Le memorie del pioniere spaziale russo Boris Chertok - il cui quarto e ultimo volume è stato appena pubblicato dagli archivi storici della NASA in traduzione inglese (in formato ePub, Mobi e PDF) - ci aiutano forse a trovare una spiegazione attendibile per le voci dei presunti "cosmonauti perduti" che i radioamatori italiani Judica-Cordiglia dicevano di aver captato.
Ormai molti dei lettori di Radiopassioni conoscono la storia. All'inizio dell'avventura spaziale sovietica, e per diversi anni successivi al lancio del primo Sputnik e delle altre sonde, due fratelli torinesi, Achille e Giovanni Battista Judica-Cordiglia, allestirono una postazione di "ascolto spaziale" sulle colline intorno alla città e riempirono i giornali di allora con le cronache delle radiocomunicazioni tra le sonde e i centri di controllo a terra. Non furono i soli, a dire il vero, né in Italia né altrove nel mondo, ma in particolare dal loro centro di ascolto, "Torre Bert", partirono anche inquietanti rivelazioni relative a possibili vittime umane in voli sperimentali mai ufficialmente annunciati dai sovietici. Dopo un silenzio quarantennale oggi i fratelli Judica-Cordiglia sono stati ripescati da giornali, televisione e Internet, sedi dove hanno ribadito le loro tesi catastrofiste e complottiste.
Recentemente hanno pubblicato due volumi di ricordi, a mio parere non molto documentati. In essi possiamo nuovamente leggere che mezzo secolo fa un nutrito gruppo di anonimi cosmonauti, è andata incontro a una morte atroce. Più di una dozzina di piloti sarebbero stati sacrificati sul dubbio altare di una ricerca avvenuta, secondo i russi solo con veicoli spaziali a guida automatica. I diretti interessati, allora come oggi, hanno sempre smentito ogni illazione. Sì, tragedie ce n'erano state durante i lanci, ma di queste il mondo era venuto a conoscenza. I cosmonauti senza nome, in realtà, non sono mai esistiti. O se le vittime ci sono state le "prove" fornite dai fratelli sarebbero comunque inconcludenti.
Vediamo ora come le memorie di Boris Chertok, nato in Polonia, scienziato missilistico scomparso lo scorso dicembre alla soglia del secolo di vita, possono aiutarci a risolvere la questione. Nel 2001, quasi novantenne, Chertok accetta la proposta della NASA della traduzione inglese della sua autobiografia tecnica, "Rockets and People". Chertok aveva fatto parte del team che aveva costruito e lanciato lo Sputnik, ma aveva partecipato anche ai progetti del veicolo con equipaggio Vostok, quello di Gagarin, e delle sonde interplanetarie automatiche da spedire verso Venere e Marte. Si occupava tra l'altro dei sistemi radio. La traduzione inglese, Rockets and People, è in realtà un lavoro quasi a se stante, Chertok lo ha riorganizzato e aumentato in molte parti. L'opera è regolarmente stata portata a termine e proprio in questi giorni è stato pubblicato, postumo, il quarto tomo.
I dettagli che ci aiutano, forse, a risolvere l'affaire degli astronauti morenti che i due radioamatori italiani riferiscono di aver ascoltato, si trovano in effetti nel terzo volume dell'autobiografia chertokiana, dove lo scienziato spaziale si occupa degli esperimenti che precedettero il lancio di Gagarin. Quando il suo team ricevette l'incarico di sviluppare i sistemi di comunicazione che avrebbero permesso ai futuri piloti spaziali di dialogare con il centro di controllo, Yuriy Bykov, progettista di apparecchi radio per velivoli (oggi diremmo avionica), si inventò un modo per sperimentare il funzionamento di una ricetrasmittente i condizioni "reali". Si trattava molto semplicemente di mettere una radio ricevente su una sonda orbitale senza equipaggio e far funzionare il prototipo di radio di bordo come relé dei normali programmi (convenzionali) ricevuti. Chertok non era troppo sicuro che un satellite in orbita avrebbe potuto captare le trasmissioni broadcast da terra, ma il test era talmente facile e a buon mercato che si procedette lo stesso.
(...)Discussing new ideas with Bykov [he] told me about his ideas for the experimental development and testing of a radio intercom link. Losyakov, who managed the department of radio receivers at NII-695, proposed testing communications reliability using the relay method.To do this he developed an on-board receiver that was supposed to receive transmissions from conventional broadcast radios and then relay them through the future cosmonaut’s standard on-board radio telephone transmitter. At that time I doubted the advisability of that idea, from the standpoint that the radio ranges of broadcast stations were not designed to penetrate into space. But Bykov convinced me with a simple argument: the experiment was cheap—what will be, will be.This experiment was placed on one of the unmanned Korabl-Sputniks. Voice reception on the ground after relay was unintelligible. Music was distorted by noise and loss of reception to the point that popular songs were completely unrecognizable. This experiment was probably the reason why Italian ham radio operators reported in 1960 that they had picked up transmissions of rambling speech, groans, and wailing from space.(...)
Il relé fu installato a bordo di uno dei Korabl-Sputnik lanciati, senza equipaggio, nel 1960 e come previsto da Chertok non fu particolarmente chiarificatore. Nelle sue memorie l'autore scrive che l'audio ripetuto dal ricetrasmettitore orbitante, arrivava a terra troppo distorto, continuamente interrotto da pause di ricezione. Chertok arriva alla conclusione che "probabilmente fu questo esperimento il motivo per cui alcuni radioamatori italiani nel 1960 riportarono di aver captato dallo spazio trasmissioni di parole spezzate, lamenti, e singhiozzi." Fantastico, no? Oltretutto il relé funzionava, immagino, proprio sulle frequenze che sarebbero state utilizzate dai futuri astronauti, quelle che i due Judica-Cordiglia e i loro colleghi in mezzo mondo monitoravano con mezzi a volte rudimentali. La spiegazione è talmente banale da risultare ancora più convincente: le voci ascoltate provenivano sì dallo spazio, ma erano partite da terra!
I quattro volumi delle memorie di Chertok costituiscono una lettura obbligata per gli appassionati di storia delle esplorazioni spaziali. Il link al download del quarto e ultimo volume, disponibile anche nei formati ebook, lo trovate all'inizio del post. Qui ci sono i link al primo (prima, seconda, terza parte), secondo, terzo e quarto volume in PDF.
11 commenti:
In realtà, a quanto si legge in giro, cioè che i Judica-Cordiglia ascoltarono non furono solo comunicazioni a senso unico, ma veri e proprio dialoghi. Alcuni anche di persone preoccupate per la loro sorte. Non proprio un " 1-2-3 prova" insomma.
Le trasmissioni che secondo Chertok venivano ripetute dallo spazio non erano affatto degli un, due, tre, prova. Erano normali programmi radio (broadcast), trasmessi dalle stazioni radio di terra, ricevuti a bordo del satellite e ridiffusi dagli impianti che Bykov e Chertok stavano sperimentando. Da qui l'ipotesi, secondo me attendibile, che alcune di queste ritrasmissioni, intercettate dai fratelli, potessero essere state interpretate come messaggi di soccorso, rantolii vari e respiri affannati.
Sulla carriera di Torre Bert pesa almeno un falso accertato (dall'Associazione dei radioamatori, che votà per l'espulsione di uno dei due fratelli): immagini della luna "scattate" da una sonda che non era equipaggiata per fare certi rilevamenti. Purtroppo le registrazioni audio si possono ritoccare con la stessa facilità. Temo che in realtà non si arriverà mai a un giudizio definitivo su questa strana vicenda.
Grazie per la risposta :-)
Grazie anche per il commento. Ho capito il senso della sua obiezione ed è del tutto corretto - per chi ha ascoltato alcune delle registrazioni dei fratelli torinesi o ha letto le trascrizioni pubblicate su Internet e sui loro libri - affermare che in certi casi i contenuti non sembrano certo corrispondere a trasmissioni broadcast (a meno che non si trattasse di un radiodramma sui naufragi spaziali!), ma fanno pensare a qualcuno che si rivolge proprio a un centro di controllo. Anche così, al di là dei famosi "nastri", come ho sempre sostenuto sono le informazioni di contesto fornite dagli autori nei loro libri a lasciare molto perplessi. Le ipotesi dei fratelli Judica-Cordiglia sono state smentite dalle fonti sovietiche e seriamente confutate dagli esperti in comunicazioni spaziali di allora (e non dimentichiamo che non c'erano solo loro in ascolto, e che gli americani sarebbero stati deliziati di poter denunciare al mondo che Kruschev prima autorizzò e poi insabbiò una sperimentazione spaziale letale per così tanti piloti). Resto convinto che con le informazioni di cui disponiamo non sia ancora possibile stabilire chi ha ragione. I ricordi di Chertok forniscono però un importante spunto di discussione. Chi avesse davvero intercettato quei misteriosi segnali, potrebbe essere stato indotto a pensare a voli pilotati... Ma perché non annunciare un volo che avesse avuto successo? Dietro il silenzio poteva esserci qualche tragedia da insabbiare e questo avrebbe anche potuto incoraggiare - magari con le migliori intenzioni - a un uso un po' spregiudicato delle registrazioni.
Grazie ancora per la risposta. Sì, in effetti quello intendevo. Certo è pure che con i Russi di una volta qualche pregiudizio ci sta tutto. Anche io penso che non sapremo mai tutta la verità.
Grazie, comunque, per l'articolo. Avevo sentito di Torre Bert ma mai in posizione critica (ammetto di non aver mai approfondito, in effetti).
Purtroppo è vero, il termine "pregiudizio" non dovrebbe mai essere utilizzato ma è un fatto che la propaganda sovietica (e aggiungiamo anche che l'amico Putin non scherza) ci ha abituati a ben altri livelli di manipolazione e omissione. A questo proposito definerei la mia posizione più scettica che critica. L'unica vera critica che come persona ragionevolmente esperta in tecniche di radiomonitoraggio e propagazione mi sento di muovere ai fratelli è la loro apparente ritrosia nel fornire abbondanti dettagli tecnici sulle condizioni di ascolto e sulla natura dei contenuti ascoltati. Questo vale non tanto per le cronache contemporanee, giocoforza viziate da un certo sensazionalismo e da un linguaggio che dopo tutto era rivolto a lettori dell'era pre-spaziale, ma nei due volumi pubblicati in questi ultimi anni, anche sull'onda di un rinnovato interesse da parte dei mass media (che ovviamente continuano a fare il loro mestiere di sensazionalisti davvero acritici). Anche decine di anni fa le ipotesi formulate dai fratelli - come riporto in diversi post su questo blog - avevano subito il vaglio negativo di diversi esperti. Come ebbe a dire uno di questi, quando denunci un fatto tanto grave e drammatico l'onere della prova dovrebbe essere a tuo carico. Se l'evidenza diretta è obiettivamente difficile da mettere insieme, le prove indirette, indiziarie, devono essere copiose e molto circostanziate. Non ho motivo di credere che certi segnali non siano stati ricevuti, ma Chertok fornisce una spiegazione plausibile di quella che allo stato dei fatti appare come una semplice interpretazione da parte dei fratelli. In altre parole, se le vittime tra i cosmonauti segreti ci sono state, non ritengo sufficienti le prove documentarie fornite e continuerò a mettere in evidenza tali carenze a fronte di una pubblicistica che invece dà praticamente per scontata l'esistenza di una tragedia e di una successiva manipolazione da parte sovietica. Anche nel secondo volume di Chertok, si fa un riferimento a radioamatori "francesi e italiani" che avrebbero riferito di aver "ascoltato" cosmonauti inviati a bordo di veicoli che secondo l'autore erano assolutamente privi di equipaggio (o di cavie non umane). A parte i contenuti delle famose registrazioni (che da sole, ripeto, dimostrano poco e sono anch'esse esposte al rischio di manipolazione), le cronache di Torre Bert sono di gran lunga meno circostanziate rispetto all'autobiografia di centinaia di pagine di un tecnologo testimone diretto dei fatti. In conclusione, le ipotesi formulate sui cosmonauti fantasma mi sembrano appartenere alla categoria delle teorie cospirazioniste. Posso capire che un singolo incidente possa essere insabbiato, ma Torre Bert ha parlato se non erro di oltre una decina di vittime, le quali avevano presumibilmente alle spalle famiglie, addestratori, colleghi. Un eventuale insabbiamento sarebbe risultato molto complicato. Probabilmente è ormai impossibile dimostrare che non sia avvenuto, ma io resto su posizioni scettiche.
Molto interessante, ma che fosse una radio per test l'aveva già ipotizzato Spallanzani parecchi anni fa: http://eliaspallanzanivive.wordpress.com/2011/10/28/manichini/
Mi sembra un ottimo esempio di dimostrazione ricorsiva. Elia rulez.
Con rinnovato interesse seguo questa vicenda da ormai una quindicina d'anni.
E' indispensabile chiarire un aspetto fondamentale: mentre la fattibilità delle ricezioni lunari è giustamente soggetta alla critica dei super-tecnici, lo stesso non si può dire circa la ricezione dei cosmonauti in orbita terrestre.
Era possibile o meno ricevere un cosmonauta in orbita LEO avendo a disposizione le apparecchiature dei fratelli Torinesi? La risposta è probabilmente si.
Premesso questo, il tutto si riduce secondo me alle seguenti supposizioni:
1) i fratelli JC hanno veramente ascoltato e registrato le voci di persone morenti nello spazio
2) i fratelli JC non hanno ascoltato nulla di speciale, hanno fabbricato tutto e mentono sapendo di mentire
3) i fratelli JC sono in buona fede, le registrazioni sono autentiche ma non provenienti da cosmonauti in fin di vita
La biografia di Chertok e la storia recente dell'ex Unione Sovietica sembrerebbero avvalorare la terza ipotesi. Io però non sono così convinto di quel che suppone il tecnico Russo: credo infatti sia impossibile che casualmente - perdipiù negli anni '60 - un transponder avesse potuto ritrasmettere conversazioni simili a quelle registrate. Andatele a riascoltare... non si tratta di voci a caso e sicuramente non di broadcasting. Quelle voci e quei suoni - se non contraffatte - sono indubbiamente riconducibili al downlink di veicoli spaziali.
Ma allora cos'altro avrebbero potuto essere?
Rimanendo sempre nell'ambito della terza ipotesi ritengo più plausibile un'altra spiegazione: e se le trasmissioni fossero state effettuate da terra appositamente per screditare il programma spaziale Sovietico?
Non dimentichiamo che eravamo in piena guerra fredda e che i due fratelli erano attenzionati dai servizi di informazione di entrambe le superpotenze. Cosa sarebbe costato trasmettere clandestinamente da terra (nella zona di Torino) quelle voci magari emulando ad arte l'effetto doppler? Con pochissimi sforzi si sarebbe potuto screditare il lavoro della USSR facendola sembrare veramente un "Evil Empire" disposto a sacrificare in quel modo terribile i propri uomini pur di prevalere a tutti i costi nella corsa allo spazio.
E' solo una mia personale ipotesi. Spero che in futuro i dubbi vengano in qualche modo definitivamente risolti ma per il momento - per quanto mi riguarda - il mistero rimane intatto.
Come ho scritto, c'è un precedente negativo nella storia delle "rivelazioni" spaziali torinesi. Quello delle presunte immagini della luna captate da una sonda, uno dei satelliti Luna, che non avrebbe potuto materialmente trasmetterle. Un pasticcio che costò a uno dei due fratelli l'espulsione dalla associazione dei radioamatori. I due ultimi scenari formulati da Alain potrebbero fondersi in una sorta di mix: ricezioni in perfetta buona fede, ma talmente inquietanti da indurre il team di Torre Bert a qualche "ritocchino", nel tentativo anch'esso genuino di spingere i sovietici a una ammissione ufficiale. Certamente, l'ipotesi di trasmissioni clandestine atte a screditare la corsa sovietica al primato nello spazio (a proposito, oggi 20 febbraio è il 50esimo anniversario del volo di Glenn: http://bit.ly/ArOu2p). Forse però trasmissoni di questo tipo sarebbero state intercettate da molti radioamatori (che forse avrebbero individuato la fonte attraverso opportune triangolazioni).
In ogni caso una storia affascinante, come molte altre legate al periodo della conflittualità tra America e Urss
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