase finale mi mancò per diverso tempo. Il risultato finale erano freddi numeri e lettere di testo.
Ritengo, quindi, che occorra distinguere da chi ha il piacere di decifrare un segnale tramite il binomio “orecchio + cervello“ (telegrafia e voce), da coloro che non trovano interesse, anche ottanta anni fa, a leggere il segnale ricevuto su nastri di carta. Dico questo, poiché le Radio o TV digitali “decifrano” all’ interno del demodulatore (HW o SW) i segnali (DDT, DRM, DAB ecc). Il cervello non serve più, ad estrarre il segnale in mezzo alle interferenti, si ascolta o si vede sempre bene o non si ascolta e non si vede.
Chi non aveva il piacere 60 anni fa per l’RTTY non avrà interesse neppure ora di ricevere con Lentus.
Gianfranco Verbana